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Martedì, 26 Agosto 2014 08:30

Tutto quello che avreste voluto sapere sulla Torre (e in inglese)

valerio_ascaniE' quasi un paradosso: la Torre di Pisa è uno dei monumenti più celebri al mondo, ma è talmente conosciuto che il suo aspetto turistico e iconico ha ormai largamente prevalso sulla conoscenza delle sue caratteristiche storico-architettoniche. E questo specialmente nei confronti del pubblico straniero, anche per la scarsa circolazione all'estero dei testi scientifici sull'argomento, scritti per lo più da autori italiani. Proprio per colmare questa lacuna nasce l'ultimo libro di Valerio Ascani (foto), ricercatore del Dipartimento di Civiltà e Forme del sapere dell'Università di Pisa. Il volume, scritto in inglese, s'intitola "The Leaning Tower of Pisa. Concept and realisation of a medieval Masterpiece" (ETS, Pisa 2014) e spiega, con agilità e rigore scientifico, la nascita di questo capolavoro architettonico medievale tenendo conto degli studi più recenti e avanzati. E nel rimettere in ordine i tasselli non mancano le soprese, ad esempio che il progetto arrivò a prevedere una piccola cupola oppure che la pianta, basata sul numero 15, oltre ad essere un unicum dell'architettura medievale europea, si lega alla simbologia cristiana del culto della Vergine.

"Ho potuto accertare – ha spiegato Valerio Ascani - la presenza di una base geometrica legata a figure piane quali il triangolo equilatero e il pentagono ed ho individuato il processo compositivo che ha portato, mediante rotazione sui vertici delle due figure sovrapposte, a generare la pianta del monumento, che appare singolarmente basata sul numero 15. Di questa peculiarità abbiamo ricercato le ragioni possibili, in termini soprattutto di simbologia cristiana, giungendo ad offrire alcune plausibili soluzioni, riflesse in schemi elaborati con la collaborazione di dottori di ricerca dell'Università di Palermo e con il Laboratorio grafico del nostro dipartimento. La scelta della geometria legata al numero 15 e ai suoi multipli dovette originare dalla volontà di alludere alla dedicazione mariana della vicina cattedrale, che il campanile andava a completare, dato che nella teologia e nell'iconografia della Vergine vari elementi rimandano a quel numero".

Per quanto riguarda poi la struttura cilindrica della Torre – spiega ancora il libro – essa si rifà alla tipologia dei fari e delle torri di avvistamento costiere che in quel stesso periodo, la seconda metà del XII secolo, la Repubblica pisana stava costruendo sul litorale, anche se naturalmente in questo caso la chiave è spirituale e religiosa. La Torre di fatto rappresentava un richiamo visivo e sonoro per fedeli e pellegrini, che venivano così indirizzati verso i riti che si svolgevano in duomo, una teoria confermata dall'analisi delle iconografie dei rilievi e dei capitelli del campanile.

Reinterpretando la documentazione conservata e confrontando i dati con l'analisi delle murature, il volume di Ascani propone infine anche una nuova scaletta cronologica sui circa 180 anni della storia costruttiva del monumento. "Dopo la fondazione nel 1173 – conclude il ricercatore dell'Ateneo pisano – ci fu un primo arresto dei lavori intorno al 1185, al livello del terzo ordine di loggette, che fu poi completato lentamente nei decenni intorno al 1200, sino alla più decisa ripresa dei lavori con i tre anelli superiori di logge a partire dagli anni Sessanta del Duecento per terminare con la terrazza sommitale attribuita a Giovanni Pisano e avviata nel 1299. La sommità del campanile con la cella 'a cannocchiale' è stata poi realizzata in due fasi distinte, al contrario di quanto sinora sostenuto, di cui restano evidenti i segni di giuntura e le sovrapposizioni. Queste fasi vanno fatte ricadere rispettivamente nel primo e nel secondo quarto del Trecento e ascritte la prima a maestranze formate alla scuola di Giovanni Pisano, la seconda alla bottega dei figli di Andrea Pisano, che intorno o subito dopo la metà del XIV secolo devono aver compiuto il coronamento sommitale, mutando un precedente progetto che prevedeva un cupolino di cui è tuttora evidente l'impostazione, e consegnando quindi alla posterità la Torre come in sostanza ancor oggi la possiamo vedere".

Ne hanno parlato:
Il Tirreno Pisa
La Nazione Pisa
Tirreno.it
Nazione.it
PaginaQ.it
StampToscana.it
PisaToday.it
PianetaUniversitario.it
GoNews.it
PisaInformaFlash
GreenReport.it
Controcampus.it
NoveFirenze.it
DonneeCultura.eu

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Venerdì, 22 Agosto 2014 09:52

Empatia: l'uomo vince sempre?

Photo_by_E._Demuru_Se gli uomini siano o meno gli unici esseri capaci di empatia e quanto questa caratteristica ci differenzi dagli altri animali sono ancora temi su cui si concentra un acceso dibattito scientifico. Un nuovo elemento di discussione è dato dallo studio di un team di ricercatori del Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa (Elisabetta Palagi, Ivan Norscia ed Elisa Demuru) che ha comparato il contagio emotivo nell'uomo e nel bonobo, la specie evolutivamente più prossima all'uomo insieme allo scimpanzé. L'analisi dei livelli di contagio emotivo ha messo in luce che una stretta relazione tra gli individui è il fattore più importante nel determinare la risposta empatica e che l'uomo "vince" sul bonobo solo quando sono implicati legami forti, ma questa differenza si annulla quando sono coinvolte relazioni deboli.

La trasmissione di un'emozione da un individuo a un altro, meglio conosciuto come contagio emotivo, è la forma più basilare di empatia. Le emozioni, positive e negative, hanno una controparte "fisica" che è rappresentata dalle espressioni facciali. È infatti tramite la faccia che comunichiamo al mondo i nostri stati d'animo. Quando qualcuno percepisce un'espressione facciale, ad esempio un sorriso, può mettersi in moto un meccanismo automatico e inconscio che porta il ricevente a effettuare a sua volta, come in un gioco di specchi, quella stessa espressione facciale. Alla medesima espressione corrisponde il medesimo stato d'animo, nel caso del sorriso l'emozione condivisa è la felicità. Questo è il meccanismo, noto come percezione-azione, che ci permette di condividere le emozioni con gli altri.

Il contagio di sbadiglio si basa su questo meccanismo ed è una delle forme più pervasive e apparentemente primitive di contagio emotivo. Chi non è mai stato contagiato almeno una volta dallo sbadiglio di un'altra persona (soprattutto dopo cena)? L'uomo e il bonobo sono ad oggi le uniche due specie nelle quali è stato dimostrato che il contagio di sbadiglio segue un gradiente empatico ed è più frequente tra gli individui che condividono uno stretto legame emotivo, come amici e parenti. Data questa somiglianza, i ricercatori hanno comparato direttamente le due specie, applicando lo stesso approccio metodologico basato sulla pura osservazione etologica. I ricercatori hanno osservato entrambe le specie nelle loro attività quotidiane e raccolto dati sul contagio di sbadiglio e i loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PeerJ .

Sono state confrontate due caratteristiche del contagio di sbadiglio: frequenza e velocità di trasmissione da un individuo all'altro. Curiosamente, quando l'emettitore dello sbadiglio e chi ne era contagiato non erano amici o parenti, i bonobo rispondevano allo sbadiglio altrui con la stessa frequenza e velocità che si sono osservate negli umani. Ciò significa che l'uomo non è la specie che mostra sempre il più alto livello di contagio emotivo.

Comunque, l'uomo risponde più frequentemente e più velocemente del bonobo quando sono coinvolti amici e parenti, probabilmente perché le forti relazioni umane sono caratterizzate da un sofisticato sistema emotivo in cui si intrecciano processi cognitivi, memoria e ricordi. In questo caso, il circuito positivo che si instaura tra l'affinità emotiva e il meccanismo percezione-azione sembra essere più forte negli uomini che nei bonobo. Nell'uomo tale iper-attivazione potrebbe spiegare la maggiore frequenza e velocità nel contagio, così come altre forme di mimica inconscia (ad esempio espressioni facciali di dolore, rabbia o felicità).

In sintesi, questo studio suggerisce che i differenti livelli di contagio emotivo tra uomo e bonobo sono attribuibili alla qualità delle relazioni tra gli individui. "Quando la complessità dei legami sociali, tipica degli uomini, non è in gioco - spiega Elisabetta Palagi - l'uomo scende dal "podio empatico" per ritornare sul gradino che condividiamo con i nostri cugini più prossimi: le grandi scimmie antropomorfe".

Ne hanno parlato:
FrenchTribune.com
Newspoint.co.za
Phs.org
Scienceblog.com
TheConversation.com
AlphaGalileo.org
Business-standard.com
Columbian.com
ConcordMonitor.com
Counselheal.com
Daulymail.co.uk
Delhidailynews.com
Examiner.com
Redorbit.com
Sbs.com.au
Science20.com
Sciencedaily.com
Scienceworldreport.com
Skynews.com.au
The-scientist.com
Timesofmalta.com
Washingtonpost.com
Westerndailypress.co.uk
Zeenews.india.com
Au.news.yahoo.com


 


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