Fabio Dei insegna Antropologia culturale al dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa e si occupa prevalentemente di epistemologia delle scienze sociali e di temi della cultura popolare e di massa nell’Italia contemporanea. Insieme a Pietro Meloni, professore di Antropologia dei media all’Università di Milano Bicocca, ha appena pubblicato il volume “Antropologia della cultura materiale” (Carocci, 2015) che qui presenta con una breve introduzione.
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Nella tradizione dell’antropologia e delle scienze sociali vi sono due modi di studiare la cultura. Uno consiste nella osservazione (per quanto possibile “partecipante”) del comportamento sociale, delle azioni e dei discorsi delle persone, delle istituzioni che le regolano. L’altro è l’analisi degli oggetti nei quali gli aspetti immateriali della cultura (i suoi valori, saperi, codici, strutture) sono incorporati e assumono forma visibile e durevole. Questa è appunto la “cultura materiale”.
Gli studi in questo campo si sono concentrati nel corso del Novecento sugli oggetti unici e autentici caratteristici delle culture “primitive”, esotiche e popolari: ad esempio i prodotti dell’arte e dell’artigianato nativo, gli attrezzi del lavoro contadino tradizionale, e tutte le altre cose costruite manualmente per mezzo di saperi tramandati di generazione in generazione. Oggetti di questo tipo hanno riempito i musei etnografici e hanno spesso affascinato le stesse avanguardie artistiche e scientifiche dell’Occidente (si pensi all’importanza delle maschere africane per Picasso o a quella dei feticci per Freud). Al contrario, l’antropologia ha dedicato scarso interesse agli oggetti che popolano la vita quotidiana nei contesti sociali moderni: cose prodotte in modo industriale e seriale, scambiate come merci e “alienate” rispetto alla competenza tecnica delle persone che le usano. Cose che esprimerebbero più la deculturazione imposta dal consumismo che non una autentica cultura umana.
Questo libro propone una prospettiva diversa. Suggerisce che per capire la nostra cultura, nel senso antropologico del termine, occorra studiare in primo luogo il nostro rapporto con gli oggetti che costituiscono i mondi della vita quotidiana. Ciò significa in primo luogo ripensare il concetto stesso di consumo. I consumatori non sono soltanto soggetti passivi e alienati: piuttosto, usano il flusso delle merci per costruire attivamente le proprie identità sociali, i propri mondi di significato. Apparentemente intercambiabili, le merci attraversano in realtà processi di “singolarizzazione” e “densificazione” quando entrano in rapporto con i soggetti umani. Non è solo il modo in cui sono prodotte che ne determina il significato, ma anche e soprattutto le pratiche al cui interno vengono usate.
Il libro discute le principali ricerche e teorie che supportano questo studio ad ampio raggio della cultura materiale nella società contemporanea. Mostra che gli oggetti hanno una loro “carriera” o ciclo di vita, attraversano diversi “regimi di valore”, costituiscono “dispositivi socio-tecnici”, giocano un proprio ruolo di agenti sociali attivi. È un percorso difficile per l’antropologia culturale, troppo legata alla classica svalutazione del moderno-inautentico a favore del tradizionale-autentico. Ma anche un percorso necessario per una disciplina che aspira a cogliere la grana profonda e sottile della cultura, che si nasconde oggi nel nostro complesso rapporto quotidiano con l’universo delle merci e del consumo di massa.
Fabio Dei
Mercoledì 9 dicembre si apre alle 10, con il patrocinio della Commissione Nazionale per l’UNESCO, una giornata dedicata a Palmira e al tema del patrimonio archeologico nei territori sconvolti dalla guerra o a rischio. Può apparire inopportuno, forse risibile, parlare di salvaguardia del patrimonio archeologico, di siti distrutti o minacciati, in un momento come questo, dopo i morti di Parigi e con le migliaia di vittime innocenti di un Vicino Oriente sempre più a ferro e fuoco. “Eppure sono due facce di uno stesso problema, di un Giano mostruoso che di volti ne ha ben più di due.” dice la professoressa Marilina Betrò, organizzatrice della giornata insieme alla professoressa Cristina D’Ancona e al seminario di ricerca “The Learning Roads” del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere. “Un’atroce gelida geometria collega le statue mutilate di Mosul alla Parigi sfregiata del 13 novembre: pietre, vite, manoscritti sembrano pesare lo stesso astratto niente per chi cerca di perseguire una sistematica strategia di cancellazione di valori e identità”.
Guarda la locandina dell'evento.
Irina Bokova, direttore generale dell’UNESCO, in un’intervista rilasciata lo scorso 22 agosto, ha detto: “Dobbiamo reagire, trattare questi attacchi alla cultura alla stregua di ogni altra questione di sicurezza internazionale, alla stregua di un'emergenza umanitaria. Perché è chiaro ormai che nella perversa strategia dei jihadisti si tratta della stessa cosa. Il patrimonio culturale è legato all'identità dei popoli. Non è solo questione di vecchie pietre, ma dei valori a esse connessi. Valori che parlano di tolleranza, di dialogo, di convivenza e mutuo rispetto. Cancellare le radici comuni è parte della loro strategia”.
È per questo motivo che l’Università di Pisa ha indetto una giornata “Per Palmira”: per onorare la memoria dell’archeologo siriano Khaled Al-Asaad, ucciso dai jihadisti per aver tentato di proteggere il sito di cui per anni era stato direttore, ma anche per riflettere e avviare la discussione sulle ragioni di un fenomeno che va ben oltre questa estrema iconoclastia, per interrogarsi sul contesto in cui nasce e per fare il punto sulla risposta della comunità scientifica internazionale.
Nella giornata del 9 dicembre interverranno su questi temi archeologi ed esperti, che in questa drammatica situazione operano o hanno operato fino a poco tempo fa: Palmira, la favolosa e plurimillenaria città carovaniera che la regina Zenobia portò all’apice del suo splendore nel III secolo d.C., sarà al centro della mattina, con l’intervento della direttrice della missione siro-italiana a Palmira, Maria Teresa Grassi (Università di Milano); alla Siria tutta (ma non solo) sarà dedicato il pomeriggio, con le relazioni di Stefania Mazzoni, che in Siria ha diretto per anni per l’Università di Pisa e ora per quella di Firenze la missione archeologica a Tell Afis, di Ettore Janulardo, Maurizio Paoletti, Cecilia Zecchinelli.
“È un problema complesso - commenta ancora Marilina Betrò - il mondo ha gridato giustamente indignato dinanzi all’esplosione dell’Arco di Trionfo di Palmira, ai templi polverizzati di Baal e Baalshamin, ma la distruzione del patrimonio dell’umanità non si esaurisce purtroppo nel solo operato dei jihadisti: mentre l’attenzione si focalizza su loro, la distruzione di Sergilla o di Khirbet Hass, capolavori della tarda antichità siriana, sotto i recenti bombardamenti russi è passata inosservata. L’orrore per le vittime della Jihad, che siano a Parigi o in Siria, non dovrà mai abbandonarci, ma non vanno nemmeno dimenticate le vittime innocenti di una situazione di conflitto che da anni insanguina tragicamente il Vicino Oriente, né le migliaia di persone in fuga dalla guerra, i profughi cui è dedicata la mostra allestita in questi stessi giorni in Gipsoteca”.
Foto di Gianluca Buonomini.
Leggi il programma della giornata.
Pubblichiamo di seguito il testo della lettera che il rettore Massimo Augello ha inviato a tutti i membri della comunità accademica pisana per invitare i docenti, il personale amministrativo, tecnico e bibliotecario, gli studenti, a osservare - unendosi alla richiesta formulata dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane - un minuto di silenzio oggi, lunedì 16 novembre alle ore 12, per dedicare un pensiero alle vittime della strage di Parigi.
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Cari colleghi, personale amministrativo, tecnico e bibliotecario, studenti,
l’Università di Pisa esprime profondo cordoglio alle famiglie delle vittime della terribile strage di Parigi dello scorso venerdì e solidarietà a tutti i cittadini della Francia colpiti intimamente da questa tragedia. Il nostro Ateneo si unisce alla condanna espressa dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane per un attacco rivolto contro la libertà che è alla base del nostro sistema democratico e del nostro modo di vivere, riaffermando nello stesso tempo che le università sono e rimarranno custodi di un’impresa umana, quella del Sapere, che è per sua natura pacifica e tollerante.
Vi invito pertanto a osservare - oggi, lunedì 16 novembre, alle ore 12 - un minuto di silenzio per dedicare un pensiero alle vittime degli attacchi terroristici, che erano cittadini inermi e in gran parte giovani, tra i quali numerosi studenti universitari e anche una dottoranda italiana che seguiva i corsi di Demografia all’Università della Sorbona.
Il Rettore
Massimo Augello
Dal 12 al 14 novembre 2015, l’Università di Pisa ospita il XX convegno annuale dell'Associazione “Onomastica & Letteratura”. Nata nel 1994, l’associazione ha come obiettivo la diffusione e la promozione di ricerche di onomastica letteraria nella letteratura italiana e straniera attraverso giornate di studio, seminari e convegni collegati con questo ambito disciplinare, nonché la pubblicazione dei relativi atti e di saggi concernenti l’onomastica letteraria.
Pubblichiamo qui di seguito una riflessione della professoressa Donatella Bremer, che parla de «I Nomi, questi “conosciuti”».
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Molti di noi portano nomi divenuti di moda attraverso opere letterarie, teatrali, musicali, cinematografiche, ma pochi si chiedono da dove questi provengano e il perché siano stati scelti per individuare un determinato personaggio, con le sue virtù, i suoi vizi, la sua storia. Allo stesso modo, per molta parte della critica letteraria e della stilistica, i nomi propri che costellano romanzi, componimenti poetici, melodrammi, vengono bypassati, o quantomeno non analizzati come meriterebbero. C’è chi ha detto che interessarsi dei nomi in letteratura è come esaminare il francobollo che sta sopra una lettera. Niente di più improprio.
Lo studio del valore che la creazione, l’impiego e l’interpretazione di un nome proprio, sia esso un nome di persona, un nome di luogo o un altro tipo di nome, rivestono in un’opera letteraria è infatti già presente nei trattati di retorica classica e medievale nonché, in concreto, nelle opere degli autori stessi, a partire da Omero ed Esiodo. E interpretazioni di carattere onomastico ricorrono nella critica e nella storiografia letteraria di ogni epoca e orientamento, fornendo all’esegesi di un testo preziosi tasselli, se non addirittura potenti grimaldelli atti a scardinarne il significato profondo.
Perché lo studio dei nomi, che raramente viene condotto fine a se stesso, si colloca all’interno dell’interpretazione critica complessiva di un’opera, di un autore, di un genere, di un’epoca, richiedendo allo studioso molte competenze, da quelle filologico-letterario-linguistiche a quelle giuridico-socio-storiche, a quelle etnografiche e artistiche, tanto per nominarne alcune. L’indagine onomastica infine, letteraria e non, ben si coniuga con le più generali concezioni di tipo antropologico-culturale presenti presso le varie civiltà: dall’interpretatio nominis medievale ai più svariati orientamenti della psicologia moderna che, con Jung, fa spesso coincidere il nome con l’essenza dell’individuo che lo porta.
L’inizio di uno studio intensivo e sistematico dei nomi nelle opere letterarie può venir fatto risalire al 1973, anno in cui l’American Name Society dedica ad essi, a New York, un intero congresso, cui seguono, in varie e prestigiose sedi, altri incontri e dibattiti. Riteniamo tuttavia che l’impulso più forte sinora impresso a questa disciplina debba essere ascritto all’Associazione Onomastica e Letteratura (= O&L), fondata a Pisa nel maggio 1994 su iniziativa di Maria Giovanna Arcamone, Valeria Bertolucci Pizzorusso, Donatella Bremer, Francesco Maria Casotti, Davide De Camilli, Emanuella Scarano e Mirko Tavoni.
Attraverso i convegni, organizzati con cadenza annuale, e altre numerose iniziative - tra le quali incontri, seminari e workshops, oltreché la creazione della rivista “Il Nome nel testo” e della collana di studi di onomastica letteraria “Nominatio” - l’Associazione ha dato vita a un filone di ricerca di largo respiro e di vasta diffusione. Da un lato sono stati infatti ampliati i suoi ambiti di indagine, non più ristretti ai testi letterari tout court, mentre dall’altro sono state perfezionate e rinnovate le metodologie e le prospettive di analisi - come dimostra il ricchissimo repertorio bibliografico L'onomastica letteraria in Italia dal 1980 al 2005, ETS, Pisa 2005, curato da Bruno Porcelli, già presidente di O&L, e Leonardo Terrusi, repertorio il cui aggiornamento è in corso di stampa ad opera dello stesso Terrusi. Attualmente O&L è diretta da Maria Giovanna Arcamone, Presidente, Davide De Camilli e Luigi Surdich, Vicepresidenti, affiancati da Donatella Bremer, Segretario, e dal gruppo di consulenti composto da Marco Bardini, Simona Leonardi, Matteo Milani, Maria Serena Mirto, Giorgio Sale, Leonardo Terrusi.
Il convegno di O&L, il XX, cui partecipano oltre una trentina di studiosi, italiani e stranieri, è ospitato quest’anno a Pisa col patrocinio del Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica. Lo scorso convegno si è svolto presso l’Università di Genova, quello del 2016 sarà ospitato dall’Università di Palermo, secondo l’uso, ormai consolidato, di alternare a quella di Pisa altre sedi universitarie. Gli argomenti che verranno trattati sono “Il nome nel contesto artistico” (nelle arti figurative, nella musica, ecc.); “Il nome in Dante” (in occasione del settecentocinquantenario della nascita); “Guerra, letteratura e testimonianza” (per le celebrazioni del centenario della Prima guerra mondiale); “La ricezione del nome” (risposte e reazioni innescate dal nome proprio; problemi nella traduzione); “L’inadeguatezza del nome” (lapsus, errori, ‘nomi sbagliati’, ma anche scelte onomastiche infelici, ecc.). Come si vede, anche quest’anno le indagini si estendono a campi nuovi, ancora poco esplorati dal punto di vista onomastico, ferma restando la centralità dell’interesse per le opere letterarie di ogni epoca, genere e cultura: per nomi che hanno storie per lo più complicate, spesso imprevedibili, talvolta insondabili e tutte diverse fra loro.
Antonio Tabucchi nel 2002, all’amico e collega Luigi Surdich che sul “Nome nel testo” gli aveva dedicato un articolo, ha rivelato l’origine del toponimo Melides, presente nella prima lettera di Si sta facendo sempre più tardi, accompagnadola con queste parole: “Te lo dico perché hai scritto un bel testo sui nomi dei miei libri, e dunque ti faccio una confidenza che non sa nessuno”. Una conferma, tra tante altre, più o meno autorevoli e autoriali, del fatto che, a Pisa, i nomi non sono più degli “illustri sconosciuti”.
Donatella Bremer
Il 6 e il 9 agosto 2015 è stato commemorato in tutto il mondo il 70° anniversario dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Le armi nucleari – più di 16.000 testate possedute da Stati Uniti, Russia, Cina, Pakistan, India, Gran Bretagna, Francia, Israele e Corea del Nord – continuano a rappresentare una minaccia per tutto il genere umano, mentre cresce anche il rischio del c.d. terrorismo nucleare.
Il CISP-Centro Interdisciplinare di Scienze per la Pace dell'Università e Il Comune di Pisa promuovono un programma di iniziative per approfondire e per esprimere – insieme a scienziate e scienziati, docenti universitari, insegnanti, amministratori e amministratrici, attiviste e attivisti, artisti, persone di fede, cittadine e cittadini, associazioni - la richiesta e l'impegno per la messa al bando delle armi nucleari, come già avvenuto con altre armi di distruzione di massa.
L’impegno dell’Università di Pisa in questa iniziativa - che senza dubbio si inscrive nella “terza missione dell’Università” - è stato ed è al massimo livello, grazie all’impegno di numerosi dipartimenti (in particolare Giurisprudenza, Fisica, Civiltà e Forme del Sapere, Scienze politiche, Medicina clinica e sperimentale, Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali, cui si aggiungono il Sistema Museale di Ateneo e il Centro Linguistico) e corsi di laurea (Scienze per la pace e Ingegneria nucleare). Molti docenti hanno dato il proprio contribuito, garantendo la qualità scientifica e l’approccio interdisciplinare dei seminari di approfondimento in programma. Sono state messe a disposizione risorse, strutture, spazi ed è stata garantita l’assistenza del personale tecnico e amministrativo. Un sostegno forte e convinto, per una iniziativa di alto profilo, sia scientifico sia civico.
Al centro delle iniziative, che si svolgeranno dal 12 al 24 novembre in diverse sedi cittadine, ci sarà la presenza della signora Toshiko Tanaka, che il 6 agosto 1945, quando la prima bomba atomica venne sganciata sulla città di Hiroshima, aveva 6 anni e 10 mesi e si trovava a circa due chilometri di distanza dall'ipocentro, sulla via per la scuola elementare. Rimasta gravemente ustionata, la signora Tanaka ha perso la coscienza per diversi giorni a lentamente ha recuperato la salute, finché all'età di 12 anni ha cominciato ad avere dei disturbi di vario genere, presumibilmente dovuti alle radiazioni.
Da diversi anni la sua missione è quella di testimoniare la sua storia nella speranza di non far ripetere le stesse esperienze alle generazioni future. Il viaggio in Italia, che inizia proprio da Pisa, è l'ultima delle “missioni all'estero” di Toshiko Tanaka, prima di dedicarsi all'accoglienza dei visitatori stranieri a Hiroshima.
Nella foto in basso la presentazione del programma di iniziative, con - da sinistra - l'assessore Marilù Chiofalo, la signora Toshiko Tanaka e la professoressa Enza Pellecchia.
Dopo il grande successo del DonGiovanniFestival “Una gigantesca follia”, che ha visto nascere un’iniziativa di grande spessore culturale dalla cooperazione tra le direzioni artistiche del Teatro Verdi e l’Università di Pisa, nel 2016 gli stessi protagonisti, ma con un cerchio più vasto di partnership e di adesioni, presentano il nuovo progetto, "Demoni e angeli - Il mito di Faust".
“Finito l’anno dedicato al Don Giovanni inizia quello incentrato sulla figura di Mefistofele e sul suo patto inquietante con Faust. È il secondo percorso di un progetto triennale nato in collaborazione tra Università di Pisa e Teatro Verdi e ora allargato ad altri importanti protagonisti della vita culturale della nostra città – ha spiegato Maria Antonella Galanti prorettore per i Rapporti con il territorio dell’Ateneo pisano - Il tema scelto per questo secondo anno è quello del rapporto fra bene e male così come si pone nel nostro immaginario. La figura di Mefistofele vi è così radicata che la ritroviamo, spesso anche con questo stesso nome o con una sua derivazione, in tutte le dimensioni espressive compresa quella del fumetto”.
Al Festival 2016 aderiscono, oltre all’Università e al Cineclub Arsenale, anche l’Assessorato alla Cultura del Comune di Pisa, la Scuola Normale Superiore di Pisa (che dedicherà tutta la sua stagione concertistica al mito di Faust), Palazzo Blu, Pisa Book Festival, l’Orchestra dell’Università di Pisa, il Coro dell’Università di Pisa, il Coro Polifonico di San Nicola, Servizio Diocesano Cultura e Università, l’Orchestra Arché e il Teatro del Giglio di Lucca.
Centro del festival sarà ovviamente il Faust di Goethe presentato come evento al di fuori delle stagioni nella Sala “Titta Ruffo” del Teatro Verdi; ci saranno le lezioni universitarie, la Stagione Concertistica della Normale, la rassegna di film all’Arsenale, concerti dell’Orchestra Arché e dell’Orchestra universitaria, un mini festival anche a Lucca con l’opera Mefistofele portata anche al Teatro del Giglio, con letture sul tema in luoghi caratteristici della città.
Il festival viene concepito in modo trasversale alle diverse attività del teatro, coinvolgendo non soltando la Stagione d’Opera ma anche la prosa, la danza, la formazione e la scuola dello spettatore. Sono oltre una trentina gli appuntamenti già calendarizzati, più le iniziative dell'Università che si esplicheranno, a cura di Maria Antonella Galanti, Sandra Lischi, Cristiana Torti, in una serie di attività: la presentazione iniziale in una lezione aperta alla città e un ciclo di incontri nelle scuole (a cura dei docenti di musica dell'Ateneo); una o due giornate - nella primavera 2016 - di interventi e riflessioni di docenti ed esperti di varie discipline attorno al tema di questa edizione. Il tutto distribuito in vari e significativi luoghi della città, come Musei, lo stesso Teatro e naturalmente le aule universitarie, e rivolto alla città intera.
Il Cineclub Arsenale, a sua volta, organizzerà, da gennaio in poi, un ciclo di proiezioni sul tema. Da capolavori del muto musicati live a film e video odierni, la rassegna, che vedrà anche momenti di approfondimento e presentazioni delle serate, è curata dal Cineclub con la collaborazione dei docenti di cinema e video e di altri docenti dell'Ateneo pisano.
La tragedia teatrale con musiche, Don Giovanni e Faust di Christian Dietrich Grabbe, il 18 novembre nella Sala “Titta Ruffo”, marcherà simbolicamente il passaggio di testimone dal Dongiovanni Festival a Demoni e Angeli - Il Mito di Faust.
Con il decreto ministeriale dello scorso 22 ottobre, Maria Cecilia Parra, docente di Archeologia della Magna Grecia dell’Università di Pisa, è stata nominata membro del Consiglio di amministrazione del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Il CdA è composto dal direttore del museo, che lo presiede, e da quattro membri designati dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di cui uno d’intesa con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e uno d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, scelti tra esperti di chiara fama nel settore del patrimonio culturale. La professoressa resterà in carica per i prossimi cinque anni.
Maria Cecilia Parra dirige da molti anni indagini archeologiche nei siti siciliani di Segesta e di Entella e in quello magnogreco di Kaulonia (Monasterace M.na, Reggio Calabria), dove si stanno mettendo in luce sistematicamente l’agorà e il santuario di Punta Stilo. In quest’ultimo è stata scoperta la Tabula Cauloniensis, un’eccezionale iscrizione greca del V sec.a.C. in alfabeto acheo – la più lunga nota dall’Occidente greco, con le sue 18 linee - contenente una dedica in versi a Zeus: un testo che ci fa conoscere una storia popolata di dèi, di membri dell’aristocrazia cittadina, di complessi monumentali, di opere d’arte, di artisti/artigiani.
Laureata in Lettere all'Università di Pisa nel 1974, perfezionanda e poi ricercatrice presso la Scuola Normale Superiore, dal 2001 Maria Cecilia Parra è stata docente presso la facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Pisa, prima come professore associato, poi come professore ordinario, titolare della cattedra di Archeologia della Magna Grecia.
La sua attività di ricerca si è sviluppata in vari ambiti: ha svolto ricerche archeologiche e topografiche in Magna Grecia e Sicilia, in particolare nell’agorà di Segesta (TP) e nel santuario di Punta Stilo a Kaulonia (RC); ha curato ricerche di archeologia e storia dell'arte greca e romana e ricerche di storia dell'archeologia, in particolare studi sul reimpiego dei materiali antichi in età medievale e sul dibattito relativo alla policromia nei monumenti antichi.
Inoltre si è occupata delle problematiche di catalogazione automatica di Beni Culturali e di ricostruzione 3D di monumenti delle aree d’indagine archeologica a Segesta e Kaulonia e di problematiche inerenti attività espositive e didattiche in musei, parchi archeologici e mostre (Galleria Estense e Museo Civico di Modena, Hipponion, Entella e Reggio Calabria). La professoressa è stata anche curatrice di mostre in varie sedi italiane, tra cui “Magna Graecia. Archeologia di un sapere” nel 2005.
A pochi giorni dalla scomparsa del professore Sergio Donadoni, fondatore dell'Egittologia moderna in Italia, pubblichiamo un ricordo a firma di Edda Bresciani, professore Emerito dell’Università di Pisa e sua allieva. La biografia di questi due studiosi è strettamente incrociata e descrive molta parte della storia dell’Egittologia a Pisa e in Italia. Questa disciplina nacque infatti proprio all’Università di Pisa nel 1826, quando Leopoldo II di Lorena decise di istituire una cattedra di egittologia affidandola al ventiseienne pisano Ippolito Rosellini. Alla sua morte, nel 1843, l'insegnamento fu chiuso e per oltre un secolo tacque sia a Pisa che in Italia. Tornò quindi ad essere attivato nell’Ateneo pisano dall'anno accademico 1950-'51, con un incarico affidato proprio al professor Donadoni, allievo della Scuola Normale e laureato nel 1934 con il grande egittologo Annibale Evaristo Breccia, docente dell’Università di Pisa, di cui fu anche Rettore dal 1939 al 1941. Con il trasferimento del professor Donadoni all’Università di Milano nel 1959, la cattedra passò alla sua allieva Edda Bresciani - la prima laureata italiana in Egittologia – che nel 1968 sarebbe diventata ordinario della disciplina all'Università di Pisa.
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“E della condizione umana è elemento
costitutivo la morte: "Tu muori perché sei
vivo". (Montaigne, Essays)
Ho parlato al telefono con Sergio Donadoni il 13 ottobre scorso per augurargli, come ogni anno in questo giorno, un gioioso anniversario. Mi rispose con la consueta urbanità, la voce forse un po’ fievole è vero, ma intatto l’eloquio elegante ironico ma insieme affettuoso.
Perché il mio maestro ed io ci volevamo bene; anche se aveva l’abitudine di riferirsi a me come “quel diavolo di ragazza”... Adesso nessuno più mi chiamerà così.
È morto nei suoi 101 anni, dopo una vita splendida dedicata alla ricerca, ricca di soddisfazioni private, scientifiche, pubbliche.
Universalmente conosciuto e ammirato, la sua assenza avrà per anni avvenire il suono del dolore.
Non credo che sia il caso qui che elenchi i libri, gli articoli, i contributi i Sergio Donadoni che hanno dato le linee fondamentali dell’egittologia non solo italiana ma mondiale.
Io adesso non riesco a comporre altre frasi oltre all’espressione di un vuoto che non saprà essere colmato; adesso piango la grande persona che ci ha lasciati, piango il maestro, piango lo studioso.
Alla famiglia, alla moglie Annamaria, antica amica, ai suoi figli ai nipoti che tanto amava, l’espressione della partecipazione sincera al loro dolore.
Edda Bresciani
La Pontificia Università Cattolica di Valparaiso (Cile) ha conferito ad Umberto Laffi (a sinistra nella foto), professore emerito dell’Università di Pisa, il riconoscimento di Doctor Scientiae et Honoris Causa. La cerimonia si è svolta il 19 ottobre scorso alla presenza delle più alte autorità accademiche cilene fra cui professor Raúl Buono-Core, direttore dell'Istituto di Storia, che ha ricordato i molti anni di amicizia e di collaborazione scientifica che legano il professore pisano all'ateneo di Valparaiso.
"Il professor Laffi – ha detto Raúl Buono-Core – è una figura di spicco nel mondo della ricerca e della conoscenza. Si tratta di uno dei più grandi studiosi del mondo antico, eminente ricercatore del diritto romano. Il suo lavoro è conosciuto da tutta la comunità accademica internazionale. Oggi stiamo onorando un insigne studioso e un amico della nostra Università ".
Nato a Belluno nel 1939, Umberto Laffi è stato allievo della Scuola Normale e si è laureato in Lettere classiche all’Università di Pisa nel 1962. Dopo aver conseguito la libera docenza, è stato chiamato nel 1971 a ricoprire la cattedra di Storia romana, e poi di Storia greca. È stato direttore dell’Istituto di Storia antica per un decennio epoi per vari mandati, fino al 1999, ha diretto il dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico dell’Ateneo pisano. Attivissimo nel promuovere rapporti di collaborazione internazionale, il professor Laffi è stato membro dell’Institute for Advanced Study di Princeton, visiting professor presso la Northwestern University e la Pontificia Universidad Católica de Valparaiso.
Quali sono le difficoltà che un soggetto affetto da dislessia affronta per imparare l’inglese? Quali sono gli strumenti che un insegnante può adottare per una didattica efficace della lingua straniera? Nel multidisciplinare panorama scientifico che negli ultimi anni sta caratterizzando gli studi sulla dislessia, un gruppo di ricerca dell’Università di Pisa ha intrapreso un percorso che riguarda l’insegnamento e l’apprendimento della lingua inglese da parte di soggetti adulti con DSA, in particolar modo la dislessia evolutiva.
«Malgrado si siano fatti molti passi in avanti in ambito neurocognitivo, lo studio dell’apprendimento delle lingue straniere da parte di dislessici è un settore ancora poco esplorato – spiegano Gloria Cappelli e Sabrina Noccetti, responsabili dell’unità di ricerca sui DSA e l’apprendimento delle lingue del Centro Linguistico di Ateneo – È dunque ormai essenziale cercare di unire i vari settori della ricerca teorica e le pratiche riabilitative per arrivare a una didattica che, riconoscendo le difficoltà del soggetto dislessico, riesca a proporre metodi tali da consentirgli l’apprendimento della lingua straniera».
Il progetto si avvale della collaborazione della IRCCS Fondazione Stella Maris e del Centro per la Neurocognizione, Epistemologia e Sintassi teorica dello IUSS di Pavia e prevede un protocollo sperimentale per testare le abilità linguistiche e pragmatiche di due gruppi di partecipanti (dislessici e non-dislessici) in italiano L1 e in inglese L2. I test saranno somministrati prima e dopo la frequenza di un corso di inglese L2 specificamente progettato per questi soggetti, e poi nuovamente a distanza di qualche mese, per vedere se gli apprendimenti perdurano.
«In questa prima fase, il lavoro di ricerca si concentra sull’adattamento dei test esistenti e sullo sviluppo di materiale per il corso dedicato fondato sulle tecniche riabilitative e mirato a ridurre le difficoltà legate ai deficit insiti nel DSA – aggiungono Gloria Cappelli e Sabrina Noccetti – Inoltre stiamo facendo una ricognizione e classificazione dei materiali didattici per l’insegnamento dell’inglese che si fondano su un approccio multimodale per valutare il loro possibile utilizzo con soggetti dislessici e i possibili benefici offerti da questi materiali, tenuto conto dei deficit specifici descritti dalla letteratura». Il progetto di ricerca sarà presentato in occasione della giornata su Dislessia e apprendimento dell’inglese organizzata da Gloria Cappelli e Sabrina Noccetti, in programma venerdì 23 ottobre al Polo Carmignani.
Nella foto: da sinistra Sabrina Noccetti, Joanna Nijakowska dell'Istituto di Anglistica dell'Università di Łódź (Polonia) - ospite della giornata di studio del 23 ottobre - e Gloria Cappelli.
Ne hanno parlato:
InToscana.it