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Valorizzare la variabilità naturale del fico, un frutto antico per un’agricoltura mediterranea sostenibile. Questo in sintesi l’obiettivo del progetto di ricerca "FIGGEN" guidato dal professor Tommaso Giordani, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa che, assieme a una squadra di ricercatori di Italia, Spagna, Tunisia e Turchia, è riuscito a vincere, dopo una selezione durissima tra migliaia di team di ricerca internazionali di 19 nazioni, un milione di euro nella categoria Farming System della Call 2019 di PRIMA, il Programma per l’innovazione del settore idrico e agro-alimentare nell’area mediterranea guidato da tre anni dal professore ed economista Angelo Riccaboni, già rettore dell’Università di Siena

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“I cambiamenti climatici stanno incidendo drammaticamente sulla regione del Mediterraneo e sono necessarie soluzioni per adattare le pratiche dei sistemi agricoli all'aumento delle temperature, della siccità e della salinità del suolo – spiega Giordani - L'adozione di sistemi di coltivazione mista come l'agroforestry può contrastare la perdita di agro-biodiversità e la riduzione della fertilità del suolo”.

Il fico (Ficus carica L.) ha un grande potenziale di espansione grazie a preziose qualità nutrizionali, energetiche e nutraceutiche dei frutti, e al crescente interesse per i metaboliti secondari prodotti nei frutti, nelle foglie e nel lattice, combinato con la capacità di adattarsi ad ambienti secchi, calcarei e salini, rendendo questa specie estremamente interessante per una produzione sostenibile nella regione mediterranea, anche in relazione al cambiamento climatico. Nei prossimi 36 mesi la squadra di ricercatori guidati da Giordani, con il coinvolgimento di agricoltori, produttori, distributori con esperienze e competenze multidisciplinari, hanno in progetto l'introduzione nei sistemi agricoli di cultivar di fico più adatte alle tipologie di ambiente che si produrranno in seguito al climate change e che consentiranno la produzione sostenibile del fico in futuro.

“Uno degli obiettivi è quello di realizzare sistemi agricoli basati sulla biodiversità, più resistenti alle incertezze climatiche e più sostenibili. Ciò avrà effetti benefici sul mantenimento delle risorse naturali (soprattutto in riferimento alla biodiversità sopra- e sottosuolo), sulla conservazione del suolo e delle acque, sulla valorizzazione dei suoli delle aree marginali, e quindi assicurerà la fornitura di migliori servizi ecosistemici” – afferma Giordani. “Tutto ciò avrà un impatto sia sul benessere che sul reddito degli agricoltori, sull'agro-ecosistema e sulla produzione di frutti di questa specie, consentendo di invertire la tendenza al ribasso della produzione di fichi registrata negli ultimi anni nell'area mediterranea”.

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Nella foto, il gruppo di Genetica e Genomica Vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali: da sinistra Alberto Vangelisti, Gabriele Usai, la professoressa Lucia Natali, Flavia Mascagni, il professor Andrea Cavallini, il professor Tommaso Giordani.

Da qualche anno, il gruppo di Genetica e Genomica Vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa si occupa di studiare le caratteristiche del genoma del fico, che ha recentemente sequenziato, e di come questa specie, diffusa nell'area del Mediterraneo, sia in grado di resistere a condizioni climatiche avverse come siccità e salinità. Del progetto FIGGEN fanno parte anche due partner spagnoli, l'Instituto de Hortofruticultura Subtropical y Mediterranea La Mayora dell'Agencia Estatal Consejo Superior de Investigaciones Cientificas, rappresentato dal Prof. Inaki Hormaza, capo del "Subtropical Fruit Crops Department" e il Centro de Investigaciones Científicas y Tecnológicas de Extremadura, rappresentato dalla Dott.ssa Margarita Lopez-Corrales, coordinatrice della banca di germoplasma di fico in Extremadura e responsabile del centro di analisi e registrazione di varietà commerciali di fico a livello nazionale e comunitario. Il progetto comprende anche due partner della sponda meridionale del Mediterraneo: la Facoltà di Scienze dell'Université de Tunis El Manar, in Tunisia, rappresentata dalla Prof.ssa Amel Hannachi, Direttrice del "Fruit Genetic Resources Team in the Laboratory of Genetics, Immunology and Biotechnology", e il Dipartimento di Orticoltura della Çukorova University, Turchia, rappresentato dalla Prof.ssa Ayzin Küden.

Riguardo gli impatti attesi tra 3 anni alla fine progetto, Giordani aggiunge: “FIGGEN avrà ricadute sulla valorizzazione e conservazione della biodiversità, in quanto saranno analizzati 300 genotipi del germoplasma di fico della regione mediterranea, comprese cultivar trascurate o poco utilizzate. L'individuazione e la caratterizzazione dei genotipi più adatti alle difficili condizioni ambientali dettate dal cambiamento climatico contribuirà al miglioramento genetico di questa specie per una produzione di fichi sempre più sostenibile in futuro.

Si restringe il campo di ricerca del bosone Z’, l’ipotetico ‘portale’ fra materia ordinaria e materia oscura. Il risultato emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Physical Review Letter che riguarda i primi dati prodotti dall’esperimento Belle II. Un pool internazionale di scienziati – fra cui anche i fisici dell’Università di Pisa e della Sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) - ha analizzato le collisioni fra elettroni e positroni avvenute nel 2018 nell’acceleratore SuperKEKB, nel laboratorio KEK, a Tsukuba, in Giappone.

“Il nostro studio pone dei nuovi limiti all’esistenza di Z’, restringendo il campo in cui questa particella potrebbe essere osservata – spiega il professor Francesco Forti dell’Ateneo pisano – quello che stiamo cercando è un punto di passaggio tra la materia ‘ordinaria’ di cui è fatto tutto ciò che conosciamo, compresi noi stessi, e la materia oscura, ancora mai osservata, e che ipotizziamo sia cinque volte maggiore di quella ‘ordinaria’ per spiegare alcuni effetti gravitazionali che osserviamo nell’universo”.

 

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Il gruppo Belle II Pisa quasi al completo, in occasione dell’International Women’s Day 2020. Da sinistra: Luigi Corona, Laura Zani, Gaetano De Marino, Giulia Casarosa, Eugenio Paoloni, Antonio Paladino, Giuliana Rizzo, Francesco Forti, Jaroslaw Wiechczynski(Jarek), Stefano Bettarini, Giacomo De Pietro, Alberto Martini

 

Secondo gli scienziati il bosone Z’ è uno dei candidati più promettenti per connettere la materia oscura al Modello Standard, cioè la teoria che descrive con successo il mondo ordinario a noi oggi noto. Questa ipotetica particella potrebbe essere prodotta nelle collisioni tra elettroni e positroni e modelli teorici e simulazioni dettagliate predicono che l’esperimento Belle II sarebbe in grado di rivelarla.

“A Pisa nei laboratori dell’Università e dell’INFN abbiamo realizzate le parti anteriori e posteriori del rivelatore di vertici Silicon Vertex Detector che costituisce il cuore dell’esperimento - dice Forti – il nostro contributo ha inoltre riguardato le risorse di calcolo per l’analisi dei dati e nello specifico nel gruppo internazionale che ha portato avanti l’analisi dello Z’ spiccano quattro nostri giovani laureati magistrali, Laura Zani, Luigi Corona, Giacomo De Pietro, Alberto Martini”.

"I dati oggetto di questa analisi sono stati raccolti nel 2018 - conclude Forti - Attualmente a causa della pandemia COVID-19, tutti i viaggi a KEK sono sospesi, ma l’esperimento e l’acceleratore continuano ad operare grazie agli sforzi del personale residente a KEK e alla collaborazione internazionale attraverso connessioni telematiche".

 

Si restringe il campo di ricerca del bosone Z’, l’ipotetico ‘portale’ fra materia ordinaria e materia oscura. Il risultato emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Physical Review Letter che riguarda i primi dati prodotti dall’esperimento Belle II. Un pool internazionale di scienziati – fra cui anche i fisici dell’Università di Pisa e della Sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) - ha analizzato le collisioni fra elettroni e positroni avvenute nel 2018 nell’acceleratore SuperKEKB, nel laboratorio KEK, a Tsukuba, in Giappone.

“Il nostro studio pone dei nuovi limiti all’esistenza di Z’, restringendo il campo in cui questa particella potrebbe essere osservata – spiega il professor Francesco Forti dell’Ateneo pisano – quello che stiamo cercando è un punto di passaggio tra la materia ‘ordinaria’ di cui è fatto tutto ciò che conosciamo, compresi noi stessi, e la materia oscura, ancora mai osservata, e che ipotizziamo sia cinque volte maggiore di quella ‘ordinaria’ per spiegare alcuni effetti gravitazionali che osserviamo nell’universo”.

Secondo gli scienziati il bosone Z’ è uno dei candidati più promettenti per connettere la materia oscura al Modello Standard, cioè la teoria che descrive con successo il mondo ordinario a noi oggi noto. Questa ipotetica particella potrebbe essere prodotta nelle collisioni tra elettroni e positroni e modelli teorici e simulazioni dettagliate predicono che l’esperimento Belle II sarebbe in grado di rivelarla.

“A Pisa nei laboratori dell’Università e dell’INFN abbiamo realizzate le parti anteriori e posteriori del rivelatore di vertici Silicon Vertex Detector che costituisce il cuore dell’esperimento - dice Forti – il nostro contributo ha inoltre riguardato le risorse di calcolo per l’analisi dei dati e nello specifico nel gruppo internazionale che ha portato avanti l’analisi dello Z’ spiccano quattro nostri giovani laureati magistrali, Laura Zani, Luigi Corona, Giacomo De Pietro, Alberto Martini”.

"I dati oggetto di questa analisi sono stati raccolti nel 2018 - conclude Forti - Attualmente a causa della pandemia COVID-19, tutti i viaggi a KEK sono sospesi, ma l’esperimento e l’acceleratore continuano ad operare grazie agli sforzi del personale residente a KEK e alla collaborazione internazionale attraverso connessioni telematiche".

Didascalia foto:
Il gruppo Belle II Pisa quasi al completo, basato su una foto presa in occasione dell’International Women’s Day 2020. Da sinistra: Luigi Corona, Laura Zani, Gaetano De Marino, Giulia Casarosa, Eugenio Paoloni, Antonio Paladino, Giuliana Rizzo, Francesco Forti, Jaroslaw Wiechczynski(Jarek), Stefano Bettarini, Giacomo De Pietro, Alberto Martini

ll Consiglio di Amministrazione dell’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario ha approvato nuove misure straordinarie per l’emergenza Covid-19 a beneficio degli studenti borsisti, in attuazione degli indirizzi recentemente deliberati dalla Giunta Regionale con la DGR 441 del 31 marzo 2020.
L’iniziativa che distribuirà agli studenti borsisti di tutta la Toscana più di 4 milioni di euro è stata assunta in considerazione dell’impossibilità di molti studenti fuori sede di poter far ritorno alle proprie famiglie a causa delle norme governative e delle difficoltà, anche economiche, che questi stanno incontrando questi giorni. 

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Nel dettaglio gli interventi prevedono contributi una tantum per gli studenti nelle residenze per il disagio di questi giorni e un contributo per pagare l’affitto per quegli studenti borsisti che risiedano fuori dalle residenze. Viene poi previsto un contributo di disagio per compensare la mancata o ridotta fruizione dei servizi mensa.
Vengono inoltre accantonate risorse a sostegno dei borsisti fuori sede qualora questi siano posti in isolamento domiciliare con sorveglianza attiva, contraggano il virus e siano posti in quarantena, e nell’eventualità che vengano ricoverati in ospedale o in altre strutture preposte alla gestione dell’emergenza.

In sostanza, si tratta di un poderoso insieme di interventi che Regione e Azienda Regionale DSU mettono a disposizione degli studenti universitari borsisti per dare una risposta concreta al loro momento di grande disagio senza che debbano fare ricorso al supporto delle loro famiglie già duramente provate dalla crisi.
La copertura è stata possibile con le risorse regionali e proprie derivanti dalla gestione dei servizi che si sono rese disponibili a seguito dell’iscrizione nel conto economico preventivo 2020 di quelle residue delle annualità precedenti del Fondo Integrativo Statale (FIS) per le borse di studio.

L’Azienda si impegna a destinare ad altri interventi per gli studenti universitari tutte le risorse che verranno risparmiate dalla minore erogazione dei servizi a causa dell’emergenza sanitaria in corso.

“Era doveroso – dichiara il Presidente del DSU Toscana Marco Moretti – offrire un aiuto a tutti gli studenti universitari destinatari dei nostri benefici in questo momento di difficoltà. Si tratta in molti casi di fuori sede impossibilitati a far ritorno a casa e che avrebbero avuto bisogno di un sostegno straordinario dalle loro famiglie se l’Azienda non fosse intervenuta ad offrire loro adeguato supporto. Il DSU ha come missione primaria quella di garantire l’accesso allo studio universitario ai soggetti in condizioni economiche meno favorevoli che in un momento di emergenza sanitaria ed economica come quello che stiamo vivendo devono essere ancora di più aiutati”.

(fonte: Ufficio Stampa ARDSU Toscana)

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