Appena presentato al Pisa Book Festival è uscito "Balene" (Edizioni ETS, 2017), a cura di Alessandro Tosi, professore di Storia dell'Arte moderna al Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere.
Il volume documenta l'omonima mostra promossa e realizzata dal Museo della Grafica in collaborazione con il Museo di Storia Naturale dell'Ateneo e si compone di tre saggi: "Un ritratto per la balena" di Alessandro Tosi, “Se questo mostro marino sia infausto oppure no: le fortune del capodoglio arenato sulla costa olandese nel 1598" di Florike Egmond e Peter Mason e "Passato e futuro della collezione osteologica di balene e delfini del Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa" di Giovanni Bianucci e Chiara Sorbini. A chiusura del volume c'è quindi una galleria fotografica delle opere di Antonio Possenti realizzate ad hoc per la mostra.
Proponiamo di seguito alcune immagini tratte dal libro.
"Het waerachtich... 2 Iulij 1577", particolare, tempera, Biblioteca Universitaria di Pisa, Disegni di animali, Ms 514, c. 246. Su concessione del Ministero dei beni e delle attività Culturali e del Turismo.
Balena, G. Bonatti inc. - A. Bognetti e C. Curti colorirono. In Ercole Manaresi, Dizionario pittoreschi della storia naturale e delle manifatture di Milano, Borroni e Scotti, 1839.
Scheletro di capodoglio (a sinistra) affiancato alal ricostruzione del suo antenato (a destra). In primo piano pannello esplicativo in vetro con modelli tridimesionali tattili. Museo di Storia Natuale dell'Università di Pisa.
Una tavola della serie "Balene" concepita da Antonio Possenti nel 2015 per la mostra allestita al Museo della Grafica. Ogni opera è realizzata con tecnica mista su antiche carte nautiche.
"Anticorruzione pop", sottotitolo "È semplice combattere il malaffare se sai come farlo", (edizioni GruppoAbele, 2017) è l'ultimo libro di Alberto Vannucci, docente del dipartimento di Scienze Politiche dell'Ateneo e direttore del Master in "Analisi, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata e della corruzione", organizzato insieme a Libera ed Avviso Pubblico.
Scritto insieme a Leonardo Ferrante, referente nazionale del settore Anticorruzione civica e cittadinanza monitorante delle associazioni Libera e Gruppo Abele, il volume teorizza e spiega il modello delle comunità monitoranti basate sulla partecipazione popolare per combattere la corruzione.
Pubblichiamo un estratto dalle conclusioni "Ora è il nostro tempo".
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Il nostro auspicio è che a breve nascano e prendano piede altri e migliori tentativi di questo tipo, capaci di integrare o, perché no, confutare le tesi espresse in questo lavoro, fornendo strumenti di analisi e d’intervento più efficaci. Ci aspettiamo che col tempo vedano la luce rapporti, volumi, portali digitali e altre forme di testimonianza che consentano di leggere le storie di successo e di ascoltare le voci delle comunità monitoranti, comprese le loro fatiche.
Soprattutto, garantendo in questo il nostro impegno futuro (per quel che varrà), confidiamo, e questa speranza è forse il lascito più importante di questo lavoro, nella moltiplicazione di esperienze che mettano al centro l’anticorruzione pop per come abbiamo cercato di raccontarla, occasioni nelle quali si possano centuplicare quelle palestre di potere delegato, quelle forme di non-cooperazione attiva alla pratica del malaffare, quelle esperienze di comunità monitoranti cui abbiamo fatto cenno in queste pagine.
Nelle parole del comico americano George Carlin si possono cogliere bene le ragioni di questo auspicio. Corrotti e corruttori «vogliono sempre di più per loro stessi e sempre di meno per tutti gli altri. Ma vi dirò cosa non vogliono. Non vogliono persone ben informate, ben istruite e capaci di pensiero critico. Non sono interessati a questo. Perché questo non li aiuta».
Per come le abbiamo rappresentate, le comunità monitoranti sono chiamate a diventare il luogo naturale di maturazione di questo più che mai necessario “pensiero critico” nei confronti dell’esercizio di qualsiasi potere pubblico. Ciò che più d’ogni altra cosa vorremmo scongiurare è che queste pagine siano lette come una “favoletta naif” raccontata da due idealisti. Significherebbe che si sta lasciando mano ancora più libera a corrotti e corruttori, e loro non aspettano altro per proseguire indisturbati nei loro maneggi. Siamo davvero stanchi di dargliela vinta. Questo, qui e ora, può essere il nostro tempo.
È stato accolto con grande interesse da parte dei numerosi partecipanti che hanno gremito la Scuola Medica, tra cui molti studenti dell’Ateneo e del Centro Gestalt Viva, il convegno dal titolo “L’epistemologia degli stati non ordinari di coscienza”, organizzato dall’Università di Pisa e dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, in collaborazione con la Fondazione IRIS e con la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della Gestalt Viva. Il successo dell'iniziativa, a cui è intervenuto il maestro del pensiero contemporaneo Claudio Naranjo, psichiatra, psicoterapeuta e antropologo tra i più noti al mondo, testimonia un interesse crescente della comunità scientifica e terapeutica verso tematiche che fino a pochi anni fa erano considerate di confine, tra cui lo studio degli stati non ordinari di coscienza, affrontati con spirito critico, scientifico e profondamente interdisciplinare.
Il convegno, che si è svolto martedì 7 e mercoledì 8 novembre, ha visto come moderatore il professor Angelo Gemignani, presidente del corso di laurea triennale in Scienze e tecniche di psicologia clinica e della salute e di quello magistrale in Psicologia clinica e della salute, oltre che direttore della SOD di Psicologia clinica dell’AOUP, e come chairmen i professori Riccardo Zucchi, direttore del dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica, Pier Luigi Barrotta, direttore del dipartimento di Civiltà e forme del sapere, e Pietro Pietrini, rettore della Scuola IMT – Alti Studi di Lucca.
L’incontro, che fa parte del percorso formativo dei “Leading Themes in Psychology”, ha visto il susseguirsi di una serie di interventi di natura multidisciplinare. Sono state, infatti, messe in gioco competenze provenienti dalla filosofia, dalla fisica, dall’antropologia, dalla psicologia e dalle neuroscienze.
Dopo l’introduzione del professor Zucchi, gli interventi della prima giornata sono stati aperti con il contributo del professor Giuseppe Vitiello, dell’Università di Salerno, che ha illustrato l’approccio della fisica moderna della complessità allo studio della coscienza. Il dottor Cristiano Crescentini, dell’Università di Udine, ha poi introdotto il tema della meditazione e delle sue basi neurali, approfondendo le possibili applicazioni terapeutiche di questo particolare stato di coscienza. Il professor Angelo Gemignani ha descritto alcuni risultati sperimentali inerenti gli aspetti spaziotemporali della coscienza, in particolare per quanto riguarda il cambiamento della direzionalità dei flussi informativi corticali negli stati non ordinari di coscienza. La dottoressa Tania Re, dell’Università di Genova, ha proseguito descrivendo l’utilizzo delle sostanze psicotrope ad azione psichedelica nelle culture sudamericane che ha studiato sul campo, invitando la comunità accademica a interessarsi di questa tematica con rigore scientifico. Il dottor Riccardo Zerbetto ha approfondito il tema del sogno come stato stra-ordinario di coscienza, delineando in particolare il contesto culturale che ha contraddistinto lo studio di queste tematiche nel corso della storia. Infine, La professoressa Maria Pietronilla Penna, dell’Università di Cagliari, ha parlato dell’apprendimento nel contesto delle reti neurali e delle sue relazioni con la consapevolezza.
Nel corso della seconda giornata, agli interventi introduttivi dei chairmen è seguito un intervento del professor Alfonso Maurizio Iacono, dell’Università di Pisa, che ha accompagnato i partecipanti in una riflessione filosofica ed epistemologica sul concetto di coscienza nella sua evoluzione storica e sulla sua relazione con il cervello, con il Sé e con i “mondi intermedi”. Addentrandosi nei complessi rapporti tra scienza e coscienza, il professore dell'Ateneo pisano, Bruno Neri, si è poi soffermato su alcuni risultati sperimentali pubblicati e ancora inspiegabili (tra cui l’entanglement tra cervelli, le esperienze di pre-morte ed extra-corporee) e sulle sfide che tali evidenze comportano per il materialismo riduzionista che rappresenta attualmente il paradigma accettato dalla comunità scientifica. Il dottor Claudio Billi, direttore del Centro Gestalt Viva di Pisa, ha tenuto un intervento introduttivo per presentare la vita e l’opera di Claudio Naranjo, ospite d’eccezione dell’evento. A concludere il convegno è stato infatti il Maestro cileno, uno dei grandi esponenti mondiali della Terapia della Gestalt, i cui insegnamenti hanno raggiunto una rilevanza internazionale. Nel suo intervento, oltre a esporre le varie dimensioni della coscienza, Claudio Naranjo ha guidato meditazioni di gruppo al fine di far provare in prima persona quanto appena descritto, coinvolgendo così i partecipanti in un’esperienza non ordinaria.
Nel 2017 ricorrono i 50 anni dalla morte di Don Milani. Un incontro ieri al Circolo Rinascita a Pisa intitolato "Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. Don Milani ieri, oggi, domani" ne ha ricordato la figura. Per l'Università di Pisa è intervenuta Maria Antonella Galanti, docente di Pedagogia, che ha dialogato con Francesco Gesualdi del Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano e Giuseppe Bagni, presidente nazionale del Centro per l'Iniziativa Democratica degli Insegnanti.
Pubblichiamo qui di seguito una riflessione della professoressa Galanti.
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Don Milani: una riflessione
Sono passati cinquanta anni dalla morte di Don Milani. Se ne andò, infatti, nel 1967, un anno prima del movimento del ’68 e senza sapere che la sua Lettera a una professoressa ne sarebbe diventato un vessillo. Senza sapere che le sue parole e la sua battaglia in nome del valore dell’istruzione come elemento di liberazione sociale avrebbero avuto grande eco nel tempo. Senza sapere che quelle stesse parole sarebbero state raccolte per denunciare la non neutralità della cultura tutta e di una scuola concepita, parafrasandolo, come un paradosso al pari di un ospedale pensato per i sani anziché per i malati.
Lettera a una professoressa, scritto insieme ai suoi ragazzi, ha avuto una grande diffusione ed è diventato un simbolo delle battaglie per trasformare la scuola pubblica in scuola davvero di tutti, cioè capace di dare a ciascuno libero accesso alla parola e alla capacità di usarla per esprimersi, comunicare, dare battaglia quando necessario, ma anche ribellarsi quando opportuno. Se questo testo ha avuto tanta meritata notorietà, molti altri scritti coraggiosi di Don Milani gli hanno procurato non poche amarezze perché giudicati, di volta in volta, inopportuni, provocatori o addirittura lesivi della legalità ed eticamente esecrabili. Tra questi basti ricordare i testi compresi in L’obbedienza non è più una virtù. Si tratta di due lunghe lettere: la prima rivolta ai cappellani militari che avevano scritto nero su bianco, in un comunicato ufficiale, che l’obiezione di coscienza rispetto al servizio militare era estranea al comandamento cristiano dell’amore ed espressione di viltà; la seconda inviata come autodifesa ai giudici per il processo al quale la malattia che dopo un anno lo avrebbe portato alla morte gli impediva di presenziare. Era accusato di apologia di reato proprio per la prima di queste due lettere nella quale ripercorreva la storia degli ultimi due secoli del nostro paese e di tante guerre, fino ad arrivare all’avvento della dittatura fascista.
“Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l'esercito non la difese. Stette ad aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza «cieca, pronta, assoluta» quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo (50.000.000 di morti)! Così la Patria andò in mano a un pugno di criminali che violò ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra «Patria», quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria...” (Don Milani, L’obbedienza non è più una virtù, Libreria Editrice Fiorentina, p.16)
Nel processo di primo grado Don Milani fu assolto, ma la condanna dello scritto arrivò, dopo la sua morte, in quello di appello.
Tra le tante sue parole che adombrano una pedagogia della reciprocità e della partecipazione comunitaria rispetto ai processi di insegnamento apprendimento, l’espressione più bella e attuale è quell’ I care che si contrappone al “me ne frego” fascista. E l’ideale che pervade tutte le pagine di Lettera a una professoressa e cioè la convinzione che il problema di uno debba essere considerato come il problema di tutti e che sentirsi comunità debba tradursi nel farsi carico dei propri membri più fragili contrapponendo il pensiero critico all’obbedienza cieca e ignava.
Maria Antonella Galanti
È il libreria la terza edizione di “Il secolo degli Stati Uniti” (Il Mulino), il libro di Arnaldo Testi, docente del Dipartimento di civiltà e forme del sapere. Il testo, adottato come manuale nei corsi di storia di molte università italiane, è ora aggiornato a comprendere tutta la presidenza Obama.
Pubblichiamo uno stralcio delle pagine conclusive.
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Il risultato delle elezioni fu una sorpresa dell’ultimo minuto anche per il vincitore Donald Trump. Come previsto dai sondaggi, Hillary Clinton vinse alla grande il voto popolare nazionale, con 65,9 milioni di voti contro i 63 milioni dell’avversario, quasi 3 milioni in più. Ma perse nella conta dei voti elettorali negli stati, là dove era costituzionalmente importante e dove i sondaggi erano più ambigui.
Il modo in cui si divise l’elettorato non fu diverso da quello delle elezioni precedenti. Nei grandi numeri, le coalizioni che sostennero i due candidati e i due partiti continuarono a essere le stesse del 2008 e del 2012, quando a vincere erano stati i democratici; d’altra parte, i democratici erano tuttora maggioranza nel paese. L’attesa di un vero riallineamento elettorale fu di nuovo delusa.
Ci furono tuttavia degli spostamenti marginali che furono quelli decisivi. Si accentuò ulteriormente la polarizzazione politica, sociale, etnico-razziale e geografica degli elettori dei due partiti, la loro divaricazione ideologica, la loro avversione reciproca, persino, dicevano alcuni sondaggi, la loro estraneità personale. E ciò portò a una ulteriore accentuazione del voto bianco, maschile, protestante conservatore, di mezza età, non-urbano e in parecchi casi operaio a favore dei repubblicani.
Fu così che il voto parve l’estrema reazione razziale bianca alla presenza di un presidente nero. Otto anni dopo l’elezione di Obama, il suo successore non poteva essere più diverso da lui. Era in effetti la sua nemesi personale e politica.
Due domus romane costruite nel I secolo a.C. sono venute alla luce a Luni nel corso di una campagna di scavi diretta da Simonetta Menchelli, docente di Topografia antica ed Archeologia subacquea dell’Università di Pisa. Le ricerche rientrano nel “Progetto Luni, la città della Luna”, che ha l’obiettivo di ricostruire i paesaggi urbani e territoriali della città, fondata come colonia romana nel 177 a.C. e ancora attiva, dal punto di vista e strategico ed economico, sino all’Alto Medioevo.
“La domus meridionale aveva le pareti affrescate, come documentano numerosi frammenti di intonaco rosso e alcuni ambienti pavimentati con mosaici geometrici e vegetali a tralci di vite – spiega Simonetta Menchelli – quella settentrionale ha subito profonde ristrutturazioni nel IV e V secolo, la costruzione poi di una grande vasca evidenzia con tutta probabilità che nella casa venne installata una fullonica, cioè un impianto per la lavorazione e lavaggio dei tessuti”.
“Entrambi gli edifici – continua la professoressa dell’Ateneo pisano – sino a quando non furono abbandonati, fra il VII e l’inizio VIII secolo d.C., furono al centro di numerosi scambi e ricevettero merci di importazione mediterranea come vasellame e vino, olio e salse di pesce da varie regioni italiche, dalla Gallia, dalla Penisola iberica, dall’Africa settentrionale, dall’Asia minore, dalla Siria e dalla Palestina”.
È dal 2014 che il dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa effettua scavi e ricerche a Luni nel quartiere di Porta Marina, vicino al porto antico. Le attività, coordinate sul campo dal dottor Paolo Sangriso, durano tre settimane l’anno e vi partecipano oltre venti studenti dell’Università di Pisa e anche ventiquattro allievi dell’Istituto Parentucelli Arzèlà di Sarzana e del Liceo Costa di La Spezia nell’ambito di un progetto alternanza-scuola lavoro.
Le attività sono frutto di una sinergia fra l’Ateneo pisano, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio (dott.ssa Neva Chiarenza), il Sistema museale di Luni (dott.sse Marcella Mancusi e Antonella Traverso) e il Comune di Luni-Ortonovo. Il carattere interdisciplinare e innovativo dell’iniziativa è assicurato dalla partecipazione del professore Adriano Ribolini del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa per gli aspetti geomorfologici ed un programma di indagini georadar, dal professore Vincenzo Palleschi del CNR Pisa per il telerilevamento anche mediante drone e restituzioni 3D degli edifici, dal dottor Claudio Capelli dell’Università di Genova per le analisi archeometriche dei reperti.
È appena uscito per le edizioni Mondadori Università “Capire il conflitto, costruire la pace”, un volume che, a cavallo tra diverse discipline, offre strumenti per analizzare i conflitti in profondità, comprendendone la genesi, le dinamiche e il loro interagire con il contesto globale. Autori sono Valentina Bartolucci, ricercatrice aggregata presso il Centro Interdisciplinare di Scienze per la Pace (CISP) dell’Università di Pisa, dove insegna “Sociologia dei conflitti e della pace e approccio sistemico all’analisi dei conflitti”, e Giorgio Gallo professore di Ricerca operativa nell’Ateneo pisano, che negli ultimi anni ha svolto ricerche sull’etica della scienza e delle tecnologie e sulle applicazioni della Teoria dei Sistemi all’analisi e alla risoluzione dei conflitti. Il professor Gallo ha contribuito a fondare il CISP e il corso di laurea in Scienze per la Pace dell’Università di Pisa.
Qui di seguito proponiamo una presentazione del libro a firma dei due autori.
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Perché scoppiano continuamente guerre, sempre più violente e complesse? Perché non riusciamo ad affrontarle? È a questi interrogativi pressanti che vuole rispondere questo libro fornendo strumenti analitici e pratici per analizzare i conflitti in profondità. Parlare di conflitti e di pace è oggi più urgente che mai: nel 2016 solo dieci Paesi si potevano considerare in pace. Il 2017 volge al termine lasciandoci un mondo ancora più insicuro dei precedenti e nel quale la pace sembra sempre più lontana ed elusiva. Tuttavia, sebbene il mondo in cui viviamo non si possa certo considerare un mondo di pace, rimane forte il desiderio di pace da parte dell'opinione pubblica mondiale. Se, infatti, il nuovo millennio è stato scosso in profondità dagli eventi drammatici dell'11 settembre 2001 con il loro lascito di distruzione e di morte che ha irrimediabilmente segnato tutti noi, non va dimenticato che il 15 febbraio 2003 più di sette milioni di persone in oltre 300 città e 60 Paesi diversi sono scesi in strada per ribadire il loro rifiuto alla guerra in quella che viene considerata la più grande marcia per la pace nella storia.
Questo libro nasce dalla convinzione profonda, ribadita dagli scienziati che hanno stilato la Dichiarazione di Siviglia del 1986, che la guerra non è una necessità biologica e che la stessa specie che ha inventato la guerra può inventare la pace e deve costruirla ogni giorno. Tutti vogliamo vivere in un mondo di pace, eppure siamo testimoni dell'insorgere continuo di nuovi contrasti e dello scoppio di nuove guerre, sempre più violente e complesse. I conflitti violenti che permeano la nostra società sono la manifestazione sintomatica di nuovi assetti geopolitici mondiali, di modelli economici basati sullo sfruttamento insostenibile delle risorse naturali, di un crescente malessere sociale, dovuto a marginalizzazione, alienazione, esclusione sociale e povertà, nonché di sistematiche violazioni dei diritti individuali e collettivi in nome della sicurezza e della stabilità. Questi conflitti allontanano l'uomo dalla sua natura profonda, una natura orientata alla pace. Potremmo dunque pensare che stiamo sbagliando qualcosa e che per qualche ragione non possiamo vivere in pace. Non è vero: la pace non solo è possibile ma è necessaria per la nostra stessa sopravvivenza.
L'essere umano ha bisogno di pace ma molto spesso non conosce gli strumenti per realizzarla fino ad arrivare, per assurdo, a fare la guerra per avere la pace e a trascinare di conseguenza l'umanità in una spirale di dolore e di morte dalla quale è difficile uscire. Il mezzo principale per evitare le guerre, secondo noi, è la conoscenza. Siamo, infatti, convinti che per costruire la pace sia necessario formare persone che capiscano i conflitti nella loro dinamica e nella loro complessità. A tale proposito sono necessari strumenti analitici e pratici che ci aiutino ad analizzare i conflitti in profondità, comprendendone la genesi, le dinamiche e il loro interagire con il contesto globale. Premessa fondamentale per costruire la pace è, infatti, de-costruire la guerra al fine di mostrarne la profonda irrazionalità. Questo testo è rivolto a quanti siano interessati a comprendere meglio la natura del mondo conflittuale in cui viviamo e a quanti vogliano cimentarsi alla costruzione della pace partendo da una comprensione profonda della guerra.
Valentina Bartolucci e Giorgio Gallo
Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd (Laterza,2017) è l'ultimo libro di Alberto Mario Banti. Professore di Storia contemporanea al Dipartimento di Civilta' e Forme del Sapere, Banti è autore di numerosi studi e saggi fra cui La nazione del Risorgimento (Einaudi, 2000), L’età contemporanea. Dalle rivoluzioni settecentesche all’imperialismo (Laterza, 2009), L’età contemporanea. Dalla Grande Guerra a oggi (Laterza, 2009), Sublime madre nostra. La nazione italiana dal Risorgimento al fascismo (Laterza, 2011), Eros e virtù. Aristocratici e borghesi da Watteau a Manet (Laterza, 2016).
Pubblichiamo di seguito un estratto dall'introduzione di Wonderland.
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C’era una volta Wonderland, una terra di racconti meravigliosi, narrati con i più potenti mezzi di comunicazione a un pubblico sempre più numeroso e sempre desideroso di ascoltarli: le parole dei romanzi o delle trasmissioni radio, le figure dei fumetti, le immagini in movimento del cinema o della televisione, i suoni delle hit del momento offrivano divertimento, brivido, sollievo, consolazione, proiettando il pubblico nel passato, nel futuro, nel mito o in selezionate declinazioni della contemporaneità. Nato nell’Europa dell’Ottocento, questo mondo si è sviluppato potentemente negli Stati Uniti del XX secolo, epoca nella quale l’industria culturale e la cultura di massa si sono trasformate in uno dei più efficaci strumenti del soft power americano – termine che indica la forza egemonica che la popular culture statunitense è riuscita a esercitare sull’Europa e su gran parte del Mondo.
C’era una volta Wonderland ...
... e ancora c’è, nel senso che le figure archetipiche, le storie, i modi per raccontarle, che hanno caratterizzato la cultura di massa ai suoi albori (diciamo anni trenta-quaranta), continuano tutt’oggi a colonizzare gran parte dell’immaginario collettivo. [...] la cultura di massa ha una sua storia che credo debba essere esplorata per capire come siano organizzate le storie che la attraversano, come funzionino, quali riferimenti etici offrano e quale impatto esercitino ancora oggi sulla società contemporanea.
Alberto Mario Banti
Il Consorzio interuniversitario CISIA, che ha la propria sede nazionale a Pisa e che è composto da 44 atenei pubblici, organizza per mercoledì 25 ottobre, a Napoli, il convegno “Orientamento e accesso all’Università. Quali strumenti e quali azioni innovative?", in collaborazione con l’Università degli Studi Federico II, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. Orientamento agli studi universitari, strumenti utili agli studenti per la scelta dei percorsi formativi più idonei alla loro inclinazione e preparazione, nonché l’accesso programmato ai corsi di studio, saranno i temi principali del convegno organizzato dal Consorzio, che vanta un'esperienza di sette anni nell’erogazione delle prove di accesso e verifica delle conoscenze per i corsi di studio.
All'interno del programma sono inoltre previsti gli interventi del prorettore per la Didattica dell'Università di Pisa, Marco Abate, che è anche coordinatore della Commissione Didattica del CUN, e dei professori dello stesso Ateneo, Claudio Casarosa e Marco Santagata.
Tra gli obiettivi del Convegno l’analisi del Test Standard che rientra nella tipologia TOLC (Test On Line CISIA) come strumento di orientamento per lo studente. Grazie alla modalità di somministrazione anticipata e alla possibilità di ripetere il test durante l’anno, infatti, questa tipologia di prova d’accesso garantisce agli studenti non solo la possibilità di organizzarsi con largo anticipo per colmare le proprie carenze evidenziate dal test, ma anche di poter , eventualmente, riconsiderare le proprie scelte iniziali.
Il convegno si concluderà con l’intervento della ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli.
Si terrà venerdì 20 ottobre, alle ore 9.30 nell'Aula F al piano terra del Polo Fibonacci, la presentazione del database SciVal a professori e ricercatori dell’Ateneo. Dopo l'intervento introduttivo della professoressa Claudia Martini, prorettrice per la Ricerca nazionale, Charles Martinez, di Elsevier, illustrerà le potenzialità di questa banca dati.
L'Università di Pisa ha messo a disposizione della comunità accademica il database SciVal, prodotto da Elsevier, come importante e utile strumento per promuovere e sostenere l'attività di professori e ricercatori. In particolare, SciVal può servire per i seguenti scopi:
- potenziamento delle collaborazioni di ricerca a livello nazionale e internazionale. Scival consente infatti di scoprire collaborazioni già attive o potenzialmente interessanti per ciascuna tematica di ricerca;
- sviluppo delle attività progettuali. SciVal è un utile mezzo per promuovere, attraverso il match di competenze scientifiche di interesse, la costruzione di partenariati internazionali;
- valutazione delle performance dell’Ateneo, di dipartimento, di gruppi di ricerca, attraverso l’utilizzo di metriche che analizzano l’impatto, i punti di forze e debolezza dell’istituzione;
- contatto e collaborazioni con aziende. SciVal infatti può essere il mezzo attraverso il quale, per il tramite dell’ufficio competente dell’Ateneo, aziende e privati possono richiedere e vedere soddisfatte le proprie richieste di collaborazione con i ricercatori dell'Università.
L’Università di Pisa, come gli altri atenei toscani, si è dotata di SciVal, anche nell’ottica di approfondire i rapporti a livello regionale, promuovendo ogni possibile azione comune e per una migliore e più coordinata interazione.
A questo link è possibile scaricare la locandina.