"Do humans dream of creative machines?". Tavola rotonda e workshop
Il 5 dicembre l'associazione KRINO organizza una tavola rotonda e un workshop dal titolo "Do humans dream of creative machines?".
L'evento è realizzato con il contributo di ateneo per le attività studentesche autogestite (rif. n. 2180 e 2182), nell'ambito dei workshop “Algoritmi e Dati: dinamiche sociali, biopolitiche e comunicative” e “Algoritmi e Dati: una prospettiva filosofica e culturale”.
Programma
5 dicembre 2019
h. 10:00 - 13:00
Panel discussion in Sala Colonne, Palazzo Venera (Via Santa Maria 36)
Continuamente i media ci informano sui nuovi traguardi raggiunti dalle intelligenze artificiali, restituendoci l’immagine di algoritmi capaci di cimentarsi quasi coscientemente in attività complesse e creative, dalla risoluzione di giochi di strategia alla produzione artistica.
I computer stanno finalmente acquisendo alcune caratteristiche proprie degli esseri umani?
Oppure siamo noi che tendiamo a dar loro un’identità umana?
L'incontro affronterà queste domande cercando di sfatare alcuni miti e di proporre una diversa narrazione delle intelligenze artificiali.
Intervengono: Maurizio Parton, Simone Pieranni, Anna Monreale e Davide Bacciu. Modera Stefano Capezzuto di KRINO.
h. 14:00 - 16:00
Workshop in RLab2 (Laboratorio di Cultura Digitale), Palazzo Ricci (via Collegio Ricci 10)
Masterclass su livecoding e processi algoritmici in ambito artistico, a cura di Umanesimo Artificiale.
La masterclass a cura di Umanesimo Artificiale ha lo scopo di presentare la programmazione informatica come linguaggio artistico e performativo introducendo il movimento del livecoding e due tra i software opensource più utilizzati dalla community internazionale: TidalCycles (livecoding musicale) e Hydra (livecoding visuale).
I partecipanti avranno la possibilità di esplorare le possibilità creative di questi strumenti insieme all'artista multimediale Nesso e di sperimentare in prima persona come generare visualizzazioni usando funzioni matematiche di base.
Al termine della masterclass si assisterà ad una performance audiovisiva che metterà in pratica i concetti trattati.
Info:
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https://www.facebook.com/krino.org/
Ricerca internazionale documenta l’impatto antropico sull’ambiente alpino già dall’Età del Ferro
Una ricerca internazionale coordinata dall’Università di Pisa ha documentato l’effetto delle attività umane sull’ambiente alpino già dall’Età del Ferro, circa 2800 anni fa. Eleonora Regattieri e Giovanni Zanchetta, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano, insieme al loro team hanno analizzato una colata stalagmitica proveniente della Grotta di Rio Martino nelle Alpi occidentali in Piemonte. Questo eccezionale “archivio naturale” ha consentito infatti di studiare l’impatto antropico sull’ambiente alpino negli ultimi 9000 anni. I risultati della ricerca, appena pubblicati sulla rivista Scientific Reports, hanno così collegato l’instaurarsi dell’attività della transumanza stagionale, uno dei tratti della futura economia della zona, con una maggiore vulnerabilità del suolo rispetto alle precipitazioni e alle variazioni climatiche.
Eleonora Regattieri Giovanni Zanchetta nella Grotta di Rio Martino
“Nella regione alpina - spiega Eleonora Regattieri - l’inizio dell’Età del Ferro coincide con lo sviluppo delle tecniche casearie. La possibilità di conservare e trasportare il latte prodotto in estate coincide con l’inizio dell’utilizzo permanente dei siti di alta quota e lo sviluppo della moderna economia alpina, tutte attività che impattano sull’ambiente e soprattutto sul suolo”.
Come emerge dal confronto fra le analisi geologiche e i dati archeologici, nel periodo compreso tra 9800 e i 2800 anni fa, quando la pressione antropica nei siti di alta quota era scarsa, l’erosione del suolo appare legata soprattutto a contrazioni naturali della vegetazione, legate a momenti di riduzione delle precipitazioni. A partire dall’ Età del Ferro, 2800 anni fa, i dati geochimici evidenziano invece un drastico cambiamento nella risposta del suolo, che determina una maggiore erosione in risposta al brusco aumento delle precipitazioni.
“Il record di Rio Martino – spiega Giovanni Zanchetta - suggerisce un profondo e precoce impatto delle attività umane sui naturali processi della cosiddetta ‘Zona Critica’, che nelle Alpi come altrove, è quella “pelle” che riveste il nostro pianeta, dalle acque sotterranee sino all’apice della vegetazione, e che tramite una rete di complesse interazioni tra le diverse componenti biotiche ed abiotiche, determina la disponibilità di risorse che rendono possibile la vita sulla Terra”.
Lo studio delle proprietà geochimiche e magnetiche della concrezione della grotta di Rio Martino ha infatti consentito agli scienziati di collegare le informazioni locali sul suolo e sulla vegetazione ai parametri climatici che agiscono su scala regionale, compreso il regime idrologico.
Giovanni Zanchetta nella Grotta di Rio Martino
“Come sappiamo bene l’attività umana trasforma gli ambienti e l'ecologia terrestre da migliaia di anni, un processo che negli ultimo secoli si è fatto sempre più imponente, fino a cambiare la composizione dell’atmosfera e influenzare il clima stesso del nostro pianeta - conclude Giovanni Zanchetta – Quando tutto questo sia cominciato e con quanta intensità sono domande che come ricercatori ci poniamo, anche nell’ottica di prevedere e mitigare i possibili cambiamenti futuri indotti dall’attività umana”.
Ricerca internazionale documenta l’impatto antropico sull’ambiente alpino già dall’Età del Ferro
Una ricerca internazionale coordinata dall’Università di Pisa ha documentato l’effetto delle attività umane sull’ambiente alpino già dall’Età del Ferro, circa 2800 anni fa. Eleonora Regattieri e Giovanni Zanchetta, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano, insieme al loro team hanno analizzato una colata stalagmitica proveniente della Grotta di Rio Martino nelle Alpi occidentali in Piemonte. Questo eccezionale “archivio naturale” ha consentito infatti di studiare l’impatto antropico sull’ambiente alpino negli ultimi 9000 anni. I risultati della ricerca, appena pubblicati sulla rivista Scientific Report, hanno così collegato l’instaurarsi dell’attività della transumanza stagionale, uno dei tratti della futura economia della zona, con una maggiore vulnerabilità del suolo rispetto alle precipitazioni e alle variazioni climatiche.
“Nella regione alpina - spiega Eleonora Regattieri - l’inizio dell’Età del Ferro coincide con lo sviluppo delle tecniche casearie. La possibilità di conservare e trasportare il latte prodotto in estate coincide con l’inizio dell’utilizzo permanente dei siti di alta quota e lo sviluppo della moderna economia alpina, tutte attività che impattano sull’ambiente e soprattutto sul suolo”.
Come emerge dal confronto fra le analisi geologiche e i dati archeologici, nel periodo compreso tra 9800 e i 2800 anni fa, quando la pressione antropica nei siti di alta quota era scarsa, l’erosione del suolo appare legata soprattutto a contrazioni naturali della vegetazione, legate a momenti di riduzione delle precipitazioni. A partire dall’ Età del Ferro, 2800 anni fa, i dati geochimici evidenziano invece un drastico cambiamento nella risposta del suolo, che determina una maggiore erosione in risposta al brusco aumento delle precipitazioni.
“Il record di Rio Martino – spiega Giovanni Zanchetta - suggerisce un profondo e precoce impatto delle attività umane sui naturali processi della cosiddetta ‘Zona Critica’, che nelle Alpi come altrove, è quella “pelle” che riveste il nostro pianeta, dalle acque sotterranee sino all’apice della vegetazione, e che tramite una rete di complesse interazioni tra le diverse componenti biotiche ed abiotiche, determina la disponibilità di risorse che rendono possibile la vita sulla Terra”.
Lo studio delle proprietà geochimiche e magnetiche della concrezione della grotta di Rio Martino ha infatti consentito agli scienziati di collegare le informazioni locali sul suolo e sulla vegetazione ai parametri climatici che agiscono su scala regionale, compreso il regime idrologico.
“Come sappiamo bene l’attività umana trasforma gli ambienti e l'ecologia terrestre da migliaia di anni, un processo che negli ultimo secoli si è fatto sempre più imponente, fino a cambiare la composizione dell’atmosfera e influenzare il clima stesso del nostro pianeta - conclude Giovanni Zanchetta – Quando tutto questo sia cominciato e con quanta intensità sono domande che come ricercatori ci poniamo, anche nell’ottica di prevedere e mitigare i possibili cambiamenti futuri indotti dall’attività umana”.
Luni: scoperto un tempio nel quartiere di Porta Marina
L’ultima campagna archeologica dell’Università di Pisa a Luni per il 2019 ha portato alla luce un tempio della seconda metà del I secolo d.C. nel quartiere di porta Marina. L’edificio si affaccia proprio sul cardo maximus, la strada principale della città con andamento nord-sud, e sorge su quella che sinora si pensava fosse “soltanto” una domus.
“Lo spazio privato di una domus diventò dunque un’area sacra per gli abitanti del quartiere e, probabilmente, anche per coloro che lavoravano nel vicino porto, dal quale l’edificio doveva essere visibile”, spiega la professoressa Simonetta Menchelli dell’Ateneo pisano, che coordina gli scavi.
L’alto podio su cui venne costruito il tempio è andato completamente perduto ma, considerando le fondazioni dei vani di servizio al di sotto della cella e del pronao, gli archeologi sono riusciti a ricostruire la pianta dell’edificio a cella unica quadrangolare che appare simile a quella di altri templi dell'epoca nella stessa Luni, come ad esempio quello cosiddetto di Diana, o ad Ostia.
“Nella prossima campagna nel 2020, l’obiettivo sarà di portare in luce i resti della scalinata di accesso al tempio, al quale si arrivava appunto dal cardo maximus”, aggiunge la professoressa Menchelli.
Ma non finiscono qui le novità emerse dagli scavi dell’Università di Pisa che hanno riguardato la parte di Luni più vicina al porto, dove negli anni scorsi gli archeologi hanno individuato due domus del II secolo a.C., che nei secoli hanno subito numerose ristrutturazioni, rifacimenti e cambi d’uso.
Nella domus meridionale gli scavi hanno infatti messo in luce parte di un vasto peristilio pavimentato con un conglomerato cementizio marmoreo, nelle cui vicinanze doveva esserci una fontana, e/o delle volte o delle pareti decorate con conchiglie, come si deduce dai numerosi molluschi marini bivalvi ritrovati incastonati nella malta.
“Erano decorazioni comuni nelle domus di prestigio a partire dal I secolo a.C. - dice Simonetta Menchelli - per arricchire le case con elementi naturali connessi con l’ambiente acquatico, ma anche con funzione simbolica, essendo le conchiglie considerate simbolo di prosperità e fecondità”.
Per quanto riguarda la seconda domus più a settentrione, la struttura fu occupata da un impianto per il lavaggio di pellami e tessuti e su questo, alla fine VI secolo d.C., fu costruita una casa, di cui sono stati scavati due ambienti, uno con un focolare al centro, ed un cortile esterno. L’area continuò quindi ad essere occupata sino alla fine del VII e l’inizio dell’VIII secolo d.C. e i suoi abitanti dovevano avere un elevato tenore di vita, come rivelano le anfore ritrovate che contengono derrate alimentari provenienti da tutto il Mediterraneo (Campania, Tunisia/Algeria, Grecia, Turchia e area siro-palestinese).
Le campagne di scavo a Luni dell’Ateneo pisano sono svolte in regime di concessione da parte della Soprintendenza Archeologica Liguria e in sinergia con il Museo Archeologico Nazionale di Luni ed il Comune di Luni. Partecipano gli studenti dell’Università di Pisa, dell’Istituto Parentucelli Arzelà di Sarzana e del Liceo Costa di La Spezia, coordinati sul campo dal dottore Paolo Sangriso, con i dottori Alberto Cafaro, Stefano Genovesi, Rocco Marcheschi, Silvia Marini, e con la collaborazione del dottore Domingo Belcari.
Alle attività sul campo prende parte il professore Stephen Carmody (Troy University, Alabama, USA) per la classificazione dei materiali paleobotanici che ha recuperato mediante la flottazione degli strati archeologici. Tale studio offrirà dati significativi sull’ambiente naturale lunense, e sulla relativa interazione antropica.
Al progetto partecipano inoltre il professore Adriano Ribolini (DST, UniPi), per le indagini Ground Penetrating Radar volte ad individuare gli edifici sepolti nel settore meridionale della città, per definirne la pianta ed indirizzare i futuri scavi, il professore Vincenzo Palleschi (CNR, Pisa) per la modellazione delle strutture in 3D, ed il dottor Younes Naime (DCFS, UniPi) per lo studio dei reperti archeozoologici.
I risultati della campagna archeologica sono stati presentati in un Open day lo scorso ottobre, che ha visto la partecipazione di oltre 350 visitatori.
Convegno "1979-2019: 40 anni di CUN"
In occasione dei 40 anni dall'istituzione del Consiglio Universitario Nazionale, il 18 dicembre 2019 si tiene presso il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (viale Trastevere 76a, Roma), un convegno sulla storia e sulle prospettive dell'organo di rappresentanza e consulenza delle Università italiane.
Dopo la relazione introduttiva del presidente del CUN Antonio Vicino, seguiranno le testimonianze di diversi ex presidenti e quindi alcuni interventi sui rapporti del CUN con altre organizzazioni. Conclude il convegno Lorenzo Fioramonti, Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.
Sul sito del ministero www.miur.gov sarà possibile seguire l'evento in diretta streaming.
Il teatro necessario - workshop
Sabato 30 novembre 2019, alle ore 16.00, presso il Polo Carmignani, aula 1, si tiene il workshop "Il teatro necessario", tenuto dalla compagnia teatrale Ribalta Teatro e Franco Farina.
Il workshop è dedicato all'utilizzo del teatro come mezzo di informazione sui problemi di attualità.
L'evento è finanziato con il contributo dell'Università di Pisa (rif. 001919).
Concerto "Stupido Chicory!"
Domenica 1 dicembre 2019, alle 20:00, all’ExWide di Pisa (via Franceschi, 13), va in scena "Stupido Chicory!" concerto poetico tra i fiori di Bach.
Il concerto, nato da un’idea di Gabriella Rago, poetessa attrice e artigiana, già docente presso il Dipartimento di Informatica, fonde i linguaggi della musica e della poesia per indagare i meandri della psiche.
Gabriella Rago canta le sue filastrocche sui 38 fiori di Bach con l'accompagnamento live dei maestri musicisti Roberto Bellatalla e Marco Fagioli.
Il concerto, ad ingresso gratuito, è organizzato dall’associazione studentesca LiberLabor con il contributo alle attività studentesche autogestite dell’Università di Pisa (rif. 2058).
Info:
3205785174
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Workshop base di scrittura giornalistica
Domenica 1° dicembre, alle ore 14,00, presso l'Aula AM2 (Polo Fibonacci) si svolgerà il workshop base di scrittura giornalistica con Dinamo Press.
L'evento è organizzato da Pisa Città di Frontiera e finanziato con il contributo ell'Università di Pisa (rif. 2145).
Seminario "Agromafie e capolarato"
Workshop di fotogrammetria
Lunedì 2 dicembre sarà avviato il workshop di fotogrammetria applicata all'archeologia che comprenderà 8 lezioni, teoriche e pratiche, fino al 18 dicembre.
L'attività è svolta con i contributi per le attività studentesche autogestite dell'Università di Pisa (rif. 2001).
Il corso si terrà presso Palazzo Ricci (via del Collegio Ricci, 10 o via Santa Maria, 8).
Orari e date:
lunedì 2, 9 e 16 dicembre dalle 16:00 alle 18:00, aula R5
mercoledì 4, 11 e 18 dicembre dalle 18:00 alle 20:00, aula R7
venerdì 6 e 13 dicembre dalle 16:00 alle 18:00, aula R5
Requisiti di sistema:
Per le esercitazioni utilizzeremo Visual SFM (open source), Meshlab (open source) e 3DF Zephyr Free (gratuita ma limitata a 50 foto).
Windows 10 (solo 64 bit le versioni 32 bit istallate su mini PC non vanno bene), 4GB ram (meglio 8GB), processore Intel i3 (meglio se i5) oppure AMD A10 (meglio A12). Sarebbe consigliata una scheda video dedicata con sistema CUDA ed almeno 2GB di ram dedicata.
Link utili:
3DF Zephyr Free: https://www.3dflow.net/it/3df-zephyr-free-gratuito/
Visual SFM: http://ccwu.me/vsfm/
Meshlab: http://www.meshlab.net/#download
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