Una tecnologia per sviluppare nuove terapie per la rigenerazione nervosa
Dopo tre anni di ricerche si è concluso un progetto coordinato dalla professoressa Vittoria Raffa del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa che aveva lo scopo di studiare i meccanismi di rigenerazione del sistema nervoso indotta da stimoli meccanici. I risultati raggiunti sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Neuroscience in un articolo dal titolo “Extremely Low Forces Induce Extreme Axon Growth”. Al progetto di ricerca, intitolato “Mechanotransduction of neurons: a future strategy for the regeneration of spinal cord lesions?” e finanziato dalla Fondazione Wings for Life, ha partecipato anche la University of Seattle.
Immagine di neuroni di ganglio della radice dorsale di topo soggetti a stretching meccanico (colorazione in immunofluorescenza)
Il gruppo di ricerca della professoressa Raffa, formato dal dott. Alessandro Falconieri, la dott.ssa Sara De Vincentiis, il dott. Vincenzo Scribano, il dott. Samuele Ghignoli, la professoressa Luciana Dente dell’Ateneo pisano e il professor Nathan Sniadecki e la dott.ssa Nikita Taparia dell’Università di Seattle, ha dimostrato che l’applicazione di stimoli meccanici esogeni di intensità uguale o inferiore a quelli generati in vivo è un potente stimolo per la maturazione dei neuroni e per l’accrescimento e la ramificazione dell’assone, prolungamento principale della cellula nervosa responsabile della conduzione degli impulsi nervosi.
Il gruppo ha sviluppato un metodo basato sull’utilizzo di nanoparticelle per applicare sull’assone forze meccaniche estremamente piccole capaci di indurre una crescita assonale estrema, superiore a quella indotta da stimoli chimici. Inoltre, gli studi più recenti del gruppo hanno in parte chiarito i meccanismi molecolari responsabili della crescita assonale mediata da stimoli meccanici (stretching).
Da sinistra: Vincenzo Scribano, Sara De Vincentiis, Vittoria Raffa, Samuele Ghignoli e Alessandro Falconieri.
“La metodologia proposta dal nostro gruppo si basa sull’utilizzo di particelle già approvate per uso clinico e campi magnetici non invasivi – spiega la professoressa Raffa – Si aprono dunque prospettive future per l’impiego di questa metodologia al trattamento di lesioni nervose e, in particolare, di lesioni spinali, grazie al supporto ricevuto dalla Fondazione Wings for Life. Il neuroscienziato Paul Weiss fu il primo ad ipotizzare nel 1941 che la forza meccanica che si origina dall’accrescimento della massa corporea è un segnale che stimola l’allungamento dell’assone. A 80 anni da tale intuizione, la comunità ha finalmente a disposizione una tecnologia per studiare tale fenomeno e sfruttarlo per la progettazione di nuove terapie per la rigenerazione nervosa”.
INCONTRANDO LA RUSSIA GREGORIO MALTZEFF
Giovedì 23 luglio, alle ore 16 si terrà un incontro per via telematica dedicato alla figura e all'opera del pittore russo Gregorio Maltzeff (Governatorato di Nizhny Novgorod, 1881- Spoleto, 1953). Per seguire la diretta, collegarsi al canale YouTube "MediaEventi Unipi", al link: https://www.youtube.com/watch?v=H5Uawa8VH7A.
Giunto a Roma nel 1914 come borsista dell'Accademia delle belle Arti, Maltzeff rimase in Italia a causa degli eventi bellici e poi della Rivoluzione d'Ottobre. Membro della numerosa colonia dei pittori russi in Italia, si affermò come pittore di tematiche storiche e poi religiose, manifestando rilevanti qualità anche come ritrattista e paesaggista.
All'incontro dedicato alla sua vita, alla sua opera, ai suoi contatti con il mondo russo dell'emigrazione e della cultura italiana, prenderanno parte il figlio dell'artista Paolo Maltzeff, la nipote Cristina Vanarelli, la biografa Delfina Ducci, la storica dell'arte G.N. Petrova (Astrakhan'), la direttrice del Museo "Roerikh" di Odessa Elena Petrenko, il professor Stefano Garzonio, direttore del Centro di Studi "Il Mondo Russo" dell'Università di Pisa, e Anastasia Kondrasheva. Introduce il professor Alessandro Tosi, direttore del Museo della Grafica di Pisa.
L'Orto Botanico e il Museo di Storia Naturale di Calci riaprono al pubblico
Dopo la chiusura dovuta all'emergenza sanitaria, riaprono al pubblico, in totale sicurezza, l'Orto e Museo Botanico e il Museo di Storia Naturale di Calci, due delle più importanti realtà museali dell'Università di Pisa.
Giovedì 23 luglio sarà possibile ritornare a passeggiare tra i viali dell'Orto Botanico e visitare le sale del Museo Botanico. Per prevenire il sovraffollamento ai cancelli, l'entrata è da via Ghini, mentre l'uscita è da via Roma. È inoltre possibile prenotare online, scegliendo data e ora (per i dettagli https://www.sma.unipi.it/2020/07/riaperturaorto/).
Venerdì 24 sarà la volta delle sale del Museo di Storia Naturale, con alcune importanti novità: l'apertura della nuova mostra "La plastica e noi", l'adozione di un sistema di prenotazioni online, un biglietto unico a tariffa ridotta e una intera settimana di gratuità al pubblico. Tutte le informazioni sono sul sito https://www.msn.unipi.it/it/.
"Dopo l'Università, anche il nostro Sistema Museale d'Ateneo si rimette in cammino - commenta il rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella - Iniziamo con la riapertura di due delle nostre eccellenze, l'Orto e Museo Botanico e il Museo di Storia Naturale. Nella speranza che questo possa contribuire alla ripresa del turismo cittadino. Presto, inoltre, seppur con qualche limitazione di orario, torneranno ad aprirsi al pubblico anche il Museo della Grafica, la Gipsoteca di Arte Antica, le Collezioni Egittologiche e la Mostra "Hello World", organizzata al polo Le Benedettine dal Museo degli Strumenti per il Calcolo". "Un ritorno alla normalità - conclude il rettore - che ci permette anche di riprendere la preziosa collaborazione con Terre di Pisa, avviata poco prima del lockdown e nata per contribuire a una promozione turistica della nostra città sempre più integrata e efficace".
Nei mesi di chiusura, i due Musei hanno continuato a lavorare. L'Orto e Museo Botanico ha rafforzato la sua componente virtuale, grazie ai molti contenuti digitali realizzati per accompagnare adulti e bambini alla scoperta delle sue collezioni: video, schede creative, immagini delle fioriture "a domicilio" e quiz di cultura botanica. Dietro i cancelli chiusi, i giardinieri hanno continuato a prendersi cura delle piante in collezione, dagli alberi più vecchi come gli esemplari di Magnolia grandiflora o Ginkgo biloba, alle vivaci fioriture che i visitatori hanno potuto ammirare virtualmente da casa, grazie alle foto scattate quasi giornalmente per loro. Si ricorda anche che l'Orto e Museo Botanico rimarranno chiusi il 27 e 28 luglio.
Anche il personale del Museo di Storia Naturale ha continuato a lavorare nei mesi scorsi per mantenere vivo il dialogo con il pubblico, per realizzare nuovi allestimenti e per offrire nuove modalità di visita che permettano ai visitatori di tornare a vivere il museo. All'interno della suggestiva Galleria dei cetacei, è ora allestita la nuova esposizione temporanea "La plastica e noi", che affronta il tema dell'inquinamento da plastica in mare, un problema globale che riguarda molti aspetti della nostra vita quotidiana e molti aspetti della salvaguardia ambientale e della salute umana. Per favorire i visitatori in un momento economicamente delicato, in occasione della riapertura del Museo è stato pensato un biglietto unico a tariffa ridotta che permetterà di visitare le esposizioni permanenti del Museo, la mostra temporanea "La plastica e noi" e l'Acquario, e che resterà in vigore fino al 30 settembre 2020. Inoltre, durante la prima settimana di apertura (dal 24 al 30 luglio 2020) l'ingresso sarà gratuito. Il numero di visitatori che potrà accedere al Museo di Calci sarà contingentato e l'ingresso sarà possibile solo previa prenotazione online sul sito del Museo. I visitatori potranno scegliere la fascia oraria preferita e dovranno presentarsi all'ingresso con la prenotazione (anche su smartphone). Al fine di poter garantire una visita in sicurezza e serenità, il Museo adotterà tutte le misure necessarie (sanificazione giornaliera degli ambienti, percorsi semplificati e indicati tramite apposita segnaletica, presenza di colonnine con gel sanificante per le mani, avvisi con le regole di comportamento ripetuti nelle sale) e ai visitatori sarà chiesta la massima collaborazione nel rispettare le misure obbligatorie (utilizzo della mascherina, corretta sanificazione delle mani, rispetto della distanza fisica).
Covid-19: individuate le cause della prognosi sfavorevole nei pazienti diabetici
I pazienti diabetici sono particolarmente a rischio in caso di infezione da Covid-19, soprattutto perché questa sindrome si accompagna spesso ad altre patologie come ipertensione, malattie cardiovascolari, obesità. E’ questo quanto emerge da uno studio dei medici specializzandi del IV anno della Scuola di specializzazione in Endocrinologia e Malattie del metabolismo dell'Università di Pisa uscito su Lancet Diabetes & Endocrinology. L’articolo contiene un'accurata revisione che valuta appunto i motivi per i quali il Covid-19 comporta una prognosi più severa e una mortalità, nelle persone affette da diabete mellito, 2-3 volte maggiore rispetto ai pazienti non diabetici.
I firmatari dello studio sono i dottori Matteo Apicella, Maria Cristina Campopiano, Michele Mantuano e Laura Mazoni con il coordinamento del dottor Alberto Coppelli (Unità operativa di Malattie metaboliche e Diabetologia dell'Aoup) e del professor Stefano Del Prato, ordinario di Endocrinologia nonché direttore della medesima struttura.
Sin dall'inizio della pandemia gli studi scientifici sui rischi da Covid-19 si sono concentrati sui pazienti diabetici proprio in ragione della loro intrinseca "fragilità", sia se affetti da diabete mellito di tipo 2 sia di tipo 1. Ed è emerso come, nel quadro complessivo dei vari fattori di rischio, pesino anche l'età, il sesso, l'etnia. I farmaci anticolesterolo e i trattamenti antivirali possono modulare il rischio ma le limitazioni al loro uso e le potenziali interazioni con le terapie anti-Covid-19 vanno attentamente valutate. Infine, la stessa sindrome respiratoria acuta determinata dal Covid-19 può causare nei pazienti diabetici complicazioni metaboliche quali la chetoacidosi diabetica o l'insorgenza di iperglicemia, in soggetti con diabete non ancora diagnosticato o scoperto di recente, una volta ricoverati in ospedale.
Covid-19: individuate le cause della prognosi sfavorevole nei pazienti diabetici
I pazienti diabetici sono particolarmente a rischio in caso di infezione da Covid-19, soprattutto perché questa sindrome si accompagna spesso ad altre patologie come ipertensione, malattie cardiovascolari, obesità. E’ questo quanto emerge da uno studio dei medici specializzandi del IV anno della Scuola di specializzazione in Endocrinologia e Malattie del metabolismo dell'Università di Pisa uscito su Lancet Diabetes & Endocrinology. L’articolo contiene un'accurata revisione che valuta appunto i motivi per i quali il Covid-19 comporta una prognosi più severa e una mortalità, nelle persone affette da diabete mellito, 2-3 volte maggiore rispetto ai pazienti non diabetici.
I firmatari dello studio sono i dottori Matteo Apicella, Maria Cristina Campopiano, Michele Mantuano e Laura Mazoni con il coordinamento del dottor Alberto Coppelli (Unità operativa di Malattie metaboliche e Diabetologia dell'Aoup) e del professor Stefano Del Prato (foto a destra), ordinario di Endocrinologia nonché direttore della medesima struttura.
Sin dall'inizio della pandemia gli studi scientifici sui rischi da Covid-19 si sono concentrati sui pazienti diabetici proprio in ragione della loro intrinseca "fragilità", sia se affetti da diabete mellito di tipo 2 sia di tipo 1. Ed è emerso come, nel quadro complessivo dei vari fattori di rischio, pesino anche l'età, il sesso, l'etnia. I farmaci anticolesterolo e i trattamenti antivirali possono modulare il rischio ma le limitazioni al loro uso e le potenziali interazioni con le terapie anti-Covid-19 vanno attentamente valutate. Infine, la stessa sindrome respiratoria acuta determinata dal Covid-19 può causare nei pazienti diabetici complicazioni metaboliche quali la chetoacidosi diabetica o l'insorgenza di iperglicemia, in soggetti con diabete non ancora diagnosticato o scoperto di recente, una volta ricoverati in ospedale.
2 borse di studio e approfondimento dal titolo “Progetto pilota il restauro in Toscana: la documentazione nella Toscana nord- occidentale”
The Leonardian sea monster is a fossil whale
Painter, sculptor, draftsman, architect, anatomist, engineer and philosopher: in other words, a universal genius. It is in these terms that, after the 500th anniversary of his death (1519), Leonardo da Vinci is universally known. Leonardo is also widely regarded as one of the precursors of modern geology. He correctly described and interpreted the layered sedimentary rocks and he even came to understand the true nature of fossils, rejecting the role of the Universal Deluge as an explanation for the discovery of shells in the rocks outcropping in mountain areas and a great distance from the coast.
Leonardo and the fossil whale of Castelfiorentino (FI) exhibited at the GAMPS Geo-paleontological Museum, Badia a Settimo (FI).
The recent analysis of a passage contained in the famous Codex Arundel - an impressive collection of autographed Leonardian manuscripts preserved in the British Library (London) - suggests that Leonardo's reflections on geology, and in particular on fossils, might have been even broader, including the marine vertebrate fossils: this Leonardo also proves to be a precursor of Vertebrate Paleontology, more than 300 years before George Cuvier, the great French naturalist that is globally recognized as the founding father of this discipline.
A study that details Leonardo's early experience with fossil vertebrates has just been published in the international journal Historical Biology, being authored by Alberto Collareta, Marco Collareta and Giovanni Bianucci of the University of Pisa and by Annalisa Berta of the University of San Diego (California, USA).
“One of the sheets that comprise the Codex Arundel - says Alberto Collareta, paleontologist at the Department of Earth Sciences - contains the description of the remains of a mighty sea monster that has long been interpreted as a fantastic or metaphorical digression of the young Leonardo, if not as a poetic reworking of alleged classical readings of the Tuscan genius. Described as a "mighty and once living instrument of formative nature", in the past it managed to terrify with iis fury the "shoals of dolphins and big tuna fish". The marine monster, having been separated from an unfathomable amount of time by the marine environment, is now reduced to few "defleshed, stripped and bare bones " lying on the mainland, acting as "an armature and a support" to the surrounding reliefs”.
The Leonardian text, rich of incomplete sentences and wandering corrections, is however explicit enough to have suggested to the US biologist Kay Etheridge to identify the sea monster with a fossil whale, a hypothesis that was published by the same researcher in 2014. Etheridge's reconstruction, however, displays a significant weak point, as it seems to imply that, according to the Leonardian text, Leonardo's encounter with a fossil whale should have taken place in a somewhat unusual environment, that is, a cave. The caves of Tuscany are known to be sometimes home to the fossils of terrestrial vertebrates, but certainly not of cetaceans! The hypothesis of Leonardo as a precursor of vertebrate paleontology seemed therefore to have reached a dead end.
Reproduction of folios 154v (left corner) and 155r (right corner) of the Codex Arundel. In folio 155r, Leonardo reports on visiting a cave. Scanned version of the original folio (after the British Library website).
“Nonetheless – Alberto Collareta continues – Leonardo's Tuscany is a real "land of whales" – fossil whales, of course - which has ancient origins. If, walking through the Tuscan hills that extend from the Apennines to the coastal plains, we could travel back in time to the interval that geologists call Pliocene (from about 5.3 to about 2.6 million years ago), we would observe a landscape that greatly differ from today's one, being clearly dominated by the most abundant compound on the surface of our planet: water. In fact, during the Pliocene, a large part of the Tuscan territory was submerged by sea, the latter being populated by a large variety of organisms. The deep geological and climatic changes that have occurred since then have reshaped the territory, making it an "open-cast mine" full of clues that, if duly interpreted, can reveal the ancient origins of the present-day environment. Most of the Tuscan hills, including the reliefs on which Vinci (Leonardo's birthplace, where he lived until his youth) stands, consist mainly of sands and clays that deposited on ancient seabeds and still host the remains of the Pliocene marine faunas. Fossil finds of whales, dolphins, dugongs and sharks - besides remains of molluscs, crustaceans and other invertebrates - are often found in sunflower fields, in vineyards, at the foot of the badlands and along the flanks of the hills that develop upon the Tuscan Pliocene soils. Evidence of this is provided by the recent discovery of the extinct dolphin Casatia thermophila, am archaic relative of the modern narwhal and beluga whales (Arctic cetaceans par excellence!) which, 5 million years ago, inhabited the (tropical) sea of southern Tuscany, and well as by the rich collection of Tuscan fossil cetaceans (including some 19th-century finds) on display at the Natural History Museum of the University of Pisa”.
“It is starting from this rich paleontological scenario - says Giovanni Bianucci, paleontologist at the Department of Earth Sciences - that we decided to reconsider the question of the Leonardian sea monster. In our opinion, Leonardo's description is too much reminiscent of the appearance of fossil whales which, since the 18th century, have been known through the discovery of fossils that, on the whole, allowed to write an important chapter in the evolutionary history of cetaceans”.
Simplified geological map showing the main Tuscany localities near Vinci where fossil skeletons of mysticete cetaceans have been found. 1) Casenuove, near Empoli (FI); 2) Poggio Tagliato, near Ponte a Elsa (PI); 3) Montopoli (PI); 4) Castelfiorentino (FI); 5) Montaione (FI); 6) Castelfalfi (FI); 7) Le Colombaie, near Volterra (PI); 8) Orciano Pisano (PI).
“Our attention - explains Marco Collareta, art historian at the Department of Civilization and Forms of Knowledge - first focused on a careful analysis of Leonardo's text and on the alleged references to the cave. Although Leonardo mentions the term 'cavernous' in an incomplete sentence (“by the cavernous and twisted entrail”), this term has a predominantly textural meaning in Leonardian writings - that is, it represents an indication of porosity and permeability to fluids, and it was used by Leonardo in reference to the ability of rocks (and, more generally, of the Earth) to allow the percolation of rainwater. The whole expression “by the cavernous and twisted entrail”, in Leonardo's language, does not fit the description of an underground cave but rather the appearance of the fossil skeleton or the entombing sediments. Furthermore, the fact that the sheet containing the description of the sea monster is placed, in the current arrangement of the Codex Arundel, after a sheet whose text deals with Leonardo's visit to a cave, should not be taken as an indication of any logical or chronological bond between the two commentaries “.
Codex Arundel was in fact assembled after Leonardo's death and the sheets that compose it, including pages from notebooks or other gatherings, have subsequently been rebound in ‘miscellaneous’ collections. Therefore, Leonardo clearly writes that he visited a cave in his youth, in search of wonders enclosed by the Earth's underground, but he certainly did not find the remains of the 'sea monster' therein.
“However, there are many indications - continues Alberto Collareta - which suggest that the young Leonardo really observed a fossil whale, as suggested by Etheridge, and that this event significantly oriented his paleontological and geoscientific reflection in an extraordinarily modern sense. In fact, Leonardo seemingly made true taphonomic considerations (i.e., relating to the preservation state of the fossil he described: take present the aforementioned expression “by the cavernous and twisted entrail”) about the remains of the sea monster. In addition, the back of the sheet on which this description is reported begins with a short sentence reporting on the observation of two layers of fossil shells, and the impossibility of rationally explain both of them solely by the Universal Flood. Clear reworkings of the text on the sea monster also appear in another Leonardian manuscript in which the Earth's surface is described as in continuous transformation and even capable of 'engulfing' the vestiges of ancient civilizations. Here the sea monster is even repeatedly described as provided with “bristles”, a term that recalls the presence of baleen, i.e., filamentous horny structures that characterize the present-day baleen whales. Leonardo's passage on the sea monster also contains explicit references to the incommensurate depth of geological time (“how many kings, how many peoples have you undone [...] since the wondrous form of this fish died here?”) which led the environment around the remains of the sea monster to radically change, from the sea finally becoming mainland through “new and various habitations”. The location of the sea monster, which Leonardo describes as acting as "an armature and a support" to the surrounding reliefs, also suggests a location along the side of a hill - a setting that is perfectly consistent with the most typical scenarios of the finds of Tuscan fossil whales. Last but not least, a review of the Tuscan fossil cetaceans shows that, over the past two centuries, at least eight Tuscan localities in the vicinities of Vinci have provided significant fossil remains of large whales”.
Reproduction of folios 155v (left corner) and 156r (right corner) of the Codex Arundel. In folio 156r, Leonardo depicts a once-mighty ʽmarine monster’. The image has been reversed in order to account for Leonardo’s mirror writing. Scanned version of the original folio (after the British Library website).
“Rather than a fantastic digression on the themes of ancient literature, Leonardo's text on the sea monster is therefore more likely to represent the oldest description of a fossil cetacean known so far - concludes Giovanni Bianucci. It seems to have had a significant impact on the subsequent development of Leonardo's thought in the fields of geology and paleontology, which on the whole shows characters of astonishing modernity. However, it would be anachronistic to describe Leonardo as the father of modern geology and paleontology, since his reflections remained largely in the form of private notes which, had no resonance among the coeval 'philosophers of nature'. Two centuries later, it was the time of of another great genius, the Danish Niels Stensen (who is rightly celebrated as Fundator Geologiae), who replicated the main geological observations made by Leonardo (once again, among the Pliocene hills of Tuscany!), summarized them in a few principles having a universal value, and published them in a famous essay that saw the light in 1669. The following year, in a booklet that is significantly titled "The vain speculation deceived by meaning", the Sicilian painter Agostino Scilla described, illustrated and correctly interpreted some fossil remains of marine vertebrates, including a cetacean belonging to the extinct family Squalodontidae. A couple of centuries later, illustrious naturalists (both academics and 'amateurs' of the highest level) from the 19th century Italy, among whom the names of Giovanni Capellini and Roberto Lawley stand out, produced the first studies on the marine vertebrates of the Tuscan Pliocene, thus disseminating the knowledge of the extraordinary paleontological heritage of Tuscany to the international scientific community”.
Nobody knows whether or not Stenone, Scilla, Capellini and Lawley were ever aware of retracing the steps of Leonardo da Vinci. If this had not been the case, we certainly cannot blame them: everything suggests that the merits and intuitions of the great Tuscan genius in the geological and paleontological field still have to be fully recognized.
Parsifal, ecco l’aereo del futuro: webinar finale del progetto
Giovedì 23 luglio, alle ore 14,30, si terrà il webinar conclusivo del progetto Parsifal coordinato dall’Università di Pisa. L’evento on line in lingua inglese arriva a conclusione del progetto europeo grazie al quale scienziati e ricercatori hanno disegnato una classe di aerei di nuova generazione. Si tratta infatti di velivoli capaci trasportare circa il 50% in più di passeggeri riducendo rumore ed emissioni nocive e aumentando al contempo la sicurezza e il comfort dei voli. Alla fine del webinar sarà inaugurata ufficialmente la PARSIFAL Virtual Exhibition, già ora accessibile sulla piattaforma SecondLife VR.
Per partecipare seguire le istruzioni disponibili sul sito del progetto: https://parsifalproject.eu/
Non un mostro marino, ma un fossile di cetaceo: svelato il mistero della balena di Leonardo
Pittore, scultore, disegnatore, architetto, anatomista, ingegnere e filosofo: in altre parole, un genio universale. È in questi termini che, all'indomani del cinquecentenario della sua morte (1519), è altrettanto universalmente conosciuto Leonardo da Vinci. Leonardo è anche universalmente considerato come uno dei precursori della moderna geologia. Descrisse e interpretò correttamente le rocce stratificate e giunse persino a capire la vera natura dei fossili, rigettando il ruolo del Diluvio Universale come spiegazione per il rinvenimento di conchiglie in rocce affioranti nelle aree montane e a grande distanza dalla costa.
Leonardo e la balena fossile di Castelfiorentino (FI) esposta presso il Museo Geopaleontologico GAMPS, Badia a Settimo (FI).
La recente analisi di un passaggio contenuto nel famoso Codex Arundel – un'imponente raccolta di manoscritti leonardiani autografi conservata presso la British Library di Londra – suggerisce che le riflessioni di Leonardo sulla geologia e in particolare sui fossili potrebbero essere state ancora più ampie, includendo anche i vertebrati marini: Leonardo si dimostra, pertanto, anche precursore della Paleontologia dei Vertebrati, oltre 300 anni prima di George Cuvier, il grande naturalista francese padre di questa disciplina.
Lo studio, appena pubblicato nella rivista internazionale Historical Biology, è firmato da Alberto Collareta, Marco Collareta e Giovanni Bianucci dell’Università di Pisa e da Annalisa Berta dell’Università di San Diego (California, USA).
“Uno dei fogli che costituiscono il Codex Arundel – afferma Alberto Collareta, paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra – contiene la descrizione delle spoglie di un poderoso mostro marino che è stata a lungo interpretata come divagazione fantastica o metaforica del giovane Leonardo, se non come vera e propria rielaborazione poetica di presunte letture classiche del genio toscano. Descritto come un “potente e già animato strumento dell’arteficiosa natura”, in passato capace di terrorizzare colla sua furia “le impaurite schiere de' delfini e de' gran tonni”, separato da tempo incommensurabile dall'ambiente marino ed oggi ridotto a poche “spolpate ispogliate e ignude ossa”, il mostro descritto da Leonardo giace ora sulla terraferma, facendo da “armadura e sostegno” ai rilievi circostanti”.
Codex Arundel, folio 154v e folio 155. Nel folio 155r Leonardo descrive la vista nella caverna. Scansione del folio originale tratta dal sito web della British Library.
Il testo leonardiano, ricco in frasi incomplete e tormentate correzioni, è tuttavia abbastanza esplicito, tanto da aver suggerito alla biologa statunitense Kay Etheridge l'identificazione del mostro marino con una balena fossile, un'ipotesi pubblicata dalla stessa ricercatrice nel 2014. La ricostruzione di Etheridge, però, ha un punto debole di non poco conto: l'analisi avanzata dalla scienziata sembra infatti implicare che, secondo il testo leonardiano, l'incontro del genio vinciano con una balena fossile sarebbe avvenuto in un ambiente alquanto inusuale, ovvero in una caverna. Le caverne della Toscana sono talvolta sede del ritrovamento di fossili di vertebrati terrestri, ma non certo di cetacei. L'ipotesi di un Leonardo precursore della paleontologia dei vertebrati sembrava dunque essere giunta a un vicolo cieco.
“Tuttavia – continua Alberto Collareta – la Toscana di Leonardo è una vera e propria “terra di balene” – fossili, ovviamente – che ha origine antiche. Se passeggiando tra le colline toscane che si estendono dall'Appennino alle pianure costiere potessimo viaggiare a ritroso nel tempo sino all'epoca che i geologi chiamano Pliocene (da circa 5,3 a circa 2,6 milioni di anni fa), osserveremmo un paesaggio assai diverso da quello odierno, nettamente dominato dal composto più abbondante sulla superficie del nostro pianeta: l’acqua. Infatti, durante il Pliocene, buona parte del territorio toscano era sommerso da un mare popolato da una grande varietà di organismi. I profondi mutamenti geologici e climatici intercorsi da allora hanno rimodellato il territorio, rendendolo una “miniera a cielo aperto” ricca di indizi che, se debitamente interpretati, possono svelare le antiche origini dell'ambiente attuale. Buona parte delle colline toscane, compresi i rilievi su cui sorge Vinci (il paese natale di Leonardo, in cui egli visse sino alla giovinezza), è costituita prevalentemente da sabbie e argille depositatesi su antichi fondali marini e ancora oggi custodisce resti delle faune marine plioceniche. Reperti fossili di balene, delfini, dugonghi e squali - insieme a resti di molluschi, crostacei e altri invertebrati - sono spesso rinvenuti nei campi di girasoli, nei vigneti, ai piedi dei calanchi e lungo i fianchi delle colline che si sviluppano sui terreni pliocenici toscani. Ne sono prova la recente scoperta del delfino estinto Casatia thermophila, un lontano parente del narvalo e del beluga attuali (cetacei artici per eccellenza) che, 5 milioni di anni fa, abitava il mare (tropicale!) del grossetano, e la ricca collezione di cetacei fossili toscani (tra cui figurano alcuni rinvenimenti ottocenteschi) in esposizione presso il Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa”.
Carta geologica semplificata delle principali località vicine a Vinci dove sono stati rinvenuti resti scheletrici di balene fossili. 1) Casenuove, vicino a Empoli (FI); 2) Poggio Tagliato, vicino a Ponte a Elsa (PI); 3) Montopoli (PI); 4) Castelfiorentino (FI); 5) Montaione (FI); 6) Castelfalfi (FI); 7) Le Colombaie, vicino a Volterra (PI); 8) Orciano Pisano (PI).
“È proprio da questo ricco scenario paleontologico – afferma Giovanni Bianucci, anch'egli paleontologo del Dipartimento di Scienze della Terra – che abbiamo deciso di riconsiderare la questione del mostro marino leonardiano. Sono troppe, a nostro avviso, le assonanze con l'aspetto delle balene fossili che, sino dal XVIII secolo, sono note attraverso il ritrovamento di fossili che, nel complesso, hanno permesso di scrivere un capitolo importante della storia evolutiva dei cetacei”.
“La nostra attenzione – spiega Marco Collareta, storico dell'arte del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere – si è dapprima focalizzata su un'attenta analisi del testo leonardiano e sui presunti riferimenti alla caverna. Nonostante Leonardo menzioni, in una frase incompleta (“per le chavernose e ritorte interiora”), il termine 'cavernoso', quest'ultimo ha nei testi leonardiani un significato prevalentemente tessiturale – è cioè un'indicazione di porosità e permeabilità ai fluidi, ed è utilizzato da Leonardo in riferimento alla capacità delle rocce (e, più in generale, della Terra) di permettere la percolazione delle acque piovane. L’intera espressione “per le chavernose e ritorte interiora”, nel linguaggio leonardesco e in generale dell’epoca, non si adatta a descrivere un antro sotterraneo quanto piuttosto l'aspetto dello scheletro fossile o dei sedimenti inglobanti. Inoltre, il fatto che il foglio che contiene la descrizione del mostro marino sia posto, nell'attuale impaginazione del Codex Arundel, a seguito di un foglio il cui testo tratta della visita di Leonardo ad una caverna, non è indice di consequenzialità logica o cronologica tra i due brani”.
Il Codex Arundel fu infatti assemblato dopo la morte di Leonardo e i fogli che lo compongono, forse derivanti da più fonti, furono artificialmente riaggregati in raccolte 'miscellanee'. Dunque, Leonardo scrive chiaramente di aver visitato una grotta in gioventù, alla ricerca di meraviglie custodite dalle viscere della terra, ma non vi trovò certo i resti del ‘mostro marino’.
Codex Arundel, folio 155v e folio 156r. Nel folio 156r Leonardo descrive un antico ‘mostro marino’. Scansione speculare del folio originale tratta dal sito web della British Library.
“Esistono tuttavia molte indicazioni – continua Alberto Collareta – che suggeriscono che il giovane Leonardo abbia davvero osservato una balena fossile, come suggerito da Etheridge, e che questo avvenimento abbia significativamente indirizzato la sua riflessione paleontologica e geoscientifica in un senso straordinariamente moderno. Leonardo sembra infatti compiere vere e proprie considerazioni tafonomiche (relative cioè allo stato di conservazione del fossile da lui descritto: si ricordi la già citata espressione “per le cavernose e ritorte interiora”) sui resti del mostro marino; inoltre il retro del foglio su cui tale descrizione è riportata ha inizio con una breve frase relativa all'osservazione di due strati di conchiglie fossili, e all'impossibilità razionale di spiegarli entrambi attraverso il solo Diluvio Universale. Chiare rielaborazioni del testo sul mostro marino compaiono inoltre in un altro manoscritto leonardiano in cui la superficie terrestre è descritta come in continua trasformazione e capace persino di 'fagocitare' le vestigia delle antiche civiltà. Qui il mostro marino è persino descritto ripetutamente come 'setoluto', un termine che ricorda i fanoni, strutture cornee filamentose che caratterizzano le balene attuali. Il passaggio leonardiano sul mostro marino contiene inoltre espliciti riferimenti alla 'incommensurabilità' del tempo geologico (“quanti re quanti popoli [h]ai tu disfatti... po' che la maravigliosa forma di questo pesce qui morì”) che ha visto l'ambiente intorno alle spoglie del mostro marino mutare radicalmente, da mare divenendo infine terraferma attraverso “nuove e varie abitazioni”. La collocazione del mostro marino, che Leonardo descrive come facente da “armadura e sostegno” ai rilievi circostanti, suggerisce inoltre un posizionamento lungo il fianco di una collina – uno scenario perfettamente compatibile con le condizioni più tipiche del rinvenimento delle balene fossili toscane. Non da ultimo, un censimento dei rinvenimenti di cetacei fossili toscani dimostra come, nel corso degli ultimi due secoli, almeno otto località toscane nelle vicinanze di Vinci abbiano restituito resti fossili significativi di grandi balene”.
Il cranio fossile di Balaena montalionis esposto nella Galleria dei Cetacei del Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa (foto S. Farina).
“Piuttosto che una divagazione fantastica su temi della letteratura antica, il testo leonardiano sul mostro marino sembra dunque rappresentare la più antica descrizione ad oggi nota di un cetaceo fossile – conclude Giovanni Bianucci. Essa sembra aver avuto un impatto significativo sul successivo sviluppo del pensiero di Leonardo in ambito geo-paleontologico, che nel complesso mostra tratti di strabiliante modernità. Sarebbe tuttavia anacronistico descrivere Leonardo come padre della geologia e della paleontologia moderne, giacché le sue riflessioni rimasero in grandissima parte in forma di appunti privati che, in quanto tali, non ebbero risonanza tra i 'filosofi della natura' suoi contemporanei. Due secoli più tardi, toccherà a un altro grande genio, il danese Niels Stensen (spesso italianizzato in Nicola Stenone e giustamente celebrato come Fundator Geologiae), replicare le principali osservazioni geologiche compiute da Leonardo (ancora una volta, tra le colline plioceniche della Toscana!), sintetizzarle in pochi principi dalla valenza universale, e pubblicarle in un famoso saggio dato alle stampe nel 1669. L'anno successivo, in un opuscolo significativamente intitolato “La vana speculazione disingannata dal senso”, il pittore siciliano Agostino Scilla descriverà, illustrerà ed interpreterà correttamente alcuni resti fossili di vertebrati marini, tra cui un cetaceo appartenente alla famiglia estinta degli squalodontidi. Ancora un paio di secoli più tardi saranno illustri naturalisti (sia accademici che 'amatori' di altissimo livello) dell'ottocento italiano, tra cui spiccano i nomi di Giovanni Capellini e Roberto Lawley, a produrre i primi studi sui vertebrati marini del Pliocene toscano, rendendo così noto lo straordinario patrimonio paleontologico della Toscana alla comunità scientifica internazionale”.
Chissà se Stenone, Scilla, Capellini e Lawley ebbero mai la consapevolezza di ripercorrere i passi di Leonardo da Vinci. Se così non fosse stato, non possiamo certo farne loro una colpa: tutto fa infatti pensare che i meriti e le intuizioni del grande genio toscano in campo geologico e paleontologico debbano essere ancora oggi pienamente riconosciuti.