Spesso succede così, i progressi scientifici si ottengono dall’osservazione della natura e dalla comprensione dei meccanismi che ne regolano il funzionamento. Nello studio condotto da un team di ricercatori provenienti dall’Università di Pisa, l'Ecole Polytechnique Fédérale di Lausanne (EPFL) e l’Università di Twente è stato un fiore a ispirare la definizione di un modello matematico che descrive come si generano forze aerodinamiche stabili capaci di garantire voli a lunga traiettoria. Si tratta del tarassaco, noto anche come “dente di leone”, più in particolare del suo seme, che con il vento si separa dalla pianta di origine e vola disperdendosi a lunghe distanze. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Physical Review Fluids” ed è stato selezionato per una “highlight story” sulla rivista “Physics Magazine”, entrambe edite dall’American Physical Society (APS).
Il seme del tarassaco può essere trasportato dal vento anche per distanze considerevoli grazie al “pappo”, ovvero un ciuffo di filamenti sottilissimi disposti radialmente a formare un ombrello e che agiscono collettivamente come un paracadute per il seme stesso. La caratteristica più curiosa di questo paracadute naturale è il suo essere principalmente “vuoto”. Infatti, se visto da vicino, il pappo è costituito solo dai filamenti che, essendo in un numero dell’ordine di 100 ed essendo sottilissimi e disposti radialmente, lasciano uno spazio vuoto considerevole tra loro.
«Il meccanismo di volo del pappo è stato descritto in un articolo recentemente pubblicato su Nature – spiega il professor Simone Camarri, docente del dipartimento di Ingegneria civile e industriale dell’Università di Pisa, tra gli autori del presente studio (nella foto a destra) – Nella nostra ricerca abbiamo proposto un modello matematico che consente di descrivere il comportamento aerodinamico del pappo e, cosa più importante, di studiare la stabilità del suo volo. Il risultato più importante è aver dimostrato che per il diametro e le condizioni di volo tipiche di un pappo, il limite per avere una traiettoria stabile si raggiunge impiegando circa 100 filamenti, e il numero previsto è molto vicino a quanto osservato in natura. Tutto ciò sembra dunque suggerire che, nel suo percorso evolutivo, il pappo abbia raggiunto una condizione ottimale tale da fornire la maggiore resistenza aerodinamica mantenendo contemporaneamente un volo stabile».
Tali principi, spesso cercati in natura, oltre ad avere un interesse fondamentale, costituiscono esempi di come poter realizzare dispositivi artificiali di interesse ingegneristico che siano già vicini a una condizione di ottimo. In questo senso lo studio effettuato sul pappo può dare indicazioni su come poter realizzare dispositivi che generino forze aerodinamiche stabili realizzati tramite strutture per larga parte “vuote”, e dunque con pesi molto ridotti, ovviamente il tutto per dimensioni caratteristiche simili a quelle del seme studiato.
Gli autori dello studio, oltre al professor Simone Camarri, sono il professor François Gallaire (EPFL) e i dottori Francesco Viola, Pier Giuseppe Ledda e Lorenzo Siconolfi, questi ultimi tre laureati a Pisa e oggi afferenti alle università di Losanna e Twente.
Negli ultimi 40 anni l’inverno sulla costa toscana è diventato meno freddo: la temperatura media a gennaio e a febbraio è infatti aumentata di quasi 2 gradi, da circa 8°C a 9.9°C, e se si considera tutta la stagione, da novembre a marzo, l’incremento è stato di 1,6 gradi, da 9.9°C a 11.5°C. Il dato emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista “Scientia Horticulture” e condotta dal gruppo di lavoro del professore Rolando Guerriero, oggi in pensione, composto da Raffaella Viti, Rossano Massai e Calogero Iacona del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell’Università di Pisa e da Susanna Bartolini dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna.
I ricercatori hanno analizzato i dati sulla fioritura di 40 diverse varietà di albicocco coltivate nell’Azienda Sperimentale dell’Ateneo pisano a Venturina (Livorno) per oltre quaranta anni, dal 1973 al 2016. Il periodo di fioritura degli alberi da frutto è infatti strettamente legato alle temperature dei mesi invernali e proprio per questo è uno degli indicatori più utilizzati per gli studi sui cambiamenti climatici. Da questo punto di vista la ricerca pisana è poi un caso unico: a Venturina si trova una delle più importanti collezioni di germoplasma di albicocco di tutto il bacino del Mediterraneo e così è stato possibile osservare la fioritura di più varietà nelle stesse condizioni sperimentali e per un periodo molto lungo.
Fioritura dell'albicocco
I risultati dello studio hanno mostrato un aumento significativo delle temperature medie mensili del periodo autunno-invernale con incremento più marcato a partire dagli anni '90. In particolare, l'escursione termica media giornaliera, cioè la differenza fra la temperatura massima diurna e la minima notturna, è diminuita di quasi 1 grado e mezzo passando da 10.1°C degli anni '70-'80 a 8.8°C del 2013-2016. Un calo drammaticamente significativo c’è stato poi anche per le Unità di Freddo, cioè le ore con una temperatura inferiore ai 7 °C che servono alle piante per il superamento della dormienza delle gemme a fiore, che sono passate da circa 1.300 negli anni '70-'80 a 800 nel 2012-2016.
“Dal punto di vista delle coltivazioni, si tratta di cambiamenti climatici che incidono negativamente sui principali processi biologici stagionali causando spesso produzioni irregolari e, di conseguenza, significative riduzioni della produttività dei frutteti – spiega Rossano Massai - La maggior parte delle varietà esaminate, appartenenti sia al germoplasma italiano che straniero, opportunamente raggruppate in funzione della diversa epoca di fioritura, ha mostrato negli anni importanti ritardi nell’epoca di fioritura e rilevanti riduzioni dell’intensità della fioritura”.
Un mancato o insufficiente superamento della dormienza influisce infatti negativamente sulla schiusura delle gemme e, di conseguenza, sull’epoca e sulla abbondanza della fioritura. Come risultato negli ultimi 40 anni, l'abbondanza della fioritura (cioè il numero di fiori per cm di ramo ed espressa con un indice da 1, scarsa, a 5, molto abbondante) si è quasi dimezzata rispetto al passato soprattutto per le varietà a fioritura precoce, passando da un valore medio di 3.7 negli anni '70 a poco più di 2 nel periodo 2010-16.
“Il quadro complessivo che emerge dalla ricerca lascia ipotizzare un cambiamento di scenario con uno spostamento più a nord della coltura – conclude Susanna Bartolini – se in passato nell’area della Maremma Toscana si potevano ottenere produzioni interessanti e economicamente sostenibili anche con varietà a fioritura più tardiva ora appare più opportuno orientarsi verso varietà a basso fabbisogno in freddo e adatte a climi caldi o semiaridi; inoltre il calo complessivo della produttività potrebbe portare ad una forte limitazione all’approvvigionamento locale di frutta e alla necessità di importazione dall’esterno del fabbisogno”. Questa ricerca diviene quindi importante proprio nell’ottica del contenimento delle conseguenze negative dovute all’impatto del cambiamento climatico, garantendo il mantenimento della produttività del frutteto.
La storia della matematica italiana dopo la seconda guerra mondiale, con l'abbandono della tradizione autarchica e l'apertura alla collaborazione con le principali scuole internazionali, deve molto a Guido Stampacchia, il professore napoletano che nel corso della carriera ha insegnato nelle Università di Genova, Pisa, Roma e alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Per sottolineare il rapporto affettivo sempre mantenuto con la città di origine e allo stesso tempo il rilievo scientifico e culturale di Napoli, i figli e la famiglia hanno donato la raccolta di carte scientifiche di Guido Stampacchia all'Università "Federico II", depositandole al Dipartimento di Matematica intitolato a Renato Caccioppoli, maestro e amico del professore.
Le carte, in gran parte inedite, restituiscono quasi per intero il percorso biografico di Guido Stampacchia, che ha frequentato il Liceo Vico di Napoli prima di trasferirsi a Pisa nell'autunno del 1940 per iniziare gli studi universitari nell'Ateneo e alla Scuola Normale.
Partendo dagli anni di formazione pisana, con appunti delle lezioni interne della Normale, e passando per i successivi rapporti con Renato Caccioppoli (nella foto a lato con Guido Stampacchia) a Napoli, sede in cui ha avviato la carriera universitaria, i documenti si estendono a tutti gli anni Sessanta e Settanta, fino ad arrivare alla morte del professore avvenuta nel 1978. Emerse nella loro completezza solo di recente, le carte documentano per quei decenni l'intensa attività di relazione e collaborazione con matematici in Italia e fuori, sia attraverso la corrispondenza personale e scientifica, sia attraverso la raccolta di opere e articoli di matematici a lui contemporanei. Nella raccolta ci sono anche testi di Leonida Tonelli, di Carlo Severini, di Cesare Arzelà e, naturalmente, di Renato Caccioppoli; mentre tra i contemporanei spiccano le figure di Enrico Magenes e di Ennio De Giorgi e dei moltissimi altri, italiani e stranieri, con i quali la collaborazione è stata stretta, il più delle volte amicale.
Il fondo - composto da appunti di studio, preprint, estratti dei propri lavori dalle riviste scientifiche, schemi per conferenze e corsi tenuti nelle università di tutto il mondo: Stampacchia ha insegnato anche a New York, Minneapolis, Parigi, Chicago e Brighton - è completato da una sezione iconografica con foto e video che documentano l'aspetto conviviale e amicale di tanti rapporti scientifici.
In questo contesto Pisa ha avuto un ruolo essenziale nella vita e nel percorso scientifico di Guido Stampacchia. L'Università è stata la prima e anche l'ultima sede di lavoro, alla Facoltà di Ingegneria dove ha collaborato intensamente con Piero Villaggio, poi alla Scuola Normale, vicino di stanza di Aldo Andreotti e di Ennio De Giorgi. Dopo la prematura scomparsa nell'aprile del 1978, il direttore della Scuola, Edoardo Vesentini, volle sottolineare il progetto coltivato dal professor Stampacchia di "fare scuola" matematica a Pisa. Inoltre, il dipartimento di Matematica dell'Università gli ha intitolato un'aula della sua sede.
"Il Dipartimento di Matematica 'Renato Caccioppoli' della Federico II di Napoli - hanno ricordato i familiari di Guido - ha accettato con molta generosità la proposta della famiglia di ricevere e ordinare ulteriormente il fondo, per poi metterlo a disposizione degli studiosi. Si allarga così la documentazione finora a disposizione, con la quale la professoressa Silvia Mazzone ha pubblicato un pregevole profilo biografico e scientifico e steso una voce per la Treccani. Lo sviluppo e la ripresa della matematica italiana negli anni del secondo dopoguerra e il suo allacciare fecondi rapporti internazionali con altre scuole matematiche, trovano in queste carte ulteriori elementi di documentazione e occasione di ricerca."
La rucola aiuta a combattere l’ipertensione e le malattie cardiovascolari grazie ad un principio attivo in grado di abbassare la pressione arteriosa che conferisce a questa insalata proprio il suo caratteristico sapore pungente. La scoperta arriva dall’Università di Pisa dove un team di farmacologi guidato dal professore Vincenzo Calderone ha condotto lo studio in collaborazione con le università di Firenze e “Federico II” di Napoli e il “Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia” (CREA) di Bologna. La ricerca, pubblicata sul “British Journal of Pharmacology”, la rivista in campo farmacologico più prestigiosa a livello internazionale, ha infatti dimostrato le proprietà vasorilascianti ed anti-ipertensive dell’isotiocianato Erucina, un principio attivo prodotto dalla pianta come meccanismo di difesa e che conferisce alla rucola proprio il suo caratteristico sapore ed odore pungente.
“Quando le foglie di rucola vengono tagliate o masticate – spiega Alma Martelli ricercatrice dell’Università di Pisa e prima autrice della pubblicazione – i glucosinolati e l’enzima mirosinasi, entrano in contatto generando l’isotiocianato Erucina. Se quest’ultimo per la pianta è un meccanismo di difesa che serve per allontanare ad esempio gli animali, per l’uomo è invece un principio attivo di origine naturale in grado di rilassare la muscolatura dei vasi e di abbassare la pressione arteriosa attraverso il rilascio di un gastrasmettitore, il solfuro d’idrogeno”.
Da destra, Eugenia Piragine, Alma Martelli, Vincenzo Calderone, Valentina Citi e Lara Testai
I ricercatori hanno dimostrato le proprietà vasorilascianti ed anti-ipertensive dell’isotiocianato Erucina sia in vitro, su cellule di aorta umana e su vasi isolati, che in vivo, su animali spontaneamente ipertesi.
“Questa scoperta ha importanti ripercussioni in campo medico poiché per ottenere questi effetti antiipertensivi possiamo certamente somministrate il principio attivo purificato, sotto forma di integratore ma, almeno in parte, possiamo ottenere gli stessi effetti anche attraverso l’alimentazione - sottolinea Alma Martelli - infatti diversamente dalle altre piante appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae come il cavolo, il broccolo o il rafano, la rucola si può mangiare cruda così da non degradare l’enzima con la cottura e assicurare la sintesi di Erucina”.
La dottoressa Alma Martelli che ha condotto la ricerca, è ricercatrice in Farmacologia al Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa dal 2014. Già nel 2016 ha ricevuto un importante premio internazionale, il “Ciro Coletta Youg Investigator Award”, per le sue ricerche sugli isotiocianati e il solfuro d’idrogeno. Più di recente, nel marzo scorso, ha ricevuto il premio ”Best Oral communication Award” nell’ambito del congresso “Le Basi farmacologiche dei Nutraceutici” proprio per la ricerca sulle proprietà anti-ipertensive di Erucina.
La dottoressa Martelli lavora in un team guidato dal professore Vincenzo Calderone di cui fanno parte la professoressa Lara Testai e le dottoresse Valentina Citi ed Eugenia Piragine. Da anni il gruppo studia le proprietà cardiovascolari del solfuro d’idrogeno occupandosi anche di farmacologia dei composti di origine naturale, due filoni di ricerca che si sono uniti in questo lavoro appena pubblicato sul “British Journal of Pharmacology”.
Il corso di laurea magistrale in Ingegneria nucleare (Nuclear Engineering) dell’Università di Pisa anche quest’anno bandisce 6 contributi da 1.500 euro per coloro in possesso di un’adeguata laurea triennale conseguita in Italia che vi si iscrivono, anche passando da un altro corso di laurea, entro il 31 dicembre 2019. L’obiettivo di questa misura è di incentivare le immatricolazioni dei giovani Italiani mantenendo l’attrattiva di questo curriculum di studi.
“Se tra le priorità della laurea in Nuclear Engineering, c’è infatti l’allargamento del bacino di attrazione ad altri Paesi – spiega il professore Nicola Forgione presidente del corso di laurea - questo però deve essere accompagnato dal mantenimento dell’attrattiva nei confronti degli studenti Italiani che, in passato e in anni recenti, hanno popolato il mercato del lavoro nei settori della fissione e della fusione nucleari, sia in Italia che all’estero”.
Ingengeri nucleari laureati a Unipi
La laurea in Ingegneria Nucleare all’Università di Pisa dà infatti la possibilità di lavorare in Italia e all’estero nel settore nucleare e, più in generale, in quello dell’ingegneria industriale, anche grazie ad una formazione di base impiantistica e meccanica che fornisce agli studenti una visione completa degli impianti industriali e dei loro problemi di esercizio e di sicurezza. Non a caso il conseguimento della certificazione di European Master of Science in Nuclear Engineering (EMSNE) rilasciata dalla European Nuclear Education Network (ENEN) è ormai una costante per gli ingegneri pisani che ne facciano richiesta, a testimonianza della qualità dei loro studi e dell’internazionalizzazione del loro percorso.
Tradizionalmente l’Ingegneria Nucleare attrae studenti molto motivati, che vedono nelle discipline che caratterizzano il corso un’occasione per la loro crescita culturale e professionale e per poter essere introdotti nel mondo della ricerca e delle applicazioni energetiche più avanzate. Il contesto in cui gli studenti pisani vengono ben presto ad operare, anche grazie alle numerose possibilità di stage in Italia e all’estero, è altamente professionale ed internazionalizzato, motivo per cui gli insegnamenti sono impartiti in lingua inglese.
“L’energia nucleare, peraltro, è e sarà sempre più in futuro un ingrediente importante del processo di decarbonizzazione della produzione di energia – conclude Forgione - anche se le politiche energetiche nazionali tentennano periodicamente nel confrontarsi con questa nuova forma di energia non vi è dubbio che il suo ruolo verrà messo in sempre maggiore evidenza proprio dalle preoccupazioni ambientali che le sono talora avverse. Non producendo gas serra, infatti, gli impianti nucleari contribuiscono alla stabilità e alla sicurezza dell’approvigionamento energetico con minimo impatto ambientale”
Ulteriori notizie sono reperibili sul corso di laurea in Ingegneria nucleare sono sulla pagina Facebook @NuclearEngineeringPisa e sul gruppo LinkedIn “Studiare Ingegneria Nucleare a Pisa”.
Il 24 giugno si è spento il professor Attilio Salvetti.
Nato a La Spezia il 22 maggio 1939, nella sua città natale ha frequentato il liceo classico, ove ha ricevuto un'educazione approfondita negli studi umanistici. Successivamente, ha frequentato la facoltà di Ingegneria di Pisa, corso di laurea in Ingegneria aeronautica, dove si è laureato con lode nel 1963. Dopo la laurea ha intrapreso la carriera universitaria presso la stessa Università, dove dal 1975 è stato professore ordinario di Costruzioni aeronautiche. Insignito dell’Ordine del Cherubino nel 1984, ha mantenuto un costante impegno nell’insegnamento nella sua disciplina di cattedra e come professore incaricato di diverse discipline aeronautiche. Dal 1 novembre 2010 ha lasciato la posizione di professore di ruolo per limiti di età continuando però l’attività di insegnamento, come docente di Dinamica del volo degli elicotteri, nel corso di laurea specialistica/magistrale in Ingegneria aerospaziale dell’Ateneo pisano.
Durante la sua carriera il professor Salvetti ha condotto un’intensa attività di insegnamento, di ricerca, e di consulenza industriale. La sua attività di ricerca si è incentrata in particolar modo sulle strutture aeronautiche, sui metodi di progetto degli aeroplani e dei veicoli spaziali, e sulla dinamica e il controllo dei velivoli. Una parte significativa della sua attività di ricerca è stata di tipo sperimentale e ha riguardato, soprattutto, le problematiche della fatica e della meccanica della frattura nelle strutture aeronautiche. Le attività di consulenza industriale del professor Salvetti hanno riguardato un'ampia gamma di argomenti nel campo dell'ingegneria aerospaziale, off-shore e della produzione di energia.
È stato membro fondatore della scuola europea di formazione avanzata post-lauream in aeronautica ECATA. Ha ricoperto la carica di Presidente del consiglio di corso di laurea in Ingegneria aerospaziale fino al 31 ottobre 2006, e successivamente di Direttore del dipartimento di Ingegneria aerospaziale dell’Università di Pisa fino al 31 ottobre 2010.
È stato Consigliere d'amministrazione dell'Agenzia Spaziale Italiana e coordinatore del gruppo di lavoro in Ingegneria Spaziale di ASI. È stato membro del Comitato per lo Sviluppo dell'Industria Aeronautica presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Dal marzo del 2006 è stato Consigliere d’amministrazione indipendente di Ansaldo STS. È stato Presidente dell’Associazione Laureati dell’Ateneo Pisano.
L’attività del professor Salvetti e i numerosi contratti di ricerca da lui coordinati, insieme all’impegno del personale docente e non docente che progressivamente veniva potenziando l’organico, hanno reso possibile la realizzazione dei laboratori strutturali sperimentali del dipartimento (Istituto di aeronautica fino al 1982) inesistenti nel 1964 e portati alla metà degli anni 80 a una posizione di primaria importanza in campo nazionale e internazionale.
Il professor Salvetti è stato un didatta eccellente e un ricercatore entusiasta, con una visione lungimirante e coraggiosa delle sfide in campo aeronautico e spaziale e una sorprendente capacità di capire problemi complessi e proporne soluzioni. Nel corso degli anni ha formato un’intera scuola di ricercatori e di ingegneri che hanno lavorato e lavorano in ambito accademico e nelle maggiori industrie italiane e straniere. La sua eredità sarà duratura; i suoi collaboratori e allievi hanno fatto e faranno tesoro dei suoi insegnamenti, che hanno influenzato e influenzeranno ancora a lungo lo sviluppo dell’Ingegneria aerospaziale a Pisa, ma non solo.
Le esequie si terranno il 25 giugno alle 15.30 nella chiesa di San Francesco di Lerici.
I colleghi di Ingegneria Aerospaziale
Dal 4 al 20 luglio Pisa celebra cinquanta anni dall’allunaggio con il festival “Luna50”, che comprende spettacoli, concerti, conferenze, tavole rotonde e osservazioni astronomiche che si terranno nei luoghi all’aperto della città e del suo litorale. Il programma di “Luna50”, ideata da Sergio Giudici e Paolo Pesciatini, e organizzato da Comune di Pisa e Università di Pisa, è stato presentato questa mattina in Palazzo Gambacorti. Nel comitato tecnico scientifico Chiara Bodei, Maria Antonella Galanti, Sergio Giudici e Sandra Lischi, e la collaborazione di di docenti di discipline scientifiche e umanistiche.
Primo appuntamento giovedì 4 luglio (Auditorium Cittadella Galileiana, ore 21:15) con la tavola rotonda, cui seguiranno appuntamenti ogni giorno fino alla ricorrenza dei 50 anni dallo sbarco, sabato 20 luglio, quando è in programma la sfilata per le vie del centro città dei figuranti di “Guerre Stellari”, mentre alla Cittadella Galileiana si svolgerà il laboratorio Lego (“costruisci il tuo razzo”) e il “Virtual luna park” con installazioni video, giochi, realtà aumentata, allunaggi veri e simulati.
"La collaborazione tra Amministrazione Comunale e Università di Pisa – ha detto l’assessore al turismo del Comune di Pisa, Paolo Pesciatini - continua in modo proficuo a dare risultati importanti ai fini della rigorosa divulgazione della conoscenza e della promozione della nostra offerta turistica. Infatti, dopo il successo della giornata dedicata alla nascita di Galileo, del febbraio scorso, adesso con “Luna50” abbiamo organizzato una rassegna che abbraccerà quasi tutto il mese di luglio per celebrare, in Città e sul Litorale, i cinquant'anni dell’allunaggio, con spettacoli, concerti, conferenze, osservazioni astronomiche. La Luna, ci parlerà attraverso l’arte, la scienza, la letteratura, il mito, la musica, essendo da sempre musa e fonte d’ispirazione. Da Pisa, città dei saperi umanistici e scientifici, l’astro narrante “dirà di più”, parafrasando Italo Calvino, a coloro, cittadini e turisti che vorranno partecipare a questi straordinari eventi. Pisa, dunque, ricorderà quella notte del 20 luglio 1969 che, “diversa da ogni altra notte del mondo”, secondo le parole di Giuseppe Ungaretti, permise all’uomo di raggiungere l’irraggiungibile, senza per questo fermare la fantasia".
"Esprimo grande soddisfazione a nome dell’Ateneo – ha detto la protettrice vicaria dell'Università di Pisa, Nicoletta De Francesco - per le iniziative di divulgazione scientifica che stiamo realizzando in collaborazione con il Comune, come è già avvenuto per la giornata di Galileo. La manifestazione "Luna50" nasce dall'apporto multidisciplinare di diversi docenti dell’Ateneo, che ringrazio, con tematiche che spaziano dalla fisica e dai settori scientifici a quelli umanistici, dalla musica al cinema, dall'arte alla letteratura".
Il festival si divide in sezioni dedicate a “Luna e scienza”, “Arte e cinema”, “Parole e musica”, “Osservazioni astronomiche”, “Eventi per famiglie e ragazzi”. “Luna50” prosegue anche nel mese di ottobre con una serie giornate di aggiornamento per docenti delle scuole secondarie di I e II grado.
(fonte: Ufficio Stampa Comune di Pisa)
Sono moltissime le malattie infiammatorie che colpiscono bovini ed equini e che rappresentano un problema economico ed emotivo importante per proprietari ed allevatori. Per la cura di queste patologie sono infatti necessarie terapie lunghe e costose e spesso, nonostante l’intervento veterinario, non si riesce a salvare l’animale, specie nel caso degli esemplari più giovani come puledri e vitelli.
Agire tempestivamente è quindi fondamentale e un aiuto in questo senso arriva dal dipartimento di Scienza Veterinarie dell’Università di Pisa. Qui un team di ricercatori composto da Francesca Bonelli (foto a destra), Micaela Sgorbini, Valentina Meucci, Luigi Intorre e Rosalba Tognetti ha indentificato uno specifico marcatore, la procalcitonina, per la diagnosi precoce di queste malattie. Come riconoscimento del ruolo della scuola pisana negli studi in questo settore, Francesca Bonelli è stata l’unica unica ricercatrice proveniente da un ateneo italiano invitata a tenere una “lezione” all’ACVIM Forum 2019, il congresso annuale dell’American College of Veterinary Internal Medicine, fra i più importanti appuntamenti mondiali del settore, che si è svolto dal 6 all’8 giugno a Phoenix, in Arizona (USA).
“A partire dal 2012, ho iniziato a studiare la procalcitonina come possibile marcatore in Medicina Veterinaria – spiega Francesca Bonelli - e dopo quasi sette anni di ricerche siamo arrivati a identificare il suo ruolo fondamentale per la diagnosi precoce di alcune delle più comuni patologie dei cavalli e dei bovini come setticemia neonatale, colica, polmoniti batteriche, peritoniti, laminite emastiti tossiche”
Attualmente la quasi totalità degli studi presenti in letteratura scientifica sulla procalcitonina nel cavallo e nel bovino proviene dal team dell’Ateneo pisano che in questi anni, su questo filone di ricerca, ha stretto collaborazioni scientifiche sia a livello nazionale che internazionale anche grazie al lavoro svolto dalla dottoressa Bonelli.
“Mi sono laureata all’Università di Pisa nel 2011 – racconta Francesca Bonelli 33 anni, originaria di Collodi in provincia di Pistoia - e ho lavorato sul campo per quasi un anno per poi iniziare il mio percorso accademico presso il dipartimento di Scienze Veterinarie, con periodi all’estero presso l’Università di Barcellona, la Cornell University e, attualmente, l’Università di Berna. Ad oggi sono un ricercatore a tempo determinato di tipo A dell’Ateneo pisano e sto concludendo una specializzazione Europea sulla salute del bovino e della mandria bovina”.
Fra i padri della scoperta del bosone di Higgs, Guido Tonelli, professore all’Università di Pisa e fisico al Cern di Ginevra, unisce alla sua professione di scienziato quella di appassionato divulgatore. Il suo ultimo libro rivolto al grande pubbilco è "Genesi. Il grande racconto delle origini" (Feltrinelli, 2019)".
Nel corso della sua carriera Guido Tonelli ha ricevuto numerosi riconoscimenti - il Fundamental Physics Prize (2013), il premio Enrico Fermi della Società italiana di fisica (2013) e la Medaglia d’onore del presidente della Repubblica (2014) per essere “l’ultimo esempio di una tradizione di eccellenza che è cominciata con Galileo Galilei per passare attraverso scienziati come Enrico Fermi, Bruno Pontecorvo e Carlo Rubbia”.
Gli altri suo libri a carattere divulgativo sono La grande corsa alla particella di Dio e la nuova fisica che cambierà il mondo (Rizzoli, 2016; vincitore del premio Galileo) e Cercare mondi. Esplorazioni avventurose ai confini dell’universo (Rizzoli, 2017).
Presentiamo di seguito un estratto dal volume"Genesi. Il grande racconto delle origini"
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Da tempo immemorabile le grandi scoperte scientifiche hanno fortemente condizionato il nostro rapporto con il mondo. Basti pensare all’impatto che hanno avuto relatività e meccanica quantistica sulla cultura di tutto il Novecento. Quando la scienza cambia i propri paradigmi e guarda al mondo con occhi diversi cambia tutto, per sempre. Senza Einstein e Heisenberg non ci sarebbero stati Kokoshka e Fontana, Schoenberg e Berio, Pirandello e Strindberg e così via.
Ma questo non avviene una volta sola, è un processo che continua, via via che la scienza progredisce e produce risultati nuovi. Ecco perché la visione del mondo che essa produce deve essere conosciuta da tutti. Capire le nostre radici più antiche, appropriarsi del moderno racconto delle origini prodotto dalla scienza, significa possedere uno degli strumenti più importanti per guardare con occhio critico al passato e ricavarne spunti con cui affrontare le sfide del futuro.
La nascita dell’universo è una storia meravigliosa che ci dice che lo spazio, il tempo e tutta la materia e l’energia che lo occupano sono nati da una minuscola, quasi impercettibile fluttuazione quantistica del vuoto. L’universo nasce dal vuoto perché è ancora vuoto, è un sistema a energia totale nulla, che ha subito una serie di trasformazioni, vere e proprie metamorfosi, che ne hanno determinato la struttura che ci è così familiare.
È questa la storia meravigliosa che ho scelto di raccontare nel libro 'Genesi, il grande racconto delle origini', e l’ho fatto evitando, deliberatamente, il linguaggio specialistico degli scienziati; per eliminare alla radice ogni barriera che impedisca la comprensione dei concetti più importanti, e consentire a tutti di far propria una visione del mondo che toglie il respiro per la bellezza che ne promana, e che ci cambia radicalmente, in profondità.
Guido Tonelli
Venerdì 7 giugno si è tenuto il workshop intitolato “ICT Innovation on Vehicular Technology and Applications” organizzato alla Scuola di Ingegneria dell’Università di Pisa e sponsorizzato dall’azienda vicentina Calearo Antenne SpA, leader nel settore della progettazione e produzione di antenne per applicazioni automotive. Hanno partecipato molte aziende, soprattutto toscane, ricercatori e docenti universitari. Un momento di incontro tra accademia e industria, per condividere la propria visione su veicoli a motore elettrico, auto a guida autonoma, treni ad alta velocità, comunicazioni V2X, 5G e comunicazioni veicolari, e reti di sensori per il controllo attivo dell’aerodinamica.
L’idea del workshop è nata nell’ambito di due progetti PRA (Progetti di Ricerca di Ateneo) finanziati dall’Ateneo pisano: CONCEPT (COmmunication and Networking for vehicular CybEr-Physical sysTems) e E-TEAM (Enabling TEchnologies for smArt vehicles and Mobility), coordinati rispettivamente dal professor Paolo Nepa e dal professor Sergio Saponara, entrambi docenti del Dipartimento di Ingegneria dell’informazione, uno dei 180 dipartimenti in Italia ad aver ricevuto il titolo di “dipartimento di eccellenza” con il progetto CrossLab.
“Le diverse tematiche coinvolte nella progettazione e nello sviluppo dei veicoli del futuro impongono una stretta collaborazione tra accademia e industria, tra esperti di diversi settori scientifici e tecnologici, tra produttori di componenti per l’industria automobilistica e fornitori di servizi; entrambi i progetti PRA, CONCEPT e E-TEAM, condividono questa visione di network di persone”, ha sottolineato il professor Paolo Nepa.
I due progetti PRA coinvolgono oltre trenta docenti e ricercatori di diversi settori scientifico disciplinari, quali Elettromagnetismo Applicato, Elettronica, Telecomunicazioni. “Ancora un esempio virtuoso di come l’interazione tra i vari gruppi di ricerca del nostro Ateneo porti ad ottenere risultati importanti nella nostra comunità”, ha aggiunto la professoressa Claudia Martini, prorettrice per la ricerca in ambito nazionale.
Per Calearo Antenne SpA è un’ulteriore spinta verso la ricerca e l’innovazione sul mondo automotive, un aspetto essenziale soprattutto per quelle aziende che realizzano gran parte del proprio fatturato all’estero. Il Centro ricerche di Isola Vicentina (VI) collabora da anni con il gruppo di ricerca del prefessor Paolo Nepa, docente di campi elettromagnetici e antenne, e ha finanziato un contratto per un ricercatore universitario che nei prossimi tre anni si occuperà di “Tecnologie abilitanti e antenne innovative per i sistemi di connettività wireless nel settore automotive”. “Il contributo dell’Università è importante per poter affrontare le nuove sfide che si presentano quotidianamente nel mondo dell’industria”, ha commentato Roberto Mestriner, Chief Executive Manager dell’azienda vicentina.
“Il successo del Workshop è stato ottenuto grazie alle aziende e ai ricercatori che hanno voluto partecipare condividendo le proprie idee, i propri progetti, le proprie visioni sul mondo dell’automotive e del veicolare”, ha concluso Andrea Michel, ricercatore presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, tra gli organizzatori del workshop. “Soltanto una solida sinergia tra mondo della ricerca e imprese potrà dare maggiore slancio allo sviluppo di nuove tecnologie per migliorare la vita di tutti noi”.
È questo lo spirito condiviso dalle aziende intervenute, che sono state Calearo Antenne, Aitronik s.r.l, Pitom, PurePower Control, Magna Mechatronics, Autostrade Tech S.p.A, Intel, Marelli, Rheinmetall, Italcertifer S.p.A. Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, Intecs, Evidence, ResilTech ed IDS. Gli organizzatori stanno già pensando alla prossima edizione del workshop.