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sanpaolo1Sono stati consegnati negli scorsi giorni i contributi di studio che la Fondazione Intesa Sanpaolo Onlus ha stanziato a favore degli studenti dell'Università di Pisa, iscritti a corsi di laurea e a corsi di laurea magistrale, che si trovino in condizioni di svantaggio fisico, psichico, sociale o familiare o in condizioni economiche disagiate. Alla cerimonia, che si è svolta nell’Aula Fratelli Pontecorvo del Polo Fibonacci, erano presenti il rettore Paolo Mancarella, la professoressa Antonella Del Corso in qualità di prorettrice agli Studenti e il dottor Michele Sala, consigliere di amministrazione della Fondazione Intesa Sanpaolo Onlus.

L'iniziativa ripropone le altre analoghe che sono già state realizzate in collaborazione con l'Ateneo pisano per gli anni accademici 2011/'12 e 2015/'16.

Nel ringraziare la Fondazione Intesa Sanpaolo Onlus per la sensibilità e l'impegno dimostrati, il rettore Paolo Mancarella ha sottolineato che “la finalità del contributo rivolto alle fasce più deboli e disagiate della popolazione studentesca è benemerita e ci ricorda che anche in tempi in cui rischiano di prevalere sentimenti di chiusura e di egoismo è bene aprirsi alla generosità che possa dare a tutti pari opportunità per emergere. Per questo siamo molto grati alla Fondazione e mi preme sottolineare che l’inclusione del nostro Ateneo tra i destinatari di questa azione è un riconoscimento implicito di una qualità che siamo contenti di esprimere e facciamo di tutto per mantenere e migliorare.”

Tra le finalità della Fondazione Intesa Sanpaolo Onlus c'è l'intervento a favore dell'istruzione, dell'arte e della cultura, con particolare riguardo a situazioni di difficoltà e disagio. Per questo la Fondazione ha sviluppato da diversi anni collaborazioni con più di quaranta atenei, elargendo oltre 2200 contributi di studio a favore di studenti in condizioni di svantaggio. "Ci rende particolarmente orgogliosi - questo il messaggio con cui il dottor Michele Sala ha terminato il suo intervento - avere la possibilità di accompagnare al successo formativo studenti in difficoltà. Questa iniziativa non vuol essere solo una forte testimonianza di attenzione, di vicinanza e di sensibilità sociale, ma rappresenta un vero e proprio atto di giustizia sostanziale che da un lato favorisce il diritto allo studio a giovani in condizioni economiche e familiari svantaggiate e dall’altro realizza un vero e proprio investimento a favore dell’intera società”.

Taglio ufficiale del nastro martedì 16 luglio all’Azienda ospedaliero-universitaria pisana per la prima e unica camera metabolica in Toscana, la quarta in tutta Italia, ideata da una cooperazione interdisciplinare tra il mondo medico, rappresentato dal professor Ferruccio Santini dell'Aoup, e quello ingegneristico, rappresentato dal professor Alberto Landi, del Dipartimento di Ingegneria dell’informazione.

La camera metabolica, costruita all’interno dell’Ospedale di Cisanello (Edificio 8, primo piano), è una stanza di circa 10 metri quadrati termicamente isolata e a tenuta d'aria, in cui diversi sensori rilevano i parametri vitali e misurano il consumo di ossigeno e la produzione di anidride carbonica di un soggetto in esame, per periodi che possono andare da poche ore fino a qualche giorno, per poterne definire con esattezza il metabolismo energetico.
La camera può essere utilizzata per ricerche sul metabolismo energetico umano sia in condizioni di normalità che di patologia. Il suo utilizzo permette di misurare il fabbisogno energetico giornaliero per determinare il profilo metabolico e quantificare la predisposizione a guadagnare o a perdere peso. Questo strumento consentirà anche di perfezionare le diagnosi di disordini metabolici, quali lipodistrofie e disturbi della tiroide come l’ipotiroidismo e l’ipertiroidismo, di studiare la risposta metabolica a terapie farmacologiche per la cura dell’obesità e di studiare gli effetti metabolici dell'allenamento fisico in atleti nell’ambito della medicina dello sport. Inoltre, la camera sarà indispensabile per la progettazione e calibrazione di strumentazioni biomediche indossabili per misurare il metabolismo energetico nella vita di tutti i giorni.

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Alla realizzazione della camera ha lavorato Paolo Piaggi, ricercatore di Bioingegneria al Dipartimento pisano di Ingegneria dell’informazione. Prima di essere richiamato in Italia dall’Università di Pisa grazie al programma "Rita Levi Montalcini", il dottor Piaggi ha lavorato al National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases (NIDDK) con sede a Phoenix, in Arizona, dove ha effettuato importanti scoperte sui geni che regolano il metabolismo e favoriscono la comparsa di obesità.

“La camera metabolica - ha detto Ferruccio Santini, direttore del Centro obesità e lipodistrofie dell’Aoup - è un dispositivo importante per comprendere le cause dell'obesità e per studiare l'efficacia delle terapie. Diventerà un ulteriore strumento a disposizione per il trattamento di malattie come quelle metaboliche, che hanno quadri clinici estremamente complessi”.

“La collaborazione tra il nostro Dipartimento e l'Aoup – ha commentato Giuseppe Anastasi, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’informazione – si inquadra nell’operazione, più generale, di mettere ricerca, tecnologie e competenze dell’Information Technology a disposizione di scienziati di aree applicative diverse, in modo da renderle strumenti al servizio della salute e della società”.

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Alla conferenza stampa erano presenti, da sinistra, il consigliere regionale, Andrea Pieroni; il direttore del Centro obesità e lipodistrofie, Ferruccio Santini; il rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella; l'assessore regionale alla salute, Stefania Saccardi; il direttore dell'Unità operativa di Endocrinologia 1, Paolo Vitti;  il direttore generale dell'Aoup, Silvia Briani; il responsabile del progetto di ricerca per utilizzo Camera metabolica in progetti clinico-ingegneristici, Paolo Piaggi; l'assessore comunale e presidente Società della salute area Pisana, Gianna Gambaccini; il presidente della Scuola interdipartimentale di Ingegneria e corresponsabile del progetto, Alberto Landi; l'assessore comunale Paolo Pesciatini. Alla presentazione sono intervenuti inoltre il direttore del Dipartimento di Ingegneria dell'informazione, Giuseppe Anastasi, e il professor Diego Peroni per il Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale.

In questi giorni la tomba di Kha e Merit del Museo Egizio è stata protagonista di un’indagine innovativa, mai eseguita prima d’ora in un museo: la ricerca del “profumo” di una serie di reperti di circa 3500 anni fa e appartenenti al corredo funerario rinvenuto integro nel 1906 che rappresenta uno dei principali tesori della collezione egittologica torinese.

Nel quadro di un progetto europeo di ricerca, un team di chimici dell’Università di Pisa, in collaborazione con gli archeologi e i curatori del Museo, ha analizzato in modo del tutto non invasivo, senza prelevare alcun campione, il contenuto di più di venti vasi. Ad essere “annusati” grazie a questa tecnologia sono i composti volatili rilasciati nell’aria in concentrazioni estremamente basse (ultratracce) dai residui organici presenti nei contenitori al fine di identificarne la natura.

 

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Reperti "imbustati" in attesa di essere analizzati (Foto: Federico Taverni, Museo Egizio)



Delle provviste alimentari contenute in un piatto, per esempio, furono identificate come “verdura finemente triturata e impastata con un condimento” da Ernesto Schiaparelli, che scoprì la tomba intatta di Kha e Merit a Deir el-Medina. Ma finora nessuna analisi ha potuto confermare né smentire tale ipotesi, e una risposta potrebbe ora arrivare dalla spettrometria.

L’esame è stato eseguito con uno spettrometro di massa SIFT-MS (Selected Ion Flow Tube-Mass Spectrometry) trasportabile, un macchinario che solitamente viene impiegato in ambito medico per quantificare i metaboliti del respiro e che solo recentemente ha dimostrato la sua utilità anche nel campo dei beni culturali per eseguire indagini preservando l’integrità dei reperti.

“Per svolgere l’esame sono stati necessari alcuni giorni; infatti nella prima fase abbiamo chiuso ampolle, vasi e anfore in sacchetti a tenuta stagna in modo da concentrare il più possibile le molecole nell’aria - spiega Francesca Modugno dell’Università di Pisa - i dati saranno registrati nell’arco di due giorni, ma risultati delle analisi saranno disponibili tra alcune settimane, considerata la difficoltà della loro interpretazione. Quello che ci aspettiamo di rilevare sono frazioni volatili di oli, resine o cere naturali”.

 

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L'analisi dei reperti con lo spettrometo di massa (Foto: Federico Taverni, Museo Egizio)



“Siamo orgogliosi di collaborare con i partner di questo progetto e di sperimentare nelle nostre sale l’utilizzo di una tecnica così sofisticata - sottolinea il Direttore del Museo Egizio Christian Greco -. La ricerca è il cuore delle nostre attività e sentiamo fortemente il dovere di sostenerla, pur garantendo l’integrità della straordinaria collezione che abbiamo l’onore di custodire”.

L’indagine ha coinvolto il dottor Jacopo La Nasa e le professoresse Francesca Modugno, Erika Ribechini, Ilaria Degano e Maria Perla Colombini dell’Università di Pisa, il dottor Andrea Carretta della SRA Instruments e Federica Facchetti, Enrico Ferraris e Valentina Turina del Museo Egizio. L’iniziativa rientra nel progetto MOMUS - Spettrometria di Massa SIFT portatile e identificazione di Materiali Organici in ambiente Museale, realizzato con il sostegno della Regione Toscana e di SRA Instruments, cha inoltre ha messo a disposizione lo spettrometro di massa e la sua esperienza.

Un team di ricercatori italiani coordinati dal professore Massimo Pasqualetti dell’Università di Pisa ha gettato nuova luce sul funzionamento della fluoxetina meglio conosciuta con il nome commerciale di Prozac®. Questo farmaco è stato introdotto nel mercato statunitense per il trattamento della depressione nel 1988 ma a più di trenta anni di distanza gli scienziati non sanno ancora esattamente spiegare il suo effetto positivo sul tono dell’umore dei pazienti.

Questa nuova ricerca tutta italiana appena pubblicata su “ACS Chemical Neuroscience” ha rivelato per la prima volta che la fluoxetina rimodella e riorganizza le fibre nervose che rilasciano la serotonina nell'ippocampo andando quindi ad agire sulla struttura fisica del cervello.

 

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Grazie alla presenza della proteina fluorescente verde (GFP) sono messe in evidenza le fibre che rilasciano serotonina nell’ippocampo prima (a sinistra) e dopo (a destra) la somministrazione di fluoxetina per 4 settimane



“La fluoxetina è stato il primo farmaco nella classe di composti noti come inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina ad essere approvato dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti, in altre parole si tratta di farmaci che bloccano il riassorbimento della serotonina prodotta dai nostri neuroni – spiega Massimo Pasqualetti – quello che ora abbiamo scoperto è che la fluoxetina modifica anche la densità e il numero delle fibre che rilasciano la serotonina nell’ippocampo, quindi la sua azione non è solo a livello funzionale, ma va ad agire anche su quello che possiamo definire l’hardware del cervello”.

I ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa hanno svolto lo studio su un modello murino marcando i neuroni che producono la serotonina del cervello con una proteina fluorescente verde (GFP). Hanno quindi somministrato ad un gruppo la fluoxetina nell’acqua per 28 giorni e confrontato i segnali del marcatore GFP con il gruppo di controllo che non aveva ricevuto il farmaco. Il risultato è che nel gruppo che assumeva la fluoxetina le fibre nervose deputate a rilasciare la serotonina nell’ippocampo, una regione del nostro cervello fortemente coinvolta nella regolazione dell’umore, diventavano meno numerose e più piccole di diametro rispetto a quanto osservato nel gruppo di controllo.


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Da sinistra Serena Nazzi, Massimo Pasqualetti, in alto Giacomo Maddaloni, in basso Marta Pratelli


“Le conseguenze di questo riarrangiamento strutturale del cervello devono ancora essere approfondite – conclude Massimo Pasqualetti – ma certo costituisce un ulteriore tassello per capire come gli antidepressivi esercitano il loro effetto terapeutico”.

Il team di ricerca dell’Università di Pisa guidato dal professore Pasqualetti da si occupa anni di indagare come la serotonina, la cosiddetta molecola della felicità, agisce sul cervello regolandone lo sviluppo ed il funzionamento. Tali ricerche, pubblicate in prestigiose riviste internazionali, costituiscono una base indispensabile per approfondire le nostre conoscenze e per migliorare le cure in disturbi neuropsichiatrici come la depressione. Gli autori dello studio coordinati dal professore Massimo Pasqualetti sono la dottoressa Serena Nazzi, Giacomo Maddaloni (borsista postdoc presso la Harvard Medical School) e Marta Pratelli (borsista postdoc presso l’Università della California, San Diego).

 

remoriniCon profondo dispiacere la Scuola di Ingegneria rende partecipi della scomparsa della professoressa Giovanna Remorini.

Da giovanissima laureata in Matematica ha iniziato la sua carriera di assistente per i corsi di Analisi a Ingegneria. Affiancando il professor Mattei, ha insegnato per molti anni Meccanica razionale nei corsi di laurea in Ingegneria aerospaziale e Ingegneria meccanica e ha fatto parte dell'ex dipartimento di Ingegneria aerospaziale. È stata una docente dalle grandi qualità umane oltre che scientifiche. Chi ha avuto la fortuna di conoscerla la ricorda per il suo sguardo dolce e forte insieme, per il suo sorriso gentile, per la sua calma e per l'infinita pazienza con cui, anche dopo ore di esame, cercava di guidare il ragionamento degli studenti.

La professoressa Remorini colpiva soprattutto per l'eleganza del suo spirito, semplice e determinato, come le montagne che tanto amava. I colleghi e generazioni di studenti la ricordano con affetto e gratitudine.

Le esequie si terranno mercoledì 10 Luglio alle 10.30 presso la chiesa di San Michele degli Scalzi.

Il Rotary Club Cascina e l’azienda farmaceutica PharmaNutra SPA hanno fatto delle donazioni all'Università di Pisa finalizzate a coprire parte delle spese per acquistare due vetture appositamente attrezzate per il trasporto degli studenti e del personale con disabilità. Le donazioni sono state presentate in rettorato, martedì 9 luglio, dal rettore Paolo Mancarella, dal prorettore per l’Organizzazione e le politiche del personale, Michele Marroni, dal chief financial officer di PharmaNutra SPA, Francesco Sarti, dai presidenti del Rotary Club Cascina annata 2018/2019, Giuseppe Saccomanni, e annata 2019/2020, Paolo Barnelli. Erano inoltre presenti il delegato all’integrazione degli studenti e del personale con disabilità e DSA, Luca Fanucci, il professor Marco Macchia, ordinario di Chimica farmaceutica, e il governatore del distretto Rotary 2071 per l’annata 2018/2019, Giampaolo Ladu.

vetture disabili

Le donazioni del Rotary Club Cascina e di PharmaNutra SPA agevoleranno l'Università di Pisa nell'acquisto di due vetture nuove, un Doblò e una Panda, attrezzate per il trasporto dei disabili, arricchendo il parco macchine che l'Ateneo ha a sua disposizione e migliorando in modo sensibile i servizi offerti alle persone con disabilità che vi lavorano o studiano. Anche grazie all'utilizzo dei nuovi mezzi, l'Università testimonia la consolidata e continua tradizione di attenzione alle persone con disabilità, un settore che vede l'Ateneo pisano all’avanguardia in campo nazionale.

Le donazioni devono molto alla sensibilità dimostrata dal past president del Rotary Club Cascina, Giuseppe Saccomanni, e dall’amministratore delegato e vicepresidente di PharmaNutra, Roberto Lacorte, che hanno agito in sinergia tra loro e in collaborazione con i professori Marco Macchia e Michele Marroni.

Il Rotary Club ha tra le sue principali missioni quella di realizzare e di coordinare iniziative come quella presentata in Ateneo, muovendosi lungo tre direttrici che riguardano i giovani, il sociale e la cultura. PharmaNutra ha ugualmente sposato con entusiasmo quest'idea, che rappresenta un esempio in cui l'iniziativa nel sociale si fonde con la mission dell'azienda di sviluppare prodotti nutraceutici e dispositivi medici innovativi per il benessere e la salute nelle persone.

Nella foto, da sinistra: Sarti, Macchia, Fanucci, Mancarella, Marroni, Saccomanni, Ladu, Barnelli. 

PLicausi3_0.jpger rilevare e far fronte alla mancanza di ossigeno (ipossia) l'uomo e le piante utilizzano sensori molecolari sostanzialmente identici tra loro. La scoperta si deve allo studio svolto in collaborazione tra Università di Pisa, Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna, Università di Oxford e pubblicato sulla rivista Science.

Per tradizione le piante sono viste come gli organismi produttori dell’ossigeno presente nell’atmosfera, consumato poi da organismi aerobici fra cui gli animali. In realtà tanto le piante quanto gli animali utilizzano questo elemento per immagazzinare energia in forma chimica attraverso la respirazione cellulare. Pertanto, la scarsità di ossigeno (detta ipossia) influisce in maniera significativa sulla fisiologia e sul metabolismo di queste due forme di vita.

Le piante si trovano in condizioni di ipossia quando sono sommerse, ad esempio in caso di intense precipitazioni o di esondazioni. I tessuti animali, d’altro canto, esibiscono uno stato ipossico in condizioni di intensa attività metabolica, associata per esempio a significativo esercizio muscolare oppure durante la proliferazione cellulare incontrollata, come avviene nei tumori. Entrambi, piante e animali, tuttavia sfruttano gradienti di ossigeno come segnale per guidare processi di sviluppo, ad esempio l’angiogenesi negli animali e la produzione di foglie nelle piante.

Il gruppo di ricerca internazionale, costituito dall’Università di Pisa, dall’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna e dall’università di Oxford ha ora scoperto che questo stesso meccanismo, basato su un enzima che utilizza ossigeno molecolare come substrato, è in grado di governare l’abbondanza e quindi l’attività di regolatori cruciali di una gamma di risposte cellulari.

Confrontando componenti del regno animale e vegetale, e trasferendole dall’uno all’altro, i ricercatori hanno scoperto l’esistenza di un interruttore molecolare, l’enzima ADO, che incorpora ossigeno nell’estremità iniziale di proteine contenenti l’amminoacido cisteina. Questa reazione conduce alla degradazione di tali proteine in condizioni aerobiche, mentre è inibita in ipossia. Pertanto, ADO svolge identica funzione all’enzima di pianta PCO (Plant Cysteine Oxidase), individuato cinque anni fa dalla stessa squadra di ricercatori di Pisa.

“L’ampia conservazione di questo meccanismo – spiega Francesco Licausi (foto a destra), professore associato di fisiologia vegetale all’Università di Pisa - è indicativa della sua rilevanza fisiologica nei due regni. Questa similarità è stupefacente, considerando quanto piante e animali sono distanti da un punto di vista evolutivo, sebbene entrambi rappresentino i vertici evolutivi della vita multicellulare sul nostro pianeta”.

“La scoperta – prosegue Beatrice Giuntoli, ricercatrice dell’Università di Pisa - ha un enorme potenziale applicativo in ambito terapeutico Infatti ADO rappresenta un bersaglio completamente nuovo per il trattamento farmacologico di disturbi tumorali e infiammatori. Fra i target di ADO, abbiamo identificato la proteina RGS4, coinvolta nella segnalazione ormonale, nella neurotrasmissione e nello sviluppo del miocardio, e l’Interleuchina IL-32, una citochina atipica che regola risposte infiammatorie e fattori angiogenici”.

“Le piante e l'uomo hanno necessità di sapere quanto ossigeno respirano e hanno a disposizione – sottolinea Pierdomenico Perata, docente di fisiologia vegetale all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna – e se il tessuto è carente di ossigeno, sia le piante sia gli animali hanno un'attrezzatura per capire e prendere provvedimenti. In questo nuovo studio – conclude Pierdomenico Perata - abbiamo dimostrato che l'uomo, e probabilmente tutti gli animali, hanno un secondo sistema, aggiuntivo rispetto a Hif1, basato sull'enzima Ado, che è identico a quello delle piante”. Tanto che l'enzima umano, messo al posto di quello delle piante, si è dimostrato capace di sostituirlo.

 

L'Ateneo di Pisa si colloca tra le prime cento università a livello europeo e tra le prime cinque in Italia negli Europe Teaching Rankings 2019, appena pubblicati dal Times Higher Education. A livello nazionale l'Ateneo pisano si colloca nella fascia 76-100 insieme all'Università di Pavia, preceduto solo da Bologna, Politecnico di Milano e Siena, tutte in fascia 51-75. In totale le università italiane che compaiono in questa classifica sono 33, delle quali 20 si piazzano tra le prime 200 europee.

Il Times Higher Education redige da parecchi anni uno tra i più autorevoli ranking internazionali delle università, il World University Ranking, che valuta gli atenei a 360 gradi su reputazione, ricerca e didattica. La classifica pubblicata ora, invece, riguarda in modo specifico la didattica. Per omogeneità, è stata limitata alle sole università europee. La peculiarità del ranking è che la maggior parte degli indicatori utilizzati derivano da una indagine che THE ha svolto somministrando questionari agli studenti dei vari atenei. Per l'Università di Pisa, ad esempio, hanno risposto circa 1000 studenti.

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"L'ottimo posizionamento conseguito dall'Università di Pisa negli Europe Teaching Rankings - ha commentato il rettore Paolo Mancarella - si associa ai recenti dati del QS World University Rankings, in cui l'Ateneo ha ottenuto un significativo miglioramento sugli indicatori che misurano la qualità della produzione scientifica: del resto sappiamo bene che una didattica di qualità non può prescindere da una ricerca di qualità. Questo nuovo importante risultato premia gli sforzi che stiamo facendo nel settore della didattica, con un'offerta ampia e variegata, come è emerso nell'iniziativa che proprio pochi giorni fa abbiamo dedicato a questo tema. Posso ben dire che chi sceglie di venire a formarsi all’Università di Pisa trova corsi all’avanguardia, competenze fondate su una lunga tradizione e sull’alta qualificazione della classe docente e una popolazione studentesca vivace, partecipe e motivata: il tutto nella cornice di una città ricca di storia, cultura ed eccellenza scientifica".

Il Focus sulla didattica, tenutosi il 3 luglio, è stato l’occasione per parlare dei progetti speciali per la didattica, con cui l’Università di Pisa ha inaugurato un nuovo modo di fare lezione che va oltre la tradizionale “aula”: gli studenti hanno la possibilità di partecipare a viaggi studio, lezioni fuori sede e iniziative all’estero, e di svolgere tante altre attività pensate per rendere più efficaci e incisivi gli insegnamenti dei corsi di laurea. Nell’anno accademico 2018/2019 sono 40 i progetti a cui hanno partecipato gli studenti e per il prossimo semestre ci sono già 37 proposte in fase di valutazione. Si è discusso anche dei cinque nuovi corsi di laurea attivati negli ultimi due anni: Scienze della formazione primaria, Management for Business and Economics, Diritto dell’innovazione per l’impresa e le istituzioni, Ingegneria per il design industriale e Management e controllo dei processi logistici. Ci sono state inoltre sessioni specificatamente dedicate alla presentazione delle attività organizzate dall’Ateneo per l'orientamento in ingresso e in uscita, l’internazionalizzazione e il sostegno agli studenti disabili o con bisogni speciali. Infine, una sessione specifica è stata dedicata all’iniziativa “Insegnare a insegnare”, che mira a migliorare la qualità dell’insegnamento dei docenti neo-assunti.

Caterina Casini e Davide Conte sono i vincitori della nona edizione del Premio di laurea, promosso e finanziato dal Rotary Club Livorno “Mascagni”, destinata ai laureati più meritevoli del Corso di laurea in Economia e Legislazione dei Sistemi Logistici, con sede in Livorno, rispettivamente dell’anno accademico 2016/2017 e 2017/2018.

Entrambi si sono laureati con il massimo dei voti; la prima, discutendo una tesi dal titolo “Competitività del trasporto intermodale di semirimorchi dal porto di Livorno verso il nord Italia” ed il secondo, con una tesi sul tema: “Collegamenti ferroviari da e per l'Italia: uno studio sull'utilizzo dei valichi alpini”. Ai due vincitori è stata assegnata una borsa di studio del valore di mille euro.

 

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La premiazione di Caterina Casini

La cerimonia di premiazione si è recentemente svolta nell’Auditorium del Campus universitario di Villa Letizia alla presenza del Presidente del Rotary Club Livorno “Mascagni”, Dr Giovanni Ghio Rondanina e del Direttore del Polo Universitario Sistemi Logistici di Livorno, Prof. Ing. Gianluca Dini.

Selezionati nell’ambito di una rosa di diciannove candidati, di cui oltre il 50% ha conseguito la laurea con lode, i due giovani provengono da una diversa realtà territoriale: Claudia Casini, infatti, pur essendo nata a Poggibonsi, è vissuta a Livorno, dove ha frequentato l’Istituto Tecnico Commerciale A. Vespucci, seguendo l’indirizzo logistico; Davide Conte è nato e vissuto a Campobasso, dove ha conseguito la maturità tecnica commerciale ad indirizzo programmatori. Anche la scelta compiuta dopo il conseguimento del titolo universitario, è stata differente: Davide Conte ha preferito iscriversi alla laurea magistrale in Management e Controllo dei Processi Logistici, attiva da quest’anno presso il Polo Universitario di Livorno, mentre Claudia Casini è stata assunta in una azienda di servizi logistici a tempo indeterminato, a dimostrazione di come il Corso di Laurea consenta di soddisfare interessi e attitudini diversificati, garantendo, sia la possibilità di approfondimento degli studi sia uno sbocco professionale immediato. Il 41% degli studenti trova infatti lavoro a tre mesi dalla laurea.

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La premiazione di Davide Conte

Il Presidente del Rotary Club Livorno “Mascagni”, Dr Ghio Rondanina, ha incoraggiato questi giovani a proseguire nel loro cammino di eccellenza ed ha confermato l’impegno del Rotary Club Livorno “Mascagni a favore del mondo giovanile, con la convinzione che investire nei giovani e nella formazione sia la strada maestra per favorire lo sviluppo del territorio e dell’intero Paese.

 

Il team AcquaLab di studenti dell’Università di Pisa ha vinto “NextFOOD, Educating the Next Generation of Agrifood Professionals”, una competizione internazionale sul tema della sostenibilità in acquacoltura. Luigi Petrocchi Jasinski, Lorenzo Rossi e Greta Galliano, allievi del corso di laurea in Scienze e tecnologie delle produzioni animali coordinati dal dottor Baldassare Fronte del Dipartimento di Scienze Veterinarie, sono arrivati primi con un progetto per misurare e garantire la qualità dei prodotti acquaponici sotto ogni aspetto (benessere animale, sostenibilità ambientale, tracciabilità e sicurezza alimentare). Il progetto prevede la creazione di una piattaforma di controllo e di una “app” per informare i consumatori sulle caratteristiche dei prodotti ottenuti attraverso questa tecnica di produzione che attraverso la scansione di un QR code.

 

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Da sinistra, Lorenzo Rossi, Greta Galliano, Petrocchi Jasinski e Baldassare Fronte



“Il miglioramento delle conoscenze pratiche e la capacità di risolvere problemi reali nella produzione e nella lavorazione di alimenti è un requisito essenziale per gli studenti che in futuro si troveranno a lavorare in un contesto lavorativo altamente specializzato – ha concluso il dottor Fronte – e il risultato conseguito dalla nostra squadra è una conferma della bontà della formazione all’Università di Pisa”.

Grazie a questa vittoria il team AcquaLab potrà presentare il proprio progetto alla prossima edizione di Aquaculture Europe 2019, congresso di rilevanza internazionale che quest’anno si terrà ad ottobre a Berlino e, successivamente, al Nextfood Annual Meeting che si svolgerà in Grecia nel 2020. Forti di questi risultati, l’obiettivo futuro dei tre studenti è di realizzare una start up a partire dalla loro idea.

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