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Rosetta_arrives_at_cometDopo più di 10 anni di viaggio, la sonda Rosetta sbarca sulla cometa Churyumov-Gerasimenko e il dipartimento di Fisica dell'Università di Pisa organizza una conferenza e una diretta per seguire l'evento. L'appuntamento è mercoledì 12 novembre, a partire dalle ore 18, nell'Aula Magna del Polo Fibonacci, dove Pierre Henri del CNRS (Francia), ex-dottorando a Pisa e attualmente co-investigatore di un esperimento a bordo della sonda Rosetta, presenterà la missione e i suoi obiettivi scientifici. Seguirà la trasmissione in diretta dell'evento organizzato dal centro operativo dell'ESA, durante il quale saranno mostrate le prime immagini riprese dal lander. L'avvenimento, organizzato dal professor Francesco Califano del dipartimento di Fisica dell'Ateneo pisano, è di particolare rilevanza perché sarà la prima volta che un veicolo costruito dall'uomo tenterà di atterrare su una cometa.

Rosetta_mission_selfie_at_16_kmRosetta è una missione dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) con partecipazione dell'Agenzia spaziale italiana (ASI) dedicata all'esplorazione dei corpi minori del Sistema Solare. Il suo obiettivo primario è quello di seguire la cometa Churyumov-Gerasimenko durante parte della sua orbita attorno al Sole e di studiarla da vicino. Dopo il lancio in marzo 2004 e più di dieci anni di viaggio, Rosetta ha finalmente raggiunto la cometa in agosto 2014. L'obiettivo scientifico principale della missione è la comprensione dell'origine delle comete, che fanno parte dei corpi più antichi del Sistema Solare. L'esplorazione della cometa consiste nella caratterizzazione del nucleo e della chioma, la determinazione delle loro proprietà dinamiche, lo studio della morfologia e della composizione per ottenere informazioni preziose sulle origini del Sistema Solare.

Rosetta è composta da una navicella che seguirà la cometa nel suo viaggio attorno al Sole e da un lander, chiamato Philae, che studierà il nucleo cometario dalla superficie. Il prossimo 12 novembre la sonda Rosetta rilascerà il lander Philae, che una volta atterrato, eseguirà delle analisi chimico-fisiche del nucleo e ne studierà la struttura interna. La navicella rimarrà attorno alla cometa per seguire l'evoluzione della sua attività durante l'avvicinamento al Sole fino all'estate 2015 e poi durante l'allontanamento fino a fine 2015.

(Copyright Spacecraft: ESA/ATG medialab; Comet image: ESA/Rosetta/NAVCAM)

 

Jos Technology, spin-off dell'Università di Pisa, è stata una delle dieci aziende selezionate in tutta Italia per il "Forum dell'Innovazione del Legno Arredo", l'evento organizzato da Federlegno Arredo, la federazione delle imprese che operano nella filiera italiana del legno-arredo, in prograJOS pannellomma venerdì 7 novembre a Udine. JOS - Just One System è un sistema brevettato in grado di offrire un concetto totalmente nuovo di ricarica senza fili per ogni tipo di utenza in bassa tensione, vincitore dell'edizione 2013 della Start Cup Toscana, ed è stato selezionato grazie al suo livello di innovazione e qualità.

La superficie magnetica di JOS, dove ogni punto è una presa ad alta potenza, permette di dotare gli ambienti di un accesso libero, esteso e moltiplicato all'energia in bassa tensione, garantendo inoltre un risparmio energetico fino al 25% rispetto ai sistemi tradizionali; qualità made in Italy, design e personalizzazione ad hoc arricchiscono poi il valore aggiunto offerto da questa tecnologia. Nel contesto proposto da Federlegno la spin off dell'Università potrà dimostrare come la definizione del proprio core non fosse quella di un semplice prodotto, ma di una vera e propria tecnologia innovativa, con molti plus, tra cui prioritaria appare proprio la flessibilità applicativa e formale garantita dal sistema.


salottoLa tecnologia JOS si propone infatti con la possibilità di un vero e proprio inserimento all'interno di complementi di arredo ad uso casa e ufficio, come anche all'interno di controsoffitti e pareti divisorie, ovviamente s'intende in legno. I vari oggetti d'arredo godrebbero così di un duplice vantaggio derivante dall'inserimento di JOS: la possibilità di dotare i complementi stessi di un upgrade fondamentale (piattaforma magnetica per la ricarica senza fili di qualunque dispositivo), e surplus di design derivante dalle infinite possibilità di texture e lavorazioni superficiali del pannello JOS stesso.

«Oggi come non mai è divenuta prioritaria la ricerca di integrazione dei sistemi e di flessibilità specificatamente nei contesti quotidiani di vita sociale e lavorativa – spiega Marco Ariani, amministratore di Jos - così come la possibilità di implementare l'accesso alle fonti di energia ogni qual volta ci sia necessario, moltiplicandone e facilitandone l'utilizzo, anche a fronte di sistemi obsoleti in uso da più di un secolo, come le singole prese a terra che il più delle volte costringono l'utente a un utilizzo momentaneo, scomodo e frazionato. Federlegno Arredo, da sempre estremamente attenta a questi valori e oggi alla ricerca di innovazioni di qualità improntate all'usabilità e alla sostenibilità ambientale, ha offerto a JOS Technology un desk personalizzato, dove sarà possibile incontrare tutte le aziende interessate a creare una sinergia di materiali, funzioni e intenti».

Ne hanno parlato:
Tirreno Pisa
TirrenoPisa.it
StampToscana 

render

Teorie pseudo scientifiche, ipotesi non verificate, falsità vere e proprie. Nel suo ultimo libro, "La falsa teoria del clima impazzito" (Felici editore, 2014), Sergio Pinna, professore ordinario di Geografia dell'Università di Pisa, confuta con decisione, sulla base dei dati disponibili, la teoria della cosiddetta "estremizzazione del clima", un'idea ormai molto comune fra la gente, nei media e anche in buona parte degli ambienti scientisupercellfici.

«L'unico cambiamento certo che può essere documentato è un aumento della temperatura media della Terra di circa 0,8 gradi centigradi dalla metà dell'Ottocento ad oggi», spiega Sergio Pinna, aggiungendo che: «l'idea diffusa da alcuni decenni che il global warming abbia a sua volta provocato un'estremizzazione dei fenomeni climatici è una teoria che poggia su presupposti molto generici e che soprattutto si scontra con i dati disponibili; oltretutto, le informazioni che provengono dalla climatologia storica ci dicono che negli ultimi mille anni gli eventi estremi sono stati molto più frequenti nei periodi freddi piuttosto che in quelli caldi».

Il libro del professore dell'Ateneo pisano è composto da una parte iniziale ed una finale di carattere generale, mentre il contenuto dei capitoli centrali è di tipo più tecnico, visto che vi si analizzano singoli aspetti del clima: entità del riscaldamento recente, tornado e uragani, intensità delle precipitazioni, ondate di calore estivo, variabilità climatica e meteorologica.

«Il problema – sottolinea Sergio Pinna – è riportare il dibattito sui cambiamenti climatici in un piano veramente scientifico e quindi partire dai dati certi, anche se da questo punto di vista non mancano dei problemi strutturali, soprattutto per l'Italia». Il riferimento è ad esempio alla mancanza nel nostro Paese di un vero e proprio servizio meteo-climatico nazionale: quello dell'aeronautica militare non ha una tradizione di studi di climatologia descrittiva ed inoltre gestisce le statistiche solo di un centinaio di stazioni misura, mentre per definire il quadro climatico del nostro territorio ne sarebbero necessarie migliaia. In questa situazione, è poi da considerarsi in modo decisamente negativo l'abolizione negli anni '90 del Servizio Idrografico nazionale, che ha portato alla nascita di uffici regionali del tutto scollegati fra loro, rendendo così impossibile la raccolta di quella grande mole di dati pluviometrici e termometrici come precedentemente poteva avvenire.

sergio_pinna«Nel mio libro – conclude Sergio Pinna – riporto diversi esempi di assurde informazioni, spesso proposte da cosiddetti "esperti"; si possono ricordare in proposito le affermazioni sulle piogge in Toscana, per le quali si è data per certa una triplicazione dell'intensità negli ultimi 20-25 anni rispetto al periodo precedente: una teoria del tutto falsa, come si può facilmente verificare con un'analisi statistica delle serie meteorologiche disponibili nell'archivio online del Servizio Idrologico della Toscana».

G.-BenelliCome di consuetudine, l'Associazione Italiana delle Società Scientifiche Agrarie (AISSA) ha selezionato il vincitore del Premio AISSA 2014 per la migliore tesi di dottorato di ricerca discussa nel precedente anno accademico. Nell'ambito scientifico-disciplinare "Protezione delle piante" il Premio AISSA 2014 è stato attribuito a Giovanni Benelli, 27 anni, ricercatore del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell'Università di Pisa.

Benelli ha condotto il suo dottorato di ricerca presso la scuola di dottorato in Scienze agrarie e veterinarie (Università di Pisa e Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa), ed è stato premiato per la sua tesi, intitolata "Visual and olfactory cues perceived during reproductive behaviour by the fruit flies parasitoid Psyttalia concolor (Hymenoptera: Braconidae)", focalizzata sul controllo eco-compatibile dei Ditteri Tefritidi, noti anche come mosche della frutta, mediante agenti di controllo biologico. I risultati contenuti nella tesi dottorale di Benelli sono stati oggetto di pubblicazione in 9 articoli su riviste internazionali con impact factor. La premiazione avrà luogo il 6 novembre 2014 a Sassari, in occasione del XII Convegno AISSA.

Attualmente, Benelli svolge la sua attività di ricerca come assegnista di ricerca presso il dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell'Università di Pisa, dove si occupa di ecologia comportamentale di organismi utili in lotta biologica, con particolare riferimento al ruolo evolutivo dell'aggressività e all'apprendimento di stimoli visivi e olfattivi in contesti riproduttivi. Nel complesso, la sua attività ha portato alla pubblicazione di oltre 70 articoli, di cui 55 su riviste internazionali.

Galletti teamNel mondo della lavorazione delle pelli arriva una piccola rivoluzione "green": grazie a uno studio condotto dai ricercatori del dipartimento di Chimica e chimica industriale dell'Università di Pisa, in collaborazione con il Polo tecnologico conciario (POTECO), è stato brevettato un processo conciario innovativo che prevede l'utilizzo di agenti chimici "metal free" in grado di garantire un basso impatto ambientale e, allo stesso tempo, prospettive di crescita e innovazione per il territorio.

Il brevetto apre nuovi scenari nel panorama dei concianti ottenibili da materie prime rinnovabili, proponendo una nuova classe di agenti non tossici e biodegradabili. Infatti sono state sperimentate con ottimi risultati molecole innovative facilmente ottenibili direttamente da biomasse presenti sul territorio. L'innovativo sistema di concia rende così possibile l'ottenimento di un prodotto finito con caratteristiche estetiche e funzionali ottimali, rispettando l'ecosistema e garantendo la massima sostenibilità ambientale ed economica.

Dipartimento ChimicaLa ricerca applicata è stata condotta presso i laboratori del Polo Tecnologico Conciario, diretto da Domenico Castiello, e presso i laboratori del gruppo di ricerca della professoressa Anna Maria Raspolli Galletti del dipartimento di Chimica e chimica industriale dell'Università di Pisa: «Oltre all'assoluta novità delle molecole concianti proposte, finora mai prese in considerazione da alcun gruppo di ricerca industriale o accademico nel mondo, il grande punto di forza di questa invenzione è rappresentato dalla loro assenza di tossicità e dalla possibilità di usare esclusivamente materie prime rinnovabili – spiega la professoressa Raspolli - I materiali di partenza sono infatti disponibili nel territorio toscano, sono a basso costo o addirittura scarti agro-alimentari, e il processo di conversione studiato risulta ambientalmente ed economicamente sostenibile. ».

Sicuramente questa scoperta non avrebbe potuto aver luogo senza la stretta sinergia tra l'Università di Pisa e POTECO, e si è avvalsa delle grandi competenze e delle apparecchiature specifiche disponibili presso i laboratori di Castelfranco: «Questa collaborazione – conclude la professoressa Raspolli - ci ha permesso di trasformare un'idea progettuale in un risultato concreto che può avere un importante impatto sul settore conciario accelerandone il progresso verso processi e prodotti totalmente eco-sostenibili ed al tempo stesso offre valide opportunità formative nel settore della chimica conciaria a laureandi e borsisti della nostra Università».

Ne hanno parlato: 
Nazione Pontedera
Tirreno Pisa 
Tirreno.it 
PisaToday.it 
gonews.it 
Greenreport 
GreenBiz.it 
BioEcoGeo.it 


 

Non fu avvelenato dai suoi nemici, né morì a causa della malaria: la morte di Enrico VII fu causata dagli effetti collaterali della cura a cui l'imperatore si sottoponeva per l'antrace (o carbonchio), la malattia contratta probabilmente da uno dei suoi cavalli e che prevedeva la somministrazione terapeutica di piccole dosi di arsenico. Dopo un'accurata e meticolosa ricerca, Francesco Mallegni, docente dell'Università di Pisa e direttore del Museo archeologico dell'Uomo di Viareggio, ha risolto il mistero che per sette secoli ha accompagnato la morte dell'imperatore avvenuta nel 1313 a Buonconvento.volto Enrico VII

Il professor Mallegni ha potuto condurre le sue analisi sulle spoglie di Enrico VII grazie a un'operazione coordinata dall'Opera primaziale pisana che alla fine del 2013 – a 700 anni dalla morte dell'imperatore - ha permesso di riesumare i resti ossei del sovrano conservati nel Duomo di Pisa, per rilievi antropologici e patologici: «Da circa un anno, Enrico VII soffriva di antrace – spiega Mallegni – una malattia che lo aveva attaccato durante l'assedio di Firenze e lo aveva costretto a ritirarsi a Pisa, città ghibellina da lui molto amata. Di lì era partito per l'impresa napoletana contro il riottoso e infedele Roberto d'Angiò seguendo la via Francigena, ma il male inesorabile, con grandi sofferenze, lo fece soccombere nei pressi di Siena».

La malattia si era manifestata con una piaga al ginocchio e l'infezione fu causata molto probabilmente da un cavallo malato che, con la pecora, è il vettore principale di diffusione di questa infezione batterica: «Le fonti contemporanee alla vita e alla morte di Enrico VII parlano di una malattia ben precisa, l'antrace, che lo aveva colpito agli arti inferiori e aveva fatto il suo decorso di solito rapidissimo, rallentato però dalle cure a base di unguenti all'arsenico, l'unico che poteva tenere "a bada" il malanno, ben sapendo, i medici curanti, che un eccesso poteva portare all'avvelenamento e alla morte».

scheletro EnricoVIIIl rituale funerario
La ricerca ha fatto luce anche sul rituale funerario a cui fu sottoposto il cadavere del sovrano durante il trasporto a Pisa, dove Enrico VII aveva espresso il desiderio di riposare per sempre: «Le spoglie del sovrano – aggiunge Mallegni – sono risultate alquanto deteriorate non solo dal passare del tempo, ma dal trattamento che fu riservato al suo cadavere prima della sepoltura. Il corpo fu allontanato da Buonconvento su una lettiga sotto le sembianze camuffate di un ancora vivente per non far sapere della sua morte. Il fetore che emanava il cadavere, unito al lezzo della piaga che lo aveva tormentato per un anno, consigliò una sosta a Paganico dove, secondo le costumanze dell'epoca, più che altro germaniche, gli fu tagliata la testa. Il corpo fu poi bollito nell'acqua – e non nel vino come riportavano alcune fonti - e in seguito letteralmente spolpato e lo scheletro fu bruciato su di una pira. Abbiamo inoltre stabilito che il cranio è stato bollito a parte rispetto al resto del cadavere, dopo la decapitazione, perché la concentrazione dell'arsenico è più forte che nelle altre ossa; questo tipo di veleno si concentra infatti soprattutto nei capelli».

La ricostruzione del volto
Grazie alle analisi antropologiche, il professor Mallegni ha potuto ricostruire il cranio e il calco di Enrico VII, le cui sembianze non si discostano da quelle riportate nelle fonti storiche: «L'imperatore era descritto come un uomo dal volto gradevole, con naso sottile e appuntito e dalla bocca ben formata, e la ricostruzione fisiognomica realizzata dallo scultore Gabriele Mallegni non se ne discosta. Le fonti parlano anche di un tic nervoso all'occhio sinistro: questo particolare, unito a un quasi certo bruxismo - il digrignamento involontario dei denti - fanno pensare a un uomo forse tormentato, sebbene le fonti ne parlino come un sovrano calmo e uso a parlare poco».

cranio EnricoVII

La ricerca ha poi svelato altri particolari su Enrico VII: il sovrano era un uomo alto (1.78 m), mentre le cronache italiane dell'epoca lo definivano di statura quasi media e snello, forse per dimagrimento dovuto alla malattia. Dallo studio antropologico dei resti inoltre, gli arti inferiori risultano assai più robusti dei superiori, caratteristica che prova che il sovrano andava a cavallo forse già da bambino.

Il professor Mallegni ha condotto le sue analisi con la collaborazione del Centro Ricerche e Servizi Ambientali (CRSA) di Ravenna, mentre per la parte storica si è avvalso del supporto di Maurizio Vaglini, direttore del Centro Interregionale per la Documentazione Bibliografica e Archivistica Biomedica dell'Arte Sanitaria di Roma.

Ne hanno parlato:
QN
La Stampa 
Corriere Fiorentino 
Gazzetta Parma 
Panorama.it
Tirreno Pisa
Nazione Pisa 

olioUn nuovo metodo antifrode per testare l'olio extravergine di oliva in modo più economico e veloce rispetto alle pratiche esistenti tanto che, in prospettiva, potrebbe essere usato direttamente nei punti vendita. A idearlo è stato un gruppo di ricercatori (foto) del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Università di Pisa coordinato da Valentina Domenici e composto da Donatella Ancora, Mario Cifelli, Carlo Alberto Veracini, Maurizio Zandomeneghi e Andrea Serani dell'oleificio SALOV di Massarosa in provincia di Lucca. Lo studio che ha portato alla messa a punto della nuova metodologia è durato circa quattro anni, durante i quali sono stati fatti studi sia sull'invecchiamento che sui trattamenti termici a cui può essere sottoposto l'olio di oliva. I risultati di questa ricerca sono stati appena pubblicati sul Journal of Agricoltural and Food Chemistry.

"Il nostro metodo – ha spiegato Valentina Domenici - permette di quantificare attraverso un processo matematico di deconvoluzione dello spettro di assorbimento UV-visibile, la concentrazione di quattro pigmenti principali dell'olio: luteina, feofitina-a, feofitina-b e β-carotene. Con pochi e semplici passaggi si inserisce l'olio in una celletta in quarzo e si acquisisce lo spettro che assume una forma caratteristica e fa subito capire subito se l'olio è stato contraffatto o meno".

gruppo-di_ricercaI pigmenti infatti, pur rappresentando solo il 2% del totale dei composti presenti nell'olio, sono fondamentali per testarne le qualità organolettiche e rivelare le principali frodi e manipolazioni a cui può esser stato sottoposto. I casi più comuni di contraffazione sono il miscelamento con olio di semi di girasole, la cattiva conservazione in condizioni non ottimali di luce, calore e odori, e il riscaldamento, che di solito viene usato per eliminare quelle sostanze volatili che determinano un odore e un sapore sgradevole dell'olio stesso.

"In tutti questi casi – ha concluso Valentina Domenici - la curva dello spettro che si ottiene cambia sostanzialmente e diventa una spia che svela la frode. Bastano pochi minuti e si ha già il responso, mentre utilizzando le metodologie più costose, le uniche ancora contemplate dai regolamenti dell'Unione europea, ci vogliono in media uno o due giorni di lavoro in laboratori specializzati".

Ne hanno parlato:
Ansa Terra & Gusto
Repubblica.it
Focus.it
Ansa Toscana
Senato.it
Società Americana dei Chimici dell'OLIO
Tirreno.it
Tirreno
Tirreno Pisa
Tirreno Cecina Rosignano
Tirreno Lucca
InToscana.it
PaginaQ
GreenReport.it
PisaInformaFlash.it
NovedaFirenze.it
GoNews.it
Ilvelino - agenzia giornalistica nazionale
PisaToday.it
Luccaindiretta.it
50canale.tv
TgRegione.it
Ladiscussione.it
ItalianGourmet.it
Cronachedigusto.it
Agronotizie
Sale&Pepe
Ristorazione&catering.it
AgricolturaModerna.it

Certosa di Calci1L'Università di Pisa si mobilita a sostegno della Certosa di Calci. Dopo la firma della candidatura del monastero certosino al censimento "I Luoghi del Cuore" del FAI da parte del rettore Massimo Augello, del prorettore vicario, Nicoletta De Francesco, e degli altri prorettori, nei prossimi giorni saranno allestiti degli stand nei poli didattici per raccogliere le adesioni degli studenti, dei docenti e del personale amministrativo, tecnico e bibliotecario.
"Fin dall'inizio – ha detto il rettore – siamo stati vicini al Comitato promotore e al Comune di Calci, condividendo e sostenendo i loro sforzi per accrescere presso la pubblica opinione nazionale la visibilità di questo luogo 'magico', che purtroppo soffre da tempo di gravi carenze strutturali, e per farlo votare al concorso del FAI. Oltre al Museo Nazionale della Soprintendenza, nel complesso monumentale ha sede da quasi trent'anni il Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa, che è tra i più antichi al mondo e oggi tra i più visitati della Toscana, con oltre 40.000 presenze. Il Museo racconta quattro secoli di ricerca scientifico-naturalistica del nostro Ateneo, unendo alla concezione espositiva classica dei secoli passati, sale più innovative e multimediali, con un'attenzione specifica rivolta ai laboratori didattici e alle proposte educative per le scuole".

Certosa di Calci2Il censimento nazionale "I Luoghi del Cuore", promosso dal FAI in collaborazione con Intesa Sanpaolo, è nato nel 2003 per sensibilizzare tutti i cittadini nei confronti del nostro patrimonio artistico e paesaggistico e per favorire l'aggregazione e la collaborazione fra comunità e istituzioni al fine di proteggere e valorizzare tale patrimonio. In dieci anni, sono state quasi due milioni le segnalazioni raccolte, distribuite su circa 31.000 luoghi, e 45 gli interventi di recupero effettuati.

La classifica provvisoria della 7a edizione è guidata dalla Certosa di Calci, con quasi 30.000 voti, seguita dal Castello di Calatubo, in Sicilia, e dal Castello dei Frati Cappuccini di Monterosso al Mare, in Liguria, entrambi con poco più di 20.000 voti.

La partecipazione al censimento, che sarà aperto fino al 30 novembre, può essere effettuata direttamente dal sito www.iluoghidelcuore.it, utilizzando la App "ILuoghidelCuore" o compilando gli appositi moduli di raccolta delle firme.

Transistore_in_disolfuro_di_molibdenoEver smaller and low-power: these are the transistors of the future, but not necessarily made of silicon. 2D materials have now been integrated with graphene in the challenge to dominate in the field of the electronics of tomorrow. A study recently published in the journal Nature Nanotechnology, is the outcome of work carried out by researchers from the University of Pisa who collaborated with their colleagues from the Italian Institute of Technology, the Massachusetts Institute of Technology, the University of Notre Dame, the University of Dallas, the research society AMO and Texas Instruments.

"Over the last few years the scientific community has shown a notable interest in 2D materials as a substitute for silicon in electronics," explains Gianluca Fiori from the Department of Information Engineering at the University of Pisa, "materials which are just one atom thick such as transition metal chalcogenides (TMD), bismuth selenide or graphene, which for this reason could be used to create tiny transistors, as small as five nanometers, where the present ones are twenty nanometers. To put the dimensions into perspective, a virus is around a hundred nanometers, a bacterium is around a thousand nanometers and the thickness of a hair is around a hundred thousand nanometers."

The transistor, invented in 1948 at the Bell Laboratories, is the principal driving force of the technological revolution which brought a considerable capacity for calculus and communication to our PCs and smartphones. Current technology allows for around a billion transistors in a chip, a block of silicon approximately 2 cm2.

"This study is the result of a series of projects financed by the European Commission and the project of collaboration between the University of Pisa and MIT Boston," underlined Giuseppe Iannaccone from the Department of Information Engineering of the University of Pisa. "The technology for the production and elaboration of these materials is still in the embryonic stage, so we are dealing with widely interdisciplinary frontier research, with a medium to long term time frame. To this day, as well as transistors, these materials appear to be particularly promising for the creation of flexible electronic systems, wearable systems or systems applied to curved surfaces."

Transistore_in_disolfuro_di_molibdenoSempre più piccoli e basso consumo: sono i transistor del futuro, ma non è detto che siano in silicio. Una classe di materiali bidimensionali si unisce infatti al grafene nella sfida per dominare l'elettronica del domani. Lo studio, recentemente pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology, è frutto del lavoro dei ricercatori dell'Università di Pisa che hanno collaborato con i colleghi dell'Istituto Italiano di Tecnologia, del Massachusetts Institute of Technology, dell'Università di Notre Dame, dell'Università di Dallas, della società di ricerca AMO e di Texas Instruments.

"Negli ultimi anni la comunità scientifica ha mostrato un forte interesse per i materiali bidimensionali come sostituti del silicio in elettronica - spiega Gianluca Fiori del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Ateneo pisano - materiali dello spessore di un solo atomo come i calcogenuri dei metalli di transizione (TMD), il seleniuro di bismuto o il grafene, che per questo motivo sono promettenti per la realizzazione di transistor piccolissimi, fino a cinque nanometri, mentre quelli attuali sono circa 20 nanometri. Per rendersi conto delle dimensioni, un virus è circa 100 nanometri, un batterio è circa mille nanometri, e lo spessore di un capello è circa centomila nanometri".

Il transistor , inventato nel 1948 presso i laboratori Bell, è il motore principale della rivoluzione tecnologica che ha portato formidabili capacità di calcolo e comunicazione, nei nostri PC e nei nostri smart phone. La tecnologia attuale consente di mettere alcuni miliardi di transistor in un chip, un tassello di silicio di circa due centimetri quadrati.

"Questo studio è il risultato di una serie di progetti finanziati dalla commissione europea e del progetto di collaborazione fra l'Università di Pisa e il MIT Boston - ha sottolineato Giuseppe Iannaccone del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Ateneo pisano – la tecnologia di produzione e di lavorazione di questi materiali è ancora allo stato embrionale, per cui si tratta di ricerche di frontiera fortemente interdisciplinari, con un orizzonte temporale a medio e lungo termine. Ad oggi, oltre ai transistor, questi materiali sembrano particolarmente promettenti per la realizzazione di sistemi elettronici flessibili per sistemi indossabili o applicati su superfici curve".

Ne hanno parlato: 
Repubblica.it
Stampa.it
Tirreno.it
StampToscana.it
PisaToday.it
GoNews.it
PisaInformaFlash.it
TecnologiaeRicerca.com
Tom's Hardware Italia
VillaggioGlobale.it
AmbienteAmbienti.it
PianetaUniversitario.it



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