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Lunedì, 02 Gennaio 2023 09:21

Un’analisi veloce dei dipartimenti di eccellenza 2023-2027

Il 28 dicembre sono stati selezionati dall’ANVUR i 180 dipartimenti eccellenza delle università statali per il quinquennio 2023-2027, valutati sulla base valutazione della ricerca svolta nel quinquennio 2015-2019 e di un progetto scientifico, organizzativo e didattico per il periodo 2023-2027. I dipartimenti delle università statali sono oggi 787: 350 sono stati selezionati per la seconda fase (con un massimo di 15 per ogni università), da cui poi sono stati scelti i 180 vincitori.

Questa è la lista delle università ordinata per il numero dei dipartimenti di eccellenza. Per chiarezza è indicato il numero di tutti i dipartimenti di ciascuna università e il rapporto tra il numero dei dipartimenti di eccellenza e il numero dei dipartimenti di ciascuna università.

C’è poi da aggiungere che il meccanismo fa sì che ogni università abbia con alta probabilità almeno un dipartimento di eccellenza, per cui nell’ultima colonna ho corretto il rapporto escludendo un dipartimento (sia al numeratore sia al denominatore) per correggere.

Dip_eccellenza_tab1.jpg

Colpiscono subito in positivo Milano Statale, Napoli Federico II e Milano Bicocca, poi Trento e Verona, abbastanza bene Pisa, Bologna, Padova, Firenze, e poi tanti fermi a uno, relativamente facile. Peccato per l’università della Calabria, che nell’altro quinquennio aveva fatto abbastanza bene.

Guardiamo la stessa lista orientata in base al rapporto tra i dipartimenti di eccellenza e i dipartimenti totali. In verde le università sopra la media nazionale, in rosso quelli sotto.

dip_eccell_tab2.jpg

Ordinata in questo modo, possiamo apprezzare il risultato ottimo di Milano-Bicocca, con più della metà dei dipartimenti di eccellenza. IUAV e Sant’Anna fanno en plein, ma su numeri molti piccoli. Molto bene anche Verona, Ca’ Foscari, Trento, Napoli Federico II, e Milano Statale (>40%).

Menzione particolare alle grandi università che hanno superato i 10 dipartimenti di eccellenza: Federico II, La Sapienza, Milano Statale, Bologna e Padova, perché comunque in fase due non si potevano presentare più di 15 dipartimenti, sebbene scelti tra i più forti.

Due riflessioni finali:
A livello del Paese è importante potenziare il sistema universitario al sud: si vede bene che l’unica grande università del sud e isole sopra la media è la Federico II, che è da anni su un percorso virtuoso.
L’altra cosa importante è che università relativamente giovani possono crescere in fretta e bene, raggiungendo dimensioni medie e qualità elevata, se guardiamo in primis Milano Bicocca (fondata nel 1998) e anche Trento (fondata nel 1962).

Post Scriptum:
Un commento per Pisa: A caldo ho detto “abbastanza bene”: 7 è un buon punto di partenza rispetto ai soli 2 ottenuti per il quinquennio precedente (a loro merito confermati in questa edizione). È un po’ sopra la media nazionale, siamo allineati al risultato di Bologna e Padova (che hanno fatto un po’ peggio della prima edizione). Testimonia un lavoro intenso sulla ricerca fatto nei 5 anni passati e una maggiore attenzione presentata alla definizione del progetto e alla VQR.

Giuseppe Iannaccone
Prorettore vicario Università di Pisa
 

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Venerdì, 30 Dicembre 2022 09:38

RESISTIMIT: parte da Pisa la lotta contro i microbi multiresistenti

Oltre cento infettivologi e dieci centri pilota in tutta Italia, tra i quali Pisa. E’ questo il nucleo fondativo di Resistimit l’importante progetto per la lotta contro i microrganismi multiresistenti agli antibiotici messo a punto dalla Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – SIMIT e lanciato a Pisa in occasione del convegno “La resistenza agli antimicrobici nella real-life” (14-15 dicembre). Obiettivo, contrastare un fenomeno in crescita in tutta Europa e che vede l’Italia registrare le peggiori performance.

“Lo scopo di questo progetto è quello di creare una struttura che permetta di ottenere un registro degli organismi multiresistenti nelle varie regioni italiane tramite applicativi informatici idonei – spiega il professor Marco Falcone, Segretario SIMIT e Professore Ordinario di Malattie Infettive all’Università di Pisa – Oggetto di questo studio saranno batteri, funghi, virus e ogni altro microrganismo resistenti ai farmaci antimicrobici”.

“Il registro – prosegue il professor Falcone - sarà funzionale a diversi scopi: da un lato, consentirà di monitorare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza; dall’altro permetterà di indagare caratteristiche e meccanismi di acquisizione delle infezioni causate da questi microrganismi nelle persone più colpite; inoltre, sarà la base anche per pianificare ulteriori approfondimenti sui nuovi farmaci antimicrobici”.

“Abbiamo a disposizione molecole attive molto interessanti – conclude - ma si deve adottare un uso attento, che non significa una marginalizzazione degli antibiotici, i quali restano preziosi salvavita. I nostri centri clinici devono fornire ai decisori, compresa AIFA, un supporto tecnico-scientifico basato su dati di real-life per dimostrare efficacia e sicurezza dell’uso degli antibiotici nel nostro Paese”.

 

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Il professor Marco Falcone, Segretario SIMIT e Professore Ordinario di Malattie Infettive all’Università di Pisa

 

A far partire l’iniziativa sono dieci centri pilota, dislocati in tutte le aree del Paese: Pisa, Roma con Spallanzani, Tor Vergata e Umberto I, Napoli con Cotugno e Federico II, Bari, Foggia, Palermo, Varese, Modena, Perugia, Padova. Ma non appena giungerà l’approvazione dei comitati etici, il progetto si estenderà a tutti i centri di malattie infettive che vorranno partecipare.

“Il progetto Resistimit è curato da un board di giovani infettivologi con una profonda esperienza sia clinica che di ricerca – sottolinea il professor Claudio Mastroianni, Presidente SIMIT e coordinatore del progetto insieme al professor Falcone – Questa iniziativa rientra nelle strategie della nostra società scientifica per coinvolgere le nuove generazioni di specialisti nella costruzione di un network per la raccolta dei dati e delle informazioni contro un fenomeno quale quello dei microbi multiresistenti, caratterizzato da numeri allarmanti e dall’assenza di adeguate contromisure”.

“In Italia – aggiunge il professor Mastroianni - manca una reportistica adeguata: sappiamo che esiste questo problema, ma non ne conosciamo le dimensioni, non abbiamo certezze su quali siano le infezioni più gravi e quelle più difficili da trattare. Con questa iniziativa si offrirà alla comunità scientifica un prezioso strumento per analizzare nel dettaglio tutte le sfaccettature di questa problematica, utile anche per istituzioni e altri enti che volessero ottenere informazioni aggiornate sulle infezioni provocate da microrganismi multiresistenti”.

Tra le iniziative già avviate in questi mesi nella lotta ai batteri multiresistenti vi è anche la piattaforma messa a punto presso il Policlinico di Tor Vergata, un software in cui vengono inseriti tutti i fattori utili per diminuire la resistenza dei germi e per capire quale fattore abbia provocato l’aumento della resistenza. Punto di partenza del lavoro di SIMIT saranno i dati prodotti dalle diverse istituzioni internazionali che già hanno richiamato l’attenzione su questo fenomeno, che rappresenta la possibile causa di una prossima emergenza sanitaria internazionale.

“I dati dell’OMS e dell’OCSE dimostrano che l’Italia è il primo Paese europeo per numero di infezioni e di morti, con circa 15mila decessi l’anno stimabili come causati da microrganismi resistenti agli antibiotici – evidenzia il professor Marco Falcone – Come indicato dai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2050 l’antibiotico-resistenza sarà la prima causa di morte a livello globale, provocando 10 milioni di decessi”.

“Nel nostro lavoro – prosegue il professor Falcone - verranno utilizzati anche i dati della rete ALARICO (Advancing knowLedge on Antimicrobial Resistant Infections Collaboration Network), da cui si evince che le infezioni da microrganismi multiresistenti carbapenetici, i più difficili da trattare, causano, rispetto ai microrganismi sensibili a questi antibiotici, un eccesso di mortalità che può arrivare fino al 20%”.

“Fino a poco tempo fa, questo fenomeno interessava solo marginalmente il Nord Europa, ma dati recenti dimostrano che i pazienti resistenti ai carbapenemici sono ormai epidemici in varie aree dell’Irlanda, del Regno Unito, dei Paesi scandinavi – conclude Falcone – Il fenomeno della resistenza agli antibiotici, quale minaccia globale già identificata, si sta allargando rapidamente. Serve pertanto una risposta unitaria, di cui l’Italia può diventare capofila, in virtù, suo malgrado, della maggiore esperienza acquisita con l’elevata frequenza di queste infezioni. Il progetto Resistimit può dunque rappresentare uno slancio anche a livello internazionale”.

 

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