L’E-Team al lavoro sul primo veicolo driverless, un'auto a guida autonoma
L’E-Team, la squadra corse dell’Università di Pisa, si adegua al trend tecnologico del momento che sta rivoluzionando il settore dell’auto: realizzare vetture driverless, ossia senza guidatore. La Formula SAE – la competizione internazionale che vede misurarsi tra loro monoposto progettate e sviluppate da studenti universitari - ha recentemente introdotto per le auto di questo tipo un’apposita categoria, che per ora ha visto classificarsi solo squadre straniere, essendo questa opzione ancora poco praticata in Italia. Dal maggio al dicembre 2019 l’E-Team dedicherà i propri sforzi alla progettazione e alla realizzazione di un veicolo a guida autonoma competitivo che, se tutto andrà secondo i piani, dovrebbe scendere in pista nel 2020.
Al lavoro dunque la divisione “Driverless” della squadra, che si pone a fianco alla già presente “Combustion”: a comporla sono una decina di studenti dei corsi di studi in Embedded Computer System, Ingegneria robotica, Ingegneria dei veicoli e Ingeneria meccanica, guidati da Niccolò Mazzatenta, Gabriele Baris e Davide Malatesta. Il team di studenti dell’Università di Pisa punta sul grande valore ingegneristico del progetto e, allo stesso tempo, si fa strada nel mondo dell’innovazione tecnologica, confermando il prestigio di un ateneo che gioca un ruolo fondamentale nel campo della ricerca e dello sviluppo a livello nazionale e internazionale.
Al momento la divisione Driverless dell’E-Team risulta impegnata nella prova di un simulatore che sia in grado di testare gli algoritmi di controllo e i modelli del sistema. I progetti che saranno portati avanti in questa stagione si concentreranno prevalentemente sulla parte di percezione, per la quale è previsto l’utilizzo di una telecamera stereoscopica e di una rete neurale. Attraverso questi due meccanismi si arriverà all’identificazione dei coni e alla creazione della mappa dell’ambiente e del tracciato in cui la vettura dovrà muoversi. Tutto ciò sarà effettuato grazie a un elevato controllo del veicolo, che sarà così capace di dare i riferimenti al motore (valvola a farfalla) e ai vari attuatori (freno, sterzo, cambio e frizione).
Ma le ambizioni dei progettisti vanno ben oltre la pista: l’intenzione è quella di sviluppare piani di guida autonoma non direttamente collegati alla Formula SAE. Un importante passo avanti tecnologico, dunque, ma anche un addestramento sul campo per gli studenti che dovranno affrontare le sfide della mobilità del futuro.
L’E-Team al lavoro sul primo veicolo driverless, l'auto a guida autonoma
L’E-Team, la squadra corse dell’Università di Pisa, si adegua al trend tecnologico del momento che sta rivoluzionando il settore dell’auto: realizzare vetture driverless, ossia senza guidatore. La Formula SAE – la competizione internazionale che vede misurarsi tra loro monoposto progettate e sviluppate da studenti universitari - ha recentemente introdotto per le auto di questo tipo un’apposita categoria, che per ora ha visto classificarsi solo squadre straniere, essendo questa opzione ancora poco praticata in Italia. Dal maggio al dicembre 2019 l’E-Team dedicherà i propri sforzi alla progettazione e alla realizzazione di un veicolo a guida autonoma competitivo che, se tutto andrà secondo i piani, dovrebbe scendere in pista nel 2020.
Al lavoro dunque la divisione “Driverless” della squadra, che si pone a fianco alla già presente “Combustion”: a comporla sono una decina di studenti dei corsi di studi in Embedded Computer System, Ingegneria robotica, Ingegneria dei veicoli e Ingeneria meccanica, guidati da Niccolò Mazzatenta, Gabriele Baris e Davide Malatesta. Il team di studenti dell’Università di Pisa punta sul grande valore ingegneristico del progetto e, allo stesso tempo, si fa strada nel mondo dell’innovazione tecnologica, confermando il prestigio di un ateneo che gioca un ruolo fondamentale nel campo della ricerca e dello sviluppo a livello nazionale e internazionale.
Al momento la divisione Driverless dell’E-Team risulta impegnata nella prova di un simulatore che sia in grado di testare gli algoritmi di controllo e i modelli del sistema. I progetti che saranno portati avanti in questa stagione si concentreranno prevalentemente sulla parte di percezione, per la quale è previsto l’utilizzo di una telecamera stereoscopica e di una rete neurale. Attraverso questi due meccanismi si arriverà all’identificazione dei coni e alla creazione della mappa dell’ambiente e del tracciato in cui la vettura dovrà muoversi. Tutto ciò sarà effettuato grazie a un elevato controllo del veicolo, che sarà così capace di dare i riferimenti al motore (valvola a farfalla) e ai vari attuatori (freno, sterzo, cambio e frizione).
Ma le ambizioni dei progettisti vanno ben oltre la pista: l’intenzione è quella di sviluppare piani di guida autonoma non direttamente collegati alla Formula SAE. Un importante passo avanti tecnologico, dunque, ma anche un addestramento sul campo per gli studenti che dovranno affrontare le sfide della mobilità del futuro.
8 incarichi per medici veterinari liberi professionisti esperti nell’ambito del pronto soccorso e terapia intensiva
Avviso di fabbisogno interno nell'ambito del progetto di ricerca "Studio per la rivalutazione sismica di grandi dighe in calcestruzzo a gravità"
Avviso fabbisogno interno per “Sviluppo di modelli formali per l’estrazione di entità nominate di tipo tecnico da testi tecnico-scientifici”
Avviso fabbisogno interno per “Sviluppo di app. per rilievo dei degradi di elementi delle infrastrutture stradali”
4 incarichi di lavoro Autonomo da conferirsi da parte del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione
1° Bando 2019 per tirocini MAECI-MIUR-CRUI presso le sedi diplomatiche all'estero - scade 11/02/2019
L’ebreo errante e la rappresentazione degli ebrei e dell'ebraismo nella cultura occidentale
L’ebreo errante, il legame con la magia e la stregoneria e, più in generale, la rappresentazione degli ebrei e dell'ebraismo nella cultura occidentale sono i temi al centro del convegno “Shem nelle tende di Yafet” che si svolge a Pisa dal 6 all'8 febbraio al Centro Congressi Le Benedettine (Piazza S. Paolo a Ripa D'Arno, 16). La tre giorni di lavori arriva a conclusione di un progetto di ricerca dell’Università di Pisa sul tema “Ebrei ed ebraismo nei luoghi, nelle lingue e nelle culture degli altri”.
“Abbiamo indagato – racconta il professore Fabrizio Franceschini dell’Università di Pisa responsabile del progetto - le relazioni tra mondo ebraico e «mondi altri», dal Medioevo sino all’età contemporanea, «mondi altri» che intrattengono con la cultura ebraica rapporti fecondi, ma che producono anche modelli dell’«altro», in questo caso l’ebreo, variamente connotati in termini di tolleranza, di satira anche simpatetica o di aperta ostilità, sino all’antigiudaismo e all’antisemitismo”.
Il convegno restituirà questo complesso di relazioni, attraverso approfondimento storici e geografici, ma soprattutto indagini sull’immaginario collettivo, sulle rappresentazioni culturali e sui concreti prodotti letterari, teatrali, musicali e cinematografici nei quali tali rappresentazioni si concretizzano.
L’avventura di 12 studenti del dipartimento di Scienze della Terra nel deserto del Perù
Nella seconda metà di gennaio 12 studenti del dipartimento di Scienze della Terra hanno partecipato all’ICA-LAB, un campo scuola organizzato nel deserto peruviano della regione di Ica, non lontano dalle famose linee di Nazca, per svolgere ricerche in uno dei giacimenti paleontologici più importanti del mondo. L’iniziativa è stata organizzata dal dipartimento di Scienze della Terra e interamente finanziata dall’Università di Pisa nell’ambito dei progetti speciali per la didattica.
Rientrati in questi giorni in Italia, i ragazzi ci raccontano la loro avventura in Perù, rievocando la magia e i colori del deserto in cui hanno vissuto e lavorato per circa dieci giorni.
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“Buon rientro a casa ragazzi, grazie a tutti per la partecipazione, è stata una bellissima esperienza, ci vediamo a Pisa!”. Con queste parole studenti, professori e ricercatori si sono salutati all’aeroporto di Madrid il 25 gennaio 2019 concludendo ufficialmente il campo scuola ICA-LAB svoltosi nel deserto del Perù.
I protagonisti di questa spedizione siamo noi: Alice Belluzzo, Laura Bronzo, Guglielmo Di Stefano, Alessandro Favaroni, Raffaele Gazzola, Giacomo Gazzurra, Pietro Giacomini, Amedeo Martella, Marco Merella, Leonardo Nicodemi e Lorenzo Porta del corso magistrale in “Scienze e tecnologie geologiche”, e Sara Citron del corso magistrale di “Conservazione ed evoluzione”. Ci hanno accompagnato Giovanni Bianucci, Alberto Collareta, Anna Gioncada, Giovanni Sarti e Giancarlo Molli, docenti del dipartimento di Scienze della Terra, insieme ai ricercatori Giulia Bosio ed Elena Ghezzo rispettivamente dell'Università Milano Bicocca e dell'Università di Venezia e per ultimi, ma non meno importanti, tre guide peruviane che hanno affiancato il nostro team nelle calde giornate del deserto peruviano: Mario Urbina, Walter Aguirre e Jolao Chauca Luyo.
L’attività svolta durante il campo scuola ha avuto l'obiettivo, attraverso l'integrazione di conoscenze acquisite durante il percorso universitario, di studiare e comprendere l'evoluzione geologica strutturale e paleoambientale del bacino di Pisco, località desertica nel distretto di Ica, sulla costa peruviana sud-occidentale.
Le attività di studio e ricerca sono state accompagnate sia da momenti di svago che di difficoltà. Ci siamo dovuti confrontare con condizioni logistiche, climatiche e ambientali del tutto particolari e lontane dalle comodità a cui siamo abituati quotidianamente. Giornate di caldo torrido sono state seguite da fresche sere in cui la luna timida dietro leggeri banchi di nuvole ha fatto da padrona a un cielo ricco di stelle.
Durante i lunghi spostamenti per attraversare le incantevoli dune e i cerri del deserto, abbiamo potuto ammirare l'intenso verde della sporadica vegetazione che di tanto in tanto appariva in lontananza lungo il letto del Rio Ica. I continui “insabbiamenti” dei nostri pick-up ci riportavano con i piedi sulla calda sabbia del deserto. Ciò non bastava ad abbattere il nostro morale e rinunciare, al fresco delle ultime ore di luce, a qualche partita di calcio con i nostri professori, ricercatori e amici peruviani.
Impossibile dimenticare il nostro arrivo sul campo: la prima notte nel deserto sembrava non voler finire mai, dopo un viaggio a dir poco interminabile che ci aveva portati dal freddo dell’inverno italiano al caldo torrido dell’estate sudamericana. Ci siamo inoltrati nella notte su piste di sabbia che si perdevano tra le luci dei fari per poi riapparire tra le dune. Su quelle piste alcune delle nostre auto si sono insabbiate a pochi metri dall’arrivo. C’è chi ha scavato, chi ha spinto, chi da lontano ha cercato di coordinare le operazioni e chi nel mentre è riuscito persino a trovare un fossile nascosto in un nodulo dolomitico.
Erano le 3 del mattino ora locale e le 48 ore di viaggio, accompagnate da qualche riposino qua e là, avevano iniziato a farsi sentire. A quel punto abbiamo deciso di montare il nostro accampamento “provvisorio” per spostarci l'indomani mattina in un’altra zona non molto distante e stabilirci per quei, purtroppo, pochi giorni tra tende, scatolette di tonno e lavoro sotto il sole cocente.
Il nostro risveglio è stato accompagnato dal chiarore del mattino e da una temperatura che saliva troppo velocemente, ma fuori dalle nostre tende ci aspettava il deserto. Prima del viaggio avevamo visto tante foto e sentito tante parole, ma in quel momento, finalmente, eravamo lì: il deserto era di fronte a noi, un paesaggio immenso e maestoso che stava per regalarci un'avventura che mai dimenticheremo.