Initial Geophysical Surveys Completed at the Pre-Pottery Site of Ba'ja in Jordan
The first excavation and survey campaign at the site of Ba'ja has recently been completed as part of the special educational project GeoLithics, led by Niccolò Mazzucco and Adriano Ribolini from the University of Pisa. The project was designed to involve students from the University of Pisa in the study of this significant pre-pottery site.
Ba’ja is a Late Pre-Pottery Neolithic B (LPPNB) settlement dating back to the late 7th millennium BC (approximately 9,000 years ago). It occupies a naturally fortified position north of Petra, in southern Jordan. Nestled among the mountains, the site is accessible only via a narrow gorge, leading to a plateau hidden between towering rock walls.
The Neolithic settlement is characterised by multi-level stone houses and terracing, arranged on steep slopes. These structures, entirely built from stone, were likely at least two storeys high and constructed in close proximity to one another.
The investigation of the site is part of the Ba’ja Neolithic Joint Project (BJNP), an international research and excavation initiative co-directed by Niccolò Mazzucco (Department of Civilisations and Forms of Knowledge, University of Pisa, Italy), Hala Alarashi (UMR 7264, CEPAM, CNRS, France), and Bellal Abuhelaleh (Al-Hussein Bin Talal University, Jordan), in collaboration with the Jordanian Department of Antiquities. The ongoing BJNP aims to deepen our understanding of pre-pottery communities and their decline, offering new insights into the development of early proto-urban societies.
The GeoLithics project focused on documenting buried structures and mapping their layout using Ground-Penetrating Radar (GPR), a non-invasive geophysical survey method. The results, which have been highly promising, confirm the presence of a dense urban network, with numerous multi-level rectangular buildings. These findings will be crucial in planning future excavation campaigns and directing research towards the most significant areas of this extensive village. In particular, the surveys may help verify the existence of a central area—potentially a collective space or meeting place—situated at the heart of the settlement.
Concluse le prime indagini geofisiche sul sito preceramico di Ba'ja in Giordania
Si è recentemente conclusa la prima campagna di scavo e ricognizione presso il sito di Ba'ja, all'interno del progetto speciale della didattica GeoLithics, guidato da Niccolò Mazzucco ed Adriano Ribolini dell'Università di Pisa. Il progetto aveva lo scopo di coinvolgere studentesse e studenti dell'Università di Pisa nello studio di questo importante sito preceramico.
Ba’ja è un insediamento del Neolitico Preceramico Tardo (LPPNB, tardo VII millennio a.C., circa 9.000 anni fa), situato in una posizione naturalmente fortificata a nord di Petra, nel sud della Giordania. Il sito si trova tra le montagne ed è accessibile solo attraverso una stretta gola, che conduce a un pianoro nascosto tra alte pareti di roccia. L’insediamento neolitico è caratterizzato da case in pietra costruite su più livelli e terrazzamenti, disposte su ripidi pendii. Queste strutture, interamente realizzate in pietra, dovevano essere di almeno due piani, le une addossate alle altre.
L'indagine del sito si svolge all'interno del "Ba’ja Neolithic Joint Project (BJNP)", un progetto di ricerca e scavo internazionale, codiretto da Niccolò Mazzucco (Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere, Università di Pisa, Italia), Hala Alarashi (UMR 7264, CEPAM, CNRS, Francia) e Bellal Abuhelaleh (Al-Hussein Bin Talal University, Giordania), in collaborazione con il Dipartimento delle Antichità della Giordania. Il BJNP, attualmente in corso, mira ad approfondire la studio delle comunità preceramiche e del loro declino, fornendo nuove prospettive sull’evoluzione delle prime società proto-urbane.
L'obiettivo del progetto GeoLithics è stato quello di documentare le strutture ancora sepolte e il loro possibile andamento grazie all'uso del metodo di geofisica superficiale Ground-Penetrating Radar (Georadar). I risultati ottenuti, molto promettenti, confermano la presenza di una densa trama urbana, con numerosi edifici a pianta rettangolare disposti su più livelli. Queste analisi saranno fondamentali per organizzare le prossime missioni di scavo e orientare la ricerca verso le aree più interessanti di questo vasto villaggio. In particolare, le indagini condotte potranno verificare l'esistenza di una zona centrale, forse destinata a uno spazio collettivo o a funzioni di riunione, situata nel cuore del villaggio.
Bando "Archivio Disarmo - Toni De Marchi" per una tesi di Laurea Magistrale
L’Istituto di Ricerche Internazionali ARCHIVIO DISARMO, in collaborazione con la famiglia De Marchi, indìce un concorso per il conferimento di un premio per una tesi di laurea magistrale intitolato a Antonio “Toni” De Marchi.
L’area tematica oggetto del premio è la seguente “i conflitti contemporanei con particolare riferimento al ruolo dell’informazione”.
Il termine ultimo per la presentazione delle domande è il 30 giugno 2025.
Dettagli al link: https://www.archiviodisarmo.it/premio-per-tesi-di-laurea-magistrale-archivio-disarmo-toni-de-marchi-ii-edizione-2025.html
Per ulteriori informazioni contattare l'indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Ateneo chiuso per allerta meteo venerdì 14 e sabato 15 marzo
A causa dell'allerta meteo arancione diramata dalla Protezione Civile, l'Università di Pisa dispone per le giornate di venerdì 14 e sabato 15 marzo la sospensione delle attività didattiche e la chiusura di tutti gli uffici e delle strutture dell'Ateneo (Uffici Amministrativi, Poli didattici, Dipartimenti, Biblioteche, Musei, ecc.).
Anche la cerimonia di conferimento dell'Ordine del Cherubino, prevista per le ore 11 nel Palazzo della Sapienza, è rimandata a data da destinarsi.
The University of Pisa meets the "Unità Migranti in Italia" Association
To enhance support for the international student community and improve reception services, the University of Pisa has initiated a dialogue with the Unità Migranti in Italia APS Association. Professor Enza Pellecchia, Vice-Rector for University Community Cohesion and the Right to Education, Professor Giovanni Paoletti, Vice-Rector for Teaching, and Professor Giovanni Federico Gronchi, Vice-Rector for Cooperation and International Relations, met with several representatives of the association, including President Dieng Ibrahima, Vice President Destemona Nasi, Secretary Ihor Chernai, and Listening Desk Coordinator Said Talbi.
The association, committed to providing support to immigrants in Italy, plays a crucial role in assisting international students at the University of Pisa through Italian language courses, basic computer literacy training, and an orientation service. With the significant increase in the number of foreign students enrolled at the University of Pisa, the need has emerged to improve infrastructure and available resources to ensure proper reception. The number of newly enrolled students with foreign qualifications has risen from approximately 850 in the academic year 2023/24 to around 1,730 in the academic year 2024/25.
During the meeting, discussions highlighted the importance of initiating Italian language learning pathways even before students arrive in Italy, through initiatives in which the University of Pisa could also collaborate. The association is already in contact with staff from the International Relations Office, which handles the enrollment of students with foreign qualifications. Furthermore, to provide greater structure and continuity to the collaboration between the University and the Unità Migranti in Italia APS Association, the idea of drafting a formal agreement was proposed. This agreement would help strengthen synergies with a focus on inclusion and support for international students.
L’Università di Pisa incontra l’Associazione Unità Migranti in Italia
Per potenziare il sostegno alla comunità studentesca internazionale e migliorare i servizi di accoglienza, l’Università di Pisa ha avviato un dialogo con l’Associazione Unità Migranti in Italia APS. La professoressa Enza Pellecchia, prorettrice per la Coesione della comunità universitaria e per il diritto allo studio, il professor Giovanni Paoletti, prorettore per la Didattica, e il professor Giovanni Federico Gronchi, prorettore per la Cooperazione e le relazioni internazionali, hanno incontrato alcuni rappresentanti dell’associazione, tra cui il presidente Dieng Ibrahima, la vicepresidente Destemona Nasi, il segretario Ihor Chernai e il coordinatore dello sportello di ascolto Said Talbi.
L’associazione, impegnata nel fornire supporto agli immigrati in Italia, svolge un ruolo fondamentale nell’accompagnare gli studenti internazionali dell’Ateneo pisano attraverso corsi di lingua italiana, informatica di base e un servizio di orientamento. Con l’aumento significativo di studenti stranieri iscritti all’Università di Pisa, è emersa la necessità di migliorare le infrastrutture e le risorse disponibili per garantire un’accoglienza adeguata. Il numero di immatricolati con titolo estero è infatti passato da circa 850 nell’a.a. 2023/24 a circa 1.730 nell'a.a. 2024/25, con un sostanziale raddoppio delle presenze.
Durante l’incontro, si è discusso dell’importanza di avviare percorsi di apprendimento della lingua italiana già prima dell’arrivo degli studenti e delle studentesse in Italia, attraverso iniziative a cui potrebbe collaborare anche l’Università di Pisa. L'associazione è già in contatto con il personale dell’Ufficio relazioni internazionali, che si occupa dell'immatricolazione di studenti con titolo estero. Inoltre, per dare maggiore struttura e continuità alla cooperazione tra l’Ateneo e l’Associazione Unità Migranti in Italia APS, è stata avanzata l’idea di redigere una convenzione formale, utile a rafforzare le sinergie in un’ottica di inclusione e supporto agli studenti internazionali.
Il mistero della connessione cuore-cervello
Uno studio tutto pisano fornisce per la prima volta una descrizione d’insieme dei componenti fondamentali del misterioso asse “cuore-cervello”, ovvero l’insieme delle connessioni anatomiche e funzionali tra il sistema cardiovascolare e il sistema nervoso centrale. L’articolo è a firma di un team di bioingegneri del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Gaetano Valenza, Zoran Matić e Vincenzo Catrambone, ed è stato pubblicato su Nature Reviews Cardiology, la rivista internazionale più importante nel settore della cardiologia.
“Che cuore e cervello siano strettamente connessi – spiega Gaetano Valenza, docente di bioingegneria all’Università di Pisa – è un’ipotesi che, a partire dai primi anni duemila, si è fatta sempre più strada, e che si basa sull’osservazione che malattie cardiologiche e neurologiche sono spesso associate. Per esempio, i soggetti con patologie neurologiche sono maggiormente a rischio di malattie cardiovascolari mentre, viceversa, pazienti che hanno subito un infarto hanno un rischio di depressione aumentato di oltre il 50%. Queste osservazioni hanno portato la convergenza di molti sforzi da parte di cardiologi, neurologi, neuroscienziati e ingegneri biomedici per comprendere il funzionamento di quello che è considerato un vero e proprio “organo virtuale”, chiamato “asse cuore-cervello”.
Nella foto, da sinistra: Gaetano Valenza e Vincenzo Catambrone.
I meccanismi e i componenti fisiologici di questo asse erano sconosciuti nel dettaglio, perché ogni campo del sapere ha operato separatamente, dando le proprie caratterizzazioni specifiche, che però non arrivano a una descrizione completa. In questo articolo, e per la prima volta, i ricercatori hanno messo insieme tutta la conoscenza prodotta fino ad ora sull’argomento e messo in luce che è possibile caratterizzare le tre componenti fondamentali dell’asse cuore-cervello: la parte di tessuto neurale, collegata a regioni specifiche del cervello, che rende possibile l’interazione tra sistema nervoso autonomo e sistema nervoso centrale; la parte meccanica, cioè le pulsazioni nelle arterie cerebrali indotte dal battito cardiaco, che abbiamo constatato essere una parte essenziale nella trasmissione dell’informazione lungo l’asse; e la parte biochimica, che comprende ormoni ed altre biomolecole avvertite sia da cuore che da cervello. “Questo approccio integrato ci ha consentito di introdurre un fondamentale cambio di paradigma nello studio della relazione cuore-cervello, basato anche sullo studio di come le tre componenti identificate interagiscono tra di loro”, aggiunge Valenza.
Lo studio del team pisano si fonda su lavori recentissimi ed estremamente avanzati sui singoli componenti dell’asse cuore-cervello, e pone le basi per un concreto avanzamento nella conoscenza. Questo approccio infatti ha mostrato che l’influenza tra sistema cardiovascolare e sistema nervoso centrale ha una direzione preferenziale in base allo stato psico-fisico/emozionale dell’individuo.
“In studi molto recenti – conclude Valenza – è stato dimostrato che in realtà è il cuore a modulare principalmente l’attività cerebrale, ed è quindi il cuore, prima del cervello, ad essere responsabile della percezione di emozioni, cognizione e coscienza. Qualche anno fa avevamo dimostrato questa teoria con un modello matematico. Oggi possiamo studiare questa connessione addirittura a livello molecolare, cioè guardando come i neuroni cardiaci controllano le emozioni insieme al metabolismo di ogni individuo. Si tratta di un campo di ricerca assolutamente pionieristico, e che in pochissimi mesi sta facendo decisivi passi avanti, verso lo sviluppo di conoscenza e tecnologie centrate sulla comprensione di aspetti fondamentali dell’essere umano”. (Nella foto a destra il ricercatore Zoran Matić).
Un team di ricerca internazionale ha ricostruito le dimensioni e la forma del corpo del Megalodon
Grazie a un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Palaeontologia Electronica” emergono nuovi indizi sulle dimensioni, la forma del corpo, la biologia e lo stile di vita del Megalodon, il leggendario squalo gigante che dominava gli oceani tra 15 e 3,6 milioni di anni fa. La ricerca, coordinata dal professor Kenshu Shimada della DePaul University di Chicago, ha coinvolto esperti di nove paesi e quattro continenti, tra cui l’Università di Pisa – unica istituzione italiana a partecipare a tale studio.
Gli scienziati hanno analizzato un fossile straordinario: una colonna vertebrale parziale costituita da 141 vertebre, lunga circa 11 metri, rinvenuta in Belgio oltre un secolo fa. Lo studio delle proporzioni corporee in squali viventi ed estinti ha permesso di stimare che l’esemplare belga fosse lungo oltre 16 metri, mentre gli individui più grandi della specie avrebbero potuto superare i 24 metri, con una massa corporea massima di circa 94 tonnellate.
Ricostruzione schematica e ipotetica della forma del corpo di un Megalodon di 24,3 metri di lunghezza. Nonostante la silhouette di un nuotatore sia rappresentata accanto al disegno schematico dello squalo per dare un'idea della taglia di quest'ultimo, va enfatizzato il fatto che il Megalodon è una specie estinta che non è coesistita con l'uomo.
Ma la scoperta più sorprendente riguarda la forma del corpo del Megalodon: contrariamente alle precedenti ricostruzioni che lo immaginavano come una sorta di squalo bianco “ingigantito”, il team ha ipotizzato una somiglianza maggiore con lo squalo limone (Negaprion brevirostris), caratterizzato da un corpo più slanciato. Proprio una forma allungata avrebbe reso il Megalodon un nuotatore tutto sommato efficiente nonostante l'enorme taglia. I ricercatori hanno anche osservato come i più grandi squali moderni, come lo squalo balena (Rhincodon typus) e lo squalo elefante (Cetorhinus maximus), presentino un corpo relativamente snello, il che li rende nuotatori efficienti a dispetto delle ingenti dimensioni.
Alberto Collareta (a sinistra) durante uno scavo.
“Noto con il nome scientifico di Otodus megalodon (o Carcharocles megalodon), questo celeberrimo protagonista degli oceani del passato è noto soprattutto per i suoi grandi denti, triangolari e seghettati, mentre i resti scheletrici sono estremamente rari e frammentari – spiega il professor Alberto Collareta, paleontologo presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa – Proprio la mancanza di scheletri completi riferiti al Megalodon ha spesso indotto gli studiosi a ricostruire l’aspetto di questo antico gigante dei mari come simile a quello dell’attuale squalo bianco (Carcharodon carcharias). Questa nuova ricerca rappresenta un passo fondamentale nella comprensione della biologia di uno dei più grandi predatori della storia del nostro pianeta, sfidando le tradizionali ricostruzioni ed offrendo un'immagine ancora più affascinante del Megalodon”.
Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca riguarda la riproduzione del Megalodon. Gli studiosi hanno stimato che già alla nascita i piccoli di questa specie fossero lunghi più di 3 metri e mezzo. Questo suggerisce una strategia riproduttiva ovovivipara, in cui gli embrioni più sviluppati si nutrivano dei fratelli non ancora nati, un fenomeno noto come cannibalismo intrauterino. (A destra, foto di un dente fossile di Megalodon dal Miocene del Perù).
Lo studio ipotizza inoltre che la progressiva scomparsa del Megalodon sia stata almeno in parte legata alla competizione con il moderno squalo bianco, comparso circa 5 milioni di anni fa. I due formidabili predatori, pur caratterizzati da differenti forme corporee, potrebbero aver avuto preferenze alimentari simili: insieme ad altri fattori ambientali, la competizione con lo squalo bianco per le medesime risorse avrebbe decretato l'estinzione del Megalodon.
L’articolo “Reassessment of the possible size, form, weight, cruising speed, and growth parameters of the extinct megatooth shark, Otodus megalodon (Lamniformes: Otodontidae), and new evolutionary insights into its gigantism, life history strategies, ecology, and extinction” è liberamente accessibile online al seguente indirizzo internet: https://doi.org/10.26879/1502.
I suoi autori sono: Kenshu Shimada, Ryosuke Motani, Jake J. Wood, Phillip C. Sternes, Taketeru Tomita, Mohamad Bazzi, Alberto Collareta, Joel H. Gayford, Julia Türtscher, Patrick L. Jambura, Jürgen Kriwet, Romain Vullo, Douglas J. Long, Adam P. Summers, John G. Maisey, Charlie Underwood, David J. Ward, Harry M. Maisch IV, Victor J. Perez, Iris Feichtinger, Gavin J.P. Naylor, Joshua K. Moyer, Timothy E. Higham, João Paulo C.B. da Silva, Hugo Bornatowski, Gerardo González-Barba, Michael L. Griffiths, Martin A. Becker e Mikael Siversson.
Le ricerche dell'Università di Pisa nell'ambito della Paleontologia dei Vertebrati sono supportate da un finanziamento ministeriale (PRIN 2022 “BioVertICeS”).
Alessandro Tredicucci
Nato a Chiavari nel 1968, il professore Alessandro Tredicucci ha conseguito la laurea in Fisica presso l’Università di Pisa nel 1992, in qualità di allievo della Scuola Normale Superiore, e nel 1997 il Diploma di Perfezionamento. Dopo tre anni di attività di ricerca presso i Bell Laboratories di Murray Hill, negli Stati Uniti, è rientrato in Italia per assumere il ruolo di ricercatore presso la Scuola Normale Superiore.
Ha proseguito la sua carriera come primo ricercatore presso l’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia e, dal 2009, come dirigente di ricerca presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Dal 2014 è professore ordinario di Fisica sperimentale della Materia presso l’Università di Pisa. Il professore Tredicucci ha ricoperto importanti incarichi di coordinamento della ricerca per l’Ateneo, tra cui, dal 2019, la direzione del Centro interdipartimentale di Scienza e Ingegneria dei Materiali e, dal 2016 al 2020, la presidenza della commissione scientifica d’Area delle Scienze fisiche. Dal novembre 2022 è prorettore per l’Organizzazione e la Valutazione della Ricerca.
Le sue ricerche sui materiali e dispositivi nanostrutturati, capaci di rilevare, modulare o generare radiazione elettromagnetica, e sui meccanismi fondamentali che ne regolano il funzionamento, hanno avuto un impatto molto significativo nel campo dei laser a cascata quantica, contribuendo, nel 2002, alla realizzazione del primo laser operante a frequenze nel TeraHertz. Questo risultato, presentato sulla prestigiosa rivista Nature, gli ha val- so importanti riconoscimenti scientifici, tra cui il Premio Nick Holonyak Jr. dell’Optical Society of America – di cui è Fellow dal 2014 – e il Premio Giuseppe Occhialini dell’Institute of Physics e della Società Italiana di Fisica. Attualmente, le sue ricerche riguardano lo sviluppo di dispositivi optomeccanici, la plasmonica di materiali bidimensionali, l’interazione radiazione-materia alla nanoscala e le applicazioni della radiazione TeraHertz nella diagnostica.
La vivacità ed importanza della sua attività di ricerca è testimoniata dalle oltre 300 pubblicazioni, che contano più di ventimila citazioni, da 16 brevetti e dai più di 100 presentazioni su invito a conferenze internazionali. Il professore Tredicucci è stato responsabile di numerosi progetti di ricerca nazionali e internazionali, tra cui un Advanced Grant del Consiglio Europeo della Ricerca. Il suo riconosciuto valore scientifico gli ha permesso di svolgere il ruolo di chair in molte conferenze internazionali di settore, di assumere l’incarico di Associate Editor della rivista Applied Physics Letters e di contribuire attivamente al Consiglio Direttivo dello European Laboratory for Non-Linear Spectroscopy - LENS - di Firenze, nonché al comitato scientifico del centro CENTERA della Fondazione per le Scienze Polacca.
Per queste motivazioni il Senato accademico ha conferito l’Ordine del Cherubino al professore Alessandro Tredicucci.
Maria Vittoria Salvetti
Nata a Lerici nel 1964, la professoressa Maria Vittoria Salvetti si è laurea- ta con lode in Ingegneria aeronautica nel 1989 presso l’Università di Pisa, diventando la prima donna a conseguire questo titolo presso l’Ateneo pisano. Nel 1993 ha ottenuto il dottorato di ricerca presso l’Università di Nice Sophia-Antipolis, con una tesi sulla simulazione numerica di flussi ipersonici attorno a una navetta spaziale in fase di rientro atmosferico.
Dal 1993 fa parte del personale di ruolo dell’Università di Pisa: inizialmente come ricercatrice, poi dal 2001 come professoressa associata, e infine dal 2012 come ordinaria di Fluidodinamica. Ha inoltre arricchito la propria esperienza accademica come visiting researcher presso la University of California, Santa Barbara (1994) e la Stanford University (1995).
Ha svolto attività di ricerca e insegnamento nei corsi di laurea e laurea magistrale in Ingegneria aerospaziale e biomedica, oltre a corsi presso la Scuola Normale Superiore di Pisa e l’Università di Bordeaux.
La sua attività di ricerca, documentata in oltre 200 pubblicazioni su riviste internazionali, atti di congressi e libri, si concentra sullo studio e la model- lizzazione di flussi complessi in ambito aerospaziale ed oltre. Le sue applicazioni spaziano dallo studio di flussi intorno a corpi tozzi, alla microfluidica, all’emodinamica, fino alle turbine eoliche e ai flussi multifase e reattivi. L’attività di ricerca si è inizialmente focalizzata sulla simulazione numerica, con contributi significativi allo sviluppo di metodi numerici avanzati e alla modellizzazione, oltre che alla comprensione fisica dei flussi. Più recentemente, la professoressa Salvetti si è interessata al problema della validazione dei risultati numerici e sperimentali, partecipando all’organizzazione di casi studio e utilizzando tecniche stocastiche per la quantificazione delle incertezze e della sensibilità ai vari parametri. Infine, l’attività della professoressa Salvetti si basa sempre di più sull’utilizzo sinergico della simulazione numerica e dell’analisi sperimentale per la comprensione della dinamica dei flussi e per la loro ottimizzazione per le applicazioni di interesse.
La professoressa Salvetti ha coordinato e partecipato a numerosi progetti di ricerca nazionali e internazionali. Attualmente, è co-coordinatrice del- lo SPOKE 1 del progetto “Space It Up”, finanziato con 80 milioni di euro dall’Agenzia Spaziale Italiana e dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del PNRR.
Maria Vittoria Salvetti ha ricoperto e ricopre numerosi incarichi istituzionali e organizzativi di rilievo per la comunità scientifica nazionale e internazio- nale. In particolare, dal 2019 al 2023 ha fatto parte del comitato tecnico scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana. Attualmente, coordina il comita- to scientifico dell’European Research Community On Flow, Turbulence and Combustion (ERCOFTAC) ed è membro del Consiglio dell’European Mechanics Society (EUROMECH). Inoltre, è Editor-in-Chief della rivista internazionale “Flow, Turbulence and Combustion” e Associate Editor di “Computers and Fluids”, oltre a far parte del comitato editoriale di diverse altre riviste inter- nazionali. Ha contribuito all’organizzazione di numerose conferenze scientifiche nazionali e internazionali, incluse alcune presso l’Università di Pisa. All’attività di didattica e di ricerca Maria Vittoria Salvetti ha cercato di affiancare negli anni, con dedizione e spirito di servizio, numerosi impegni istituzionali. Dal 2007 al 2011 è stata presidente del corso di dottorato in Inge- gneria aerospaziale, dal 2014 al 2017, presidente dei corsi di laurea triennale e magistrale in Ingegneria aerospaziale e, dal 2017 al 2020, vicepresidente della Scuola di Ingegneria. Dal 2020 al 2024 ha diretto il Dipartimento di Ingegneria civile e industriale.
Per queste motivazioni il Senato accademico ha conferito l’Ordine del Cherubino alla professoressa Maria Vittoria Salvetti.