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The European Commission’s website (Energy, Climate Change, Environment section) has recently highlighted a new italian approach to managing the invasion of alien plants. The research, published in the journal Ecological Indicators, was conducted by an interdisciplinary group of experts from various academic institutions and research centers in Italy. Professor Iduna Arduini (photo) of the University of Pisa contributed primarily by collecting and analyzing data on invasive plant species.

Using Italy as a case study, scientists examined the current and future spread of 34 invasive plant species, integrating predictive climate models with real distribution data. Based on the results, the plants were classified into three management categories:

  • Eradication: for species with a high risk of invasion but still in the early stages.
  • Control and containment: for species that are already widespread but still manageable.
  • Monitoring: for species that are already widely distributed or whose impacts remain uncertain.

Thanks to this methodology, a more effective approach to combating invasive plants can be adopted, preventing environmental damage and optimizing resource use.

"Fortunately, not all alien species become invasive," explains Professor Arduini. "For example, of the 1,597 alien plant species recorded in Italy, only about 14% have exhibited invasive behavior. It is therefore crucial to identify those that require eradication, control, or simple monitoring. Eradication efforts are recommended for potentially invasive species that are not yet widely spread. Among these are Nelumbo nucifera (lotus flower) and Phyllostachys aurea (golden bamboo), both ornamental species whose release into the environment must be strictly avoided, whether in the form of seeds or fragments.”

(Translated by ChatGPT 4o)

Arduini.jpegE’ tutto italiano il nuovo approccio per gestire l’invasione delle piante aliene recentemente segnalato anche sul sito web della Commissione Europea (section Energy, Climate change, Environment).

La ricerca pubblicata sulla rivista Ecological Indicators è stata condotta da un gruppo interdisciplinare di esperti provenienti da diverse istituzioni accademiche e centri di ricerca italiani. Per l’Università di Pisa ha partecipato la professoressa Iduna Arduini (foto), botanica del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali che ha contribuito principalmente attraverso la raccolta e l’analisi dei dati sulle specie vegetali invasive.

Usando l'Italia come caso di studio, scienziati e scienziate hanno esaminato la diffusione attuale e futura di 34 piante invasive, integrando modelli predittivi climatici con dati reali di distribuzione. Sulla base dei risultati ottenuti, le piante sono state assegnate a tre categorie di gestione: eradicazione (per specie con alto rischio di invasione, ma ancora in fase iniziale), controllo e contenimento (per specie già diffuse, ma ancora gestibili) e monitoraggio, per specie già ampiamente diffuse o con impatti incerti. Grazie a questa metodologia sarà quindi possibile un approccio più efficace nella lotta alle piante invasive, prevenendo danni ambientali e ottimizzando l’uso delle risorse.

“Fortunatamente, non tutte le specie aliene diventano invasive – spiega Arduini - Ad esempio, delle 1597 specie vegetali aliene censite in Italia, soltanto il 14% circa ha manifestato un comportamento invasivo. Diventa perciò di cruciale importanza individuare quelle su cui indirizzare le azioni di eradicazione, controllo o semplice monitoraggio. Gli interventi di eradicazione sono raccomandati per le specie potenzialmente invasive ma non ancora ampiamente diffuse. Tra queste compaiono Nelumbo nucifera (fior di loto) e Phyllostachys aurea (bambù dorato) entrambe specie ornamentali il cui rilascio nell’ambiente deve essere assolutamente evitato sia sotto forma di semi che frammenti”

 

La professoressa Iduna Arduini dell'Università di Pisa nel team che ha sviluppato la nuova metodologia

E’ tutto italiano il nuovo approccio per gestire l’invasione delle piante aliene recentemente segnalato anche sul sito web della Commissione Europea (section Energy, Climate change, Environment).

La ricerca pubblicata sulla rivista Ecological Indicators è stata condotta da un gruppo interdisciplinare di esperti provenienti da diverse istituzioni accademiche e centri di ricerca italiani. Per l’Università di Pisa ha partecipato la professoressa Iduna Arduini, botanica del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali che ha contribuito principalmente attraverso la raccolta e l’analisi dei dati sulle specie vegetali invasive.

Usando l'Italia come caso di studio, scienziati e scienziate hanno esaminato la diffusione attuale e futura di 34 piante invasive, integrando modelli predittivi climatici con dati reali di distribuzione. Sulla base dei risultati ottenuti, le piante sono state assegnate a tre categorie di gestione: eradicazione (per specie con alto rischio di invasione, ma ancora in fase iniziale), controllo e contenimento (per specie già diffuse, ma ancora gestibili) e monitoraggio, per specie già ampiamente diffuse o con impatti incerti. Grazie a questa metodologia sarà quindi possibile un approccio più efficace nella lotta alle piante invasive, prevenendo danni ambientali e ottimizzando l’uso delle risorse.

“Fortunatamente, non tutte le specie aliene diventano invasive – spiega Arduini - Ad esempio, delle 1597 specie vegetali aliene censite in Italia, soltanto il 14% circa ha manifestato un comportamento invasivo. Diventa perciò di cruciale importanza individuare quelle su cui indirizzare le azioni di eradicazione, controllo o semplice monitoraggio. Gli interventi di eradicazione sono raccomandati per le specie potenzialmente invasive ma non ancora ampiamente diffuse. Tra queste compaiono Nelumbo nucifera (fior di loto) e Phyllostachys aurea (bambù dorato) entrambe specie ornamentali il cui rilascio nell’ambiente deve essere assolutamente evitato sia sotto forma di semi che frammenti”

Con l’acquisto di due nuove auto attrezzate, l’Università di Pisa potenzia ulteriormente il servizio di trasporto per studenti e studentesse con disabilità, portando così il parco macchine a un numero complessivo di sei. Questa iniziativa fa parte del continuo impegno dell'Ateneo verso l'inclusione e la pari opportunità per tutti gli studenti e per tutte le studentesse.

La cerimonia di consegna delle nuove vetture ha visto la partecipazione della professoressa Enza Pellecchia, prorettrice per la coesione della comunità universitaria e il diritto allo studio, del professor Luca Fanucci, delegato del rettore per l’inclusione degli studenti e del personale con disabilità e DSA, del dott. Michele Padrone, dirigente della Direzione didattica, studenti e internazionalizzazione, e dello staff dell’USID (Unità Servizi per l’Inclusione di studenti con disabilità).

“Può sembrare strano, forse anche eccessivo, organizzare una piccola cerimonia di consegna di due auto – dichiara la professoressa Enza Pellecchia – Nessuna stravaganza, piuttosto l'intenzione di sottolineare quanto la dignità delle studentesse e degli studenti con bisogni educativi speciali passi anche da mezzi di trasporto attrezzati per loro, dedicati a loro, nuovi, sicuri, confortevoli. Nello spirito del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione ci siamo fatti carico di contribuire a rimuovere – garantendo il servizio di trasporto – gli ostacoli che possano impedire ad alcuni membri della nostra comunità studentesca il pieno godimento dell’esperienza universitaria. E abbiamo voluto sottolinearlo, per dare evidenza a come vengono investite risorse nel welfare studentesco e anche per ringraziare quanti hanno lavorato dietro le quinte per conseguire questo risultato".

“Un servizio indispensabile che distingue il nostro Ateneo all’interno del panorama nazionale – commenta il professor Luca Fanucci, delegato del rettore per l’inclusione degli studenti e del personale con disabilità e DSA – Un sentito ringraziamento va anche agli autisti che con grande professionalità e disponibilità riescono ad andare incontro alle esigenze di mobilità dei nostri studenti e delle nostre studentesse con disabilità”.

L'Università di Pisa garantisce a tutti gli studenti e le studentesse con disabilità l'accesso a un servizio di trasporto adeguato durante i due semestri dell’anno accademico. Questo servizio include trasporti settimanali verso le strutture universitarie e viene gestito quotidianamente dall’USID che organizza le varie richieste che, talvolta multiple, prevedono più viaggi di andata e ritorno.

Ogni settimana, tra i 12 e i 23 studenti e studentesse al massimo usufruiscono del servizio di accompagnamento. Oltre al trasporto con le auto attrezzate, è possibile beneficiare di un’ulteriore opzione, ovvero i buoni taxi, grazie a una convenzione con la Co.Ta.Pi. Questa possibilità consente di svolgere spostamenti che richiedono una maggiore autonomia e flessibilità.

Il servizio, che ha l’obiettivo di garantire pari opportunità di accesso e partecipazione alla vita universitaria, rappresenta un'importante risorsa per gli studenti e le studentesse con disabilità, supportando il loro percorso accademico e favorendo un ambiente inclusivo.

In uno studio appena pubblicato sulla rivista Current Biology, i ricercatori delle Università di Pisa, di Sydney, di Firenze e del Salento hanno dimostrato che l’apprendimento statistico – cioè quello in cui acquisiamo informazioni in modo del tutto automatico e inconsapevole – si può rintracciare persino in una delle nostre reazioni più semplici e inconsapevoli: la costrizione o dilatazione della pupilla dei nostri occhi, evocata dalla vista di un’immagine.

“Questo studio dimostra che il nostro sistema visivo è sensibile alle regolarità statistiche del nostro ambiente anche quando non siamo in grado di percepirle in modo consapevole – commenta Paola Binda (nella foto a destra), professoressa dell’Università di Pisa e prima autrice del lavoro – Il diametro pupillare si conferma una ricca fonte di informazioni sul funzionamento dei nostri sistemi sensoriali e cognitivi: una vera e propria finestra sulla mente e sulle sue capacità di apprendimento”.

Lo studio parte dalla considerazione che tantissime delle informazioni su cui si basa il nostro comportamento sono apprese in modo spontaneo e inconsapevole, basti pensare all’acquisizione del linguaggio: siamo in grado di distinguere le parole nel suono prodotto da chi ci parla, nonostante questo sia continuo e non abbia evidenti pause che demarcano la fine di una parola e l’inizio della successiva: “Per imparare non ci servono istruzioni o indicazioni – continua Paola Binda – siamo capaci di farlo sin dalle prime settimane di vita, semplicemente ascoltando i suoni della nostra lingua. Probabilmente, questa forma di “apprendimento statistico” è importante per estrarre un senso da tutti i segnali sensoriali, non solo uditivi ma anche visivi, tattili etc.”.

Per il loro studio, i ricercatori hanno mostrato ai pazienti immagini che riportavano insiemi di barrette apparentemente casuali (un esempio è visibile a questo link). La loro successione temporale era molto rapida e regolata da una semplice struttura statistica: ogni immagine contenente 24 barrette era seguita da una con 6 barrette, 2 barrette erano seguite da 12 barrette e così via a creare delle coppie fisse di numerosità. Data la velocità con cui le immagini si susseguivano e la disposizione variabile degli elementi, questa struttura temporale non era percepibile. Cionondimeno, il diametro pupillare oscillava sistematicamente, rispondendo alla ripetizione delle coppie (mentre nessuna oscillazione si osservava in un esperimento di controllo in cui le medesime immagini erano presentate in ordine casuale).

“Grazie a questa metodologia innovativa è possibile seguire in modo indiretto e non invasivo l’evolversi di processi cerebrali complessi – conclude Binda – Nel lungo termine, questo tipo di ricerca potrebbe consegnarci nuovi strumenti per caratterizzare le differenze interindividuali dell’apprendimento e le sue disfunzioni”.

Con l’acquisto di due nuove auto attrezzate, l’Università di Pisa potenzia ulteriormente il servizio di trasporto per studenti e studentesse con disabilità, portando così il parco macchine a un numero complessivo di sei. Questa iniziativa fa parte del continuo impegno dell'Ateneo verso l'inclusione e la pari opportunità per tutti gli studenti e per tutte le studentesse.

La cerimonia di consegna delle nuove vetture ha visto la partecipazione della professoressa Enza Pellecchia, prorettrice per la coesione della comunità universitaria e il diritto allo studio, del professor Luca Fanucci, delegato del rettore per l’inclusione degli studenti e del personale con disabilità e DSA, del dott. Michele Padrone, dirigente della Direzione didattica, studenti e internazionalizzazione, e dello staff dell’USID (Unità Servizi per l’Inclusione di studenti con disabilità).

vetture usid

“Può sembrare strano, forse anche eccessivo, organizzare una piccola cerimonia di consegna di due auto – dichiara la professoressa Enza Pellecchia – Nessuna stravaganza, piuttosto l'intenzione di sottolineare quanto la dignità delle studentesse e degli studenti con bisogni educativi speciali passi anche da mezzi di trasporto attrezzati per loro, dedicati a loro, nuovi, sicuri, confortevoli. Nello spirito del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione ci siamo fatti carico di contribuire a rimuovere – garantendo il servizio di trasporto – gli ostacoli che possano impedire ad alcuni membri della nostra comunità studentesca il pieno godimento dell’esperienza universitaria. E abbiamo voluto sottolinearlo, per dare evidenza a come vengono investite risorse nel welfare studentesco e anche per ringraziare quanti hanno lavorato dietro le quinte per conseguire questo risultato".

“Un servizio indispensabile che distingue il nostro Ateneo all’interno del panorama nazionale – commenta il professor Luca Fanucci, delegato del rettore per l’inclusione degli studenti e del personale con disabilità e DSA – Un sentito ringraziamento va anche agli autisti che con grande professionalità e disponibilità riescono ad andare incontro alle esigenze di mobilità dei nostri studenti e delle nostre studentesse con disabilità”.

L'Università di Pisa garantisce a tutti gli studenti e le studentesse con disabilità l'accesso a un servizio di trasporto adeguato durante i due semestri dell’anno accademico. Questo servizio include trasporti settimanali verso le strutture universitarie e viene gestito quotidianamente dall’USID che organizza le varie richieste che, talvolta multiple, prevedono più viaggi di andata e ritorno.

Ogni settimana, tra i 12 e i 23 studenti e studentesse al massimo usufruiscono del servizio di accompagnamento. Oltre al trasporto con le auto attrezzate, è possibile beneficiare di un’ulteriore opzione, ovvero i buoni taxi, grazie a una convenzione con la Co.Ta.Pi. Questa possibilità consente di svolgere spostamenti che richiedono una maggiore autonomia e flessibilità.

Il servizio, che ha l’obiettivo di garantire pari opportunità di accesso e partecipazione alla vita universitaria, rappresenta un'importante risorsa per gli studenti e le studentesse con disabilità, supportando il loro percorso accademico e favorendo un ambiente inclusivo.

0000000000000000000000cover-vert.jpgNel suo libro "Né Oriente né Occidente. Vivere in un mondo nuovo" (il Mulino, 2025) la professoressa Renata Pepicelli dell’Università di Pisa esplora il concetto di "Occiriente", un'idea che sfida la tradizionale dicotomia tra Oriente e Occidente per descrivere un mondo interconnesso, dove le culture si mescolano e si contaminano reciprocamente. Il testo, un viaggio tra storia, politica, identità e trasformazioni globali, dimostra come le categorie tradizionali siano ormai obsolete e incapaci di cogliere la complessità del presente.

Il volume appena uscito sarà presentato per la prima volta domenica 9 marzo alle ore 17.00 al Cinema Lumiere a Pisa (Vicolo del Tidi, 6), insieme all’autrice saranno presenti Stefano Gallo e Dia Papa Demba.

“Dobbiamo ripensare le categorie attraverso cui leggiamo la realtà – sostiene Pepicelli - in un mondo globalizzato, le vecchie divisioni non hanno più senso e occorre adottare nuove lenti per comprendere le dinamiche sociali e culturali. L'Occiriente è già tra noi: si manifesta nelle città multiculturali, nei matrimoni misti, nelle cosiddette seconde generazioni che sfidano gli stereotipi, nelle lingue che si contaminano a vicenda. Il futuro non sarà né puramente occidentale né puramente orientale. L'Occiriente non è un'utopia, ma una realtà già esistente che dobbiamo imparare a vedere e a valorizzare”.

Pepicelli parte dalla costruzione storica della contrapposizione tra Oriente e Occidente, una divisione nata da esigenze politiche e coloniali piuttosto che da reali differenze culturali. La narrazione storica mostra come queste categorie siano state utilizzate per giustificare dominazioni e gerarchie, dai tempi delle Crociate fino al colonialismo europeo e alle guerre contemporanee.

Il concetto di "Occiriente" emerge come una necessità per descrivere le nuove realtà globali. L'autrice racconta storie di persone che incarnano questa identità fluida, come Rafsana e Raseda, due giovani italo-bangladesi che crescono in un mondo senza confini rigidi, vivendo tra Roma, Londra e il Bangladesh. La loro esperienza mostra come l'appartenenza nazionale sia ormai un concetto sfumato, in cui le radici culturali si intrecciano con esperienze transnazionali e identità multiple.

L’ultimo libro della professoressa Renata Pepicelli dell’Università di Pisa lancia l’idea di "Occiriente", un neologismo per descrivere il nostro presente, una realtà interconnessa dove le culture si mescolano e si contaminano reciprocamente. La prima presentazione in assoluto del volume domenica 9 marzo, alle ore 17.00 al Cinema Lumiere a Pisa (Vicolo del Tidi, 6)

Nel suo libro "Né Oriente né Occidente. Vivere in un mondo nuovo" (il Mulino, 2025) la professoressa Renata Pepicelli dell’Università di Pisa esplora il concetto di "Occiriente", un'idea che sfida la tradizionale dicotomia tra Oriente e Occidente per descrivere un mondo interconnesso, dove le culture si mescolano e si contaminano reciprocamente. Il testo, un viaggio tra storia, politica, identità e trasformazioni globali, dimostra come le categorie tradizionali siano ormai obsolete e incapaci di cogliere la complessità del presente.

Il volume appena uscito sarà presentato per la prima volta domenica 9 marzo alle ore 17.00 al Cinema Lumiere a Pisa (Vicolo del Tidi, 6), insieme all’autrice saranno presenti Stefano Gallo e Dia Papa Demba.

“Dobbiamo ripensare le categorie attraverso cui leggiamo la realtà – sostiene Pepicelli - in un mondo globalizzato, le vecchie divisioni non hanno più senso e occorre adottare nuove lenti per comprendere le dinamiche sociali e culturali. L'Occiriente è già tra noi: si manifesta nelle città multiculturali, nei matrimoni misti, nelle cosiddette seconde generazioni che sfidano gli stereotipi, nelle lingue che si contaminano a vicenda. Il futuro non sarà né puramente occidentale né puramente orientale. L'Occiriente non è un'utopia, ma una realtà già esistente che dobbiamo imparare a vedere e a valorizzare”.

Pepicelli parte dalla costruzione storica della contrapposizione tra Oriente e Occidente, una divisione nata da esigenze politiche e coloniali piuttosto che da reali differenze culturali. La narrazione storica mostra come queste categorie siano state utilizzate per giustificare dominazioni e gerarchie, dai tempi delle Crociate fino al colonialismo europeo e alle guerre contemporanee.

Il concetto di "Occiriente" emerge come una necessità per descrivere le nuove realtà globali. L'autrice racconta storie di persone che incarnano questa identità fluida, come Rafsana e Raseda, due giovani italo-bangladesi che crescono in un mondo senza confini rigidi, vivendo tra Roma, Londra e il Bangladesh. La loro esperienza mostra come l'appartenenza nazionale sia ormai un concetto sfumato, in cui le radici culturali si intrecciano con esperienze transnazionali e identità multiple.

coviello webUno studio basato sulla tesi di Chiara Coviello (nella foto a destra), laureata in Fisica all’Università di Pisa nel 2023 e adesso al King’s College di Londra per un dottorato di ricerca, è stato recentemente pubblicato dalla rivista AVS Quantum Science. Al centro dello studio – intitolato “Gravitational waves and Black Hole perturbations in acoustic analogues” – ci sono i buchi neri che, con il loro fascino oscuro, sono tra gli oggetti più affascinanti del cosmo e sono incredibilmente difficili da analizzare.

Per comprenderli meglio, il gruppo di ricerca interdisciplinare di cui fa parte Coviello ha esaminato i buchi neri acustici, un equivalente analogico che intrappola le onde sonore e può essere creato in un esperimento da tavolo. Tra gli autori e le autrici dello studio ci sono anche la professoressa Marilù Chiofalo dell’Università di Pisa, i professori Dario Grasso dell'INFN di Pisa, Stefano Liberati della SISSA di Trieste e Massimo Mannarelli dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, con la dottoressa Silvia Trabucco, dottoranda di ricerca al Gran Sasso Institute Science dopo essersi laureata in Fisica a Pisa.

Coviello e gli altri autori e autrici hanno indagato se i buchi neri acustici possano essere utilizzati per comprendere le interazioni tra le onde gravitazionali e i buchi neri astrofisici. In un'analisi teorica, hanno esplorato come generare perturbazioni simili a onde gravitazionali in un condensato di Bose-Einstein di atomi ultrafreddi, uno stato della materia in cui qualche centinaia di migliaia di atomi si comportano collettivamente come se fossero un unica grande molecola. Nei condensati di Bose-Einstein, le eccitazioni di più bassa energia sono perturbazioni della densità, descritte da particella quantistiche chiamate fononi.

buchi neriNello studio, i fononi si muovono come particelle senza massa in una geometria che può essere ingegnerizzata in modo da riprodurre caratteristiche di un buco nero per quanti di luce, o fotoni, cioè un buco nero astrofisico. Negli analoghi buchi neri acustici, infatti, sono i fononi a rimanere intrappolati e al tempo stesso costituire la cosiddetta radiazione di Hawking, predetta dal celebre astrofisico Stephen Hawking per i buchi neri astrofisici. Utilizzando quanto noto sulle onde gravitazionali, le autrici e gli autori hanno sviluppato un dizionario tra buchi neri astrofisici e buchi neri acustici, per comprendere meglio gli effetti di perturbazioni simili alle onde gravitazionali sull’orizzonte acustico di un buco nero da laboratorio. L'idea è usare esperimenti di fisica della materia in tavoli ottici di qualche metro quadro come simulatori quantistici altamente accurati e controllabili per studiare proprietà di oggetti di interesse astrofisico e cosmologico.

“Siamo entusiasti che questa fisica possa essere studiata in esperimenti attualmente realizzabili, ad esempio con atomi ultra-freddi, offrendo un nuovo modo per analizzare questi sistemi in un ambiente controllato”, ha dichiarato l’autrice Chiara Coviello.

I risultati potrebbero essere utilizzati per studiare gli effetti di dissipazione e riflessione delle perturbazioni simili alle onde gravitazionali nei buchi neri acustici. Gli autori e le autrici ritengono che ciò contribuirà a far luce sui comportamenti universali e sul ruolo delle fluttuazioni quantistiche nei buchi neri astrofisici.

Il team di ricerca, composto da una collaborazione tra diverse università e centri di ricerca, intende proseguire lo studio analizzando le proprietà di viscosità dell’orizzonte acustico in relazione alla sua entropia, note per avere comportamenti universali, cioè non dipendenti dallo specifico sistema fisico. I risultati potrebbero fornire nuove intuizioni sulla teoria fisica di base e sulle simmetrie dei buchi neri astrofisici.

Per la prima volta, l’Università di Pisa e l’Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano hanno sottoscritto un accordo che sancisce una collaborazione scientifico-culturale tra le due realtà.

L’intesa è stata firmata il 5 marzo al Palazzo alla Giornata dal Rettore Riccardo Zucchi e da Giorgio Cuneo, Presidente vicario dell'Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano in rappresentanza del Presidente Umberto Menicucci Ascani.
La convenzione mira alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale dell’Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano, con iniziative che spaziano dalla ricerca accademica alla pubblicazione di studi, fino all’organizzazione di eventi e convegni.

 

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A destra il Rettore Zucchi, a sinistra il Presidente vicario Cuneo



Un aspetto centrale sarà l’opportunità per studentesse e studenti dell’Università di Pisa di accedere a tirocini formativi presso l’Istituzione. Le attività previste potranno includere catalogazione, digitalizzazione e valorizzazione del patrimonio archivistico che sarà a disposizione anche per la stesura di tesi di laurea, contribuendo così alla sua diffusione e conoscenza. Per entrambe le istituzioni, la firma di questa convenzione segna un punto di partenza per future collaborazioni, con la possibilità di sviluppare progetti congiunti e di partecipare insieme a bandi di finanziamento su scala locale, nazionale ed europea.

“L'Istituzione dei Cavalieri di Santo Stefano è veramente onorata e ringrazia l'Università di Pisa nella figura del magnifico Rettore per questa convenzione che ha comportato diversi mesi di lavoro ma per i cui risultati siamo davvero soddisfatti – ha dichiarato Giorgio Cuneo - In particolar modo perché non solo consente di valorizzare e rinsaldare quelli che sono i legami storici tra l'Istituzione e l'Università ma soprattutto perché permette di sviluppare e portare avanti i progetti culturali e l'attivazione di tirocini importanti che permetteranno di mantenere viva la storia dei Cavalieri di Santo Stefano a beneficio della città di Pisa e dell'intera Regione Toscana”.

“Come Ateneo vogliamo ribadire la volontà di proseguire una collaborazione ad ampio spettro con i Cavalieri di Santo Stefano - ha detto il rettore Riccardo Zucchi - vorrei sottolineare l’aspetto culturale di questo accordo che comprende una collaborazione da più punti di vista, scientifico, di terza missione e di supporto alla didattica, che senza dubbio sono una delle nostre priorità”.

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