Per la prima volta i ricercatori dell’Università di Pisa hanno messo a punto un modello matematico per decifrare la comunicazione fra cuore e cervello durante le esperienze emozionali. Gli esiti della ricerca sono stati appena pubblicati su “Philosophical Transactions of the Royal Society A: Mathematical, Physical & Engineering Sciences”, dal 1660 la più antica rivista scientifica esistente che ha ospitato i lavori di scienziati come Charles Darwin, Michael Faraday, James Clerk Maxwell e Isaac Newton.
“È ben noto che il sistema nervoso autonomo, in stretta connessione con aree del cervello come la corteccia del cingolo e l’insula, gioca un ruolo fondamentale nell'espressione e regolazione delle emozioni e dello stress – ha spiegato Gaetano Valenza del Centro di ricerca "E. Piaggio" dell’Ateneo pisano, e primo autore dell’articolo – ma per la prima volta il nostro gruppo di ricerca ha definito un algoritmo per studiare le attivazioni corticali, legate a segnali elettroencefalografici, combinate insieme a quelle del sistema nervoso autonomo, legate all'analisi di segnali cardiovascolari derivati dall'elettrocardiogramma, per lo studio di differenti stati emozionali”.
La sperimentazione condotta dal team di bioingegneri, tra i quali Alberto Greco e Antonio Lanatà, coordinati da Enzo Pasquale Scilingo, insieme a fisici, psicologi, e fisiologi quali Angelo Gemignani, Claudio Gentili, Laura Sebastiani e Danilo Menicucci, ha coinvolto un gruppo di volontari sani ai quali sono state mostrate immagini con valenza emotiva - positiva, negativa e neutra - il cui effetto è stato monitorato sottoponendo i soggetti ad elettroencefalogramma ed elettrocardiogramma.
“Dati i limiti computazionali degli algoritmi utilizzati sin ora, le precedenti ricerche sono state prevalentemente focalizzate sull’analisi separata delle dinamiche cuore cervello, non tenendo conto delle numerose e complesse vie d'interazione tra i due sistemi - ha concluso Gaetano Valenza – mentre le nuove conoscenze scaturite da questo studio sono destinate ad avere notevoli ripercussioni nel campo della psicologia clinica, psichiatria, e dei disordini mentali in generale, aprendo le porte a nuove tecniche diagnostiche e prognostiche”.
I risultati di questa ricerca sono pubblicati in una serie speciale della Royal Society Inglese, edita insieme a Riccardo Barbieri del Politecnico di Milano ed a Nicola Toschi dell’Università di Roma Tor Vergata, dedicata alle recenti scoperte sull’asse cuore-cervello, in cui 9 studi su 16 sono stati condotti da ricercatori Italiani.
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This is one of the first two-dimensional representations of a city: a topographical map of the city of Pisa conserved in the Gabinetto Disegni e Stampe of the Uffizi Gallery in Florence. Thanks to the research conducted by Professor Lucia Nuti from the University of Pisa, which appeared on the cover of the March issue of the prestigious Journal of the Society of Architectural Historians, the document, which is well known among experts in this field, has now been attributed definite authorship and dating for the first time. According to this research by Professor Lucia Nuti, the “Pisa no finitta”, a large drawing measuring 1,350 by 1,665 mm, can without doubt be attributed to the architect Giuliano da Sangallo and dates back to the time of construction of the first bastion of the new fortress. Between 1509 and 1512, Giuliano was in fact dispatched by the Florentine government to take charge of rebuilding the fortress that had been partially destroyed in the Pisan rebellions.
“The outline of Pisa is clearly visible on the map,” explains Lucia Nuti, Professor of Architecture and Urban History, “but the city is depicted with minute details to which purely imaginary particulars were added, for example the part where Sangallo reconstructs the plan of the Baths of Nero, formulating thus for the first time an original architectural solution based on an octagonal form. This is what may be considered the unequivocal signature of Sangallo, given that he proposes the same solution in the second drawing for the new Basilica of San Pietro in Rome.”In actual fact, Sangallo was rarely allowed to create compositions characterized by an octagonal plan form, examples of which are the Sacristy of Santo Spirito in Florence commissioned by Lorenzo the Magnificent and the underground chambers of the bastion of San Martino in Pisa.
The study carried out by Lucia Nuti explains that during the construction of the fortress in Pisa, the relationship between Giuliano and the Florentine magistrates was not simple, but he was evidently awarded more freedom of movement in the construction of the underground chambers which allowed him to experiment with a variety of environments where the octagonal form is predominant. Octagons are to be found in the lacunars and oculi of the barrel vault, in the domes of the passages and in the octagonal chamber, possibly destined to be a chapel.
“After the fortress lost its military role, the structures were often flooded caused by the closeness of the river Arno,” concludes Lucia Nuti, “which unfortunately is still the case today. The excellent restoration work which was carried out on the first chambers in the interior of the bastion was terminated where the steps lead to the lower level, once again underlining a situation of abandon in a country which is unable to recognize its own works of excellence and therefore unable to protect or valorize them adequately.”
«Pisa no finitta», la mappa rinascimentale di Pisa ha per la prima volta paternità e datazione certe
È in assoluto una delle prime rappresentazioni bidimensionali di città: si tratta di una mappa topografica della città di Pisa conservata nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze. Per la prima volta, grazie a una ricerca della professoressa Lucia Nuti dell’Università di Pisa che ha conquistato la copertina del numero di marzo del prestigioso Journal of the Society of Architectural Historians, il documento, ben conosciuto agli studiosi del settore, ha paternità e datazione certe.
Secondo la ricerca di Lucia Nuti, la “Pisa no finitta”, un grande disegno che misura 1.350 per 1.665 millimetri, è attribuibile con certezza all’architetto Giuliano da Sangallo e la sua esecuzione è databile al momento della costruzione del primo bastione della fortezza nuova. Fra il 1509 e il 1512 Giuliano fu infatti inviato dalla Repubblica fiorentina come responsabile della ricostruzione della fortezza parzialmente distrutta dalla ribellione dei Pisani.
“Nella mappa si riconosce la sagoma di Pisa – ha spiegato Lucia Nuti, docente di Storia dell’Architettura e dell’Urbanistica – ma la città è rappresentata con dettagli minutissimi a cui si aggiungono particolari del tutto fantasiosi, come nella parte in cui Sangallo ricostruisce la planimetria dei Bagni di Nerone formulando per la prima volta un’originale soluzione architettonica centrata sull’ottagono: è questa che può essere considerata una vera e propria firma autoriale di Sangallo, dato che poi la ripropone nel secondo disegno per la nuova basilica di San Pietro in Roma”.
Nella realtà Sangallo solo raramente potrà realizzare composizioni su base ottagonale, come nella Sagrestia di Santo Spirito a Firenze su commissione di Lorenzo il Magnifico, e nelle stanze sotterranee del bastione S. Martino della fortezza di Pisa. Durante la costruzione della fortificazione pisana, spiega lo studio di Lucia Nuti, Giuliano non ebbe rapporti facili con i magistrati fiorentini, ma evidentemente nella costruzione delle camere sotterranee egli godette di una maggiore libertà di movimento, che gli consentì di sperimentare una varietà di ambienti, dove la forma ottagonale è protagonista. Ottagoni si trovano nei lacunari e negli oculi della volta a botte, nelle cupolette degli ambienti di passaggio e nella stanza ottagonale, forse destinata a cappella.
“La particolare collocazione della fortezza in prossimità dell’Arno ha fatto sì che, una volta tramontate le esigenze militari, questi ambienti fossero periodicamente allagati – ha concluso Lucia Nuti – una condizione che purtroppo permane ancora oggi. L’ottimo restauro che infatti è stato eseguito nei primi ambienti all’interno del bastione si è arrestato in corrispondenza delle scale che portano ai vani più bassi, riproponendo una situazione frequente di abbandono in un Paese che non sa riconoscere le proprie eccellenze, né proteggerle e valorizzarle adeguatamente”.
Una ricerca dell’Università di Pisa ha rivelato le proprietà antitumorali del rosmarino. Lo studio, finanziato nell’ambito dei progetti di ricerca di Ateneo PRA 2015 e condotto dai ricercatori del dipartimento di Farmacia, in particolare dal gruppo biochimica della professoressa Claudia Martini in collaborazione con quello di fitochimica della professoressa Alessandra Braca, è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica "The International Journal of Biochemistry & Cell Biology".
“Il rosmarino è una delle piante aromatiche più utilizzate in cucina, ma anche in medicina per le sue proprietà terapeutiche - ha spiegato la dottoressa Chiara Giacomelli dell’Università di Pisa, prima autrice dello studio - in particolare alcuni suoi componenti possono essere sfruttati come adiuvanti nelle tradizionali terapie anticancro, come il carnosolo”.
Il carnosolo, un diterpene presente in varie spezie della dieta mediterranea, quali rosmarino e salvia, agisce infatti riattivando la proteina p53, un soppressore tumorale considerato uno dei più importanti fattori per il controllo dello sviluppo e della progressione della malattia che risulta inattivo nel 50% dei tumori umani.
“Attualmente la ricerca presta sempre più attenzione ai composti di origine naturale in grado di arrestare lo sviluppo dei tumori - ha sottolineato Chiara Giacomelli – e alcuni studi hanno già dimostrato le attività benefiche del rosmarino e dei suoi componenti, tuttavia, ad oggi siamo stati i primi a verificare gli effetti di questi composti su cellule tumorali in cultura di glioblastoma multiforme, tra i tumori cerebrali più aggressivi e con una sopravvivenza media tra le più basse. Si tratta dunque di una scoperta che può aprire allo studio di molecole con un impatto importante e concreto a livello nutraceutico e farmaceutico”.
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Nella foto, da destra verso sinistra: Prof.ssa Alessandra Braca, Dott.ssa Letizia Natali, Dott.ssa Chiara Giacomelli, Prof.ssa Claudia Martini, Prof.ssa Maria Letizia Trincavelli, Dott.ssa Simona Daniele
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There was a time, between 22,000 and 15,000 years ago, when climate change transformed the Adriatic Sea into a wide plain stretching to the latitude of Pescara. Men and animals from the Balkan Peninsula and from Italy were able to move freely through the region, adapting culturally and biologically to the climatic and environmental situation of the moment. Although very little is known about this, two anthropologists and a geologist from the University of Pisa, in collaboration with archaeologists and archaeogeneticists from the University of Cambridge and with the University of Zagreb, have been granted European funding of 990 thousand euros through the Horizon 2020 Twinning programme. They will carry out research on the historic cultural heritage of the Eastern Adriatic, which has as yet not been fully explored, particularly in Croatia.
The project entitled “Mend the Gap: Smart Integration of Genetics with Sciences of the Past in Croatia. Minding and Mending the Gap”, will last for three years and was considered the first of 65 projects to be granted funding (out of a total of 546 projects presented) in all research fields from all over the European Union. According to the European Commission, the Twinning projects “help to strengthen a defined field of research in an institution by creating a link with at least two internationally-leading institutions in other Member States.” By providing access to their knowledge in an administrative and scientific environment, both Italy (University of Pisa) and the United Kingdom (University of Cambridge) will enable researchers from the initiating institution (University of Zagreb) to increase their potential to gain funding for research in a region which has a lot to offer the archaeological world, as well as the scientific world in general.
The archaeologists from the University of Pisa involved in the project are Giovanni Boschian and Damiano Marchi, the geologist is Marta Pappalardo: “The historic cultural heritage of that region is vast, with human occupancy dating from the Paleolithic Period to the present day,” explains Professor Boschian, coordinator of the group from Pisa. “The highest scientific potential of this material can only be reached through the use of techniques and methodologies in which the partner institutions of the project have great experience.”
The Eastern Adriatic region houses a great number of important archaeological sites. Many remains have been uncovered and identified, although they have not yet been analyzed or promoted to their maximum potential: “The Croatian sites have an enormous universal value from a historic, esthetic, ethnological, anthropological and educational point of view,” adds Boschian. An excellent example is Vela Spila, situated above the city of Vela Luka on the island of Korcula. Even if only a small portion of the site has been excavated and analyzed so far, the results confirm that the archeological site is one of the richest and most promising in the Eastern Adriatic. Among the many important findings from Vela Spila, a few stand out due to their extraordinary nature. One of the most significant consists of 36 ceramic figurines, which offer the first evidence of ceramic figurative art in Upper Paleolithic Europe, dating back to between 17,500 and 15,000 years ago.
“In order to understand the importance of this discovery, it is enough to say that there are only two other sites in Upper Paleolithic Europe which contain ceramic figurines and both are to be found in Central Europe while Vela Spila is the only example in the Mediterranean,” concludes Boschian. “Furthermore, Vela Spila also contains dated Mesolithic burials which can be placed in a known archeological context and include both young individuals and adults. Human remains dating back to the Mesolithic Period are extremely rare in Europe; therefore the findings in Vela Spila represent a rare discovery in the Eastern Adriatic context.”
In the project, Giovanni Boschian deals with geoarchaeology, or rather paleoenvironmental reconstruction and human behavior through the geological study of sediments from archaeological sites, especially caves. Damiano Marchi is involved in functional morphology and studies environmental adaption and the different types of activity through the morphometric analysis of the changes in bone shape and structure, both in humans and animals. Marta Pappalardo carries out research on the variations of the sea level and her contribution is fundamental in the reconstruction of the ancient coastlines and the stretches of land not covered by the sea in the past.
C’è stato un tempo, tra 22.000 e 15.000 anni fa, in cui, a causa di mutamenti climatici, il Mare Adriatico si è trasformato in una pianura estesa fino alla latitudine di Pescara. Uomini e animali della penisola Balcanica e dell’Italia si potevano spostare liberamente nella regione, adattandosi culturalmente e biologicamente alle situazioni climatiche e ambientali del momento. Di tutto ciò sappiamo pochissimo ma, grazie a un finanziamento europeo di 990 mila euro ottenuto nell’ambito del programma Twinning di Horizon 2020, due antropologi e una geologa dell’Università di Pisa, in collaborazione con gli archeologi e gli archeogenetisti dell’Università di Cambridge e con l’Università di Zagabria, condurranno ricerche sul patrimonio storico-culturale della regione non ancora completamente esplorata dell’Adriatico orientale, in particolare in Croazia.
Il titolo del progetto è “Mend the Gap: Smart Integration of Genetics with Sciences of the Past in Croatia. Minding and Mending the Gap”, avrà una durata triennale ed è stato considerato il primo dei 65 progetti finanziati (su un totale di 546 progetti presentati) in tutti i campi della ricerca e da tutte le parti dell’Unione Europea. Secondo la Commissione Europea i progetti Twinning “aiutano a rafforzare e definire un particolare campo di ricerca di una istituzione attraverso il legame con almeno altre due istituzioni di levatura internazionale in Europa”. Fornendo accesso alle loro conoscenze in ambito scientifico e amministrativo, sia l’Italia (Università di Pisa) che il Regno Unito (Università di Cambridge), permetteranno ai ricercatori dell’istituzione ospite (Università di Zagabria) di aumentare la loro capacità di ottenere finanziamenti per la ricerca, in una regione che ha molto da offrire al mondo archeologico, ma anche al mondo scientifico in generale.
Gli antropologi dell’Ateneo pisano coinvolti nel progetto sono Giovanni Boschian e Damiano Marchi, la geologa è Marta Pappalardo: «Il patrimonio storico-culturale di quella regione è enorme, con un’occupazione umana che va dal Paleolitico ad oggi – spiega il professor Boschian, coordinatore del gruppo di Pisa – Il pieno potenziale scientifico di questo materiale può essere raggiunto solo attraverso l’uso di tecniche e metodologie in cui le istituzioni partner del progetto hanno grande esperienza».
La regione dell’Adriatico orientale contiene un gran numero di importanti siti archeologici. Molti resti sono stati trovati e identificati, sebbene non siano stati ancora analizzati o promossi secondo la loro piena potenzialità: “I siti croati hanno un valore universale enorme dal punto di vista storico, estetico, etnologico, antropologico ed educativo», aggiunge Boschian. Un buon esempio è Vela Spila, situato sopra la città di Vela Luka sull’isola di Curzola. Anche se solo una piccola porzione del sito è stata scavata e analizzata fino ad ora, i risultati confermano che si tratta di uno dei siti archeologici più ricchi e promettenti dell’Adriatico orientale.
Tra i tanti ritrovamenti importanti provenienti da Vela Spila, ce ne sono alcuni che spiccano per la loro natura straordinaria. Tra questi, uno dei più significativi consiste in 36 figurine ceramiche che rappresentano la prima evidenza di arte ceramica figurativa nel Paleolitico Superiore in Europa, datate tra 17.500 e 15.000 anni fa.
«Per far capire l’importanza di queste scoperte, basta sapere che ci sono soltanto altri due siti nel Paleolitico Superiore europeo che contengono figurine ceramiche e si trovano entrambi in Europa centrale, mentre Vela Spila è l’unico esempio nel Mediterraneo – conclude Boschian – Inoltre, Vela Spila contiene anche sepolture Mesolitiche datate e inseribili in un contesto archeologico conosciuto, costituite sia da individui giovanili che adulti. Resti umani datati al Mesolitico sono estremamente rari in Europa, quindi i ritrovamenti a Vela Spila costituiscono un ritrovamento raro nel contesto del Mediterraneo orientale».
Nel progetto Giovanni Boschian si occupa di geoarcheologia, ovvero di ricostruzioni paleoambientali e dei comportamenti umani attraverso lo studio geologico dei sedimenti dei siti archeologici, prevalentemente grotte. Damiano Marchi si occupa invece di morfologia funzionale e studia gli adattamenti ambientali e i diversi tipi di attività attraverso l'analisi morfometrica delle modificazioni nella forma e struttura delle ossa, sia umane che animali. Marta Pappalardo si occupa infine di ricerche sulle variazioni del livello marino e il suo contributo è essenziale nella ricostruzione delle antiche linee di costa e dell'estensione dei territori non occupati dal mare nel passato.
Avvio ufficiale all’IIT di Genova per Soft-Pro, un progetto di ricerca innovativo che ha l’obiettivo di identificare nuovi elementi tecnologici di protesi robotiche per l’arto superiore e esoscheletri e a cui partecipa anche l'Università di Pisa. Il progetto è stato finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito di Horizon 2020, dopo un’ottima valutazione, con circa 7 milioni e mezzo per i prossimi quattro anni. Oltre all'Ateneo pisano, al progetto, coordinato dall’IIT - Istituto Italiano di Tecnologia, partecipano numerosi istituti universitari e di ricerca esteri (Università Leibniz di Hannover, ETH Zurigo, Università di Twente), istituti clinici, come l’ospedale universitario di Zurigo, e alcune piccole e medie aziende interessate al trasferimento sul mercato dei risultati del progetto.
“Il progetto Soft Pro nasce grazie all’esperienza degli istituti partner nel campo della robotica, delle neuroscienze e della prostetica – afferma il coordinatore scientifico del progetto Antonio Bicchi, Senior Scientist all’Istituto Italiano di Tecnologia e docente di robotica al Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa – e in particolare dal lavoro condotto in questi anni tra Genova e Pisa nel campo delle sinergie sensomotorie, che sono il linguaggio che il cervello utilizza per governare i movimenti della mano”.
I ricercatori svilupperanno nuove protesi robotiche per gli arti superiori e un esoscheletro, basandosi sui principi della soft robotics, ovvero sull’importanza di una struttura non rigida, ma cedevole nelle interazioni con l’ambiente circostante, e capace di adattarsi agli oggetti che incontrano. In questa prospettiva, la maggior parte degli istituti coinvolti nel progetto si focalizzeranno sul disegno innovativo delle protesi, il controllo del loro movimento attraverso la traduzione dei segnali muscolari dell’arto residuo in segnale di comando, oltre che all’integrazione di un sistema di “sensibilità” che permetta una migliore interazione tra il corpo umano e l’oggetto artificiale.
“Il progetto Soft-Pro – prosegue Bicchi – si propone di indagare ulteriormente il funzionamento del corpo e del cervello umano per realizzare protesi tecnologiche avanzate, in grado di rispondere alle esigenze riabilitative di pazienti amputati e con disabilità motorie”. Il progetto, infatti, introduce alcune idee innovative sulla possibilità di ripristinare la capacità motoria di persone colpite da traumi neurologici, quali l’ictus, attraverso l’uso di un oggetto protesico. I ricercatori cercheranno di comprendere se un "sesto dito", o una "terza mano" ancorati alla mano naturale, potrà agire da estensione mobile del corpo naturale e, quindi, da stimolo riabilitativo per il cervello.
All’incontro di lancio del progetto erano presenti i partner del consorzio e ospiti internazionali tra cui, Clint Olson, dal Michigan, pilota disabile che testerà il prototipo di mano robotica “Soft Pro” durante la competizione “Cybathlon” di Zurigo il prossimo autunno.
Lo scorso 4 marzo, nell'ambito dell'Assemblea Generale dell'European Nuclear Education Network Association (ENEN), che si è svolta a Geel in Belgio, è stata annunciata l'approvazione della candidatura per il rilascio della certificazione di European Master of Science in Nuclear Engineering (EMSNE) a nove laureati pisani in Ingegneria Nucleare.
I nove ingegneri sono Gervasio Parente, Francesco Pedretti, Gianluca Artini, Alessandro Venturini, Lorenzo Stefanini, Alessio Parisi, Giulia Morresi, Alessio Nebbia-Colomba e Fulvio Bertocchi. La cerimonia di consegna della certificazione avverrà a settembre in occasione della Conferenza Generale dell’International Atomic Energy Agency (IAEA) a Vienna.
“Questi nostri laureati hanno conseguito la certificazione grazie alla conformità dei loro studi in Ingegneria nucleare all'Università di Pisa con i paradigmi europei e allo svolgimento di un periodo di stage all'estero per la loro tesi, presso istituzioni che fanno parte di ENEN”, ha spiegato il professore Walter Ambrosini dell’Ateneo pisano che nella riunione a Geel ha terminato il suo mandato di presidente di ENEN.
“Si tratta – ha concluso - di un ulteriore riconoscimento che testimonia l’efficacia dell’azione di internazionalizzazione svolta negli anni dal corso di laurea in Ingegneria nucleare, sia per capacità attrattiva di studenti stranieri, che a livello di Ateneo per la rete di contatti stabilita con università, centri di ricerca e industrie appartenenti ad ENEN”.
Si è svolta il 17 marzo, al Polo Fibonacci, la ventesima edizione della Gara Nazionale di Programmazione della Macchina di Turing, la competizione organizzata dal dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa rivolta agli studenti delle scuole medie superiori di ogni tipo, provenienti da tutta Italia.
A vincere è stata la squadra del Liceo Scientifico “Galilei” di Verona formata da Davide Rizzotti e Marian Statache (nella foto a destra), seguiti da Mihai Tribri e Alan Michael Padovani dell’ITIS “G. Marconi” di Verona e Francesco Colasante e Matteo Lizzi dell’ISS “Luigi di Savoia” di Chieti (la classifica completa delle squadre è disponibile a questo link). In palio c’erano dieci immatricolazioni gratuite al primo anno dell’Università di Pisa, un premio che permette di attrarre iscritti da fuori regione. Sponsor principale della gara è il Rotary Club Galilei di Pisa, di cui è presidente il professor Paolo Corsini.
La gara, diretta da Antonio Cisternino, è un’iniziativa storica che ha origine da un’idea dei professori Franco Turini, direttore del dipartimento di Informatica, Paolo Mancarella e Antonio Brogi. Il fine è quello di introdurre gli studenti alla programmazione utilizzando un formalismo storico dell’Informatica introdotto da uno dei padri fondatori della disciplina, Alan Turing, celebrato di recente anche nel nostro Ateneo in occasione del centenario della nascita e ormai noto a tutti grazie a vari film tra cui “The imitation game”.
Il formalismo è completo – nel senso che permette di rappresentare una qualsiasi funzione matematica calcolabile – e allo stesso tempo è anche molto semplice da raccontare. Grazie a questo è possibile consentire di programmare a studenti di tutte le scuole focalizzandosi sulle idee chiave della programmazione e non sui tecnicismi. La gara era stata introdotta come attività della settimana della cultura promossa dal MIUR.
L’iniziativa è ormai un classico per molte scuole di tutta Italia e alcune regioni - la Regione Lazio l’anno scorso e da quest’anno la Regione Sardegna – hanno iniziato a organizzare ediziono locali. Inoltre il dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa ha appena firmato un accordo con l’Università La Sapienza di Roma per sviluppare l’iniziativa sul territorio nazionale.
Nelle foto in basso le squadre classificate al secondo e terzo posto.
Lunedì 14 marzo è venuto a mancare il professor Floriano Papi, per molti anni ordinario di Zoologia e poi di Etologia all'Università di Pisa, nonché socio nazionale dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Nato nel 1926 a Follonica, si era laureato in Scienze Naturali nel 1947, dopo aver partecipato attivamente alla guerra di liberazione con la Brigata Garibaldi, attività per la quale fu insignito della Croce al merito di guerra. Divenuto ordinario nel 1963 presso la nostra università, dopo il periodo di straordinariato a Bari, vi ha svolto continuativamente la propria opera scientifica, didattica e organizzativa, anche come direttore dell’Istituto di Biologia Generale e del Dipartimento di Scienze del Comportamento Animale, da lui stesso fondato assieme a colleghi etologi e fisiologi. Nel 1973 fu insignito dell’Ordine del Cherubino della nostra Università. Dal 1983 era membro dell’Accademia Nazionale dei Lincei.
I suoi studi iniziali riguardarono la sistematica e la faunistica dei Platelminti e lo resero un’autorità internazionale nel campo, come testimoniato anche dai due generi di Platelminti (Papia e Florianella) nominati in suo onore. A partire dagli anni '60 la sua attività di ricerca si focalizzò interamente sul comportamento degli animali, contribuendo allo sviluppo e all’affermazione dell’Etologia sia in Italia che all’estero. Il professor Papi è riconosciuto come uno dei fondatori della scuola etologica italiana, di cui Pisa costituisce una delle sedi storiche assieme a Parma e Firenze. È stato tra i soci fondatori della Società Italiana di Etologia, costituitasi proprio a Pisa nel 1973, di cui è stato più volte presidente e di cui era attualmente presidente onorario. Il suo fondamentale contributo per l’etologia italiana è ben riassunto dalle parole dell’attuale presidente della Società, professor Stefano Turillazzi: “Con lui se ne va un altro elemento di quel gruppo di ricercatori che ha reso l'Etologia una disciplina fondamentale della biologia moderna. Papi rimane un punto di riferimento a livello mondiale per la ricerca sull'orientamento animale. Grande scienziato e grande uomo ci mancherà come guida e come amico; ma la sua opera resterà un esempio per i giovani che, come lui, sono animati da una curiosità inestinguibile e da un entusiasmo sempre vivo per lo studio del comportamento animale.”
I primi studi etologici del professor Papi riguardarono il corteggiamento delle lucciole, di cui decifrò le modalità di comunicazione luminosa tra maschio e femmina. I suoi contributi scientifici più importanti in campo etologico restano quelli relativi all’orientamento degli animali, che studiò per quasi cinquant'anni in diverse specie. I primi studi riguardarono soprattutto invertebrati (ragni e crostacei anfipodi), mentre le ricerche più estese riguardarono gli uccelli (soprattutto, ma non esclusivamente, il colombo viaggiatore) e le tartarughe marine. Il nome di Papi è universalmente associato alle sue fondamentali scoperte sul sistema di navigazione dei colombi viaggiatori con il quale questi animali sono in grado di ritrovare la propria casa dopo essere stati trasportati lontano da essa. Grazie alle sue intuizioni, il gruppo di ricerca da lui coordinato mise per la prima volta in luce il ruolo critico degli odori presenti nell’atmosfera in questi processi, dimostrando come i colombi sviluppino una vera e propria mappa olfattiva di navigazione delle aree circostanti la loro colombaia. La teoria della navigazione olfattiva di Papi rappresenta una pietra miliare negli studi sull’orientamento animale e il meccanismo proposto costituisce a tutt’oggi uno dei sistemi di orientamento animale meglio conosciuti, che si ritiene sia alla base delle capacità di navigazione anche di molte altre specie di uccelli.
Negli ultimi anni di attività, il professor Papi ha studiato le migrazioni delle tartarughe marine e i sistemi di orientamento che esse impiegano nei loro viaggi oceanici, svolgendo ricerche pionieristiche con nuovi sistemi di telemetria satellitare e innovativi metodi sperimentali. Per lo svolgimento delle sue varie ricerche, il professor Papi ha compiuto molteplici missioni in varie parti del mondo, attivando proficue collaborazioni con molti colleghi e gruppi di ricerca all’estero.
Il professor Papi ha avuto molti riconoscimenti sia nazionali che internazionali per la sua attività scientifica, tra cui il premio G.B. Grassi, la Medaglia d’oro per le Scienze fisiche e naturali e il Premio Feltrinelli dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Nel 2009 fu nominato Associate Fellow del Royal Institute of Navigation inglese, proprio in considerazione delle sue scoperte sui meccanismi della navigazione animale.