Realizzare un modello predittivo per capire come si disperdono le ceneri delle eruzioni vulcaniche prendendo come caso studio l’eruzione dell’Etna del 2006. E’ questo l’oggetto della ricerca nata dalla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Pisa e il dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa che è stata pubblicata sul “Journal of Geophysical Research: Solid Earth” e che ha appena conquistato la copertina della newsletter dell’American Geophysical Union, la più grande associazione geofisica al mondo.
“Capire come si disperdono le ceneri nell’aria e a terra è di fondamentale importanza per la sicurezza dei trasporti e non solo - ha spiegato la professoressa Maria Vittoria Salvetti dell’Ateneo pisano - il 24 novembre 2006 l’eruzione dell’Etna provocò infatti il blocco dell’aeroporto di Fontanarossa, il terzo più grande del nostro Paese, che si trova a 48 chilometri di distanza dal vulcano. Ma la cenere vulcanica non riguarda solo il traffico aereo ma anche la salute pubblica e l'agricoltura”.
Il processo di dispersione di particelle vulcaniche nell’atmosfera dopo un'eruzione è incredibilmente complesso e caotico a causa del diverso comportamento delle particelle di diverse dimensioni e dell’incertezza nella distribuzione: alcune possono rimanere in aria per pochi minuti, mentre altre possono rimanere in volo per anni, viaggiando migliaia di chilometri in tutto il mondo.
“La ricerca è partita dalla tesi di laurea magistrale in Ingegneria Aerospaziale della dottoressa Federica Pardini che aveva come obiettivo la quantificazione dell’incertezza nel processo di dispersione di cenere vulcanica nell’atmosfera – ha sottolineato la professoressa Salvetti – ed è questo un ulteriore motivo di orgoglio per tutto il gruppo di ricerca che al dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale si occupa di fluido-dinamica”.
The HYPSTAIR project deals with components design of a serial hybrid propulsion system for a small aircraft. A serial hybrid aircraft concept currently presents the best efficiency versus range compromise in the light aviation segment. It can be considered as an electrically powered aircraft, with an on board generator used for extending the range when necessary.
The project will involve conceptual design of the hybrid propulsion system components, namely the generator, motor, inverter, batteries and control unit. The components will be sized and designed considering the performance and energy efficiency of the complete airframe-propulsion system, and will be tested in a laboratory environment. Designed dedicated human-machine interface will allow simple operation of a complex hybrid system. Together with the reliability of electric motors and the use of dual energy sources, safety of flying as provided by a system built upon these components will be improved.
All the components will be designed in a way that they will meet the relevant safety and certification standards. As there currently exist no regulations for aviation hybrid drive systems, defining these in collaboration with the authorities will be an important contribution of the project, paving the way for hybrid and electric technologies to be introduced to the market. These efforts will help to create a competitive supply chain for hybrid drive components and reduce the time to market of such innovations.
Pisa University has developed the Flight Mechanics model of the aircraft, including take off, climb, cruise and landing. The performances are calculated in all the flight conditions and, for the first time, two sources of power are present at the same time in an aircraft. New problems in the Flight mechanics field have been investigated, new instruments have been introduced to present all the flight data to the pilots in a easy way, an optimization algorithm has been set up and tested in order to maximize the range. Finally a flight simulator has been provided; all the results were presented in a meeting held at Stuttgart, February 18 and 19, 2016. A fruitful collaboration with MBVison allowed to set the new cabin instrumentation and a significant contribution by Pitom company (Pisa) allowed to set up successfully the flight simulator of Hypstair.
Prof. Aldo Frediani from University of Pisa says: "The electric flight allows not only for a riduction of the environmental impact of aviation but also the opportunity of investigating different aircraft configurations, innovative architectures formotors integration and new design tools and methods. In HYPSTAIR project our team has focused on the estimation of performance of the hybrid electric aircraft and has developed a simulator with the capability of taking the behaviours of all the components into account, including the Pilot. Piloting strategy, in fact, has a big influence on energy management and a new generation of hybrid airplane pilots may be required for the future affirmation of this technology".
Creare una nuova generazione di velivoli per l’aviazione leggera a propulsione ibrida per unire i vantaggi delle basse emissioni inquinanti e del ridotto consumo di carburante con una notevole riduzioni dei costi di trasporto. È questo l’obiettivo del progetto europeo Hypstair di cui l’Università di Pisa è partner insieme a Siemens, all’Università di Maribor in Slovenia, all’azienda toscana MB Vision e al costruttore di velivoli sloveno Pipistrel, capofila del progetto. Finanziato all’interno del 7° Programma Quadro, Hypstair si concluderà ad agosto 2016 ma già nelle scorse settimane il propulsore ibrido elettrico è stato sottoposto con successo ai primi test a terra.
"Il propulsore da 200 kW sviluppato durante il progetto ha la stessa potenza di un tipico motore a pistoni per velivoli – ha spiegato il professore Aldo Frediani del dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Ateneo pisano – ma in questo caso l’elica è azionata da un motore elettrico, che viene alimentato o da una batteria che può essere ricaricata in volo o da un generatore elettrico a combustibile”.
In poco meno di tre anni di lavoro i ricercatori impegnati nel progetto Hypstair hanno progettato i diversi componenti del propulsore ibrido, quali il gruppo generatore, il motore, l’inverter, l’elettronica di controllo, nonché un’elica specifica per questo tipo di applicazione. I componenti sono stati dimensionati e studiati considerando sia le prestazioni richieste, che le norme di sicurezza. Uno degli obiettivi è infatti dare indicazioni utili per stabilire regole in questo senso, in modo da aprire la strada per l’introduzione di queste tecnologie sul mercato, dato che attualmente non esistono norme di sicurezza per i sistemi di propulsione ibrida in aviazione.
“Come Università di Pisa abbiamo studiato la meccanica del volo realizzando un’interfaccia per restituire tutti i dati ai piloti e sviluppato poi un simulatore di volo – ha concluso il professore Frediani – e a questo proposito voglio ricordare la proficua collaborazione con MB Vision che ci ha permesso di progettare la nuova strumentazione della cabina di pilotaggio mentre per il simulatore ci siamo avvalsi del prezioso contributo della società Pitom di Pisa”.
Si è spento nella notte tra il 12 e il 13 marzo, a 89 anni, il professor Paolo Meletti, nato a Montemarciano (Ancona) nel giugno 1927. Laureato in Scienze Naturali a Pisa nel 1950, nel 1956 diventa assistente di Botanica a Cagliari, dove nel 1959 riceve l’incarico di direttore dell’Istituto e Orto botanico, carica che terrà fino al 1965. Vinto il concorso a cattedra, nello stesso 1965 viene chiamato dalla facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Pisa dove assume la direzione dell’Istituto e dell’Orto, fino all’istituzione dei dipartimenti. Dirigerà poi il dipartimento di Scienze botaniche dal 1995 al 2000.
Molto rilevante è stata la sua attività didattica e istituzionale: il professor Meletti è stato presidente del corso di laurea in Scienze biologiche; preside della facoltà di Scienze MFN dal 1979 al 1984; presidente del Seminario didattico della facoltà dalla sua costituzione (marzo 1980) e quindi presidente della Commissione Musei di Ateneo dall’inizio (primavera 1982) fino al 2002. Dal 1965 al 1981 è stato direttore dell’Orto Botanico. Fu anche membro del Consiglio di amministrazione dell’Ateneo. A lui si deve la compilazione di un “libro bianco” sulle realtà museali dell’Università pisana e la realizzazione del volume "Arte e Scienza" nei Musei dell’Università di Pisa edito dalla Plus nel 2002, dove Paolo Meletti viene definito dal Rettore “primo artefice e motore instancabile” dell’opera. Meletti continuerà ad occuparsi del Sistema museale universitario fino a pochi mesi fa, curando con competenza, passione ed equilibrio la stampa del periodico “Musei dell’Università di Pisa” che aveva ideato e diretto. Sarà nominato Curatore onorario del Museo di Storia naturale e del Territorio di Calci.
Presidente della prestigiosa Società Botanica Italiana dal 1973 al 1978, diresse la rivista "Informatore Botanico Italiano" dal 1972 al 1978. Fu anche direttore del corso di perfezionamento in didattica delle Scienze sperimentali, docente di Botanica per il corso di Erboristeria; di Patologia vegetale, Botanica I e Botanica II per Scienze biologiche e naturali; di Botanica farmaceutica; di Embriologia e morfologia sperimentale, insegnamento che profuse con estremo impegno e soddisfazione, collegato come era alle sue dirette esperienze di ricercatore.
I temi principali delle sue ricerche, inserite in programmi ministeriali dei quali era responsabile nazionale, vertevano sul trapianto embrionale e sulle conseguenze morfofunzionali che ne risultavano, sulla dormienza e sulla germinazione delle cariossidi in particolare di grano duro (la cultivar “Senatore Cappelli”) e in altre graminacee. Commendatore al merito della Repubblica, insignito dell’Ordine del Cherubino nel 1976, Paolo Meletti è stato anche vice presidente e infine Presidente della Società Toscana di Scienze Naturali. In conclusione, una figura eminente della vita universitaria pisana, nella quale aveva profuso con serietà e impegno gran parte della sua esistenza.
«La scomparsa del professor Paolo Meletti - ha detto il rettore Massimo Augello - è un grave lutto per l'Ateneo di Pisa, in quanto figura eminente di docente e di studioso che nel corso della carriera ha assicurato un costante e prezioso apporto alla vita della nostra Istituzione. Il professor Meletti è stato, tra l'altro, preside della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali e membro del Consiglio di Amministrazione, ricevendo l'Ordine del Cherubino nel 1976. Il suo impegno si è concentrato maggiormente sui vari musei dell'Università, del cui sviluppo è stato uno dei principali artefici. È stato per diversi anni direttore dell'Orto Botanico e Curatore onorario del Museo di Storia Naturale di Calci, due gioielli su cui nell'ultimo periodo l'Ateneo ha investito ingenti risorse per un'azione di profonda riqualificazione e di valorizzazione. Il professor Paolo Meletti è stato più recentemente presidente della Commissione Musei di Ateneo e ideatore e direttore del periodico 'Musei dell'Università di Pisa'».
Un database online, gratuito e liberamente accessibile per riunire tutte le informazioni disponibili sulla distribuzione della flora in un determinato territorio. È questo “Wikiplantbase”, un progetto “citizen science”, unico nel suo genere, lanciato dai botanici dell’Università di Pisa che dalla Toscana si è esteso anche alla Sardegna.
“Wikiplantbase non solo è fruibile da tutti – spiegano Gianni Bedini e Lorenzo Peruzzi del dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano - ma chiunque può anche contribuire all’incremento e miglioramento delle informazioni archiviate, inserendo i propri dati sotto forma di osservazioni sul campo, bibliografia o campioni d’erbario, che vengono poi valutati in modo critico dagli editori”.
Nato nel 2013 e inizialmente relativo soltanto alla Toscana, dopo poco più di un anno il progetto si è esteso anche alla Sardegna, grazie all’interesse dei botanici del dipartimento di Scienze della Natura e del Territorio dell’Università di Sassari e al contributo della Fondazione Banco di Sardegna. Attualmente, i collaboratori di Wikiplantbase sono oltre 50, da ricercatori di professione nell’ambito della botanica sino a semplici appassionati di flora, e grazie al contributo di tutti sono state inserite circa 98.000 segnalazioni per la Toscana e circa 38.000 per la Sardegna. Al progetto sono inoltre collegate anche le comunità facebook “Flora della Toscana” e "Flora della Sardegna", seguite da oltre 600 e 1.200 persone rispettivamente.
“A dimostrazione dell’interesse scientifico di questa iniziativa – hanno concluso Gianni Bedini e Lorenzo Peruzzi - non solo abbiamo prodotto una pubblicazione sulla rivista internazionale ‘Plant Biosystems’, ma siamo stati anche invitati a tenere una relazione al simposio ‘The role of amateur networks in Mediterranean botany’ nell’ambito del XV Meeting OPTIMA (Organization for the PhytoTaxonomic study of the Mediterranean Area) che si terrà a Montpellier il prossimo giugno”.
In un angolo del giardino del Polo A della Scuola di Ingegneria, tra via Diotisalvi e via Giunta Pisano, c’è un’area verde di oltre 2000 metri quadrati ad oggi poco utilizzata, dove sono presenti alcuni alberi di pregio, alcune panchine, un piccolo locale tecnico e una pensilina metallica per le biciclette. Visto che l’area è poco sfruttata, perché non costruirci un padiglione con aule studio, una saletta conferenze, sale espositive e spazi di socializzazione? L’idea l’hanno avuta un gruppo di studenti del corso di laurea magistrale in Ingegneria edile e Architettura che, stimolati da un workshop svolto nell’ambito dell’insegnamento di Architettura e composizione architettonica III del professor Luca Lanini, hanno realizzato un progetto di cui l’Ateneo sta valutando, insieme agli enti competenti, la possibile effettiva realizzazione.
«L’idea è costruire un padiglione accogliente che gli studenti possano usare tutto l’anno in maniera intensiva, un edificio che possieda dei caratteri di innovatività dal punto di vista del processo edilizio e del risparmio energetico – spiega Luca Lanini, docente del DESTEC (dipartimento di Ingegneria dell'energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni) che ha seguito i ragazzi nel loro lavoro – Per come è stato concepito, il padiglione vuole diventare un “manifesto” delle ricerche che si svolgono nella nostra Scuola d’Ingegneria e che possa diventare in alcune occasioni anche una porta di ingresso per i nuovi arrivati, trasformandosi ad esempio un grande info point nelle giornate di orientamento alle matricole o per gli open day con le scuole».
Poiché sull’area sono presenti alcuni alberi (querce, pini, un pioppo e un cipresso), i ragazzi hanno proposto un edificio composto da un sistema di patii da costruire intorno ai fusti delle piante, realizzando così dei pozzi di luce che servano anche da fonti di illuminazione e ventilazione.
L’edificio si estende lungo una dorsale parallela al lato maggiore dell’area verde che contiene la parte strutturale e impiantistica e lungo la quale si organizzano i principali spazi: una lunga navata per la sala studio, la sala mostra, i servizi e la portineria.
Il progetto punta a realizzare un edificio costruito con tecnologie “low cost/high performance”, puntando tendenzialmente a realizzare un edificio “NZED” (Nearly Zero Energy Building) e cioè un’architettura praticamente autosufficiente dal punto di vista energetico. E quindi un edificio con una grande inerzia termica, con una distribuzione degli spazi studiata per assicurare la ventilazione naturale e i sistemi più idonei per approvvigionarsi dell’energia necessaria attraverso fonti rinnovabili.
Si punta a realizzarlo poi con sistemi di assemblaggio all’avanguardia, in modo da poterlo costruire velocemente e limitando l’area dei lavori. Dare vita a un cantiere così innovativo permetterebbe anche agli studenti della Scuola di Ingegneria dell’Università di Pisa di connettersi fin da subito con il mondo reale della costruzione e del processo edilizio.
I progetti degli studenti e il contenuto del corso sono consultabili a questo link.
Ne hanno parlato:
Tirreno Pisa
Pisa Today
Pisanamente
Controcampus
PisaInformaFlash
Il 2 marzo scorso per la prima volta sono stati iniettati e fatti circolare stabilmente dei fasci di elettroni e positroni nell’acceleratore SuperKEKB con l’obiettivo di trovare i segnali sfuggenti delle particelle ancora da scoprire, cioè non contemplate dalla teoria del Modello Standard. E’ questa una delle fasi preparatorie dell'esperimento Belle-II che si svolgerà presso il laboratorio KEK a Tsukuba in Giappone che vede coinvolto in prima fila un team di ricercatori dell'Università di Pisa in strettissima collaborazione con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).
“L’esperimento fornirà ai fisici il più consistente campione di particelle di sapore pesante da analizzare che sia mai stato prodotto e che il gruppo di Pisa, insieme a circa 600 scienziati provenienti da 23 nazioni, utilizzerà per effettuare misure di precisione che possano aprire la strada alla scoperta di nuove particelle”, commenta Francesco Forti, dell’Università di Pisa, rappresentante INFN e presidente del comitato esecutivo di Belle-II.
SuperKEKB è il primo acceleratore per la ricerca in fisica fondamentale ad entrare in funzione dopo LHC al CERN di Ginevra. A differenza di LHC, in cui circolano fasci di protoni, SuperKEKB utilizza fasci di elettroni e positroni, che viaggiano in anelli separati a energie diverse, rispettivamente di 7 e 4 miliardi di elettronvolt (GeV). Quando funzionerà a pieno regime le particelle prodotte nelle collisioni saranno rivelate e misurate dall’esperimento Belle-II, un sensibilissimo rivelatore dal peso complessivo di 1500 tonnellate al cui interno è installato un gigantesco magnete di circa 1100 tonnellate.
In particolare il gruppo di fisici pisani ha contribuito all’esperimento realizzando il rivelatore di vertice (SVD) nei laboratori delle Alte Tecnologie dell’INFN, gestiti congiuntamente con il Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa all’interno del Polo Fibonacci, dove i componenti di precisione provenienti da Giappone, Austria, Inghilterra, sono stati verificati e pre-assemblati nei moduli di rivelazione da installare nell’esperimento. Altro contributo fondamentale dei fisici pisani è alle infrastrutture di calcolo dell'esperimento.
La sorpresa della Pasqua 2016 è la cioccolata con la Toscana nel cuore e, unendo le due parole, il nome non poteva che essere Toscolata, risultato (goloso) di un progetto di ricerca per unire la valorizzazione di prodotti toscani con l’esaltazione delle loro proprietà nutraceutiche, quindi con possibili effetti positivi sulla nostra salute. Vestri, l’azienda partner del progetto, ha ospitato oggi nel suo negozio di Borgo degli Albizi a Firenze la presentazione e, soprattutto, l’assaggio in anteprima dei nuovi prodotti della linea Toscolata.
La ricetta di questa cioccolata “made in Tuscany” è stata messa a punto durante il progetto omonimo, coordinato dall’Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree (IVALSA) del CNR, con la partecipazione dell'Università di Pisa, dell'Università di Siena, dell’Istituto di Scienze della vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, grazie al finanziamento ottenuto tramite un bando della Regione Toscana e con il patrocinio dei Comuni Montani del Casentino (Arezzo), della Società di Ortoflorofrutticultura Italiana (SOI), della Provincia di Siena, del Vivaio forestale “Il Campino”.
La Toscolata non è soltanto gustosa ma potrebbe avere effetti benefici sul sistema cardiovascolare. Infatti, in maniera parallela all’arrivo sul mercato, prosegue la fase di sperimentazione clinica condotta dai medici dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa, con il coinvolgimento di 30 volontari portatori di almeno tre fattori di rischio cardiovascolare come possono essere il fumo, il colesterolo alto, la familiarità per malattie cardiovascolari, il sovrappeso, l’ipertensione. Chi partecipa alla sperimentazione assume 40 grammi di Toscolata al giorno, seguendo il protocollo sperimentale che alterna la Toscolata con olio extravergine di oliva con quella a base di mela "Panaia" rossa, tipica del Casentino. I medici che seguono i volontari stanno valutando se l’ assunzione di Toscolata, possa aumentare il numero di cellule ematiche circolanti specializzate, note per essere diminuite nei pazienti che presentano fattori di rischio cardiovascolare ma importanti per evitare la progressione del danno che porta alla formazione della placca aterosclerotica, responsabile di infarto, ictus, ischemie periferiche.
Il progetto Toscolata è stato promosso per valorizzare in chiave nutraceutica prodotti tipici toscani, trasformandoli in alimenti innovativi a base di cacao. Frutti essiccati di varietà toscane, olio di oliva e farina di castagne sono stati uniti con il cacao per realizzare la Toscolata, prodotta da Vestri nel proprio stabilimento di Arezzo. Dal punto di vista salutistico, gli ingredienti della Toscolata sono tracciabili in ogni passaggio e derivano tutti da agricoltura biologica. Con questo progetto si sono quindi consolidate le basi per contribuire allo sviluppo e alla valorizzazione di un sistema agroalimentare già sostenibile e innovativo come quello toscano.
“La Toscolata – afferma Claudio Cantini, coordinatore del progetto – è una intera nuova linea di prodotti dalle pregevoli qualità organolettiche e alimentari e infatti sono sicuro che tutti i consumatori ne apprezzaranno la bontà. Mangiando la Toscolata si soddisfa il palato, si assumono sostanze che contribuiscono al benessere psicofisico e si contribuisce al sostegno del comparto agroalimentare Toscano, aiutando le aziende che hanno fatto della qualità il proprio obiettivo principale.
“Il nostro contributo – commenta Luca Sebastiani, all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – è stato quello di selezionare nell’ampio germoplasma della Toscana le varietà di melo più ricche di molecole nutraceutiche. Tra le decine di mele oggetto dei nostri studi la mela Panaia è risultata al momento quella più interessante. Inoltre, abbiamo anche lavorato sull’ottimizzazione dei processi di essicazione della frutta da aggiungere al cacao riducendo così al minimo le perdite delle molecole della mela note per le loro proprietà nutraceutiche”
“Con questo progetto – spiega Marco Romi del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Siena - realizziamo un cacao di alta qualità utilizzando in maniera esclusiva varietà pregiate provenienti dalle piantagioni che Vestri possiede in Repubblica Dominicana. La Toscolata nasce dalla sua fusione con prodotti tipici dell’agroalimentare toscano, dagli elevati contenuti di molecole bioattive, benefiche per l’organismo. Per la presenza di alimenti di eccellenza, la tracciabilità del prodotto finito risulta fondamentale per assicurare sicurezza, autenticità e qualità. Sono state utilizzate alcune tra le più avanzate tecniche di ‘fingerprinting’ (impronta) genetico, con un sistema di analisi utilizzabile per una certificazione volontaria del prodotto, a vantaggio e garanzia del produttore e del consumatore”.
“Gli effetti benefici del cioccolato sono legati principalmente alla buona attività antinfiammatoria, ma il cioccolato deve essere fondente e di elevata qualità come quello di Toscolata – precisa Rossella Di Stefano dell’ Università di Pisa che coordina la sperimentazione clinica - affinchè ne siano preservate le proprietà nutraceutiche. Se la Toscolata, per la sua integrazione di cioccolato fondente e altri alimenti noti per le loro proprietà antiossidanti, sia anche in grado di agire su cellule altamente specializzate per riparare i danni provocati dai più importanti fattori di rischio cardiovascolare e sull’assetto metabolico dei volontari arruolati, lo potremo dire alla fine della sperimentazione, in ottobre”.
Exactly one year after the Kickstarter launch of the suite for developing Internet of Things solutions in Python language, Viper becomes Zerynth. It is definitely a big day for the startup that created a radically new way to approach the world of microcontrollers and connected devices, making professionals and makers able to design interactive solutions with reduced efforts and shorter time.
“We really believe in the uniqueness of our tools, this is why they deserve an adequate recognition. Viper was a great name for a product, but other notable companies had the same feeling many decades ago, with the result that this term was shared with too many other actors out there. We are grown now, and ready to take off fast and light, like the design processes that our tools are enabling”, say the Viper (now Zerynth), co-founders.
Thousands of users developed amazing connected solutions in just 9 months of life in Beta version. Built to be cross-platform, Zerynth’s tools are meant for high-level design of Internet/cloud-connected devices, interactive objects, artistic installations. They are: Zerynth Studio, a browser-based IDE for programming embedded devices in Python with cloud sync and board management features; Zerynth Virtual Machine: a multithreaded real-time OS that provides real hardware independence allowing code reuse on the entire ARM architecture; Zerynth App, a general purpose interface that turns any mobile into the controller and display for smart objects and IoT systems.
This modular set of tools, adaptable to different hardware and cloud infrastructures, can dramatically reduce the time to market and the overall development costs for makers, professionals and companies.
Now Zerynth celebrates its new name launching the first official release of the toolkit. Check it here www.zerynth.com.
Esattamente un anno dopo il lancio Kickstarter della suite per lo sviluppo di soluzioni interconnesse tipiche dell’internet delle cose, la start up dell'Università di Pisa Viper diventa Zerynth. I quattro ricercatori - Gualtiero Fantoni, Daniele Mazzei, Giacomo Baldi e Gabriele Montelisciani - hanno concluso il percorso che li ha portati alla versione commerciale del software, iniziando di fatto una nuova avventura con un prodotto rinnovato e perfezionato nei suoi elementi. Il 1° marzo è infatti avvenuto il rilascio ufficiale della versione commerciale della suite che ha creato un nuovo modo di avvicinarsi al mondo dei microcontrollori e che consente ai professionisti e agli appassionati di elettronica di progettare e programmare oggetti interattivi con sforzi ridotti, in un linguaggio di alto livello (il Python) e in poco tempo.
“Crediamo molto nella unicità dei nostri strumenti, ed è per questo che meritano la giusta visibilità – commenta Gabriele Montelisciani, amministratore di Zerynth e post-doc dell’università di Pisa – Viper è stato un grande nome per la nostra suite, ma purtroppo altre aziende di rilievo hanno avuto la stessa idea alcuni decenni fa, con il risultato che Viper è un nome troppo comune e può creare delle ambiguità con altri prodotti e altri marchi. Visto che sia il prodotto che la startup sono cresciuti, ci è sembrato il momento più opportuno per cambiare nome contestualmente al rilascio della versione commerciale del software”.
Al momento la start up conta migliaia di utenti collegati che hanno sviluppato decine di soluzioni funzionante in diversi settori: dalla vetrinistica, al retail, dalla produzione alla logistica e questo in soli 9 mesi di vita di Viper nella sua versione Beta. Costruiti per essere cross-platform, gli strumenti di Zerynth sono pensati per la progettazione e la programmazione di alto livello di dispositiviinterattivi e nativamente connessi a Internet e ai nostri cellulari, ai tablet e così via.
Ma in cosa differisce la nuova release rispetto alla alfa dei mesi passati? “La nuova versione è stabile e molto più completa, abbiamo risolto tutti i bugs scoperti da noi e dagli utenti, abbiamo creato delle nuove librerie e supportato nuovi sensori, attuatori; ci sono inoltre nuove funzioni matematiche spesso utili – aggiunge Giacomo Baldi – Abbiamo anche sviluppato drivers per supportare protocolli di comunicazione diversi quali l’MQTT, il nuovo standard ISO per l’internet of things, lo smart bluethooth, e altre tecnicalità che interessano molto agli sviluppatori. Siamo inoltre compatibili con le schede Flip&Click prodotte da Mikroelektronika”.
La suite di Zerynth è composta da Zerynth Studio, un IDE basato su browser per embedded programmazione in Python dispositivi con caratteristiche di sincronizzazione cloud e di gestione di bordo; Zerynth Virtual Machine, un sistema operativo real-time multithreaded che fornisce una reale indipendenza dall’hardware e che permette il riutilizzo del codice su qualisiasi architettura ARM; Zerynth App, una App generica grazie alla quale un qualsiasi cellulare si trasforma nel telecomando e nel display degli oggetti intelligenti programmati con Zerynth. Questa suite è un insieme di strumenti compatibili con le diverse infrastrutture cloud hardware e, in grado di ridurre drasticamente il time to market e i costi di sviluppo di oggetti o infrastrutture.
Ora Zerynth celebra il nuovo nome contestualmente al lancio della prima uscita ufficiale della suite che può essere scaricata dal sito dell’azienda www.zerynth.com.