Il Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa vuole ricordare la figura dell’insigne maestro della enologia nazionale e internazionale, il Dott. Giacomo Tachis, scomparso sabato 6 febbraio dopo lunga malattia, con cui per tanti anni ha collaborato nell’ambito del corso di studi di Viticoltura ed Enologia.
La nuova filosofia vitivinicola del grande enologo ha trovato nell’Università di Pisa un luogo in cui esprimersi al meglio, attraverso una lunga collaborazione didattica divenuta una vera e propria consuetudine con la ex facoltà di Agraria. A Giacomo Tachis, enologo, agronomo e uomo di cultura, l’Università di Pisa aveva conferito nel 1999 la laurea honoris causa in Scienze Agrarie per la preziosa e instancabile collaborazione didattica che per anni è stata offerta a generazioni di studenti che, anche sotto la sua guida, si sono affermati in Italia a nel mondo con le loro creazioni enoiche, nate spesso dalla passione e dalla competenza trasmessa ai nuovi enologi proprio dalla figura di Giacomo Tachis.
In Italia Tachis era conosciuto come il "principe" degli enologi, all’estero come “The Legendary Italian winemaker”; per gli appassionati di enogastronomia era "l'uomo del Rinascimento del vino italiano nel mondo" ma lui preferiva definirsi un "mescolatore di vino - di paese e di campagna, altro che internazionale". Ha creato molti grandi vini tra cui tre "supertuscans" fra i più famosi al mondo, il Sassicaia, il Tignanello e il Solaia; ha impresso una svolta decisiva al destino dei vini di Sicilia e Sardegna, dove ha creato il Terre Brune, il Turriga e il Barrua. A lui è stato dedicato un libro, realizzato grazie alla raffinata narrazione di Bruno Donati (Giacomo Tachis, enologo corsaro – dieci anni di rivoluzione siciliana, Ed. Terraferma) quale testimonianza di gratitudine della Sicilia a un grande uomo che le ha dischiuso nuove insperate prospettive produttive, modificando radicalmente la filosofia vitivinicola dell’intera regione.
Giacomo Tachis era nato 82 anni fa a Poirino, in provincia di Torino, in una zona agricola coltivata a cereali, dove non c’è mai stata cultura viticola. Niente sembrava condurlo al mondo del vino, ma l’amore per questo prodotto è stato alimentato dalla passione per lo studio e per i libri che lo ha accompagnato sin dai tempi della scuola e che ha continuato a coltivare da attento e appassionato bibliofilo conservando nella sua casa di San Casciano Val di Pesa molti rari e antichi volumi dedicati al mondo della vite e del vino. La sua era una famiglia modesta: il padre, Antonio, era meccanico tessile e la madre, Cecilia, casalinga. Questo però non ha spento il suo desiderio di conoscenza, che, dopo il diploma in Enologia conseguito ad Alba nel 1954, lo ha spinto a interessarsi alle ricerche portate avanti in Francia dal Professor Emile Peynaud, con cui ha collaborato a lungo nel corso della sua attività come Direttore tecnico generale, responsabile della produzione enologica della Casa Vinicola Marchesi Antinori. Di questa prestigiosa Casa, Tachis è stato direttore per 32 anni ed ha saputo condurre, come ha ricordato il marchese Piero Antinori nel libro Tignanello. Una storia toscana, scelte audaci e innovative: per quel vino, ora sulle tavole dei grandi del mondo, venne superato per la prima volta il disciplinare della zona (il Chianti Classico), si controllò utilmente la fermentazione malolattica e venne introdotto l'invecchiamento in barriques, anziché in botti. Una intuizione meravigliosa e un esperimento di grande successo nati dalla sua “enosofia” magistralmente sintetizzata nella sua frase, scritta in quarta di copertina del suo libro Sapere di vino: “Il futuro dell’enologia sarà quello di esaltare la bevanda di Bacco in uno dei contesti più cari alla vite per clima, tradizione e storia: il nostro paese”.
Nello stesso libro, presentato all’Università di Pisa il 12 novembre del 2010, Tachis indicò la strada da percorrere: tenersi al riparo dall’influenza di mode facili, che portano alla produzione di vini da “olfattoteche, conciati” mediante un utilizzo improprio della barrique impiegata unicamente per conferire sapore e profumo di legno, per dosare, al contrario, opportunamente l’impiego dei trattamenti chimici e depauperanti così da esaltare l’evoluzione naturale del vino. Con lo sguardo rivolto al futuro, Giacomo Tachis affermò che il progresso scientifico, che si traduce in aggiornamento tecnico e persino commerciale, ha portato a notevoli progressi nella produzione vitivinicola, grazie all'ausilio della microbiologia e della biochimica, due campi che lo hanno appassionato moralmente e intellettualmente.
Nel 2014 gli fu conferito il Pegaso d’oro, massima onorificenza della Regione Toscana, consegnata alla figlia Ilaria perché già impossibilitato a muoversi. In quella circostanza Antinori disse: "riconoscimento meritatissimo, e lo dico a nome di tutti i colleghi toscani e da Italiano, perché tutti noi dobbiamo essere molto, ma molto grati a Tachis per la sua opera".
Anche se Giacomo Tachis si è spento sabato scorso, la sua leggenda e il suo amore per l’arte enoica sarà ricordata nei decenni a venire come uno dei momenti più alti dell’espressione delle conoscenze scientifiche applicate al settore vitivinicolo.
L’Università di Pisa dedica alla sua figura un ricordo commosso e affettuoso.
Uno sforzo “pan-Europeo” per razionalizzare lo sviluppo futuro della forza lavoro nel settore nucleare. E’ questo l’obiettivo del progetto ANNETTE (Advanced Networking for Nuclear Education and Training and Transfer of Expertise) finanziato con 2,5 milioni di euro nell’ambito di Horizon 2020, che prenderà il via il 9 e 10 febbraio alla Scuola di Ingegneria dell’Università di Pisa. Nei prossimi tre anni, 25 partner internazionali coordinati dall'European Nuclear Education Network (ENEN) presieduto dal professore Walter Ambrosini dell’Ateneo pisano lavoreranno ad un progetto di formazione professionale permanente nel settore nucleare in Europa, con riferimento alla fusione, alla fissione e agli aspetti di “cultura di sicurezza nucleare”.
“Secondo analisi recenti nel 2050 ancora il 20% di energia elettrica verrà prodotta per via nucleare in Europa, contro al 27% attuale, - ha spiegato Walter Ambrosini – e questo comporterà lo smantellamento e la costruzione di circa 100 reattori; è pertanto necessario completare il turn-over generazionale delle competenze e mantenere la competitività, a fronte di un impegno crescente delle economie emergenti in questo ambito”.
Nello specifico il progetto porterà alla creazione di un master europeo di secondo livello per la formazione professionale permanente e coordinerà le attività di “education & training” nel campo del nucleare, inclusi i settori dell’ingegneria e della sicurezza, della radioprotezione, della gestione dei rifiuti radioattivi e della fusione.
L'Ateneo pisano, oltre ad ospitare il meeting di avvio, è coinvolto nel progetto in quanto partner di ENEN e del Consorzio CIRTEN, costituito dalle Università che si occupano di nucleare in Italia. In particolare, il dipartimento di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università di Pisa, con la sua tradizione in materia, si è reso disponibile fin dall’inizio, grazie al consenso del suo direttore Donato Aquaro, a diventare uno dei poli di accreditamento dei corsi proposti dai vari partner europei.
“Il progetto stimolerà ulteriormente gli scambi internazionali, anche a livello di lauree magistrali – ha concluso Walter Ambrosini – ed è intenzione dell’unità di Pisa del CIRTEN cogliere questa occasione per consolidare i legami tra le Università a livello Europeo, all’interno di ENEN e della rete sorella per l’insegnamento nel settore della fusione nucleare FuseNet”.
Per conoscere la qualità dell’aria che respiriamo basta un click. E’ da poco tempo on line MonIQA, il monitoraggio dell'indice della qualità dell'aria, un servizio realizzato dal gruppo di ricerca dell’Università di Pisa coordinato da Giuseppe Anastasi, professore del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione e direttore del Laboratorio Nazionale Smart Cities del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (CINI) utilizzando i dati delle Agenzie regionali per la protezione ambientale. Alla realizzazione del progetto hanno lavorato anche alcuni studenti e ricercatori dell’Ateneo pisano, in particolare Luca Pardini, Francesca Righetti, Elena Lucherini e Simone Brienza.
MonIQA utilizza i dati che giornalmente vengono forniti delle Agenzie regionali per la protezione ambientale e li traduce in un unico indice istantaneo al quale si associano 5 classi di giudizio, da buono a pessimo, caratterizzate da un colore diverso. Oltre che attraverso il sito web, MonIQA è accessibile anche mediante un'app per dispositivi mobili Android che può essere scaricata da Google Play.
“Il servizio non ha ovviamente carattere di ufficialità, ma ha lo scopo di presentare i dati sulla qualità dell'aria in maniera facilmente comprensibile ai cittadini - ha spiegato Giuseppe Anastasi - L’indice che abbiamo elaborato è una grandezza che esprime in maniera sintetica lo stato di qualità dell'aria, prendendo contemporaneamente in considerazione i dati di più inquinanti atmosferici, quali PM10, PM2.5, biossido e monossido di azoto, ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo e benzene”.
Per sapere che aria stiamo respirando basta dunque accedere al sito web, o aprire l’app sul dispositivo mobile, e visualizzare l’indice di qualità dell’aria relativo alla propria città. Le classi buona e discreta indicano che nessuno degli inquinanti ha registrato superamenti degli indicatori di legge e che quindi non vi sono criticità. Le altre tre classi - mediocre, scadente e pessima - indicano invece che gli inquinanti considerati hanno superato il relativo indicatore di legge. Attualmente le regioni monitorate da MonIQA sono tutte tranne Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania e Molise, alcune delle quali lo saranno però a breve.
Ne hanno parlato:
Repubblica.it
AdnKronos
GreenReport.it
Nazione.it
Panorama.it
AmbienteTiscali.it
Il Giornale di Milano
La Nazione Pisa
Famoso nella cucina romana, lo si trova anche sulla tavola di Caterina de’ Medici. Si tratta dall’agresto, un condimento tipico toscano recentemente riscoperto che si ottiene dalla spremitura dell’uva immatura dopo la concentrazione a caldo e l’eventuale aggiunta di erbe e spezie. A svelarci le origini e gli usi di questo condimento c’è adesso un libro “Agresto. Un condimento ritrovato” (C&P Adver Effigi, 2015) curato dal professore Giancarlo Scalabrelli dell’Università di Pisa e da Aurelio Visconti.
Accanto a storia e ricette, il volume illustra i risultati dell’attività sperimentale nata dalla collaborazione tra il dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-Ambientali dell’Ateneo pisano e la ditta Lombardi e Visconti s.a.s. di Abbadia San Salvatore, che produce commercialmente il condimento.
A partire da diversi vitigni del germoplasma dell’Amiata, oltre che dal Sangiovese, i ricercatori hanno ottenuto vari tipi di agresto da uve da "agricoltura biologica" realizzando un condimento con interessanti proprietà antiossidanti, un elevato contenuto di acidi organici e catechine, privo di conservanti e senza alcool, dato che la sua produzione non richiede alcuna fermentazione.
“Pur esistendo un’antica ricetta, il nostro obiettivo era di ottenere un agresto peculiare, da utilizzare come ingrediente per i piatti tipici del territorio – spiegano gli autori del volume - in modo da soddisfare una nicchia di consumatori che gradiscono un condimento genuino, ottenuto con metodi naturali, e di gusto facilmente riconoscibile. L’agresto viene attualmente commercializzato in piccole quantità, ma essendo particolarmente richiesto dalla ristorazione toscana, è probabile che in futuro il suo utilizzo possa espandersi”.
Nella foto, tipi sperimentali di agresto prodotti con uve di vitigni autoctoni. Le diverse colorazioni dell’agresto dipendono più dalle modalità di preparazione, che prevedono fasi di cottura e aggiunta di spezie, che dal tipo di uva bianca o nera, dato che l’uva viene raccolta immatura.
Con una donazione di 17.000 euro la LAV finanzierà una borsa di studio per sostenere la ricerca senza l’uso di animali. Lunedì 1 febbraio, Gianluca Felicetti, presidente dell’associazione, accompagnato dalla biologa Michela Kuan, responsabile del settore Vivisezione, ha consegnato al direttore del Centro Piaggio, Andrea Caiti, e al gruppo di ricerca di Arti Ahluwalia un contributo destinato a sviluppare un bioreattore che riproduca l’ambiente dinamico dell’alveolo polmonare e che sia in grado di testare la tossicità di sostanze chimiche inalate. Il tutto senza ricorrere alla sperimentazione animale.
Il progetto prevede la realizzazione di un prototipo, nominato MALI (Moving Air-Liquid Interface) per l’esposizione di areosol su colture di cellule epiteliali alveolari, capace di simulare le azioni di inspirazione, espirazione, flusso sanguigno e deposizione biomimetica di aerosol. Tale sistema permetterà il superamento del ricorso ad animali anche dal punto di vista normativo: «Già da tempo il nostro gruppo di ricerca sviluppa modelli di organi e di sistemi in vitro in grado di mimare la fisiologia e le patologie umane – commenta la professoressa Ahluwalia – Come bioingegneri lavoriamo per il benessere dell’uomo e queste tecnologie ci permettono di sviluppare metodi più sicuri e scientificamente più esatti per il raggiungimento dei nostri obiettivi».
“Questa borsa di studio è l’ennesima dimostrazione che non solo è possibile, ma è doveroso fare una ricerca senza vivisezione – afferma Michela Kuan – il modello animale appartiene al passato e ognuno di noi deve impegnarsi per il suo superamento affinché venga realmente tutelata la salute umana. I fondi pubblici e privati devono essere indirizzati verso lo sviluppo dei metodi sostitutivi e questo contributo è la prova più concreta dell’applicazione di tali metodi, in risposta a chi ci attacca negando l'esistenza della ricerca senza animali: innovativa, scientificamente affidabile e utile”.
Al momento, la valutazione della tossicità delle sostanze chimiche inalate prevede l’uso di un elevato numero di animali da sottoporre a inalazione forzata, che comporta morte, dolore e agonia. «I risultati di questi test sono inaffidabili, in quanto correlano la mortalità della cavia con la concentrazione della sostanza a cui è esposta, senza prendere in considerazione i meccanismi che portano a tale effetto. A tutto questo va aggiunta la necessità di estrapolare i dati e correlare il modello animale con la risposta umana. Sono quindi necessari test più diretti, semplici ed efficaci che non richiedano la sperimentazione animale, sia per ragioni etiche ed economiche, che per ragioni scientifiche».
Il finanziamento è stato reso possibile grazie al contributo dei cittadini che hanno scelto di devolvere alla LAV il 5x1000.
Ne hanno parlato:
ADNkronos
Nazione Pisa
Pisa Today
gonews
Quotidiano.net
Il Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa ha compiuto i suoi primi 50 anni. Le celebrazioni, alla presenza del rettore dell’Università di Pisa, Massimo Augello, e del sindaco del Comune di Pisa, Marco Filippeschi, si svolgeranno martedì 2 febbraio, alle ore 15.00, nell’Aula Magna di Ingegneria, in Largo Lucio Lazzarino.
Leggi il programma.
Fondato alla fine del 1965, il Centro venne intitolato a Enrico Piaggio, che aveva sostenuto lo sviluppo degli studi di ingegneria meccanica all’Università di Pisa. Da allora, porta avanti una ricerca ampiamente multidisciplinare nei settori della robotica e della bioingegneria, prima come Centro Interdipartimentale, affiliando i dipartimenti di dipartimenti di ingegneria aerospaziale, sistemi elettrici e automazione, ingegneria dell'informazione, matematica, ingegneria meccanica, nucleare e della produzione, chimica e ingegneria chimica, e gli istituti del CNR di fisiologia clinica e per le applicazioni del calcolo e, dal 2012, come Centro di Ricerca di Ateneo.
“Proprio questa vocazione interdisciplinare è il nostro punto di forza – afferma il direttore Andrea Caiti – il Centro vede infatti l’incontro e il lavoro congiunto di scienziati di diverse discipline, sia scientifiche che umanistiche, dall’ingegneria alle scienze matematiche, mediche, psicologiche e filosofiche. Attualmente, vi operano circa 100 ricercatori provenienti da diverse aree dell’Università di Pisa e da diverse università internazionali ed europee (Giappone, Cina, India, Francia, Stati Uniti, Norvegia, Messico, Iran, Spagna).”
Il Centro “E. Piaggio” ha dato vita a diversi progetti di spin-off di successo, ha aperto laboratori e attività convenzionate con enti del territorio circostante e con il Polo scientifico-tecnologico di Navacchio, dando vita a collaborazioni con diverse aziende pubbliche e private, oltre che con università e centri di ricerca italiani e internazionali.
“Oltre all’importante ricaduta sul territorio, la nostra vocazione è internazionale – prosegue il professor Caiti – grazie alla collaborazione con diversi enti, tra cui il MIT a Boston e l’Agenzia Aereospaziale Tedesca, e alla partecipazione a diversi progetti europei”.
Dalla sua fondazione, il Centro “E. Piaggio” ha gestito 73 progetti europei, nazionali e regionali. Nel 2015 ha ricevuto finanziamenti da progetti per circa 4 milioni di euro, partecipando a diversi programmi finanziati dall’Europa per la ricerca e l’innovazione. Sono attualmente attivi presso il Centro 14 progetti di ricerca europei, nell’ambito dei settori della soft robotics, interazione fisica uomo-robot, aptica e mani artificiali, metodi di controllo avanzato per i sistemi complessi, robotica sottomarina, sistemi indossabili, neuroingegneria socio-cognitiva, biometria, analisi dei segnali biomedici, sistemi muscolari artificiali, modelli sistemici in vitro.
Con la sua nomina sono tre i docente del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Agro-ambientali dell’Università di Pisa chiamati dalla Regione Puglia per contrastare la Xylella. A metà gennaio il professore Giovanni Vannacci (foto), ordinario di Patologia Vegetale e presidente della Società Italiana di Patologia Vegetale (SiPaV), è stato invitato a far parte della task force che dovrà fornire indicazioni sulle azioni da intraprendere per il contenimento del disseccamento rapido dell’olivo associato al batterio Xylella fastidiosa. La sua nomina avviene dopo quelle, a novembre scorso, dei professori Riccardo Gucci e Giacomo Lorenzini.
La questione Xylella è balzata di recente all’attenzione della cronaca dopo il decreto della procura di Lecce con il quale sono stati incriminati alcuni ricercatori impegnati nelle ricerche sulla malattia e sono stati posti sotto sequestro gli olivi destinati, nel quadro delle azioni volte a contenere l’epidemia stessa, all’abbattimento.
“La devastazione degli oliveti nel Salento non è solamente un problema di ordinaria gestione della produzione agraria, ma ha anche importanti risvolti sociali – ha commentato Giovanni Vannacci – e l’olivicoltura in Puglia, e non soltanto in Puglia, ha radici profonde nella storia dei territori ed importanti ricadute anche in altri in settori, quale quello turistico, di grande importanza economica”.
Per la seconda volta consecutiva si sono guadagnati un posto a bordo del razzo sonda che l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) lancerà nello spazio a Kiruna, in Svezia, a marzo 2017, dove potranno montare una versione aggiornata e migliorata del loro “termosifone spaziale” da testare in condizioni di assenza di gravità. Sono i ragazzi del team “U-PHOS Project” (evoluzione rinnovata del precedente PHOS), studenti dell’Università di Pisa selezionati dall’ESA per partecipare al programma REXUS/BEXUS (Rocket and Balloon Experiments for University Students). Il loro obiettivo è costruire entro marzo 2017 un innovativo tipo di Heat Pipe, un tubo di calore in grado di funzionare solo a gravità ridotta. Il dispositivo che verrà testato raggiungerà circa 100 km di altezza per poi rientrare a terra.
«L’obiettivo del progetto è investigare il funzionamento di un dispositivo per lo scambio termico – spiega Pietro Nannipieri, team leader di U-PHOS – Questo dispositivo deve trasportare in modo efficiente il calore da una parte all’altra, è una specie di condizionatore, anche se la sua forma ricorda quella di un termosifone. Il mondo scientifico e spaziale, ESA compresa, è molto interessato a questa tecnologia in quanto molto leggera, economica e resistente ai guasti».
Con il loro progetto gli studenti pisani avranno la possibilità di partecipare alle fasi progettuali, gestionali e operative di una vera missione spaziale: “Il dispositivo che verrà testato è chiamato PHP, acronimo di Pulsating Heat Pipe, un tipo di tubo di calore che funziona con un regime di circolazione pulsante – continua Pietro Nannipieri – Le PHP sono caratterizzate da una grande semplicità produttiva e quindi un basso costo che determina poi un coefficiente prestazioni-costo molto alto. Durante l'esperimento verrà somministrata potenza termica in una sezione del dispositivo e sottratto in un’altra, con questa procedura si potranno determinare vari parametri funzionali in assenza di gravità. Questi dati verranno poi paragonati con quelli acquisiti con altri esperimenti eseguiti a terra».
Rispetto alla precedente esperienza, verranno usate delle schiume metalliche all’interno dell’esperimento per migliorarne le performance termiche. La meccanica dell’esperimento verrà rivoluzionata per migliorarne le prestazioni e diminuirne il peso. Infine anche la parte di acquisizione dei dati verrà completamente rinnovata con un sistema fortemente innovativo in modo da permettere di acquisire dati più accurati. In sostanza, l’oggetto dell’esperimento è lo stesso ma il set-up sperimentale è completamente rivoluzionato.
I team selezionati dall’ESA si ritroveranno a Kiruna nel prossimo mese di marzo per la “PDR”, la Preliminary Design Review, dove gli esperti di tutte le organizzazioni partecipanti valuteranno il “disegno preliminare”. Il team U-PHOS dell’Università di Pisa è l’unico italiano a essere stato selezionato nella categoria “Rocket” dall’ESA, ramo Educational, che ogni anno offre la possibilità, agli studenti di tutte le nazioni appartenenti alla comunità europea, di partecipare al programma REXUS/BEXUS.
Il team di U-PHOSI componenti della squadra pisana - supportata dai tre dipartimenti di Ingegneria - sono 15: Pietro Nannipieri, Giulia Becatti, Alessandro Viglione, Eugenio Ferrato, Andrea Catarsi, Paolo Di Giorgio, Lorenzo Quadrelli, Lorenzo Barsocchi, Pietro Guardati, Federico Nesti, Francesco Zanaboni, Martina Anichini, Stefano Piacquadio, Davide Di Prizio, Gabriele Meoni. I professori a supporto del progetto sono Sauro Filippeschi, Luca Fanucci, Federico Baronti, Paolo Di Marco, Salvo Marcuccio.
Collaboratori cercasi
La squadra è alla ricerca di studenti che possano collaborare nelle seguenti aree: marketing, social marketing, organizzazione eventi, gestione rapporto con aziende e fornitori, programmazione embedded, web designer, web developer, CAD drawings (disegni meccanici), test e manufacturing. La selezione è aperta a tutti gli studenti, non solo quelli inscritti a Ingegneria. Gli interessati possono compilare il form a questo link.
Per qualsiasi informazione è possibile inviare un messaggio sulla pagina Facebook o scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Ne hanno parlato:
QN
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Creare un archivio digitale on line per riunire le voci dell’Italia durante il primo conflitto mondiale: soldati, propaganda ufficiale, giornali, élite intellettuale o popolo E’ questo l’obiettivo di “Voci della Grande Guerra”, un progetto finanziato dalla Presidenza Consiglio dei Ministri nell’ambito delle celebrazioni centenario del 1914-18 che nei prossimi diciotto mesi impegnerà l’Università di Pisa, l’Accademia della Crusca, l’Istituto di Linguistica Computazionale “Antonio Zampolli” del CNR e il Centro Interuniversitario di Studi e Ricerche Storico-Militari con sede all’Università di Siena.
“La creazione di questo archivio consentirà di capire e di indagare il modo in cui gli italiani hanno sentito e raccontato la guerra e di come il conflitto abbia a sua volta mutato profondamente il linguaggio – ha spiegato Alessandro Lenci del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università di Pisa – e non a caso il corpus di testi verrà anche utilizzato per lo sviluppo del Grande Vocabolario dell’italiano post-unitario in cantiere presso l’Accademia della Crusca, sotto la direzione del professore Claudio Marazzini”.
Il progetto, che vede anche coinvolto il professore Nicola Labanca dell’Università di Siena, uno dei maggiori esperti sulla storia della prima guerra mondiale, raccoglierà e metterà a confronto per la prima volta una grande varietà di materiali alcuni dei quali mai digitalizzati prima. Infatti, nonostante siano già disponibili archivi digitali della Grande Guerra, questi tipicamente sono limitati ad un unico genere come ad esempio la diaristica. In questo caso invece saranno riuniti testi provenienti dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze, dal Museo storico italiano della guerra di Rovereto e dal Museo storico di Trento, raccolte inedite dagli Archivi della scrittura popolare, la serie completa degli Atti parlamentari, articoli da quotidiani come “La Stampa” e il “Corriere della sera” e altri che saranno appositamente digitalizzati, ma anche riviste di particolare interesse come ad esempio i cosiddetti “giornali di trincea”, pubblicati appositamente per le truppe combattenti. Il corpus coprirà l’arco dal 1914 al 1918, per analizzare l’impatto immediato della guerra sull’evoluzione della lingua, così come le diverse modalità di rappresentare la guerra nelle varie fasi del conflitto, ad esempio prima e dopo la disfatta di Caporetto.
“Alla fine tutti i materiali saranno disponibili on line – ha concluso Alessandro Lenci - e grazie all’uso di tecniche avanzate di linguistica computazionale, web semantico e visualizzazione dell’informazione sarà possibile fare ricerche semplici, efficaci ed innovative in modo da far conoscere e apprezzare la polifonia delle voci dell’Italia in guerra”.
Nella sua giornata pisana, la Presidente della Camera, on. Laura Boldrini, ha visitato l'Orto Botanico dell'Università di Pisa, il più antico al mondo annesso a un'istituzione universitaria, e conosciuto alcune delle eccellenze scientifiche dell’Ateneo. Accompagnata dal rettore Massimo Augello e dai prorettori alla Ricerca, Roberto Barale e Paolo Ferragina, la Presidente ha fatto prima un giro tra piante, serre e percorsi espositivi dell'Orto, e si è quindi soffermata nell'Aula "Savi", dove sono stati allestiti tavoli tematici con alcuni dei principali progetti di ricerca dell'Università di Pisa.
Tra gli stand, organizzati sul modello della "Notte dei Ricercatori", la Presidente ha iniziato il suo giro intrattenendosi a parlare con i fondatori di due spin-off dell’Ateneo, che hanno ottenuto numerosi premi e riconoscimenti internazionali: "BioBeats", la startup che sviluppa app per il well-being, e "VIPER", che sviluppa oggetti “intelligenti” per l’Internet of Things. Inoltre, alla Presidente sono state illustrate le attività della SoBigData European Research Infrastructure, una delle sei finanziate dall'Unione Europea, che ha a Pisa il suo coordinamento europeo.
Le ricerche di eccellenza in mostra hanno riguardato numerose tematiche. Una postazione è stata dedicata agli studi agro-alimentari e del Centro sulla Nutraceutica, con la presentazione degli alimenti originati dalla ricerca con caratteristiche nutrizionali, tecnologiche o funzionali altamente innovative, dal pane e vino ottenuti con tecnologie che eliminano la presenza di additivi chimici, al miele e al polline ottenuti con tecniche di allevamento innovative, al famoso formaggio senza colesterolo.
Un secondo stand ha riguardato le neuroscienze, con le ricerche dell’unico centro italiano di imaging avanzato (Imago7) e le sue applicazioni per le patologie del cervello; un'altra postazione ha illustrato le eccellenze nella fisica, dagli studi fondazionali alle applicazioni, come ad esempio la fisica medica. Inoltre si è parlato anche dell’importante esperimento VIRGO, frutto di una collaborazione europea, che a oggi è il più grande rilevatore di onde gravitazionali d’Europa.
I ricercatori di robotica e bioingegneria del Centro “Enrico Piaggio” hanno fatto sperimentare alla Presidente la mano robotica Soft Hand, facendola anche dialogare con il robot Face, la faccia robotica dalle sembianze umane utilizzata anche per l’interazione con bambini autistici. I medici e gli ingegneri di “Endocas”, il Centro di chirurgia assistita al calcolatore, hanno descritto un sistema di navigazione chirurgica indossabile con tecnologia di realtà aumentata, simulatori medici paziente specifici, e dime chirurgiche per guidare le viti in interventi di fusione spinale.
Infine il Centro interdipartimentale di Scienza e Ingegneria dei materiali, che raggruppa nove dipartimenti dell’Ateneo e conta circa cento membri tra docenti e ricercatori, ha presentato alcune attività di ricerca, in particolare quelle sui materiali biodegradabili e da risorse rinnovabili - dai vasi agli involucri per uova prodotti con il mais - i compositi a matrice ceramica per impiego ad alta temperatura e le nanotecnologie per i Beni Culturali.
Nei giardini dell’Orto botanico sono stati infine esposti la vettura di “Formula Student” della Squadra Corse dell'Università, che correrà nel prossimo campionato internazionale di Formula SAE, e un veicolo subacqueo autonomo per ispezioni dei fondali e della oceanografia.
"Sono stata molto contenta di aver potuto scoprire alcune delle tante eccellenze che ci sono all'Università di Pisa - ha detto la Presidente Boldrini, all'uscita dall'Orto Botanico - e penso che noi tutti dobbiamo essere davvero orgogliosi dei nostri ricercatori che, come ho potuto costatare questa mattina, sono impegnati a fondo per il bene comune".
Nel pomeriggio, al Polo Carmignani, la Presidente Laura Boldrini, è stata protagonista di un incontro aperto al pubblico e agli studenti per presentare il suo ultimo libro, Lo sguardo lontano, pubblicato da Einaudi. Ai saluti del rettore Massimo Augello, sono seguiti brevi riflessioni introduttive affidate ai professori Carlo Casarosa, Enza Pellecchia ed Eugenio Ripepe, e l'intervento della stessa Presidente Boldrini. Il dibattito è stato stimolato e coordinato dal giornalista Bruno Manfellotto, ex direttore del settimanale "L'Espresso".
Il volume Lo sguardo lontano, i cui proventi destinati all’autrice saranno impiegati per finanziare borse di studio, racconta dall’interno l’esperienza di Presidente della Camera dei Deputati e l’impegno messo per far diventare quell'Istituzione anche il luogo di una nuova cittadinanza, dimostrando che la rotta può essere invertita e che c’è una buona politica fatta di giustizia sociale, riconoscimento della dignità, di restituzione della speranza a chi sembra averla perduta.
Ne hanno parlato:
Nazione Pisa
Tirreno Pisa
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PisaToday.it
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Tirreno.Pisa.it
PisaInformaFlash.it
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