La EuroHaptics Society ha da poco assegnato il premio per la migliore tesi di dottorato del 2015 ad Alessandro Altobelli, che ha lavorato sotto la supervisione di Antonio Bicchi tra Genova e Pisa. Alessandro ha sviluppato dei nuovi strumenti (a forma di tripode) per studiare il controllo e la coordinazione dei muscoli della mano nelle prese a tre dita di oggetti di diversa rigidezza e deformabilità.
I risultati rappresentano un passo avanti nella conoscenza delle sinergie alla base del controllo motorio nella mano umana. Fino a questo momento infatti, la ricerca sui dispositivi aptici si era concentrata sulle prese a due dita di oggetti rigidi. I tripodi realizzati da Altobelli possiedono tre punti di contatto la cui pressione è regolabile, e permettono quindi di simulare oggetti di rigidezza variabile. La misura della distrubuzione di forze e torsioni sulle tre dita che impugnano il tripode è stata ottenuta monitorando, tramite elettromiografia, i muscoli antagonisti sull’avambraccio.
Questo tipo di dispositivi potrà essere impiegato sia per migliorare l’interazione tra macchina e essere umano, ad esempio nel caso di arti protesici, sia per stabilire il grado di avanzamento delle procedure di riabilitazione in persone con disabilità motorie.
Per approfondimenti:
Tesi di dottorato: Development and validation of haptic devices for studies on human grasp and rehabilitation.
Autore: A. Altobelli.
22nd Mediterranean Conference of Control and Automation, 2014, 346 - 350, Three- digit grasp haptic device with variable contact stiffness for rehabilitation and human grasping studies. Autori: A. Altobelli, M. Bianchi, A. Serio, G. Baud-Bovy, M. Gabiccini, A. Bicchi.
When a star “eats” a planet, its colour and chemical composition change. The hypothesis that the swallowing of a planet rich in iron and other heavy elements is responsible for the abnormal aspect of some stars is not new. However, until now, detailed calculations had never been used to quantify the extent of the effect.
In a recent article in the scientific journal “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”, Emanuele Tognelli, Pier Giorgio Prada Moroni and Scilla Degl'Innocenti from the Department of Physics at the University of Pisa published the results of a study carried out on a peculiar star in Gamma Velorum, a young multiple star system in the Milky Way about 1,200 light years from Earth. The peculiarity of this star consists in the abnormal abundance of chemical elements heavier than helium, which astronomers generically call metals, noted on its surface. This anomaly could be justified by the phenomenon of accretion of the star itself after the ingestion of one or more planets.
The three astrophysicists from the University of Pisa used numerical simulations on the computer for the first time, to demonstrate what happens to a young star when it ingests a planet and how these effects depend on the mass of the planet itself, from Earth-like to 50 times more massive, as well as on its chemical composition.
"In these cases, the principal effect of the planet ingestion is to increase the metal content in the outer region of the star and therefore to modify the observable chemical abundance. On the other hand, the metals absorb light in shorter wavelengths making the red hue more prominent, giving the star a more reddish tint than usual,” explained the researchers.
The model created by the team of scientists from the University of Pisa is able for the first time to describe in a detailed manner an event that has never been observed in real time.
“The accretion of a planet is a very quick phenomenon and therefore difficult to observe directly. However, an event like this has repercussions on the structure and evolution of the star that can explain the characteristics of some abnormal stars. Our simulations have demonstrated that the entity of the effect depends very much on the mass and age of the star at the moment it ingests the planet,” concluded the three scientists.
Quando una stella “mangia” un pianeta, il suo colore e la sua composizione chimica cambiano. L’ipotesi che l’ingestione di un pianeta ricco di ferro e altri elementi pesanti sia responsabile dell’aspetto anomalo di alcune stelle non è nuova. Tuttavia, fino a questo momento, non erano mai stati fatti calcoli dettagliati per quantificare l’entità dell’effetto.
In un recente articolo della rivista scientifica “Monthly Notices of the Royal Astronomical Society” Emanuele Tognelli, Pier Giorgio Prada Moroni e Scilla Degl'Innocenti del Dipartimento di Fisica dell'Università di Pisa hanno pubblicato i risultati di uno studio condotto su una stella peculiare di Gamma Velorum, un ammasso stellare giovane della Via Lattea che dista dalla Terra circa 1.200 anni luce. La peculiarità di questa stella consiste nell’anomala abbondanza di elementi chimici più pesanti dell’elio, che gli astronomi chiamano genericamente metalli, osservati sulla sua superficie, anomalia che potrebbe essere giustificata da un fenomeno di accrescimento subito dalla stella stessa dopo l’inglobamento di uno o più pianeti.
I tre astrofisici dell’Ateneo pisano hanno realizzato – per la prima volta - delle simulazioni numeriche al computer che hanno permesso di studiare cosa accade a una stella giovane quando ingloba un pianeta e come questi effetti dipendono dalla massa del pianeta stesso, da simile alla Terra a 50 volte più grande, e dalla sua composizione chimica.
"In questi casi, l’effetto principale dovuto all’accrescimento di un pianeta è quello di aumentare il contenuto di metalli nella parte esterna della stella e quindi modificare le abbondanze chimiche osservabili. D’altro canto, i metalli, assorbendo la luce a lunghezze d'onda più corte, fanno risaltare maggiormente le tonalità rosse spingendo la stella verso un colore più rossastro del normale”, hanno spiegato i ricercatori.
Il modello realizzato dal team di scienziati dell’Università di Pisa riesce a descrivere per la prima volta in modo dettagliato un evento che non è mai stato osservato in tempo reale.
“L’accrescimento di un pianeta è un fenomeno molto veloce e pertanto difficile da osservare direttamente. Tuttavia, un tale evento ha delle ripercussioni sulla struttura e sull’evoluzione della stella che possono spiegare le caratteristiche di alcune stelle anomale. Le nostre simulazioni hanno mostrato che l’entità dell’effetto dipende molto dalla massa e dall’età della stella nel momento in cui ingerisce il pianeta”, hanno concluso i tre scienziati.
Venerdì 8 luglio, nell’ambito dell’edizione fiorentina di SMAU, il Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa si è aggiudicato il premio SMAU Innovation, conferito a progetti altamente innovativi nel campo dei processi di produzione o della governance. Il Centro di Ricerca dell’Ateneo pisano è stato premiato per il progetto SAFE QUARRY, finanziato dalla Regione Toscana con il bando “sistemi e distretti produttivi tipici”, che ha messo a punto tecnologie di monitoraggio innovative a supporto del distretto lapideo, con lo scopo di aumentare e migliorare l’attività estrattiva.
“La tecnologia messa a punto nel corso del progetto – spiega Andrea Caiti, direttore del Centro di Ricerca “E. Piaggio”, che ha ritirato il premio – consente, tramite emissione radar, di fare una sorta di radiografia al blocco di marmo direttamente in cava, prima che sia estratto, individuando eventuali fratture interne anche di dimensioni inferiori al millimetro. In questo modo è possibile programmare l’attività estrattiva in modo più efficiente, per evitare sprechi sia economici che ambientali, ed estrarre un materiale privo di fratturazioni e quindi qualitativamente migliore. Inoltre, le operazioni di controllo del sottosuolo, e le relative attività di analisi e interpretazione dei dati aprono spazi di formazione e impiego per personale altamente qualificato.”.
“La sfida – afferma Andrea Lorenzini, della G.M.C., l’azienda di Massa Carrara che ha coordinato il progetto e messo a disposizione la prima cava per il prototipo - era anche l’utilizzo di tecnologie complesse in un ambiente industriale difficile come quello di una cava: il sistema, costituito da sensori radar e sensori per il posizionamento, è stato collocato su una struttura meccanica che, muovendosi su binari, può ricoprire con facilità e in tempi ristretti tutta la superficie della cava, evitando così che gli operatori debbano arrampicarsi sulle pareti mettendo a rischio la loro sicurezza.”
Il sistema componibile e trasportabile messo a punto attraverso SAFE QUARRY può essere inoltre utilizzato, sempre nel settore del marmo, per certificare la mancanza di fratture all’interno dei blocchi più grossi già estratti, con una ovvia ricaduta sul prezzo finale di vendita e, inoltre, può essere utilizzato a seguito di eventi, come scosse di terremoto, per valutare l’effettivo danneggiamento di edifici storici e di beni culturali, orientando le attività di messa in sicurezza e di restauro.
Per concorrere al bando della Regione si è costituita una partnership tra enti provenienti dal mondo industriale e accademico toscano, con competenze di alto livello: G.M.C. Spa (Graniti Marmi Colorati – Estrazione e trasformazione marmi e graniti), Dazzini Macchine Srl, (Costruzioni meccaniche per il settore escavazioni), Sintecnica Srl (Ingegneria civile, strutturale, geotecnica e ambientale), Adatec Sensing & Automation Srl, (Progettazione elettronica di sensoristica avanzata), e Centro di Ricerca “E. Piaggio”.
Sabato 2 luglio, a Palazzo dei Congressi, si è tenuta la prima Cerimonia di consegna dei diplomi di laurea per i laureati di 1° livello della Scuola interdipartimentale di Ingegneria dell’Università di Pisa. L’idea di organizzare questo tipo di eventi è nata alcuni mesi fa come un nuovo modo di celebrare e festeggiare, da parte dei docenti, il raggiungimento della laurea triennale insieme ai giovani laureati, ai loro parenti e amici. Il diploma è stato consegnato da un’apposita commissione che, per l’occasione, si era vestita nel tradizionale abbigliamento accademico (tocco e toga). I soli laureati con lode, per i quali la consegna del diploma di laurea è previsto un altro evento tradizionale, hanno ricevuto la medaglia della Scuola di Ingegneria, coniata per l’occasione.
La partecipazione alla cerimonia è stata facoltativa, ma a questa prima edizione hanno aderito un buon numero di laureati (137 su 305). A tutti i presenti è stata offerta l’opportunità di descrivere durante la cerimonia, pur sinteticamente, il lavoro che hanno svolto come prova finale, con relazioni che hanno testimoniato la grande ricchezza e varietà degli studi di Ingegneria. La cerimonia si è svolta su quattro turni, due antimeridiani e due pomeridiani. La fine di ogni turno è stata scandita da un intenso applauso collettivo, che ha sancito la proclamazione dei neo-dottori.
Coloro che hanno ricevuto il diploma il 2 luglio sono i laureati (triennali) dei primi 3 appelli del 2016; i laureati (triennali) degli altri tre appelli riceveranno il loro diploma in analoga cerimonia che si terrà probabilmente il 21 gennaio 2017, e per la quale sono previste interessanti innovazioni fra cui, se sarà possibile, la partecipazione del Coro o dell’Orchestra dell'Università di Pisa.
Il presidente della Scuola di Ingegneria, Massimo Ceraolo, ha espresso grande soddisfazione per il pieno successo della cerimonia, augurandosi che essa diventi una tappa fissa e apprezzata della vita del nostro Ateneo: «Desidero ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla riuscita dell’evento, i neo dottori che hanno aderito e i loro parenti e amici in primis, le ben 14 unità di personale tecnico amministrativo del nostro ateneo che hanno operato con entusiasmo e convinzione, i presidenti di corso di studio. Tutti hanno accettato volentieri di partecipare a una cerimonia a dir poco insolita per Ingegneria, rubando alle proprie attività personali delle ore di un caldo sabato di luglio».
La professoressa Nicoletta De Francesco, prorettore vicario dell'Università di Pisa.
Il professor Massimo Ceraolo, presidente della Scuola di Ingegneria e coordinatore dell'inizaitiva.
(Foto a cura di Marco Vincenzi).
They are the missing or simply forgotten link, in understanding the evolution of human behaviour. These are lemurs, primates who share a common distant ancestor with us and due to their peculiarity, represent the ideal model to shed light on behavioural traits until now considered unique to monkeys, large anthropomorphs (and us). This is the central theme of the volume “The Missing Lemur Link” published by Cambridge University Press.
In the book, the authors, Elisabetta Palagi and Ivan Norscia, researchers at the Museum of Natural History of the University of Pisa, review 20 years of research on lemurs which for the most part they carried out themselves, both in the wild and in captivity. While in fact there has been extensive research at a biological and ecological level, the same cannot be said for social behaviour, which in some cases has been seen to be “unexpectedly sophisticated” and complex. Lemurs, for example, are capable of recognizing individuals even through olfactory channels, they can manage conflict using reconciliatory mechanisms and they exchange jobs (like delousing) following the market rules of supply and demand.
“Discovering the existence of these traits in lemurs,” explain Elisabetta Palagi and Ivan Norscia, “allows us not only to affirm that their cognitive capabilities and their level of sociability are much more complex than we believed, but also to join the dots which link us to them, giving them continuity with other primates.”
The book “The Missing Lemur Link” has nine chapters, each one covering a different ethological theme, following a comparative approach that compares lemurs’ behaviour with that of other primates and large anthropomorphs, including man. Each chapter also features informative boxes written by international experts who elaborate on the concepts expounded. The volume also includes a presentation by the British ethologist Jane Goodall, followed by an introduction by Ian Tattersall, curator emeritus of the Division of Anthropology of the American Museum of Natural History in New York, and by Alison Jolly, to whose memory the book is dedicated, as well as a postface by Michael Huffman from the University of Kyoto.
Sono l’anello mancante (o semplicemente dimenticato) per capire l’evoluzione del comportamento umano. Si tratta dei lemuri, primati che condividono con noi un lontano antenato comune e che per la loro peculiarità rappresentano il modello ideale per far luce su comportamenti finora ritenuti esclusivi delle scimmie, delle grandi antropomorfe (e nostri).
E’ questa la tesi centrale del volume "The Missing Lemur Link" appena pubblicato dalla Cambridge University Press. Gli autori, Elisabetta Palagi e Ivan Norscia, ricercatori del Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa, fanno il punto su venti anni di ricerche che hanno in buona parte condotto in prima persona, sia su esemplari in natura che in cattività. Se infatti i lemuri sono stati studiati estesamente dal punto di vista biologico ed ecologico, altrettanto non si può dire per l'etologia e il comportamento sociale, che in alcuni casi si dimostra “inaspettatamente” sofisticato e complesso. Questi primati ad esempio sono capaci di riconoscimento individuale utilizzando anche il canale olfattivo, sanno gestire i conflitti attraverso meccanismi di riconciliazione e si scambiano servizi (come lo spulciamento) seguendo la regola di mercato della domanda e dell’offerta.
“Riscontrare l'esistenza di questi comportamenti nei lemuri – spiegano Elisabetta Palagi e Ivan Norscia - ci permette non solo di affermare che la loro capacità cognitiva e il loro grado di socialità siano molto più complesse di quanto si credesse finora, ma anche di unire i puntini che ci legano ad essi, mettendoli in continuità con gli altri primati”.
Il libro "The Missing Lemur Link" è composto da nove capitoli, ciascuno dei quali affronta una tematica etologica diversa, secondo un approccio comparativo, mettendo a confronto il comportamento dei lemuri con quello delle scimmie e delle grandi antropomorfe, uomo incluso. Ogni capitolo contiene inoltre dei box informativi a firma di esperti internazionali che espandono i concetti trattati. Completano il volume una presentazione dell’etologa inglese Jane Goodall, l'introduzione di Ian Tattersall, curatore emerito della sezione di antropologia del Museo di Storia Naturale di New York, e di Alison Jolly, alla cui memoria il libro è dedicato, e la postfazione di Michael Huffman dell'Università di Kyoto.
The idea came about in winter 2011 when two Sardinian students at the University of Pisa, intent on saving money on gas bills, began to look for a more inexpensive solution to heat their home. Today that idea has turned into an enterprise or more precisely into the startup Enki Stove based in Leghorn, which designs, produces and sells ‘pyrolytic burners’, systems based on innovative technology which generate energy and heat from common biomass fuels (pellets, wood, twigs, pine cones) minimizing the production of harmful gases which pollute or are responsible for the greenhouse effect. Thanks to two crowdfunding campaigns, two lines of production have already come onto the market, Enki Stove Uno and Wild. The former includes three systems for cooking and outdoor heating while the latter has two models of biomass fuelled camp stoves.
“The technology behind all the Enki Stove products is protected by two patents and is the optimization of a pre-existing process called ‘open-system pyrolysis’,” explains Ivan Mura, the product designer and an aerospace engineering student at the University of Pisa who first had the idea. “I became aware of this process thanks to my passion for technology and the notions I learnt at university. After months of trials and experiments, and with the technical consultation from my friend Davide Nughes (an electronic technician now in charge of IT at Enki Stove), I was finally able to construct a device which satisfied my requirements: an efficient, stable, low-cost source of heat which was easy to use and did not produce harmful fumes throughout the entire process.”
Shortly after having seen the device at work, a number of people began to ask for a similar product for cooking or heating. At that point, Ivan and Davide realized they were in possession of such a useful and precious piece of technology that they decided to turn the idea into a business and included other friends in the project.
These friends are now members of the Enki Stove team: Gianluca Ricciardi, marketing manager, with a degree in Information Science and Technologies, Andrea Moretti, public relations manager, specializing in Business Communications at the University of Pisa and Simone Pisci, graphic designer.
“The Enki Stove systems transform biomass fuel by exploiting the gas derived from the decomposition of the same fuel to produce the energy necessary for the process,” explains Ivan. “This optimization is guaranteed by a particular geometric conformation of the combustion chamber, together with an electronic system which manages and modulates the flux of gas inside the chamber, making the pyrolysis stable, safe and smokeless as well as user friendly for the consumer. This technology is perfect for the design of outdoor kitchens, barbecues and camp stoves, but it could also be developed further for indoor heating.”
The students’ project has undergone a lengthy journey. Precious help came from Alessandro Capocchi, Andrea’s professor, who put them in touch with Lorna Vatta, a business angel with the SAMBA association, the Angel Investing Club founded by ex-students of the Sant’Anna School of Advanced Studies in Pisa, who led the Enki Stove team on an intense course of business development and acceleration.
Subsequently, Enki Stove participated in the CNRxEXPO at the Faculty of Agriculture of the University of Milan, where it received the ‘best pyrolytic technology’ award. Finally, last June, the startup participated in the Summer School in ‘Advanced Innovation Methods’ organized by the University of Pisa as part of the ENDuRE project.
In order to expand the financial shareholding and the liaisons activated by the investment club, SAMBA offered the Enki Stove team an equity crowdfunding campaign on the StarsUp portal. The collection ended positively a month before time, raising 240 thousand euros in exchange for a 34% participation in the capital of 41 new business partners. The capital raised was used to structure the society and begin the production of the two lines. For the launch of the latest line Wild, the company has decided to lead a campaign on another crowdfunding portal, Kickstarter, which has obtained excellent results: 94 thousand euros raised in a month from 434 backers.
L’idea è nata nell’inverno 2011, quando due studenti fuorisede sardi a Pisa, per risparmiare sulla bolletta del gas, si misero a studiare una soluzione più economica per produrre calore e riscaldare la loro casa. Oggi quell’idea si è trasformata in impresa, con più precisione nella start up Enki Stove con sede a Livorno, che progetta, produce e vende “bruciatori pirolitici”, sistemi basati su un’innovativa tecnologia che consente di ottenere energia e calore dalle comuni biomasse (pellet, legna, ramoscelli, pigne) riducendo al minimo la produzione di gas nocivi, inquinanti o responsabili dell’effetto serra. Grazie a due campagne di crowdfunding, sono già arrivate sul mercato due linee di prodotto, Enki Stove Uno e Wild, la prima composta da tre sistemi di cottura e riscaldamento per esterni, l’altra da due modelli di fornello da campo a biomassa.
«La tecnologia alla base di tutti i prodotti Enki Stove è protetta da due brevetti ed è l’ottimizzazione di un processo già esistente, chiamato “pirolisi aperta” – spiega Ivan Mura, product designer e studente di Ingegneria aerospaziale all’Università di Pisa che per primo ha avuto l’intuizione – Sono venuto a conoscenza di questo processo grazie alla mia passione per la tecnologia e alle nozioni imparate all’università e, dopo mesi di prove ed esperimenti, con la consulenza tecnica dell’amico Davide Nughes (tecnico elettronico e oggi responsabile IT di Enki Stove), sono arrivato alla costruzione di un dispositivo che finalmente soddisfaceva le mie esigenze: una fonte di calore efficiente, stabile, a basso costo, semplice da gestire e che non producesse fumi nocivi durante l’intero processo».
In poco tempo molte persone, vedendo all’opera questo particolare dispositivo, iniziarono a chiederne uno simile per cucinare o per riscaldarsi.
A quel punto, Ivan e Davide capirono di avere in mano una tecnologia utile e preziosa, tanto da decidere di farne un business, coinvolgendo nel progetto anche altri amici, oggi membri del team Enki Stove: Gianluca Ricciardi, responsabile marketing, laureato in Scienze e tecnologie della comunicazione, Andrea Moretti, responsabile public relations, specializzando in comunicazione d’impresa presso l’Università di Pisa e Simone Pisci, graphic designer.
«I sistemi Enki Stove trasformano le biomasse, sfruttando il gas derivato dalla decomposizione stessa per ottenere l’energia necessaria a sostenere il processo – spiega Ivan – Tale perfezionamento è garantito da una particolare conformazione geometrica della camera di combustione, unita a un sistema elettronico che gestisce e modula il flusso dei gas all’interno della camera, rendendo la pirolisi stabile, sicura e priva di fumi, semplice da utilizzare anche dal consumatore finale. Questa tecnologia è perfetta per costruire cucine da esterno, barbecue e fornelli da campo, ma in prospettiva è sviluppabile anche per mettere a punto riscaldamenti da interno».
Il progetto dei ragazzi ha già compiuto un lungo percorso: un aiuto prezioso è arrivato da Alessandro Capocchi, professore di Andrea, che li ha messi in contatto con Lorna Vatta, business angel dell’associazione SAMBA, l’Angel Investing Club fondato dagli ex-allievi della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che ha guidato il team Enki Stove in un intenso percorso di accelerazione e sviluppo imprenditoriale.
Successivamente Enki Stove ha partecipato al concorso indetto da CNRxEXPO, presso la facoltà di Agraria dell’Università di Milano, dove è stata premiata come “miglior tecnologia pirolitica”. Lo scorso giugno, infine, la start up ha partecipato alla Summer School in “Advanced Innovation Methods” organizzata dall’Università di Pisa nell’ambito del progetto ENDuRE.
Per espandere l’apporto finanziario e le relazioni attivate con il club d’investimento, SAMBA ha proposto al team di Enki Stove una campagna di equity crowdfunding sul portale StarsUp. La raccolta si è conclusa positivamente con circa un mese d’anticipo, raccogliendo 240 mila euro in cambio di una partecipazione del 34% circa nel capitale di 41 nuovi soci. Il capitale raccolto è servito a strutturare la società e a iniziare la produzione delle due linee di prodotto. Per il lancio dell’ultima linea Wild, l’azienda ha deciso di condurre una campagna su un altro portale di crowdfunding, Kickstarter, che ha raggiunto ottimi risultati: 94 mila euro raccolti in 1 mese da 434 backers.
Ne hanno parlato:
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Si svolge a Pisa il più importante appuntamento internazionale dedicato all’ecologia marina. Dal 26 al 30 giugno il Polo Fibonacci dell’Università di Pisa ospita l’International Temperate Reef Symposium (ITRS) giunto quest’anno all’undicesima edizione. Alla conferenza intervengono oltre 200 esperti provenienti da 23 Paesi che per cinque giorni si confronteranno su temi quali l’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità, la diffusione di specie invasive e il ‘Blue Growth’, cioè la crescita economica nel settore marittimo secondo un ottica di sviluppo sostenibile.
In particolare gli scienziati dell’Università di Pisa presenteranno alla comunità i risultati di ricerche decennali sul rischio di collasso delle foreste macroalgali, tra i sistemi marini costeri più rappresentativi del Mediterraneo vero e proprio serbatoio di biodiversità.
L’ International Temperate Reef Symposium viene organizzato ogni due o tre anni e in passato è stato ospitato da importanti Università in diversi paesi come Stati Uniti, Sud Africa, Cile e Inghilterra. L’ultimo congresso si è tenuto a Perth, in Australia, nel gennaio 2014 e in quella occasione è stata affidata l’organizzazione della nuova edizione all’Università di Pisa.
“Si tratta di un riconoscimento molto significativo, il risultato di un lungo processo iniziato oltre dieci anni fa, frutto della serietà e della reputazione internazionale degli ecologi marini dell'Ateneo”, racconta il professore Lisandro Benedetti-Cecchi del dipartimento di Biologia.