Si è tenuto martedì 10 dicembre, nella sede del Senato di Palazzo Madama, l'incontro sul tema "Scienza, innovazione e salute". L'iniziativa, a cui hanno partecipato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha affrontato temi che vanno dalla biomedicina alla fisica, dagli investimenti in ricerca al rapporto tra cultura umanistica e cultura scientifica e tra scienza e libertà. L'obiettivo primario è quello di ripristinare un utile dialogo tra il mondo della cultura scientifica e il mondo della politica e delle istituzioni.
All'incontro ha preso parte il professor Andrea Bonaccorsi, docente di Ingegneria economico-gestionale dell'Ateneo e componente del Consiglio direttivo dell'ANVUR, che ha tenuto una relazione dal titolo "Conviene investire in ricerca?".
Pubblichiamo di seguito il testo dell'intervento del professor Bonaccorsi.
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Conviene investire in ricerca?
In momenti di crisi economica e in presenza di un elevato debito pubblico anche la spesa per ricerca viene assoggettata alla dura disciplina dell'austerità. Le decisioni del governo e del Parlamento sono costrette a misurarsi con la ristrettezza delle risorse e quindi a porre di fatto, al di là della formalità, domande brutali: perché assegnare risorse alla ricerca a preferenza di altri settori della vita pubblica? Una volta assegnate le risorse, è possibile garantire un uso efficiente?
In questo intervento intendo offrire alla riflessione dei parlamentari alcune acquisizioni della ricerca economica sul ruolo della ricerca nelle società avanzate e sui principi di fondo con i quali finanziarla e gestirla. Accetterò quindi un terreno di gioco economico, pur sapendo che vi sono anche fondamentali motivazioni extra-economiche (culturali, sociali, di crescita della coscienza civile e delle istituzioni democratiche, di qualità della vita) per sostenere la ricerca.
Primo: investire in ricerca conviene
Assumendo un punto di vista economico, la spesa pubblica in ricerca deve essere considerata una spesa per investimento, non una spesa corrente. Infatti per definizione la ricerca produce effetti differiti nel tempo e presenta quindi tutte le caratteristiche della spesa per investimenti. La domanda economicamente rilevante è dunque: quanto rende la spesa in ricerca?
La ricerca può generare direttamente un ritorno economico. Questo effetto è evidente per la ricerca privata e si può misurare in riferimento ai profitti aggiuntivi che le imprese ottengono dai nuovi prodotti (innovazione di prodotto) e dalla riduzione dei costi e dal miglioramento della qualità (innovazione di processo). Anche per la ricerca pubblica è possibile identificare un ritorno economico diretto, ad esempio sotto forma di licenze sui brevetti delle università o di idee di ricerca che si trasformano in prodotti commerciali attraverso l'attività delle spinoff companies. E tuttavia l'esperienza di tutti i paesi avanzati suggerisce che l'impatto diretto è trascurabile. Persino nel caso della NASA è stato stimato che l'impatto diretto, in termini di prodotti che non si sarebbero mai realizzati senza la ricerca svolta internamente, era intorno al 10% della spesa, un livello chiaramente insufficiente a giustificare l'investimento. Quindi è un errore cercare la giustificazione economica della spesa in ricerca nell'impatto diretto. Questa è una prima lezione importante.
Quello che conta è l'effetto economico indiretto, che si manifesta in due dimensioni principali: gli spillover di conoscenza e la creazione di capitale umano.
Gli spillover sono i flussi di conoscenza che vengono generati dalla ricerca e che circolano nel sistema economico trovando applicazioni in settori anche molto lontani e con tempistiche imprevedibili. La telefonia cellulare non sarebbe mai nata senza la trasformata veloce di Fourier (FFT) e le banche non gestirebbero oggi in sicurezza l'home banking senza sistemi basati su una delle parti più astratte della matematica, la teoria dei numeri. Ma nessuno, nemmeno gli stessi ricercatori, poteva prevedere queste applicazioni.
La buona notizia è che oggi disponiamo di una stima di quanto valgono questi spillover in termini economici. Da alcuni decenni gli economisti hanno cercato di misurare non solo gli effetti diretti ma anche gli effetti indiretti, con varie tecniche di rilevazione, e poi, attraverso metodi finanziari che tengono conto del tasso di sconto, hanno sintetizzato le misure in un numero, chiamato tasso di rendimento. L'idea è semplice: un tasso di rendimento del 20% significa che per ogni 100 euro di investimento si riceve un flusso netto di 20 per ogni anno di vita dell'investimento. Il tasso di rendimento può quindi essere confrontato con quello di altri investimenti pubblici. Sebbene gran parte degli studi si siano occupati del rendimento della ricerca privata, in quanto l'impatto è maggiormente misurabile, vi sono anche importanti studi sull'impatto della ricerca pubblica.
La seconda buona notizia è che una volta misurato, questo tasso di rendimento è largamente superiore a quello di altri investimenti, sia pubblici che privati. Investire in ricerca conviene!
Alcuni degli studi sull'impatto economico della ricerca pubblica si soffermano su tre indicatori:
- La quota di innovazioni derivante dalla ricerca pubblica
- Il beneficio complessivo derivante dall'investimento in ricerca pubblica per tutta la durata dei loro effetti (da pochi anni a 20-25 anni)
- Il tasso di rendimento annuale.
Tutti gli studi confermano un impatto elevato; laddove si sia stimato il tasso di rendimento si ottengono valori compresi tra il 20 e il 50%. Ciò significa che, tenendo conto di tutti gli effetti diretti e indiretti, l'investimento si ripaga in 2-5 anni. Si tratta di tassi nettamente superiori ad altre forme di investimento pubblico.
La seconda forma di effetto indiretto è data dal capitale umano. Le istituzioni che producono ricerca producono anche, inscindibilmente, capitale umano qualificato. Quanto vale l'investimento in istruzione superiore? Anche in questo caso numerosi economisti si sono applicati in esercizi di stima, misurando l'aumento di reddito nell'intera vita lavorativa che è associato ai titoli di studio superiori (laurea o titoli post-laurea). Le stime più frequenti si attestano intorno ad un tasso di rendimento privato del 15-20% annuo, ed un tasso di rendimento sociale nello stesso range, anche se in genere più basso in quanto lo Stato sostiene una quota elevata della spesa. Anche in questo caso, si tratta di un rendimento superiore al costo del capitale e al livello medio degli investimenti industriali.
Secondo: la ricerca si (auto)governa attraverso il merito
La seconda evidenza risponde ad una domanda che in sede politica viene spesso legittimamente avanzata: posto che il risultato della ricerca è in gran parte immateriale e poco visibile, come evitare che i finanziamenti vengano allocati in modo inefficiente? Come evitare che il legislatore e il decisore pubblico siano indotti a finanziare attività che rientrano nell'interesse dei ricercatori, ma non della società? In altre parole, anche ammesso che si debba investire, come controllare l'allocazione dell'investimento tra i ricercatori?
Anche qui l'analisi economica ha fatto una scoperta interessante, ovvero che la produttività dei ricercatori è molto differenziata. L'evidenza è robusta. Se prendiamo i ricercatori più produttivi, ad esempio il top 1% dei ricercatori più citati al mondo, e li confrontiamo con quelli meno produttivi, scopriamo che non stanno su una retta che scende dolcemente, ma su una curva molto ripida. In altre parole, tra il primo 10% e l'ultimo 10% la differenza è enorme, assai più marcata di quella che si ha in altre attività professionali. In gergo tecnico, è in azione una legge di potenza.
Per quanto disturbante questa scoperta possa essere per il proprio ego, gli scienziati ci sono abituati, competono fieramente tra loro ma allo stesso tempo tributano con generosità i riconoscimenti ai loro colleghi più produttivi. Tra le ragioni che spiegano queste grandi differenze vi è il fatto che i ricercatori più brillanti arrivano a scoperte, a volte anche fondamentali, che aprono interi nuovi settori di ricerca. Più in generale, i ricercatori che acquisiscono maggiore visibilità internazionale attraggono maggiori finanziamenti, attirano gli studenti di dottorato migliori, creano laboratori, collaborano con i colleghi più stimolanti. Se giungono a scoperte importanti da giovani questi effetti sono ancora più pronunciati. Cumulando nel tempo gli effetti si giunge alle ampie differenze osservate empiricamente. Se poi i ricercatori produttivi si trovano insieme ad altri altrettanto di talento, allora nascono istituzioni (laboratori, istituti, dipartimenti) che possono mantenere elevati livelli di qualità scientifica anche per molti decenni.
L'implicazione di questa scoperta è molto chiara: la ricerca va sempre (sempre) governata con il merito. L'unica moneta che ha valore nella comunità scientifica è il riconoscimento del merito scientifico. Ciò significa due cose: che nemmeno un euro deve essere speso senza una rigorosa valutazione ex ante, sulla base della peer review, e che tutte le attività di ricerca (non solo quelle vigilate dal MIUR) dovrebbero essere sottoposte periodicamente ad una valutazione ex post.
Questa è anche una garanzia per il denaro pubblico. Se la spesa in ricerca viene allocata secondo criteri di merito, allora il Parlamento sa che non sarebbe possibile fare meglio, perché le risorse andranno proporzionalmente a coloro che possono utilizzarle nel modo più produttivo. Seguendo la traccia del merito, le comunità scientifiche si auto-organizzano, trovando al proprio interno le regole di funzionamento che massimizzano l'impatto positivo sulla società.
Ed è importante richiamare a questo Parlamento il fatto che la comunità scientifica italiana nel suo insieme, sia nelle università che negli enti di ricerca vigilati dal MIUR, si è appena sottoposta ad una valutazione che ha coinvolto tutti i ricercatori senza eccezione alcuna, e che ha portato a risultati trasparenti, consultabili in rete e confrontabili fin nei minimi dettagli. Parliamo della Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR) realizzata dall'ANVUR. Sulla base di questa valutazione verrà allocato il 66% della quota premiale del Fondo di Finanziamento Ordinario per le università, a sua volta pari al 13,5% del Fondo. Nessuna amministrazione dello Stato si è sottoposta ad un esercizio simile per ampiezza, copertura, rigore di metodo e trasparenza, nonché per impatto sul finanziamento. Invito a riflettere su cosa potrebbe accadere se altre parti della Pubblica Amministrazione venissero sottoposte ad una valutazione esterna di questa portata.
Non potrebbe esservi controprova migliore del fatto che i ricercatori sono quasi per costituzione pronti a sottoporsi al giudizio del merito. Ciò nonostante è onesto riconoscere che permangono ancora tracce, talora consistenti, di vecchie abitudini orientate a favorire i legami di appartenenza e di cordata, nella opacità dei criteri di giudizio. Ma occorre dire con assoluta chiarezza che la strada del merito è tracciata ed è irreversibile.
Terzo: i ricercatori sono più produttivi da giovani
Veniamo ad una ulteriore acquisizione della analisi economica della scienza, che va sotto il nome di ciclo di vita degli scienziati. Si è osservato che la produttività dei ricercatori diminuisce con l'anzianità. L'intuizione è la seguente: nel produrre risultati scientifici i ricercatori "investono" nel proprio capitale umano. Mano a mano che si avvicinano alla fine dell'attività accademica investono sempre di meno, perché sanno che non potranno sfruttare i risultati. Questo effetto è stato trovato su tutti i campi scientifici, con poche eccezioni. Naturalmente vi sono singoli scienziati che hanno una straordinaria produttività fino ad età avanzata, come questo Parlamento fino a poco tempo fa ha potuto constatare con la presenza di Rita Levi Montalcini e come testimoniano numerosi ricercatori attivissimi. Occorre tuttavia guardare agli effetti aggregati, non alle eccezioni, per quanto luminose.
La conseguenza è evidente. Se una istituzione scientifica non ha un adeguato turnover, la sua anzianità media aumenta inesorabilmente. Con il passare degli anni, questo produrrà un calo della produttività scientifica.
Il fatto che i ricercatori sono più produttivi da giovani ha anche un'altra conseguenza importante: occorre programmare la politica della ricerca su un ampio orizzonte temporale. I giovani non strutturati devono sapere che vi saranno opportunità di inserimento, molto selettive, per le quali prepararsi a tempo debito. I ricercatori devono sapere che vi saranno opportunità di carriera per le quali pianificare l'attività. Niente è più dannoso al sistema della ricerca di un avanzamento di carriera che funziona a "stop-and-go": per molti anni nessuna opportunità, poi d'improvviso una finestra stretta da cui tutti devono passare. Esistono studi economici che mostrano come la produttività della ricerca cali vistosamente a fronte di un andamento discontinuo del reclutamento.
Occorre quindi arrivare presto ad una programmazione pluriennale, che consenta ai soggetti di aprire veri e propri programmi di reclutamento a lungo termine.
Quarto: trovare con creatività nuove forme di finanziamento della ricerca
Di fronte alle evidenze sopra richiamate, e soprattutto all'ampiezza dei ritorni economici dell'investimento pubblico in ricerca, viene da chiedersi perché il nostro paese continui a segnalarsi nella coda di tutte le classifiche internazionali.
Vorrei avanzare una congettura. I governi e il Parlamento non ragionano secondo il tasso di rendimento della ricerca pubblica. Se lo facessero, raddoppierebbero la spesa italiana in pochi anni, comprimendo altre componenti della spesa pubblica.
Come ci dice un altro filone della teoria economica, i governi e il Parlamento ragionano sulla base di procedure di budgeting. Conservano la spesa dell'anno precedente se tutto va bene, tagliano se vi è austerità. L'Italia si è infilata in un tunnel di spesa sostanzialmente costante, in termini reali, dopo un decennio di forte crescita negli anni '80, e da allora non si è più mossa. La strategia di Lisbona è passata come acqua fresca. La logica del budgeting, in assenza di vigorose decisioni politiche, ha condotto ad assoggettare la spesa per ricerca agli stessi tagli lineari del resto della pubblica amministrazione, in controtendenza rispetto ai principali paesi nostri competitori.
Avanzo una modesta proposta. Perché non esplorare, prendendo atto di una difficoltà persistente, che si è finora espressa con governi di diverso orientamento, strade alternative di finanziamento della ricerca? Suggerisco due possibilità:
- Valorizzare il ruolo delle grandi aziende pubbliche nelle quali il Tesoro mantiene una quota del capitale: perché oltre che incassare dividendi lo Stati non chiede, in quanto azionista, di allocare una parte piccola ma costante degli utili alla costituzione di fondi per la ricerca, basati su procedure rigorose di peer review, sul modello delle fondazioni private?
- Agganciare la spesa in ricerca a qualche voce di fiscalità generale con un meccanismo automatico. Suggerirei di allocare alla ricerca una quota della tassazione dei giochi. Nelle scommesse le persone mostrano di essere propense al rischio, a differenza della generalità degli individui. Ebbene, una parte della tassazione potrebbe andare ad altri soggetti propensi al rischio, i ricercatori.
Credo che occorra esplorare nuove strade, sulle quali avventurarsi anche sfidando la opinione comune. I ricercatori a questo sono abituati e sono pronti a fare la loro parte.
Andrea Bonaccorsi
docente di Ingegneria economico-gestionale e componente del Consiglio direttivo dell'ANVUR
Il giorno in cui Estela Carlotto, presidentessa dell'Associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo, ha incontrato gli studenti dell'Università di Pisa, c'era anche Rafael, un ragazzo spagnolo iscritto al nostro Ateneo che ha origini argentine e che ha vissuto con un'emozione particolare il racconto della "nonna" che da 26 anni sta lottando per rintracciare i "nietos" desaparecidos, lanciando la campagna per il diritto all'identità.
Leggi qui l'articolo.
Alla fine dell'incontro abbiamo chiesto a Rafael se era disponibile a scrivere un articolo in cui raccontava la storia dei suoi genitori, con parole e ricordi capaci di spiegare meglio ai suoi "colleghi" di università cosa succedeva ai loro coetanei argentini durante gli anni della dittatura militare. Rafael ha subito accettato e ci inviato questa preziosa testimonianza.
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Paura e psicosi: vivere in Argentina negli anni Settanta
La visita all'Università di Pisa di Estela Carlotto, presidentessa dell'Associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo, ha avuto per me un significato speciale.
Io sono spagnolo, ma provengo da una famiglia argentina. I miei genitori hanno lasciato l'Argentina nel 1984, quando - anche se "il Processo di Riorganizzazione Nazionale" (soprannome che si era scelto il regime militare) era ufficialmente finito - i militari detenevano ancora un immenso potere politico e guidavano in maniera diretta il processo di transizione democratica. Mia sorella aveva appena due anni e i miei genitori decisero di costruirsi un futuro, con l'intento di evitare ai propri figli il clima di terrore che essi stessi avevano sofferto.
Non vi voglio parlare di processi politici, di colpi di Stato, di presidenti o di date. Queste sono informazioni che potete trovare su qualsiasi libro di storia contemporanea latinoamericana. Vorrei invece raccontarvi la vita quotidiana di un qualsiasi studente universitario sotto una dittatura militare colpevole di sequestri, di torture e di oltre 30.000 morti.
I miei genitori frequentavano l'università della città di La Plata, a una cinquantina di chilometri da Buenos Aires. Si tratta di una città di dimensioni medie, popolata soprattutto da studenti universitari, considerata da sempre città combattiva e politicamente impegnata con idee di sinistra (vi giuro che non sto parlando di Pisa!). In ragione di tali caratteristiche, La Plata divenne ben presto uno degli obiettivi principali della repressione.

Il governo dichiarò che tutti i giovani tra i diciotto ei trent'anni potevano, eventualmente, essere considerati sospetti di appartenere a gruppi terroristici. Essere uno studente, un operaio o membro di un sindacato significava perciò essere nel mirino degli apparati di repressione dello Stato. Quindi, anche se non frequentavi circoli progressisti o dichiaratamente anti-sistema, eri a rischio. A nulla valeva non avere motivazioni ideologiche o essere solo una studentessa modello che non si era mai preoccupata di politica. Qualsiasi persona poteva essere, potenzialmente, arrestata e desaparecida. Alcuni amici di mio padre, per esempio, hanno dovuto andare in esilio, altri furono torturati e purtroppo altri non tornarono mai.
Gli studentati, le aule studio e addirittura la mensa universitaria furono chiuse. La vita sociale era in pratica inesistente. Chi avrebbe osato a uscire la sera, quando solo si sentivano le sirene delle macchine della polizia o colpi di pistola in aria?
Non era possibile nemmeno prendere un caffè con tre amici, tutti i raggruppamenti di quattro o più persone erano vietati perché, secondo il regime, potevano essere "riunioni di organizzazione di atti sovversivi". Mia zia mi ha raccontato come lei e i suoi amici si ritrovavano spesso nella casa di uno di loro per studiare, mentre mangiavano una pizza o bevevano un po' di mate. E d'improvviso, un giorno, un gruppo di poliziotti entrò urlando e picchiandoli con dei manganelli. Tutti i suoi libri furono confiscati, ma per fortuna nessuno di loro fu portato in prigione.
Un collega di mio padre abitava di fronte a uno dei centri illegali di detenzione, situato in pieno centro della città. Tutto il quartiere sapeva cosa si trovava dietro quel portone, da dove tutti i giorni uscivano e tornavano numerosi Ford Falcon verdi senza targa; guidati da uomini vestiti di borghese che pulivano le loro armi in pieno giorno, indisturbati, impuniti. Tutti sapevano, ma si era costretti a fingere di non aver visto o sentito niente.
L'unico sbocco che la società trovò per sfuggire da quest'ambiente di oppressione erano le partite di calcio. La polizia non poteva ovviamente arrestare le migliaia di persone che affollavano gli stadi. Così, la gente approfittava dell'occasione per insultare il presidente e ai militari o cantare La Marcha Peronista.
C'era invece altra gente, che non aveva paura delle torture o della morte. Las Madres y Abuelas de Plaza de Mayo, quasi le uniche persone che avevano il coraggio di scendere, a viso aperto, in piazza e protestare; qualificate dalla stampa come "vecchie pazze, mamme di assassini e terroristi, anti-argentine".
Spero che questo piccolo articolo vi abbia fatto capire, almeno un po', com'era la vita sotto la giunta militare argentina. E per dare almeno un'idea di quanta importanza hanno avuto - e hanno - persone come Estela Carlotto.
Rafael Cejas Acuña
In un incontro appassionato con gli studenti dell'Università di Pisa, ha raccontato la sua storia personale e lanciato la campagna per il diritto all'identità promossa dall'Ambasciata Argentina in Italia con il sostegno della CRUI, la Conferenza dei rettori delle università italiane. Estela Carlotto, presidentessa dell'associazione "Abuelas de Plaza de Mayo", ha parlato a Pisa dei circa 500 "nipoti" nati da madri sequestrate e poi uccise durante la dittatura dei militari argentini e a loro volta dati poi illegalmente in adozione: "Per ora siamo riusciti a restituire la vera identità a 109 di quei bambini, che oggi hanno 30-35 anni – ha detto la Carlotto – Ne mancano ancora 391 e qualcuno di loro potrebbe trovarsi in Italia".
L'ospite argentina è stata accolta dai saluti del prorettore per l'Internazionalizzazione dell'Università di Pisa, Alessandra Guidi, che ha preso l'impegno di promuovere la campagna delle "Abuelas" tra gli studenti dell'Ateneo. All'incontro erano presenti anche Maurizio Vernassa, docente del dipartimento di Scienze Politiche, Hugo Estrella, docente del Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace, Giovanna Pagani, presidente di WILPF Italia - Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà, Massimo De Santi, presidente CIEP - Comitato Internazionale Educazione per la Pace, e Carlos Cherniak, capo dell'Ufficio politico e diritti umani dell'Ambasciata Argentina.
Guarda la galleria di foto sulla pagina Facebook dell'Università di Pisa.

"La macro-tragedia della dittatura argentina è fatta di tante micro-tragedie familiari – ha commentato Cherniak – Se l'Argentina è riuscita a uscire dagli anni bui del terrore ed entrare in un processo democratico che oggi compie 30 anni è anche grazie alla capacità delle singole persone che hanno saputo trasformare la loro sofferenza in impegno concreto per la riaffermazione dei diritti civili. Le nonne di Plaza de Mayo ne sono un esempio concreto: da 26 anni si battono per ritrovare i loro "nietos", portando in giro una causa che oggi ha acquistato una dimensione internazionale".
Nel suo intervento Estela Carlotto ha illustrato il lavoro delle "Abuelas de Plaza de Mayo" che, oltre a promuovere la ricerca e l'individuazione dei bambini sottratti ai genitori durante la prigionia, verificano se un giovane è veramente figlio di desaparecidos, attraverso l'esame del Dna. Tra i bambini scomparsi c'è anche il nipote di Estela Carlotto, che ha raccontato ai ragazzi di Pisa la sua storia: "Nel 1977 mia figlia Laura è stata sequestrata mentre era incinta di tre mesi ed è stata assassinata dai militari argentini dopo aver partorito. Come succedeva in questi casi, il bambino è stato immediatamente consegnato a una famiglia considerata "affidabile", in grado di crescerlo secondo i "principi" della dittatura, gli stessi per cui i genitori naturali venivano assassinati".
Quei bambini erano considerati un vero e proprio "bottino di guerra", perché potevano garantire una continuità al regime: "Privati della loro identità, oggi i nostri nipoti sono ancora vivi e possono essere in qualsiasi parte del mondo – ha concluso Estela Carlotto - Visti i legami tra l'Italia e l'Argentina, dove metà dei cognomi è di origine italiana, pensiamo che sia possibile che qualche "nieto" sia arrivato e rimasto qui da voi, forse nelle stesse università in cui erano venuti a studiare. Preghiamo chiunque abbia dubbi sulla propria identità di farsi avanti".
Per rispondere alla campagna
Il riferimento per rispondere alla campagna delle "Abuelas" è l'ambito diplomatico argentino, consolati e ambasciata. Si può scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., oppure è possibile chiamare i numeri 335 5866777 o 06 48073300. I funzionari dell'ambasciata offriranno il supporto necessario, nonché la più assoluta confidenzialità.
Si terranno venerdì 29 e sabato 30 novembre, nell'Aula Magna del dipartimento di Economia e management, le due giornate di studio su Giuseppe Toniolo dal titolo "Economia sociale, diritti, cooperazione". Il convegno è organizzato dall'Associazione italiana per la storia del pensiero economico, di cui è presidente il rettore Massimo Augello, con la collaborazione dello stesso dipartimento di Economia e management.
Presieduto dal professor Piero Barucci, dell'Università di Firenze, l'appuntamento sarà suddiviso in quattro sessioni di lavoro, che approfondiranno i molteplici aspetti della biografia scientifica dell'illustre economista e sociologo, senza dubbio una delle figure più rilevanti e influenti della cultura italiana tra la seconda metà del XIX e i primi decenni del XX secolo, le cui idee hanno avuto e continuano ad avere un forte impatto sulla società contemporanea.
La figura di Giuseppe Toniolo è stata analizzata ed esaltata per il ruolo svolto all'interno del movimento cattolico e nell'elaborazione e divulgazione della dottrina sociale cristiana, così come nella letteratura dedicata alla ricostruzione storica della nascita e dello sviluppo di organismi e partiti politici che si richiamano a quei valori.
Accanto a questo filone di studi, se ne è sviluppato un altro più interessato ai suoi contributi scientifici nel campo dei saperi economico-sociali, in particolare per quanto riguarda le ricerche di carattere applicato, storico e teorico, l'economia del lavoro, la politica economica e la storia del pensiero economico.
Nato a Treviso nel 1845, Giuseppe Toniolo ha avuto uno strettissimo legame con l'Università di Pisa, dove è approdato nel 1879 come professore prima di Economia e poi di Economia politica, con l'incarico anche di Statistica, per rimanerci fino alla morte, nel 1918,
Per due giorni Firenze diventa la capitale dei ricercatori europei. Su iniziativa di Regione Toscana e Commissione Europea, il 26 e il 27 novembre il capoluogo toscano ospiterà al Palaffari, in Piazza Adua, la "Conferenza Europea Marie Curie" un evento di grande impatto a cui sono attesi circa 400 ricercatori dai vari Paesi d'Europa che si inserisce in una fase molto delicata per la ricerca europea, il lancio del nuovo programma ("Orizzonte 2020").
Alla conferenza prenderanno parte anche numerosi ricercatori dell'Università di Pisa: dopo i saluti istituzionali, nella conferenza d'apertura, a partire dalle 14.30, interverranno i professori Ugo Boggi, Guido Tonelli e Giuseppe Iannaccone. Il 27 novembre, invece, il professor Paolo Ferragina farà un intervento all'interno della sessione "Big data e data mining" (prevista alle ore 11) dal titolo "On the Power of Algorithms". Nelle sessioni parallele pomeridiane parleranno poi dei loro progetti di ricerca Rani Reshma, Gianluca Brunori, Benedetta Mennucci e Massimiliano Razzano.
"Siamo molto orgogliosi di questa iniziativa - sostiene Stella Targetti, vicepresidente della Regione Toscana e assessore anche per i rapporti con il mondo della ricerca scientifica - sia per l'importanza della conferenza Marie Curie e sia perché si tratta di un riconoscimento al sistema toscano della ricerca, un sistema che esprime diverse eccellenze italiane ed europee".
Questo incontro viene tenuto a cadenza annuale in un Paese diverso del vecchio continente. Quest'anno la scelta è toccata all'Italia puntando sulla Toscana. Circa 200 fra i ricercatori iscritti alla conferenza di Firenze sono beneficiari delle borse di studio intitolate alla scienziata polacca Nobel per la fisica e per la chimica.
Oltre alla conferenza vera e propria (presentazioni, dibattiti, attività di networking con ricadute su centri, università, industrie) il programma prevede iniziative parallele: visite ai laboratori e ai centri di ricerca presenti in Toscana. Scopo principale dell'iniziativa è fornire un forum ai ricercatori che favorisca uno scambio di esperienze sul loro lavoro e sugli sviluppi della ricerca scientifica. Dell'Università di Pisa saranno coinvolti il THERMOLAB, il Laboratorio MAPPA e i Chromatography and mass spectrometry laboratories (SCIBEC) del dipartimento di Chimica e Chimica industriale, il Centro di ricerca "E. Piaggio" e il laboratorio Emerging Technology and innovation for cultural heritage (ETICH) del dipartimento di Civiltà e forme del sapere. Sono previsti anche scambi di punti di vista con personalità della politica, della ricerca e dell'industria.
"Per la Regione Toscana - sottolinea Stella Targetti - è una bella occasione per valorizzare il proprio sistema non solo ampliandone la visibilità ma anche, in continuità con uno specifico evento tenuto a Bruxelles a fine maggio, coinvolgendo fattivamente nella definizione dei programmi le Università e i Centri di ricerca toscani".
Programma: https://mariecurieactions.teamwork.fr/en/programme
Iniziative parallele (visite ai centri di ricerca e laboratori): https://mariecurieactions.teamwork.fr/en/activities
Nel pieno di una grave emergenza nazionale, il presidente della Repubblica affida il compito di formare il governo a un diciottenne e questi, basandosi sui principi costituzionali, deve portare a compimento il mandato. Inizia così il serious game per educare alla cittadinanza attiva predisposto dai docenti dell'Università di Pisa e della Scuola Sant'Anna nell'ambito del progetto SONNA, acronimo di "Social network e nuovi apprendimenti". Il gioco, a cui è connesso un wiki di approfondimento su temi di interesse costituzionalistico, è stato ideato e realizzato dal professor Paolo Passaglia e dai dottori Michele Nisticò e Tommaso Giovannetti, del dipartimento di Giurisprudenza dell'Ateneo pisano, e dal team del laboratorio PERCRO dell'Istituto TeCIP della Scuola Superiore Sant'Anna, coordinato dal dottor Marcello Carrozzino e comprendente i dottori Cristian Lorenzini, Chiara Evangelista e Raffaello Brondi. Rivolto in modo specifico agli studenti delle scuole medie superiori, è stato sperimentato e perfezionato con l'aiuto degli alunni del liceo scientifico Vallisneri di Lucca.
Dalle ore 15 segui la diretta streaming dell'iniziativa.

Il serious game fa parte del progetto SONNA (www.sonna.unisi.it), a cui partecipano studiosi e ricercatori delle Università di Pisa e di Siena e della Scuola Sant'Anna di Pisa. Il progetto si propone di indagare il modo in cui i processi educativi si sviluppano nei contesti contemporanei, con specifico riferimento ai media elettronici che consentono, e in buona misura stimolano, la creazione di comunità mediali di apprendimento. L'obiettivo è quello di valutare l'utilizzo dei social network per iniziative di formazione e apprendimento permanente che vadano al di fuori dei confini delle classiche lezioni accademiche.
Il bilancio su questo progetto e, più in generale, sulle possibili relazioni tra internet e la nostra Costituzione sarà tracciato in due giornate di studio che si terranno a Pisa, giovedì 21 e venerdì 22 novembre, al Palazzo del Consiglio dei Dodici di Piazza dei Cavalieri. In questa occasione, studiosi di diritto costituzionale provenienti da diverse università italiane si confronteranno sugli approdi maturati in più di dieci anni di ricerca sui rapporti tra rete e temi costituzionali, oltre che sulle prospettive appena dischiuse o in procinto di dischiudersi. Inaugurato giovedì alle ore 15 con una sessione presieduta dal professor Gaetano Azzariti, della Sapienza di Roma, e continuato il venerdì mattina alle ore 9 sotto la presidenza del professor Tommaso Edoardo Frosini, della Suor Orsola Benincasa di Napoli, il seminario si concluderà alle ore 12,30 con l'intervento del professor Eugenio Ripepe, ex preside di Giurisprudenza dell'Ateneo pisano.
Il pomeriggio di venerdì 22, alle ore 15 sempre nel Palazzo del Consiglio dei Dodici, si svolgerà un incontro di studio sul tema "L'insegnamento di cittadinanza e Costituzione ai tempi del web 2.0", presieduto dal professor Sergio Angori, dell'Università di Siena, nell'ambito del quale sarà presentato il serious game per l'educazione alla cittadinanza.
Ne hanno parlato:
Repubblica Firenze
Nazione Pisa
Tirreno Pisa
Il Tempo
Ansa
ADN Kronos
InToscana.it
PisaInformaFlash.it
NazionePisa.it
Venerdì 15 novembre, nella Sala Mappamondi di Palazzo alla Giornata, l'Università di Pisa ha firmato una convenzione quadro con l'Universitas Nasional dell'Indonesia (UNAS), con cui nasceranno presto accordi di scambio e collaborazioni. La delegazione di Jakarta è arrivata in Italia con il rettore El. Amry Bermawi Putera, alcuni docenti e un gruppo di studenti che, dopo la firma, hanno offerto uno spettacolo di musiche e danze tipiche. Ad accogliere gli ospiti indonesiani c'erano il prorettore vicario Nicoletta De Francesco, il prorettore per la promozione dell'internazionalizzazione Marco Guidi, il prorettore alla didattica Paolo Mancarella e una rappresentanza di direttori di dipartimento, docenti e staff dell'Ateneo.
Guarda la galleria di immagini sulla pagina Facebook dell'Università di Pisa.
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All'Università di Pisa arrivano i finanziamenti per i giovani ricercatori: il MIUR ha assegnato i fondi per i progetti FIRB "Futuro in ricerca" selezionando tre ricercatori pisani come coordinatori nazionali di progetti e altri tre come responsabili locali di unità. I vincitori che guideranno la ricerca a livello nazionale sono Christian Frasconi del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali, che per il suo progetto ha ottenuto complessivamente 1.464.608 euro, Paola Binda del dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in Medicina e Chirurgia, che ha avuto 782.141 euro, e Laura Galli del Dipartimento di Informatica, con 244.121 euro. I tre responsabili locali di unità sono Maurizio Gemelli del dipartimento di Scienze della terra, che gestirà un finanziamento di 263.923 euro, Pietro Antonio Podolak del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, che ha avuto 275.114 euro, e Michele Corradi, sempre del dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, con 103.994 euro.
Christian Frasconi coordinerà il progetto «Integrazione e confronto di mezzi e itinerari tecnici innovativi a diversa "intensità ecologica" finalizzati a una gestione intelligente di sistemi agricoli conservativi». Si tratta di una ricerca interdisciplinare finalizzata a rendere possibile l'integrazione tra sistemi colturali conservativi e integrati/biologici in differenti scenari, grazie allo sviluppo di macchine e strategie agronomiche innovative che permettano di applicare le tecniche di lavorazione ridotta anche in assenza di mezzi chimici di sintesi. Al fine di perseguire questo obiettivo generale, collaboreranno 5 unità di ricerca: il dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali dell'Università di Pisa, l'Istituto di Scienze della vita della Scuola Superiore Sant'Anna Pisa, il dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell'Università degli studi di Perugia, il dipartimento di Scienze agrarie dell'Università degli studi Bologna e il dipartimento di Agraria dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria. Saranno realizzati prototipi di macchine innovative ritenute indispensabili per l'implementazione di sistemi colturali conservativi ad alta efficienza energetica.
Il progetto di ricerca guidato da Paola Binda, intitolato «Codifica dello spazio multimodale nelle prime mappe visive», sarà finalizzato a studiare i meccanismi cerebrali preposti alla codifica di stimoli sensoriali visivi. Scopo primario del progetto è stabilire se e fino a che punto il cervello dell'adulto mantenga la capacità di riorganizzarsi in maniera plastica, attraverso studi di neuroimmagine e studi comportamentali su soggetti sani e con patologie del sistema visivo, corredati da modelli computazionali. Le ricerche che saranno completate in questo progetto hanno un'importanza fondamentale nelle neuroscienze di base e possono avere un forte impatto in ambito clinico. È proprio di questi mesi la notizia che pazienti non vedenti, a causa di una patologia dell'occhio possono ricevere l'impianto di un chip che rileva la luce e manda segnali al cervello, potenzialmente ripristinando alcune capacità visive dopo lunghi anni di cecità. Capire se e come la cecità porti a una riorganizzazione cerebrale è fondamentale per supportare lo sviluppo di queste nuove tecnologie e sviluppare nuove tecniche riabilitative. Le altre unità di ricerca coinvolte sono l'Università di Firenze, l'Istituto di Neuroscienze del CNR, l'Ospedale e l'Università San Raffaele.
Laura Galli, si occuperà invece di «Programmazione Mista-Intera Non-Lineare (MINLP): modellazione e risoluzione di problemi di ottimizzazione complessi». Il suo progetto ha l'obiettivo di esplorare diverse classi di problemi MINLP, la "nuova frontiera" della Ricerca Operativa. La Ricerca Operativa è la disciplina che si dedica alla risoluzione di problemi decisionali "complessi" e si caratterizza per essere fortemente interdisciplinare, ponendosi come interfaccia tra l'informatica, la matematica, l'ingegneria, l'economia, la fisica, la chimica e altro ancora. I problemi MINLP sono di grande interesse pratico, poiché legati alla possibilità di modellare strutture complesse più aderenti alle attuali sfide applicative e saranno indagati coniugando un approccio teorico/metodologico, in cui si sviluppano tecniche di soluzione innovative per ampie classi di problemi MINLP, con una forte componente applicativa in cui si affrontano problemi reali (in particolare relativi alle reti di telecomunicazione, al trasporto pubblico e alla sanità).
Ne hanno parlato:
Tirreno Pisa
Intoscana.it
Greenreport.it
Controcampus.it
PisaInformaFlash.it
Si comunica che i direttori di dipartimento, accogliendo la richiesta presentata dai rappresentanti degli studenti, hanno disposto la sospensione delle attività didattiche per martedì 12 novembre, dalle ore 10 alle ore 12, per permettere agli studenti di partecipare all'Assemblea di Ateneo convocata al Polo Carmignani.
Nell'anno in cui i finanziamenti ministeriali hanno subito un taglio del 77%, arrivano all'Università di Pisa i fondi dei Progetti di ricerca di interesse nazionale (PRIN) che premiano le ricerche di ben 17 docenti dell'Ateneo. Sono cinque i ricercatori pisani che hanno ottenuto fondi come coordinatori nazionali dei progetti, per un importo totale di oltre 1,3 milioni di euro. Tra loro anche il fisico Guido Tonelli, che potrà proseguire gli esperimenti e gli studi sul bosone di Higgs, protagonista della vittoria del Nobel per la Fisica. Sono inoltre 12 i ricercatori che sono stati premiati come responsabili locali di progetti (Unità B).
Nel complesso quella dell'Università di Pisa è una performance positiva, se si pensa che, a livello nazionale, i finanziamenti del MIUR sono passati dai 170 milioni di euro dello scorso anno ai 38 milioni di quest'anno. I cinque progetti a coordinamento nazionale premiati nell'ambito dei PRIN sono stati selezionati tra i 48 presentati dall'Ateneo, con un rapporto del 10,41%.
Qui nel dettaglio i progetti finanziati.
Coordinatori nazionali dei progetti:
1) Settore LS – Life Sciences
- Maria Letizia Trincavelli (dipartimento di Farmacia): "Il controllo dell'osteoblastogenesi quale nuova strategia terapeutica per le patologie ossee". Totale progetto 353.445 euro, contributo assegnato 247.411.
2) Settore PE – Mathematics, physical sciences, information and communication, engineering, universe and earth sciences
- Giovanni Bianucci (dipartimento di Scienze della Terra): "Biodiversità marina e produttività primaria nei bacini neogenici di avanarco andini: relazioni tra Konservat-Lagerstätten a vertebrati marini e la deposizione di tappeti a diatomee. I ruoli della cenere vulcanica e del moderno regime di circolazione oceanica come fattori di fertilizzazione delle acque e di rafforzamento dell'upwelling costiero. La Formazione di Pisco (Perù) come caso studio". Totale progetto 252.605 euro, contributo assegnato 176.823.
- Guido Emilio Tonelli (dipartimento di Fisica): "H-TEAM: trigger, elettronica avanzata e metodi innovativi per misure di precisione nel settore dell'Higgs ad LHC". Totale progetto 459.725 euro, contributo assegnato 321.808.
3) Settore SH – Social Sciences and Humanities
- Leonardo Boncinelli (dipartimento Economia e Management): "Economia dell'intuizione e del ragionamento: uno studio sul cambiamento delle attitudini razionali in presenza di due sistemi di elaborazione (acronimo inglese: SOCRATES)". Totale progetto 76.718 euro, contributo assegnato 53.703.
- Antonella Gioli (dipartimento Civiltà e forme del sapere): "La vita delle opere: dalle fonti al digitale. Progetto pilota per la ricerca e la comunicazione nei musei della storia conservativa delle opere d'arte". Totale progetto 171.041 euro, contributo assegnato 119.729.
Unità B:
1) Settore LS:
Lupetti Antonella – dipartimento Ricerca Traslazionale
Petroni Giulio - dipartimento Biologia
Vitti Paolo – dipartimento Medicina clinica
2) Settore PE:
Berarducci Alessandro - dipartimento Matematica
Cappelli Chiara – dipartimento Chimica e chimica industriale
Grossi Roberto - dipartimento Informatica
Di Bari Lorenzo - dipartimento Chimica e chimica industriale
Frangioni Antonio - dipartimento Informatica
Diani Marco – dipartimento Ingegneria informazione
3) Settore SH:
Salvati Nicola – dipartimento Economia e Management
Petralia Giuseppe – dipartimento Civiltà e forme del sapere
Barrotta Pierluigi – dipartimento Civiltà e forme del sapere