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Dalla tesi magistrale in Biologia Molecolare e Cellulare all’Università di Pisa a prima autrice di un articolo su Nature in soli quattro anni. Protagonista dell’impresa è la dottoressa Melania D’angiolo, 31 anni, originaria di Azzano di Seravezza (LU) che si è laureata nel 2016 con una ricerca che ha svolto con il gruppo di Bioinformatica del professore Roberto Marangoni dell’Ateneo pisano e quello di Genomica del Lievito del professor Gianni Liti dell’Université Cote d’Azur (Nizza).
Lo studio appena pubblicato su Nature riguarda il ritrovamento fortuito di un “fossile vivente” di lievito con un genoma ancestrale. La scoperta ha infatti consentito di svelare un meccanismo inaspettato grazie al quale possono avvenire scambi di DNA tra specie affini ma distinte, aggirando la barriera della riproduzione sessuale.
Dopo aver ideato il primo embrione della sua ricerca come studentessa a Pisa, la dottoressa D’Angiolo ha quindi continuato il lavoro durante il dottorato presso il gruppo del professor Liti, in una collaborazione che oltre all’Università di Pisa annovera diverse istituzioni europee.
“Il risultato della dottoressa D’Angiolo conferma il prestigio della scuola pisana – commenta il professor Marangoni fra gli autori del lavoro su Nature - la mia collaborazione con il gruppo del professor Liti risale al 2013 e da quel momento, diversi studenti che si sono laureati con me, hanno poi felicemente proseguito la carriera nel suo gruppo. Melania D'Angiolo è stata la prima, Simone Mozzachiodi più recentemente, e altri assegnisti e collaboratori, passati da Pisa sono stati cooptati poi nel gruppo francese”.
Il professor Liti è infatti tra i coordinatori del progetto internazionale "1000 genomi di lievito", per il quale il professor Marangoni ha allestito a Pisa uno dei nodi di calcolo, fisicamente allocato presso l'IT Center dell'Ateneo.
“Vorrei cogliere l'occasione di questa pubblicazione su Nature – conclude Marangoni- per ringraziare il prorettore all'Informatica professore Paolo Ferragina e il responsabile del Centro Informatico di Ateneo, professor Antonio Cisternino, per avermi dato accesso alle facilities dell'IT Center e i dottori Maurizio Davini e Simona Pucciarelli per essersi presi in carico la manutenzione dell'hardware”.

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Riferimento bibliografico:
D’Angiolo M, De Chiara M, Yue JX, Irizar A, Stenberg S, Persson K, Llored A, Barré B, Schacherer J, Marangoni R, Gilson E, Warringer J and Liti G. 2020. A yeast living ancestor reveals the origin of genomic introgressions. Nature. In press.
https://www.nature.com/articles/s41586-020-2889-1

Dalla tesi magistrale in Biologia Molecolare e Cellulare all’Università di Pisa a prima autrice di un articolo su Nature in soli quattro anni. Protagonista dell’impresa è la dottoressa Melania D’angiolo, 31 anni, originaria di Azzano di Seravezza (LU) che si è laureata nel 2016 con una ricerca che ha svolto con il gruppo di Bioinformatica del professore Roberto Marangoni dell’Ateneo pisano e quello di Genomica del Lievito del professor Gianni Liti dell’Université Cote d’Azur (Nizza).

Lo studio appena pubblicato su Nature riguarda il ritrovamento fortuito di un “fossile vivente” di lievito con un genoma ancestrale. La scoperta ha infatti consentito di svelare un meccanismo inaspettato grazie al quale possono avvenire scambi di DNA tra specie affini ma distinte, aggirando la barriera della riproduzione sessuale.

 

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Da sinistra Melania D’angiolo e Roberto Marangoni

Dopo aver ideato il primo embrione della sua ricerca come studentessa a Pisa, la dottoressa D’Angiolo ha quindi continuato il lavoro durante il dottorato presso il gruppo del professor Liti, in una collaborazione che oltre all’Università di Pisa annovera diverse istituzioni europee.

“Il risultato della dottoressa D’Angiolo conferma il prestigio della scuola pisana – commenta il professor Marangoni fra gli autori del lavoro su Nature - la mia collaborazione con il gruppo del professor Liti risale al 2013 e da quel momento, diversi studenti che si sono laureati con me, hanno poi felicemente proseguito la carriera nel suo gruppo. Melania D'Angiolo è stata la prima, Simone Mozzachiodi più recentemente, e altri assegnisti e collaboratori, passati da Pisa sono stati cooptati poi nel gruppo francese”.

Il professor Liti è infatti tra i coordinatori del progetto internazionale "1000 genomi di lievito", per il quale il professor Marangoni ha allestito a Pisa uno dei nodi di calcolo, fisicamente allocato presso l'IT Center dell'Ateneo.
“Vorrei cogliere l'occasione di questa pubblicazione su Nature – conclude Marangoni- per ringraziare il prorettore all'Informatica professore Paolo Ferragina e il responsabile del Centro Informatico di Ateneo, professor Antonio Cisternino, per avermi dato accesso alle facilities dell'IT Center e i dottori Maurizio Davini e Simona Pucciarelli per essersi presi in carico la manutenzione dell'hardware”.

Si è tenuta martedì 1° dicembre la riunione straordinaria del Senato Accademico dell'Università di Pisa nella nuova composizione che è scaturita dalle recenti elezioni e per la prima volta si è registrata una sostanziale parità di genere tra i 27 componenti, con la presenza di 13 donne e 13 uomini a cui si aggiunge il rettore come presidente dell'Organo. Nella riunione telematica sono state affrontate varie questioni e sono stati designati i componenti delle Commissioni permanenti Senato Accademico-Consiglio di Amministrazione.

"è stato per me un grande piacere trovarmi a presiedere il neo-eletto Senato – ha dichiarato il rettore Paolo Mancarella - Il maggior orgoglio è che la parità tra la componente femminile e quella maschile si è realizzata non per imposizione di vincoli o prescrizioni, ma spontaneamente, in un ambiente in cui le aspirazioni di ciascuno possono trovare la meritata collocazione. Questo significa che, nell'Università di Pisa, sebbene tanto debba ancora essere fatto, si respira un clima culturale al passo con l'evoluzione della società contemporanea".

Le elezioni per il rinnovo del Senato Accademico, tenute tra 23 e 26 novembre con procedura di voto digitale, hanno designato i 18 rappresentanti tra professori e ricercatori a tempo indeterminato (tre per ognuno dei sei settori culturali), i due del personale tecnico-amministrativo, quello dei ricercatori a tempo determinato e quello dei dottorandi: questi ultimi due rappresentanti costituiscono una assoluta novità, introdotta dalla modifica di Statuto fortemente voluta dal rettore sin dall'inizio del suo mandato. I 18 eletti tra professori e ricercatori a tempo indeterminato sono: Luca Pandolfi, Ettore Vicari e Ilaria Del Corso per il Settore 1; Marcello Mele, Federico Da Settimo Passetti e Roberto Giovannoni per il settore 2; Angelo Gemignani, Maria Concetta Morrone e Giovanna Preziuso per il settore 3; Rocco Rizzo, Roberto Saletti e Gabriella Caroti per il Settore 4; Roberta Ferrari, Pierluigi Barrotta e Sonia Maffei per il Settore 5; Carmelo Calabrò, Eleonora Sirsi e Antonella Angelini per il Settore 6. In rappresentanza dei ricercatori junior/senior è stata eletta Serena Danti; per il personale tecnico-amministrativo sono state elette Antonella Magliocchi e Luisa Rappazzo; per i dottorandi di ricerca è stato eletto Fabio Saggese.

Il mandato dei membri eletti in Senato Accademico dura quattro anni accademici, tranne nei casi dei rappresentanti dei ricercatori a tempo determinato, degli studenti e dei dottorandi per i quali il mandato è di due anni accademici.

Si è tenuta martedì 1° dicembre la riunione straordinaria del Senato Accademico dell’Università di Pisa nella nuova composizione che è scaturita dalle recenti elezioni e per la prima volta si è registrata una sostanziale parità di genere tra i 27 componenti, con la presenza di 13 donne e 13 uomini a cui si aggiunge il rettore come presidente dell’Organo. Nella riunione telematica sono state affrontate varie questioni e sono stati designati i componenti delle Commissioni permanenti Senato Accademico-Consiglio di Amministrazione.

“È stato per me un grande piacere trovarmi a presiedere il neo-eletto Senato. – ha dichiarato il rettore Paolo Mancarella - Il maggior orgoglio è che la parità tra la componente femminile e quella maschile si è realizzata non per imposizione di vincoli o prescrizioni, ma spontaneamente, in un ambiente in cui le aspirazioni di ciascuno possono trovare la meritata collocazione. Questo significa che, nell’Università di Pisa, sebbene tanto debba ancora essere fatto, si respira un clima culturale al passo con l’evoluzione della società contemporanea”.

Le elezioni per il rinnovo del Senato Accademico, tenute tra 23 e 26 novembre con procedura di voto digitale, hanno designato i 18 rappresentanti tra professori e ricercatori a tempo indeterminato (tre per ognuno dei sei settori culturali), i due del personale tecnico-amministrativo, quello dei ricercatori a tempo determinato e quello dei dottorandi: questi ultimi due rappresentanti costituiscono una assoluta novità, introdotta dalla modifica di Statuto fortemente voluta dal rettore sin dall’inizio del suo mandato.
I 18 eletti tra professori e ricercatori a tempo indeterminato sono: Luca Pandolfi, Ettore Vicari e Ilaria Del Corso per il Settore 1; Marcello Mele, Federico Da Settimo Passetti e Roberto Giovannoni per il settore 2; Angelo Gemignani, Maria Concetta Morrone e Giovanna Preziuso per il settore 3; Rocco Rizzo, Roberto Saletti e Gabriella Caroti per il Settore 4; Roberta Ferrari, Pierluigi Barrotta e Sonia Maffei per il Settore 5; Carmelo Calabrò, Eleonora Sirsi e Antonella Angelini per il Settore 6. In rappresentanza dei ricercatori junior/senior è stata eletta Serena Danti; per il personale tecnico-amministrativo sono state elette Antonella Magliocchi e Luisa Rappazzo; per i dottorandi di ricerca è stato eletto Fabio Saggese.

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Il mandato dei membri eletti in Senato Accademico dura quattro anni accademici, tranne nei casi dei rappresentanti dei ricercatori a tempo determinato, degli studenti e dei dottorandi per i quali il mandato è di due anni accademici.

Mantenere costanti le basse temperature e rilevare possibili interruzioni della catena del freddo sono operazioni essenziali nel settore alimentare o farmaceutico e, nei giorni della messa a punta di un primo vaccino anti Covid-19, che deve essere conservato e trasportato a una temperatura di 70 gradi sotto zero, la questione è al centro dell’attenzione. Da una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications, coordinata da ricercatori dell’Università di Pisa e dell’Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nano) in collaborazione con Scuola Normale Superiore e Istituto per i Processi chimico-fisici (Cnr-Ipcf), arriva una possibile risposta a questa problematica: i ricercatori hanno sviluppato dei nuovi nanomateriali con proprietà termiche che possono essere programmate usando la luce. Un risultato che aiuterebbe a progettare etichette intelligenti per il monitoraggio della temperatura.

Lo studio si intitola “Intelligent non-colorimetric indicators for the perishable supply chain by non-wovens with photo programmed thermal response” e i principali autori sono Dario Pisignano, docente del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa, e Luana Persano, ricercatrice del laboratorio NEST di Cnr-Nano e Scuola Normale Superiore. L’Università di Pisa ha partecipato anche con il Dipartimento di Ingegneria civile e industriale, dove sono state effettuate le caratterizzazioni delle proprietà termiche dei nuovi materiali sviluppati nell’ambito della ricerca.

“Le nanofibre polimeriche ottenute con la nostra ricerca hanno proprietà termiche che sono programmabili per via ottica – spiega Dario Pisignano - ovvero è possibile

con un semplice irraggiamento con luce ultravioletta, impostare a quale temperatura la matassa di nanofibre inizia a cambiare struttura. Ciò consente una grande versatilità degli ambiti di applicazione, calibrando la risposta del dispositivo al prodotto di cui si vuole monitorare la storia termica. I composti organici alla base delle nanofibre sono molecole comunemente impiegate nei processi litografici, tipicamente impiegati dall’industria elettronica, e l’irraggiamento con radiazione nel vicino ultravioletto consente di variarne le temperature di transizioni in modo molto preciso”.

Le proprietà interessanti delle nanofibre non finiscono qui: “Superfici ricoperte di nanofibre sono normalmente opache – aggiunge Luana Persano di Cnr-Nano – ma se le nanofibre vengono portate al di sopra della temperatura di transizione programmata la loro struttura filiforme si scioglie, e le superfici diventano trasparenti. Sfruttando questo meccanismo abbiamo realizzato un sensore di facile lettura in cui appare una scritta leggibile a segnalare che è stata superata una determinata temperatura e che il prodotto su cui è applicato è mal conservato”.

Questa tecnologia potrebbe dimostrarsi vincente per monitorare la conservazione di prodotti deperibili - medicinali o alimentari - e segnalare interruzioni della catena del freddo o esposizioni a temperature inappropriate. Per questi motivi, è essenziale avere a disposizione dei dispositivi efficaci, a basso costo e accessibili a tutti, che possano indicare con chiarezza quando un prodotto, nel corso dei processi di trasporto e conservazione, è andato incontro a temperature troppo elevate. "I prototipi che abbiamo realizzato con le nanofibre programmabili otticamente sono economici, flessibili e leggeri, compatibili con tecniche di incapsulamento, inoltre le nanofibre si ottengono da una tecnologia, l’elettrofilatura, già scalabile e con costi di produzione molto bassi", sottolineano i ricercatori.

 

DIDASCALIA IMMAGINE:

Immagine al microscopio elettronico delle nanofibre. Sono visibili due zone 'programmate' in modo diverso e poi esposte a temperature elevate. In una zona le nanofibre sono rimaste intatte, nell’altra si sono sciolte formando una pellicola uniforme.

 

Articolo su Nature Communications:

Intelligent non-colorimetric indicators for the perishable supply chain by non-wovens with photo-programmed thermal response, Luigi Romano, Alberto Portone, Maria-Beatrice Coltelli, Francesco Patti, Rosalba Saija, Maria Antonia Iatì, Giuseppe Gallone, Andrea Lazzeri, Serena Danti, Onofrio M. Maragò, Andrea Camposeo, Dario Pisignano & Luana Persano. Nat Commun 11, 5991 (2020). https://doi.org/10.1038/s41467-020-19676-y

iran Djalali 1 650x390L'Università di Pisa aderisce all'appello lanciato dalla Crui, la Conferenza dei Rettori delle Università italiane per fermare l’esecuzione di Ahmadreza Djalali, il ricercatore iraniano, esperto di Medicina dei disastri e assistenza umanitaria che ha lavorato anche presso l’Università del Piemonte Orientale di Novara. Djalali è in prigione nel suo Paese dall'aprile 2016 con l'accusa di spionaggio.

Il presidente della Crui Ferruccio Resta ha indirizzato una lettera all’Ayatollah Ali Khamenei a sostegno dell’immediato rilascio di Ahmadreza Djalali. Nella lettera si dice che negli ultimi giorni si è avuta notizia del trasferimento del Dr. Djajali in un carcere diverso da Evin, e potrebbe essere trasferito a breve presso il carcere Rajai Shahr per l’esecuzione della condanna. Questo è segnalato da tutte le fonti, compresa la moglie e varie sezioni di Amnesty International, come uno sviluppo gravissimo. “L’arresto viola gli standard internazionali minimi stabiliti per la libertà accademica, il giusto processo, e il trattamento umano dei prigionieri”, dice la lettera indirizzata all’Ayatollah Khamenei.

Anche l’Università di Pisa si unisce, insieme a tutto il sistema universitario, all'appello della Crui e alla campagna di Amnesty International e della rete Scholars at Risk (SAR) in favore della liberazione di Ahmadreza Djalali, che versa, peraltro, in gravi condizioni di salute.

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