Un team di scienziati della Yale School of Medicine e del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa ha individuato una particolare popolazione di cellule staminali, dette neuroepiteliali, che si sono rivelate particolarmente efficaci nel riparare le lesioni al midollo spinale. La sperimentazione condotta su modelli animali ha mostrato che queste particolari cellule sono in grado di integrarsi nel tessuto danneggiato, estendere prolungamenti per alcuni centimetri dopo il trapianto e fornire un recupero motorio e funzionale. Inoltre, come hanno evidenziato i test di laboratorio, il recupero è proporzionale all’entità alla lesione: se ad esempio il danno al midollo spinale non supera il 25%, c’è un miglioramento significativo nell’uso degli arti inferiori entro due mesi.
“Per la prima volta, grazie a questo studio è stato quindi dimostrato che l’origine anatomica delle cellule staminali ha una importanza cruciale per il successo del trapianto”, spiega Marco Onorati, ricercatore dell’Unità di Biologia Cellulare e dello Sviluppo del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano, e fra i primi autori dello studio pubblicato sulla rivista “Nature Communications”.
Infatti, per quanto simili in vitro, le cellule staminali neuronali che hanno un’origine analoga a quella del tessuto ricevente (in questo caso il midollo spinale) si sono rivelate molto più efficienti di quelle con una diversa derivazione (ad esempio provenienti dal cervello) nel ripristinare le connessioni del midollo lesionato e garantire la formazione di nuovi circuiti neuronali.
Cellule staminali neuroepiteliali (in verde) trapiantate nel modello animale di midollo spinale lesionato (in rosso)
“Non tutte le cellule staminali hanno quindi le stesse potenzialità – conclude Marco Onorati – e quello che ora sappiamo grazie a questo studio sulle cellule staminali neuroepiteliali e su come agiscono nel caso di lesione al midollo spinale può rivelarsi utile per indirizzare il futuro della ricerca”.
Lo ricerca pubblicata su “Nature Communications” è stata coordinata dal professore Steve Strittmatter della Yale School of Medicine. In particolare, Marco Onorati ha guidato la parte sulla derivazione e la caratterizzazione delle cellule staminali neuroepiteliali umane e il loro differenziamento verso neuroni maturi per studiarne la funzione in vitro. Oltre a lui, gli altri primi coautori dell’articolo sono due ricercatori della Yale School of Medicine, Maria Teresa Dell’Anno (che adesso continua i suoi studi sulle cellule staminali in ambito neurologico presso la Fondazione Pisana per la Scienza) e Xingxing Wang.
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Riferimenti all’articolo scientifico:
Dell'Anno MT, Wang X, Onorati M (e altri), “Human neuroepithelial stem cell regional specificity enables spinal cord repair through a relay circuit”, Nature Communications
Un gruppo di ricercatori ha riorganizzato e classificato sulla base degli effetti collaterali e del meccanismo di azione una classe di farmaci molto utilizzata in diversi disturbi psichiatrici, come schizofrenia e disturbo bipolare, con l’obiettivo di migliorare e personalizzare le terapie. I medicinali studiati soni stati i cosiddetti antipsicotici “atipici”, farmaci di seconda generazione nati per ovviare agli effetti indesiderati di tipo motorio (come parkinsonismo o discinesie tardive) degli antipsicotici “classici” o “tipici”. Lo studio, durato tre anni e finanziato dalla Fondazione Arpa, è stato condotto dalle università di Pisa e dell’Aquila e dal Queen Mary University di Londra; i risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista “Pharmacology & Therapeutics”.
Il gruppo di ricerca Unipi, in alto da sinistra, Stefano Aringhieri, Marco Carli, Valeria Verdesca, Shiva Kolachalam e Marco Scarselli.
“Come si è visto dopo la loro introduzione – spiega il professore Marco Scarselli dell’Università di Pisa - gli antipsicotici atipici hanno dimostrato di essere molto eterogenei e in numerosi casi si sono presentati effetti collaterali di tipo motorio. Per questi motivi, la comunità scientifica ha posto seri dubbi sull'uso della distinzione tra antipsicotici atipici e tipici”.
La proposta avanzata nello studio è stata quindi quella di suddividere questa classe di farmaci in tre livelli diversi: dal meno atipico, il Risperidone, che infatti ha proprietà farmacologiche talvolta simili agli antipsicotici tipici, alla Clozapina, il più atipico fra tutti. Nel mezzo gli altri farmaci con proprietà cliniche intermedie, suggerendo la presenza di uno spettro continuo dell'atipia all'interno di questa classe farmacologica.
“Questa nuova classificazione che potrà portare ad un miglioramento delle terapie in uso e ad una più accurata personalizzazione delle cure – conclude Marco Scarselli - si correla anche con il profilo recettoriale di questi farmaci dove al primo livello di atipia (lievemente atipico) corrisponde un’attività limitata su alcuni target molecolari, mentre al terzo livello (completamente atipico) corrisponde un’attività recettoriale più estesa e più complessa”.
Si è svolto venerdì 14 settembre, al Polo Fiere Lucca di Sorbano del Giudice, il concorso per accedere al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria, novità di grande rilievo all’interno dell’offerta formativa 2018/2019 dell’Università di Pisa. I 425 candidati iscritti, che concorrevano per i 54 posti disponibili, hanno dovuto rispondere a 80 quesiti a scelta multipla, distinti in 40 di competenza linguistica e ragionamento logico, 20 di cultura letteraria, storico-sociale e geografia, 20 di cultura matematico-scientifica.
In mattinata la prorettrice vicaria, Nicoletta De Francesco, ha visitato la sede del concorso ed espresso soddisfazione per l'organizzazione impeccabile, che ha consentito agli aspiranti studenti di svolgere i test nella massima tranquillità e ordine. "Il numero così elevato di domande - ha commentato la professoressa De Francesco - testimonia l'interesse con cui in tutta la regione e anche oltre era atteso un corso di laurea di questo tipo, che è l'unico che abilita all'insegnamento nella scuola pre-primaria e primaria, permettendo di partecipare ai successivi concorsi per l'immissione in ruolo, e che finora era attivo solo all’Università di Firenze".
Il corso di laurea pisano in Scienze della formazione primaria (http://formazioneprimaria.cfs.unipi.it) risponde alle esigenze e alle richieste del territorio, sviluppando un progetto formativo variegato e particolarmente innovativo, che prevede lezioni interattive e multidisciplinari, laboratori e, dal secondo anno, tirocini negli istituti scolastici. Accanto all'acquisizione di solide conoscenze nei diversi ambiti disciplinari oggetti di insegnamento, il corso mira a sviluppare competenze pedagogiche, psicologiche, antropologiche e didattiche, con particolare attenzione alle didattiche disciplinari. il corso è di natura interdipartimentale - al dipartimento di Civiltà e forme del sapere, referente, si affiancano quelli di Matematica e di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica - e include docenti di diversi altri dipartimenti.
The University of Pisa is one of the partners in the PRIMAGE project financed by the European Union through Horizon 2020. The aim of the project is to create an imaging biobank in oncology. PRIMAGE (PRedictive In-silico Multiscale Analytics to support cancer personalized diaGnosis and prognosis, Empowered by imaging biomarkers) will last for four years, with funds totaling 10 million euros, 640,000 of which assigned to the University of Pisa and the Department of Translational Research directed by Professor Gaetano Privitera. Professor Privitera is one of the principal partners in the project as he is coordinating the development of the biobank.
“Our objective is to give life to an imaging biobank in the cloud which is able to sustain the decisional process in the clinical management of malignant solid tumors, thus providing predictive tools to aid diagnosis, prognosis, the choice of therapy and follow-up treatment,” explains Professor Emanuele Neri, Professor of Diagnostics through Imaging and Radiotherapy at the university and coordinator of the project. “This tool is based on the development and validation of new imaging biomarkers using radiomic and radiogenomic algorithms, connecting multiple big data (clinical, epidemiological, genetic and from imaging). The data collected will give rise to the creation of profiles or digital models of oncology patients and may be used in the personalization of treatments, the stratification of the risk of developing neoplasms, the evaluation of the prognosis, and the response to treatment.”
The project also expects to implement algorithms of artificial intelligence capable of carrying out simulations and analyses of the multiple data in the biobank, and so developing an ‘intelligent’ system of support for the diagnosis (in-silico decision making). This is a tool which will allow more precise diagnostic imaging in the diagnosis and follow-up of oncology disorders, and enable the oncologist to develop personalized treatment using digital models. The project also hopes to provide the scientific community (following the principal of Open Science) with an open source research tool for the prevention and development of new therapies in cancer.
PRIMAGE arises from a well established collaboration which Professor Emanuele Neri together with Fabiola Paiar and Paola Anna Erba, both associate professors at the Department of Translational Research, have established with the University of Valencia (La Fe hospital) and QUIBIM (QUantitative Imaging Biomarkers In Medicine), the spin-off firm from the same university. Among the various partners of the project is also the European Institute of Biomedical Imaging Research, which coordinates the research activity of the European Society of Radiology (where Professor Neri is Chairperson of the “eHealth and Informatics Subcommittee”). The research team have recently been awarded funding from the Italian Association for Cancer Research for a project aimed at developing new imaging biomarkers in prostatic neoplasms, coordinated by professor Erba.
“Special thanks on behalf of the PRIMAGE team go to the Service Unit for Research of the University of Pisa,” says Professor Neri, “and in particular to Chiara Caccamo, PhD who assisted the researchers in the submission of the project.”
C’è anche l’Università di Pisa tra i partner di PRIMAGE, il progetto finanziato dall’Unione europea nell’ambito di Horizon 2020 che mira a creare una biobanca oncologica per immagini. PRIMAGE (PRedictive In-silico Multiscale Analytics to support cancer personalized diaGnosis and prognosis, Empowered by imaging biomarkers) avrà una durata complessiva di 4 anni, con un finanziamento totale di 10 milioni di euro, di cui 640.000 saranno destinati all’Università di Pisa e al dipartimento di Ricerca traslazionale diretto dal professor Gaetano Privitera, uno dei partner principali del progetto in quanto impegnato nel coordinamento dello sviluppo della biobanca.
Il team PRIMAGE del dipartimento di Ricerca traslazionale, da sinistra la professoressa Fabiola Paiar, direttore della UO di Radioterapia della AOUP, il professor Emanuele Neri, direttore della SD Radiodiagnostica 3 della AOUP e responsabile scientifico del progetto, la professoressa Paola Erba, professore associato in servizio presso la UO di Medicina Nucleare.
«Il nostro obiettivo è dar vita a una biobanca di immagini basata su cloud per supportare il processo decisionale nella gestione clinica dei tumori solidi maligni, offrendo strumenti predittivi per assistere diagnosi, prognosi, scelta delle terapie e follow-up del trattamento – spiega il professor Emanuele Neri, professore di Diagnostica per immagini e radioterapia dell’Ateneo e coordinatore del progetto – Tale strumento si basa sullo sviluppo e sulla validazione di nuovi biomarcatori di imaging mediante algoritmi di radiomica e radiogenomica, correlando multipli big data (clinici, epidemiologici, genetici, di imaging). I dati raccolti consentiranno di creare dei profili o modelli digitali dei pazienti oncologici e potranno essere utilizzati come riferimento per la personalizzazione dei trattamenti, la stratificazione del rischio allo sviluppo di neoplasie, la stima della prognosi e della responsività ai trattamenti».
Schema del sistema di supporto alla diagnosi che verrà sviluppato nell’ambito del progetto PRIMAGE.
Il progetto prevede inoltre l’implementazione di algoritmi di intelligenza artificiale in grado di effettuare simulazioni e analisi dei multipli dati della biobanca, sviluppando un sistema “intelligente” di supporto alla diagnosi (in-silico decision making). Uno strumento che consentirà alla diagnostica per immagini di aumentare la precisione nella diagnosi e nel follow-up della malattia oncologica, e all’oncologo di sviluppare, su modelli digitali, le terapie personalizzate. Il progetto ambisce inoltre a fornire alla comunità scientifica (secondo il principio dell’Open Science) uno strumento open source di ricerca per la prevenzione e per lo sviluppo di nuove terapie del cancro.
PRIMAGE nasce da una consolidata collaborazione che il professor Emanuele Neri, insieme a Fabiola Paiar e a Paola Anna Erba, anche loro professori del dipartimento di Ricerca traslazionale, hanno attivato con l’Università di Valencia (Ospedale La Fe) e l’Azienda Spin-off della stessa università, QUIBIM (QUantitative Imaging Biomarkers In Medicine). Tra i vari partners del progetto anche l’European Institute of Biomedical imaging and Research, che coordina le attività di ricerca della Società Europea di Radiologia (di cui il professor Neri è chairman del “eHealth and Informatics Subcommitte”). Il gruppo di ricerca ha di recente ottenuto un finanziamento dell’Associazione Italiana per la ricerca sul cancro su un progetto dedicato allo sviluppo di nuovi biomarcatori di imaging nelle neoplasie prostatiche, coordinato dalla Prof.ssa Erba.
«Un particolare ringraziamento da parte del team PRIMAGE va all’Unità Servizi per la Ricerca dell’Università di Pisa – specifica il professor Neri – in particolare alla dottoressa Chiara Caccamo, che ha supportato i ricercatori nella submission del progetto».
C’è anche una giovane laureata dell’Università di Pisa tra i sei vincitori di “Italy made Me", il premio promosso dall'associazione degli scienziati italiani nel Regno Unito (Ais-UK) destinato ai ragazzi che si sono formati in Italia e hanno poi continuato il loro percorso di studi in UK. Serena Lucotti, 30 anni e originaria di Vinci, ha conseguito la laurea triennale e magistrale a Pisa e nel 2012 si è trasferita all’Università di Oxford per svolgere un dottorato di ricerca al Dipartimento di Oncologia.
Serena Lucotti (la seconda da sinistra) subito dopo la premiazione all'ambasciata di Londra.
Lo studio che le è valso il premio mira a comprendere i meccanismi alla base dell’effetto anti-metastatico dell’aspirina. Durante questo progetto Serena Lucotti ha studiato il ruolo delle piastrine, delle cellule endoteliali e delle cellule mieloidi durante lo sviluppo delle metastasi polmonari nei modelli preclinici. A consegnare i riconoscimenti ai giovani ricercatori è stato l’ambasciatore italiano a Londra Raffaele Trombetta.
Serena Lucotti ha conseguito la laurea triennale in Scienze biologiche molecolari nel 2009, discutendo la tesi dal titolo “Effetto biologico e molecolare dell’RNAa sull’attivazione trascrizionale e traduzionale di p21 in 5 diverse linee tumorali” con il professor Giuseppe Rainaldi dell’Istituto di Fisiogia Clinica del CNR di Pisa. Ha poi proseguito gli studi, conseguendo nel 2011 la laurea magistrale in Biologia molecolare e cellulare con una tesi sui pattern di espressione dei miRNA intracellulari ed extracellulari in linee tumorali di prostata esposte a farmaci citotossici, discussa col professor Giuseppe Rainaldi e la dottoressa Milena Rizzo, sempre del CNR di Pisa. Dopo il dottorato di ricerca a Oxford, Serena inizierà un postdoc all’università Weill Cornell Medicine a New York e il suo grande sogno sarebbe aprire un suo laboratorio di ricerca dedito a scoprire terapie per la prevenzione e la cura delle metastasi tumorali.
La giovane ricercatrice è molto legata affettivamente all’Università di Pisa, a cui è molto grata per l’ottima preparazione scientifica ricevuta: “Gli anni trascorsi a Pisa sono stati i più felici della mia vita, non soltanto per aver vissuto in una città stupenda, ma soprattutto per aver conosciuto persone meravigliose che posso oggi chiamare amici e mentori. Il percorso di crescita scientifica e personale che ho effettuato all’Università di Pisa ha gettato delle basi solide per la mia carriera accademica e mi ha permesso di essere dove sono adesso. Ai giovani studenti e futuri ricercatori, soprattutti quelli lontano da casa, vorrei dire: date sempre del vostro meglio e non arrendetevi mai, specialmente davanti a un risultato negativo, perché la perseveranza e il duro lavoro, nel lungo termine, fanno sì che le vostre aspirazioni si realizzino.”
Si è appena concluso l’International meeting on antimicrobial peptides (IMAP 2018), tenutosi a Edimburgo dal 2 al 4 settembre 2018, che ha visto la partecipazione di Lucia Grassi, dottoranda del corso di dottorato in Scienze cliniche e traslazionali dell’Università di Pisa. Lucia Grassi ha presentato i risultati di uno studio collaborativo tra l’Università di Pisa, con il coordinamento della professoressa Giovanna Batoni del dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia, e l’Università di Ghent in Belgio, con il professor Tom Conye e Aurelie Crabbé del “Laboratory of Pharmaceutical Microbiology, Department of Pharmaceutical analysis”.
Lo studio, presentato come poster, ha vinto il primo premio per la rilevanza e l’originalità dei risultati ottenuti ed è stato sponsorizzato dal “Protein & Peptide Science Group of the Royal Society of Chemistry”. Le ricerche hanno suscitato grande interesse tra i partecipanti al congresso in quanto aprono la possibilità di testare nuove molecole peptidiche con attività antibiotica in sistemi di tessuti tridimensionali in vitro permettendo di riprodurre fedelmente le condizioni trovate in vivo nei tessuti dei pazienti.
Ad oggi il trattamento di infezioni croniche, quali quelle che affliggono il polmone dei pazienti con fibrosi cistica o le ferite dei pazienti con diabete, è altamente problematico in quanto i ceppi batterici coinvolti risultano spesso multi-resistenti agli antibiotici attualmente disponibili. Lo studio di Lucia Grassi apre la possibilità di facilitare l’identificazione di nuovi composti ad attività antibiotica da indirizzare verso studi preclinici o trials clinici riducendo al contempo l’uso di animali da esperimento.
Al rientro dalle vacanze estive, i musei dell'Università di Pisa propongono i campi settembrini organizzati nell’ambito del progetto “S-passo al Museo” promosso dalla Regione Toscana. Nelle settimane dal 27 al 31 agosto, dal 3 al 7 settembre e dal 10 al 14 settembre i giovani partecipanti si trasformeranno in aspiranti botanici, artisti o scienziati per scoprire i segreti dei musei.
L’ultima settimana di agosto (dal 27 al 31, con scadenza delle iscrizioni fissata per giovedì 23), i piccoli botanici e le piccole botaniche si ritroveranno all’ombra delle grandi e antiche piante dell’Orto e Museo Botanico per conoscerne la storia e alla fine creare un libro mitologico. Nella prima settimana di settembre (dal 3 al 7), al Museo della Grafica i partecipanti sperimenteranno diverse tecniche artistiche e saranno guidati alla scoperta del museo e delle mostre in corso alle quali ispirarsi per creare la loro opera personale. Sempre a settembre, al Museo degli Strumenti per il Calcolo i partecipanti si immergeranno in due settimane di scienza (dal 3 al 7 e dal 10 al 14) nell’area verde dei Vecchi Macelli.
Programma settimanale
27-31 agosto
Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa
“Che mito le piante!”
Per aspiranti botaniche e botanici dai 6 agli 11 anni
3-7 settembre
Museo della Grafica – Palazzo Lanfranchi
“Tutti in scena, inizia lo spettacolo!”
Per aspiranti artiste e artisti dai 6 agli 11 anni
3-7 e 10-14 settembre
Museo degli Strumenti per il Calcolo
Science Camp
Per aspiranti scienziate e scienziati dai 6 ai 12 anni
Informazioni, modalità di prenotazione e iscrizioni online
La scadenza per l’iscrizione ad ogni modulo settimanale è fissata al giovedì precedente l’inizio del modulo. È possibile iscriversi fino a esaurimento dei posti disponibili; ulteriori richieste saranno inserite in lista di attesa.
Per chi si iscrive entro il lunedì che precede l’inizio del modulo scelto sono previste le seguenti riduzioni del 10% (non cumulabili) nel caso di:
· fratelli/sorelle (solo sulla seconda iscrizione)
· chi si iscrive a più settimane, ai campi di Orto e Museo Botanico e/o Museo della Grafica, dalla seconda settimana in poi
· chi si iscrive a due settimane consecutive ai campi del Museo degli Strumenti per il Calcolo, solo sulla seconda settimana
· figli/e dei dipendenti dell’Università di Pisa, della Scuola Normale Superiore, della Scuola Superiore Sant’Anna
· figli/e dei dipendenti del Comune di Pisa, solo per chi si iscrive ai campi del Museo della Grafica
· figli/e dei soci UniCOOP Firenze
Si segnala che:
· I moduli settimanali dell’Orto e Museo Botanico vengono attivati con un numero minimo di 5 e un numero massimo di 15 partecipanti.
· I moduli settimanali del Museo della Grafica vengono attivati con un numero minimo di 6 e un numero massimo di 18 partecipanti.
· I moduli settimanali del Museo degli Strumenti per il Calcolo vengono attivati con un numero minimo di 6 e un numero massimo di 30 partecipanti.
Per informazioni, costi e iscrizioni online: https://www.sma.unipi.it/campi-estate-2018/
L’Università di Pisa, il rettore Paolo Mancarella e il professor Stefano Taddei, direttore della Scuola di specializzazione in Medicina interna, piangono la scomparsa di Alberto Fanfani, medico specializzando a Pisa, che è tra le vittime del crollo del ponte Morandi di Genova, e partecipano con affetto e solidarietà all’immenso dolore che ha colpito la sua famiglia.
Alberto Fanfani, fiorentino di 33 anni, si era laureato in Medicina e chirurgia all’Università di Firenze e trasferito a Pisa dopo aver ottenuto il posto alla Scuola di specializzazione in Medicina Interna. Aveva appena cominciato a frequentare il quinto e ultimo anno della Scuola di specializzazione.
Alberto Fanfani percorreva il ponte Morandi probabilmente per andare in vacanza con la fidanzata, Marta Danisi, anche lei tra le vittime del crollo, un’infermiera conosciuta proprio a Pisa lavorando nello stesso ambiente. Originaria della Sicilia, Marta Danisi è stata residente a Pisa fino a primavera, quando si è trasferita in Piemonte.
“Siamo tutti sconvolti per la tragica scomparsa di Alberto Fanfani e non sappiamo darcene una ragione – hanno scritto il professor Stefano Taddei e i colleghi che quotidianamente lo frequentavano - Alberto era un collega con il quale condividevamo le nostre giornate fatte di lavoro, di impegno, di studio, ma anche di momenti sereni e gioiosi come è normale in un gruppo di lavoro dove la maggior parte delle persone sono giovani medici in formazione che trasmettono le loro aspettative professionali e soprattutto umane per un futuro che si stanno costruendo ed è dietro la porta. Alberto era uno di loro e si caratterizzava per doti umane non comuni, rappresentate da una correttezza, educazione e affidabilità fuori dal comune. Nonostante le capacità professionali fossero decisamente elevate, l’aspetto umano è quello che senz’altro colpiva di più in questo giovane medico ed è per questo che la sua perdita è una tragedia ancor più grande. Di fronte a questa terribile fatalità, il nostro impegno è che il ricordo di Alberto e la sua presenza rimangano sempre con noi, a dimostrazione che l’affetto e il legame umano profondo possono aiutare a superare anche gli eventi più tragici”.
Un primato che vede coinvolte l’Italia e la Spagna e che ha consentito di trapiantare con successo due pazienti, il primo a Pisa e il secondo a Barcellona. Il 19 luglio scorso, i due Paesi hanno realizzato, per la prima volta nel Sud Europa, una catena internazionale di trapianto di rene in modalità incrociata (il cosiddetto programma “cross over”), in cui sono state coinvolte due coppie donatore-ricevente non compatibili, una di Barcellona e una di Pisa.
L’obiettivo della collaborazione tra i due Paesi, entrambi già impegnati con programmi nazionali di cross over, è di allargare ulteriormente il bacino di potenziali donatori a favore di quei pazienti che non possono ricevere l’organo dal loro donatore, a causa della presenza di anticorpi specifici che ne determinano l’incompatibilità. Questo protocollo si inserisce nell’ambito della South Alliance for Transplant (SAT), un accordo internazionale che vede coinvolte la Spagna, la Francia, l’Italia e il Portogallo per individuare programmi comuni di cooperazione con l’obiettivo di incrementare le risposte assistenziali ai pazienti in attesa di ricevere un trapianto.
In concreto, se con il programma nazionale cross over viene data la possibilità ad una coppia donatore-ricevente incompatibile di ricevere e donare un rene incrociando le loro compatibilità immunologiche con quelle di altre coppie donatori-riceventi nella stessa condizione, con il cross over internazionale la ricerca di donatori compatibili si allarga oltre confine, aumentando le possibilità di trapianto. La prima ricerca per individuare la catena cross-over internazionale ha coinvolto 113 coppie donatore-ricevente incompatibili tra loro (79 coppie spagnole, 19 portoghesi e 15 italiane) e 14 ospedali (10 spagnoli, 1 portoghese e 3 italiani: Pisa, Siena e Bologna).
L’avvio della stretta collaborazione tra gli esperti del CNT (Centro Nazionale Trapianti) e dell’ONT (Organización Nacional Trasplantes) per la messa a punto della catena risale al 23 maggio scorso e ha richiesto un intenso impegno per il coordinamento di tutte le fasi di valutazione immunologica e coordinamento organizzativo. Le operazioni di prelievo e di trapianto sono state realizzate in Italia presso l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana dal professor Ugo Boggi e dal professor Fabio Vistoli (U.O. Chirurgia generale e dei trapianti) e a Barcellona dal dottor Alberto Breda, capo dell’équipe chirurgica di trapianti renali della Fondazione Puigvert dell’Università Autonoma di Barcellona.
I risultati dei chirurghi pisani sono frutto di una lunga esperienza.
Era il 15 novembre 2005 quando, per la prima volta in Italia, veniva eseguito a Pisa un trapianto di rene da vivente cross-over tra coppie incompatibili. Si trattava di uno scambio di reni tra tre coppie di coniugi di mezza età nelle quali vi erano barriere di incompatibilità immunologica che impedivano il trapianto diretto tra i familiari, mentre incrociando tra loro donatori e riceventi si era stato possibile realizzare tre trapianti di rene da vivente con compatibilità “standard”. È da questa esperienza pionieristica che poco più di un anno dopo è stato redatto un protocollo nazionale per regolare questa materia e dal 2015, dopo alcune esperienze monocentriche, si è avviato un programma di scambio regolato a livello nazionale. Anche in questa attività il centro di Pisa ha svolto un ruolo di primo piano, essendo coinvolto con una o più coppie nella stragrande maggioranza degli scambi effettuati nel nostro Paese. Ed oggi celebriamo un ulteriore primato, quello del primo scambio tra coppie di nazioni diverse: Spagna e Italia, successo che non poteva che vedere ancora Pisa protagonista: infatti è sempre il Centro di Pisa il maggior fornitore di coppie incompatibili che popolano le liste dei programmi di cross-over nazionale e internazionale.
Nel complesso da quel lontano 2005, 22 riceventi a Pisa hanno potuto coronare il proprio desiderio di ricevere un trapianto di rene da donatore vivente superando la barriera biologica che li separava dal desiderio di un proprio familiare di donare loro il proprio rene, attraverso lo scambio con il donatore di un’altra coppia in situazione analoga. Per 13 di loro si è trattato di scambi effettuati tra coppie tutte afferenti al Centro di Pisa; in 8 casi di scambi avvenuti nell’ambito di catene di trapianti in ambito nazionale che hanno coinvolto 19 coppie in Italia, i più innescati da un donatore samaritano; l’ultimo caso è quello del cross-over internazionale che celebriamo oggi.
Ma la ricerca di soluzioni alternative in presenza di incompatibilità immunologica a Pisa, partita con il programma cross-over, è proseguita andando a sondare anche altre soluzioni che consentissero di eseguire in modo diretto trapianti tra soggetti tradizionalmente considerati incompatibili. Nel 2009 il primo trapianto di rene da vivente tra soggetti con incompatibilità di gruppo sanguigno, nel 2010 quello tra soggetti con anticorpi contro antigeni specificamente presenti nel donatore. In questi casi si è trattato di mettere a punto strategie di trattamento farmacologico e di pulizia del sangue supplementari nel ricevente per consentirgli di accettare un organo incompatibile. Dal 2009 sono stati eseguiti 36 trapianti di rene da vivente diretti tra donatori e riceventi non compatibili: 18 trapianti da familiari donatori con gruppo sanguigno non compatibile, 13 trapianti da familiari donatori con antigeni verso cui i riceventi presentavano anticorpi specifici e 5 trapianti da donatori che cumulavano entrambi questi elementi di incompatibilità.
Oggi a Pisa sono disponibili tutte le opzioni clinicamente accettate dalla comunità trapiantologica internazionale per superare le barriere di incompatibilità biologica. E la ricerca clinica non si ferma, allo scopo di allargare ancora di più gli ambiti di applicazione delle soluzioni di successo consolidate anche all’ambito della donazione da donatore cadavere e per esplorare nuove frontiere, sempre guidati dal principio di prudente intraprendenza che non dimentica mai che chi ha necessità di un trapianto deve essere curato con la massima attenzione perché ottenga il risultato atteso senza correre rischi eccessivi che ne potrebbero compromettere irrimediabilmente la vita.
“La ricerca continua di soluzioni farmacologiche, tecnologiche e organizzative all’avanguardia volte ad allargare la platea delle persone che possono ricevere un trapianto di rene da vivente anima la nostra attività quotidiana. Oltre a quelle celebrate in questa occasione, mi piace ricordare che a Pisa abbiamo la disponibilità di sistemi robotici avanzati per eseguire trapianti di rene in chirurgia mininvasiva”, dice il professor Ugo Boggi, ordinario di Chirurgia generale dell’Ateneo pisano e direttore dei Programmi di Trapianto di rene e di pancreas dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana.
“Il successo odierno - sottolinea il professor Fabio Vistoli, associato di Chirurgia a Pisa e responsabile del Coordinamento Trapianti di rene e di pancreas dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana - è solo una tappa di un percorso che viene da lontano (è del 1972 il primo trapianto di rene da vivente a Pisa) e che mira ad un futuro che possiamo solo immaginare, consapevoli però che tra tutte le forma di trapianto di rene, quella che utilizza un organo da donatore vivente garantisce risultati di funzione nel tempo più che doppi rispetto al miglior organo da donatore cadavere e che quando vi è un donatore idoneo e disponibile in famiglia è una risorsa che va sempre considerata con la massima attenzione prima di rinunciarvi per cause di non compatibilità. Anche per questo a Pisa abbiamo da quasi 20 anni centralizzato specificamente l’attività di valutazione delle coppie da vivente dedicandovi personale sanitario e risorse diagnostiche specifiche in modo da non lasciare nulla al caso”.
A 12 anni di distanza dai primi trapianti non compatibili superati con cross-over tra donatori di coppie differenti, in totale 58 riceventi hanno ricevuto un rene da donatore vivente che fino ad allora era considerato impossibile eseguire. L’impegno quotidiano nella ricerca e nell’innovazione per arrivare a superare o abbattere muri definiti con troppa facilità invalicabili, sono le caratteristiche che definiscono meglio il lavoro quotidiano al Centro Trapianti di Rene e di Pancreas di Pisa, dove tutti - ricercatori, medici, infermieri, sanitari - collaborano attivamente per risolvere i problemi di chi attende un organo e di chi vuole donare una nuova stagione di salute ad un proprio caro.
Primo trapianto di rene da donatore vivente in modalità incrociata del Sud Europa: le tappe.
18/06/2018: il nulla osta immunologico tra il donatore di Barcellona e quello di Pisa, e viceversa, sono stati comunicati dal dott. Emanuele Cozzi, immunologo di riferimento del CNT e dal dott. Lluís Guirado della Fondazione Puigvert dell’Università Autonoma di Barcellona.
29/06/2018: i centri trapianto di Pisa e Barcellona comunicano l’idoneità clinica delle due coppie coinvolte nella catena.
04/07/2018: scambio dei dati clinici e strumentali delle coppie coinvolte nella catena tra i centri italiani e spagnoli.
05/07/2018: in Italia il laboratorio di Pisa provvede ad effettuare il cross-match cititossico mentre il laboratorio di Firenze effettua il cross-match in fluorimetria.
06/07/2018: il laboratorio di Pisa e quello di Firenze comunicano il risultato negativo del cross-match tra il donatore della Spagna e il ricevente di Pisa. Nella stessa giornata viene comunicato il referto negativo del cross-match tra il donatore di Pisa e il ricevente di Barcellona.
10/07/2018: il giudice conferma il nulla osta al trapianto tra il donatore di Barcellona e il ricevente di Pisa.
13/07/2018: organizzazione del trasporto del rene dall’Italia alla Spagna e viceversa. Sarà impiegato un solo aeromobile della compagnia AVIONORD, organizzato dall’Organizzazione Toscana Trapianti- OTT e dal CRAOT.
19/07/2018: alle 09.00 inizio del prelievo del rene dal donatore di Pisa, successivo trasporto del rene a Barcellona; prelievo del rene a Barcellona e successivo trasporto a Pisa per trapianto sul ricevente italiano. Alle 19.00 circa terminano le procedure di prelievo e trapianto.