Andrea Càiti
Nato a Napoli nel 1963, Andrea Càiti si è laureato con lode in Ingegneria Elettronica presso l’Università di Genova nel 1988. Nello stesso anno è entrato come ricercatore al SACLANT Undersea Research Centre di La Spezia dove è rimasto fino al 1994. Successivamente ha avuto contratti di docenza e di ricerca presso le Università di Genova, di Trondheim, del Texas ad Austin. È poi entrato nel 1996 come ricercatore all’Università di Pisa e nel 1998 come professore associato all’Università di Siena. Nel 2001 è ritornato a Pisa, dove, dal 2007, è professore ordinario di Automatica.
Nell’ateneo pisano è stato direttore del Centro interuniversitario sui Sistemi integrati per l’Ambiente marino; coordinatore dei Dottorati di ricerca in “Automatica, Robotica e Bioingegneria” e in “Smart Industry”; presidente del consiglio di corso di laurea magistrale in Ingegneria robotica e dell’Automazione; direttore del Centro di Ateneo “Enrico Piaggio”. Nel periodo 2020-2024 è stato direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DII). Sotto la sua direzione il DII ha ricevuto la qualifica di “Dipartimento di Eccellenza” per il secondo quinquennio consecutivo. Attualmente è delegato dell’Ateneo ai rapporti con l’Accademia Navale di Livorno.
La sua attività di ricerca si è incentrata principalmente sui problemi inversi nell’ambito della geofisica marina, sull’esplorazione oceanografica con strumentazione acustica e sullo sviluppo di robot subacquei per l’oceanografia e l’archeologia. Ha anche dato contributi più teorici alla stabilità dei sistemi dinamici e all’ottimizzazione non lineare. I suoi metodi ed algoritmi per la stima della velocità delle onde di taglio nei primi strati del fondale marino, così come il suo progetto e realizzazione prototipale di un veicolo autonomo a basso costo per l’oceanografia costiera, hanno portato allo sviluppo di prodotti industriali oggi utilizzati operativamente.
La sua attività sperimentale gli ha consentito di partecipare a più di venti crociere di ricerca, spesso come capo-ricercatore, nel Mediterraneo, nell’Atlantico, nel Mare del Nord, nel Baltico e nel Circolo Polare Artico. Ha pubblicato dal 1991 oltre 100 articoli o capitoli di libro e oltre 200 contributi su atti di congresso internazionale. È stato curatore di cinque libri di ricerca editi da Kluwer e Springer ed è autore di voci per la Springer Encyclopedia of Robotics e per quella di Systems and Control.
Ha fatto parte del comitato organizzatore di numerose conferenze e workshop nazionali e internazionali; nel 2015 è stato General Chair di Oceans’15 Genova, la conferenza “flagship” della Oceanic Engineering Society dell’IEEE, nell’occasione tenutasi in Italia per la prima volta in sessant’anni. Dal 1993 è stato responsabile come coordinatore di svariati progetti di ricerca di cui 8 europei, 9 nazionali e 6 regionali. È consulente della UE e del National Research Council norvegese. Nel 2016 ha ricevuto il premio SMAU per l’innovazione digitale. Nel 2017 l’IEEE lo ha nominato Fellow per i suoi contributi scientifici alla inversione geo-acustica ed ai veicoli subacquei autonomi.
Per queste motivazioni il Senato accademico ha conferito l’Ordine del Cherubino al professore Andrea Càiti.
Stefano Taddei
Nato a Pisa nel 1957, il professore Stefano Taddei ha frequentato l’Università di Pisa dove si è laureato in Medicina e Chirurgia nel 1982 con il massimo della votazione e lode e si è specializzato in Farmacologia clinica nel 1986. Dal momento della laurea, il professore Taddei ha lavorato presso il Centro Ipertensione della Clinica medica dell’Università di Pisa, dove ha svolto la sua attività di ricerca e clinica. Dal 1991 al 1992 ha trascorso un periodo di studio presso il “Center for Experimental Therapeutics” del Baylor College of Medicine a Houston in Texas (USA), sotto la direzione del professore Paul M. Vanhoutte.
È stato nominato professore associato nel 2000 e nel 2006 professore ordinario di Medicina interna presso l’Università di Pisa. In AOUP è stato direttore dell’Unità operativa di Medicina interna 2 dal 2007 al 2009 e attualmente è direttore dell’Unità operativa di Medicina interna 1 universitaria (Centro di riferimento regionale per la diagnosi e la cura dell’ipertensione arteriosa). È stato vicepreside con delega alla didattica della Facoltà di Medicina dal 2006 al 2010, presidente della commissione scientifica di Area 06 dell’Università di Pisa dal 2012 al 2016 e vicepresidente Scuola di Medicina dell’Università di Pisa dal 2017 al 2019. Dal 2020 al 2024 è stato direttore del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale.
È stato componente della Commissione terapeutica della Regione Toscana dal 2010-2020 e membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio dal 2021. È membro del Consiglio di Ammini- strazione della Fondazione Stella Maris dal 2022 e del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Pisa per la Scienza dal 2022.
Il professore Taddei è fellow dell’European Society of Cardiology e membro dell’European Society of Hypertension, International Society of Hypertension, American Society of Hypertension, dell’European Society of Clinical Investigation e del High Blood Pressure Council dell’American Heart Association.
Il professore Taddei fa parte dell’Editorial Board di numerose riviste scien- tifiche internazionali e nazionali, tra cui Hypertension, Journal of Hypertension, Journal of Cardiovascular Pharmacology, Blood Pressure. È Deputy Editor dell’European Heart Journal.
L’attività scientifica del professore Taddei riguarda essenzialmente il controllo neuro-umorale del circolo arterioso periferico nell’ipertensione essenziale e secondaria con particolare attenzione ai meccanismi adrenergici, neuro- trasmettitori non adrenergici, il sistema renina-angiotensina circolante e vascolare e la funzione endoteliale. Altri argomenti di studio sono lo scompenso cardiaco, la farmacologia clinica e l’utilizzo dei farmaci cardiovascolari. La sua attività scientifica è documentata da 418 pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali (lavori originali, reviews, editoriali e capitoli di libri) con H index di 83 e 35.450 citazioni.
Per queste motivazioni il Senato accademico ha conferito l’Ordine del Cherubino al professore Stefano Taddei.
In Sapienza la cerimonia di conferimento dell’Ordine del Cherubino a 10 docenti e un riconoscimento speciale a un laureato di 107 anni
Venerdì 14 marzo, alle ore 11, nell’Aula Magna Nuova del Palazzo "La Sapienza" (in via Curtatone e Montanara 15), si terrà la cerimonia ufficiale di conferimento dell’Ordine del Cherubino a 10 docenti dell’Università di Pisa. Quest’anno l’evento sarà aperto da un momento speciale dedicato a un alumnus di quasi 107 anni, Sebastiano Maccioni, originario di Nuoro e laureatosi in Ingegneria civile all’Università di Pisa nel 1947. Su iniziativa dell’Ateneo e dell’ALAP (Associazione Laureati dell’Ateneo Pisano), sarà consegnata all’ingegner Maccioni una targa “per il prezioso contributo offerto all’ingegneria italiana e per il longevo legame con l’Ateneo”. La targa sarà ritirata dai familiari e in Aula Magna sarà trasmesso un videomessaggio di Sebastiano Maccioni.
A seguire il rettore Riccardo Zucchi introdurrà la cerimonia dell’Ordine del Cherubino. I professori e le professoresse ai quali viene conferito il riconoscimento: Rolando Tarchi (Dipartimento di Giurisprudenza), Maria Concetta Morrone (Dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia), Riccardo Cambini (Dipartimento di Economia e Management), Umberto Desideri (Dipartimento di Ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni), Stefano Taddei (Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale), Andrea Càiti (Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione), Alberto Casadei (Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica), Stefano Berrettini (Dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica), Maria Vittoria Salvetti (Dipartimento di Ingegneria civile e industriale), Alessandro Tredicucci (Dipartimento di Fisica).
L’Ordine del Cherubino è una onorificenza conferita dal rettore dell’Università di Pisa, in seguito a delibera del Senato accademico, a docenti ordinari dell’Ateneo pisano con almeno dieci anni di anzianità che abbiano contribuito ad accrescerne il prestigio per i loro particolari meriti scientifici o per il loro contributo alla vita e al funzionamento dell’Università. Il conferimento è accompagnato dalla consegna di un diploma e di una insegna nella quale è rappresentato il Cherubino con sei ali. La cerimonia si chiuderà con un’esibizione del Coro dell’Università di Pisa.
Umberto Desideri
Nato a Firenze nel 1963, il professore Umberto Desideri ha conseguito presso l’Università di Firenze la laurea in Ingegneria meccanica nel 1988 e il dottorato in Ingegneria energetica nel 1993.
È stato ricercatore universitario all’Università di Perugia dal 1992 al 2000, dove è stato associato fino al 2004 e ordinario fino al 2014. Dal 2014 è professore ordinario presso l’Università di Pisa, dove è stato presidente del corso di laurea magistrale in Ingegneria energetica dal 2014 al 2016, direttore del Dipartimento di Ingegneria dell’Energia, dei Sistemi, del Territorio e delle Costruzioni dal 2016 al 2020 e coordinatore del master “Commissioning of Renewable Power Plants” dal 2018. Presso l’Università di Pisa è stato relatore/ correlatore di 110 tesi di laurea magistrale e di 8 tesi di dottorato.
I suoi interessi di ricerca si rivolgono alle energie rinnovabili, all’accumulo energetico, ai sistemi energetici innovativi e alla produzione ed utilizzo dell’idrogeno.
È membro dei comitati editoriali di varie riviste internazionali ad alto impatto, fra cui, in particolare, Applied Energy, per cui è stato Associate Editor dal 2017 e Senior Editor dal 2022. È Fellow dell’American Society of Mechanical Engineers.
È stato revisore di progetti Europei e di progetti di ricerca finanziati da enti nazionali e internazionali. È autore di oltre 360 pubblicazioni indicizzate su Scopus che hanno ottenuto nel complesso più di 8300 citazioni con h-index pari a 53. Fa parte del 2% dei top cited scientists.
Con riferimento al periodo pisano è coordinatore di due progetti Europei per i programmi Horizon 2020 e Clean Hydrogen (in fase di completamento del Grant Agreement); è stato Supervisor di una borsa Marie Sklodowska Curie Action ed è stato ed è Principal Investigator di 6 progetti europei e interregionali. È infine responsabile di sede per il Partenariato Esteso NEST Spoke 5 Energy Conversion, coordinatore di un progetto PRIN2020 e responsabile di sede di altri progetti nazionali finanziati dalla Regione Toscana e dall’ENEA.
Per queste motivazioni il Senato accademico ha conferito l’Ordine del Cherubino al professore Umberto Desideri.
Riccardo Cambini
Nato a Livorno nel 1968, il professore Riccardo Cambini si è laureato in Scienze dell’Informazione all’Università di Pisa nel 1991 ed ha conseguito il dottorato di ricerca in Matematica applicata ai Problemi economici presso l’Università degli Studi di Trieste nel 1995. È in servizio dal 1993 presso la Facoltà di Economia dell’Università di Pisa, oggi Dipartimento di Economia e Management, prima come ricercatore universitario e poi dal 1998 come professore associato, dal 2002 come professore straordinario e dal 2005 come professore ordinario, sempre nel settore dei “Metodi matematici dell’economia e delle scienze attuariali e finanziarie”.
Appassionato studioso di ottimizzazione matematica, vanta significativi contributi inerenti aspetti teorici e computazionali nell’ambito della concavità/convessità generalizzata scalare/vettoriale, dei problemi di programmazione non-lineare, frazionaria, quadratica, del flusso su reti. I suoi lavori più recenti propongono algoritmi risolutivi per problemi di ottimizzazione bi-livello e low-rank. L’attività di ricerca del professore Riccardo Cambini si inserisce a pieno titolo nel dibattito scientifico, come testimoniano le numerose pubblicazioni su riviste di indiscusso prestigio, la sua presenza nei comitati scientifici di convegni internazionali e la sua attività come docente di summer schools. Dal 1997 è membro del Comitato Scientifico Internazionale del “Working Group on Generalized Convexity” (comunità scientifica con oltre 500 membri di 55 diversi paesi) di cui ricopre il ruolo di chair per il triennio 2022-2025.
Attualmente è membro del comitato scientifico della “Associazione per la Matematica Applicata alle Scienze Economiche e Sociali” (AMASES), associazione per la quale ha ricoperto anche il ruolo di Segretario Generale dal 2017 al 2022. È stato editor di due riviste scientifiche, guest editor di special issues e coordinatore di progetti di ricerca a livello nazionale.
Il suo impegno per la crescita della comunità scientifica è evidenziato anche dalla sua attività didattica e dalla sua partecipazione attiva nell’ambito del dottorato di ricerca in Economia politica e del dottorato in Matematica per le Decisioni economiche, entrambi dell’Università di Pisa. Nel corso della sua carriera, ha svolto presso l’Università di Pisa numerosi incarichi istituzionali con dedizione e spirito di servizio: è stato delegato del Rettore per la rete di Ateneo (2011-2012), presidente del Sistema informatico dipartimentale di Ateneo (2012-2016), presidente del dottorato di ricerca in Matematica per le Decisioni economiche (2007-2011), presidente del corso di laurea in Economia e Commercio (2006-2014). È stato più volte componente della commissione scientifica d’area 13 (Scienze economiche e statistiche) di cui è stato presidente nel 2023-2024.
Attualmente è vicedirettore e delegato per l’Assicurazione della Qualità del Dipartimento di Economia e Management.
È stato membro della commissione ASN per il s.c. 13/D4 (2016-2018) e membro del Comitato Scientifico del Consorzio AlmaLaurea (2017-2019).
Elemento distintivo della sua attività didattica è la capacità di far comprendere e apprezzare agli studenti di Economia e Management la matematica con le sue applicazioni. Ha tenuto vari insegnamenti a livello di lauree, lauree
specialistiche/magistrali, master e dottorati. In particolare, è titolare da quasi trenta anni di uno dei corsi di Matematica generale del primo anno e da circa quindici anni tiene il corso di Metodi computazionali per la Finanza. È stato relatore di circa 150 tesi di laurea specialistica/magistrale e di tre tesi di dottorato.
Per queste motivazioni il Senato accademico ha conferito l’Ordine del Cherubino al professore Riccardo Cambini.
L’interazione tra buchi neri e onde gravitazionali si studia con un esperimento da tavolo
Uno studio basato sulla tesi di Chiara Coviello, laureata in Fisica all’Università di Pisa nel 2023 e adesso al King’s College di Londra per un dottorato di ricerca, è stato recentemente pubblicato dalla rivista AVS Quantum Science. Al centro dello studio – intitolato “Gravitational waves and Black Hole perturbations in acoustic analogues” – ci sono i buchi neri che, con il loro fascino oscuro, sono tra gli oggetti più affascinanti del cosmo e sono incredibilmente difficili da analizzare.
Per comprenderli meglio, il gruppo di ricerca interdisciplinare di cui fa parte Coviello ha esaminato i buchi neri acustici, un equivalente analogico che intrappola le onde sonore e può essere creato in un esperimento da tavolo. Tra gli autori e le autrici dello studio ci sono anche la professoressa Marilù Chiofalo dell’Università di Pisa, i professori Dario Grasso dell'INFN di Pisa, Stefano Liberati della SISSA di Trieste e Massimo Mannarelli dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, con la dottoressa Silvia Trabucco, dottoranda di ricerca al Gran Sasso Institute Science dopo essersi laureata in Fisica a Pisa.
Coviello e gli altri autori e autrici hanno indagato se i buchi neri acustici possano essere utilizzati per comprendere le interazioni tra le onde gravitazionali e i buchi neri astrofisici. In un'analisi teorica, hanno esplorato come generare perturbazioni simili a onde gravitazionali in un condensato di Bose-Einstein di atomi ultrafreddi, uno stato della materia in cui qualche centinaia di migliaia di atomi si comportano collettivamente come se fossero un unica grande molecola. Nei condensati di Bose-Einstein, le eccitazioni di più bassa energia sono perturbazioni della densità, descritte da particella quantistiche chiamate fononi.
Nello studio, i fononi si muovono come particelle senza massa in una geometria che può essere ingegnerizzata in modo da riprodurre caratteristiche di un buco nero per quanti di luce, o fotoni, cioè un buco nero astrofisico. Negli analoghi buchi neri acustici, infatti, sono i fononi a rimanere intrappolati e al tempo stesso costituire la cosiddetta radiazione di Hawking, predetta dal celebre astrofisico Stephen Hawking per i buchi neri astrofisici. Utilizzando quanto noto sulle onde gravitazionali, le autrici e gli autori hanno sviluppato un dizionario tra buchi neri astrofisici e buchi neri acustici, per comprendere meglio gli effetti di perturbazioni simili alle onde gravitazionali sull’orizzonte acustico di un buco nero da laboratorio. L'idea è usare esperimenti di fisica della materia in tavoli ottici di qualche metro quadro come simulatori quantistici altamente accurati e controllabili per studiare proprietà di oggetti di interesse astrofisico e cosmologico.
“Siamo entusiasti che questa fisica possa essere studiata in esperimenti attualmente realizzabili, ad esempio con atomi ultra-freddi, offrendo un nuovo modo per analizzare questi sistemi in un ambiente controllato”, ha dichiarato l’autrice Chiara Coviello.
I risultati potrebbero essere utilizzati per studiare gli effetti di dissipazione e riflessione delle perturbazioni simili alle onde gravitazionali nei buchi neri acustici. Gli autori e le autrici ritengono che ciò contribuirà a far luce sui comportamenti universali e sul ruolo delle fluttuazioni quantistiche nei buchi neri astrofisici.
Il team di ricerca, composto da una collaborazione tra diverse università e centri di ricerca, intende proseguire lo studio analizzando le proprietà di viscosità dell’orizzonte acustico in relazione alla sua entropia, note per avere comportamenti universali, cioè non dipendenti dallo specifico sistema fisico. I risultati potrebbero fornire nuove intuizioni sulla teoria fisica di base e sulle simmetrie dei buchi neri astrofisici.
Maria Concetta Morrone
Nata a Sant’Elia a Pianisi (Campobasso) nel 1955, la professoressa Maria Concetta Morrone si è laureata con lode in Fisica all’Università di Pisa nel 1977. Nel 1981 è divenuta ricercatrice in Fisica generale presso la Scuola Normale Superiore e poi nel 1995 prima ricercatrice presso l’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa.
È stata professoressa ordinaria di Psicobiologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e dal 2008 è professoressa ordinaria di Fisiologia presso l’Università di Pisa. È stata referente della Laurea Magistrale “Neuroscience” dell’Università di Pisa fino al 2021, membro del Senato Accademico nel 2019, e del Consiglio di amministrazione nel quadriennio 2021-2024.
La professoressa Morrone è un’esperta del sistema visivo dell’uomo e dei mammiferi e del loro sviluppo, che studia utilizzando metodologie che spaziano dall’elettrofisiologia alla psicofisica, alla modellistica computazionale e alle neuroimmagini, partecipando alla progettazione e sviluppo del Centro IMAGO7 di Pisa.
È autrice di oltre 230 pubblicazioni sulle migliori riviste internazionali del campo (19000 citazioni, h-index 73, fonte: Google Scholar), incluse le riviste del gruppo Nature e del gruppo Cell Press. Le è stato assegnato un ERC Advanced Grant (ECSPLAIN 2014-2019) ed è stata Senior Scientist di STANIB e GENPERCEP ERC Advance Grants dal 2009 al 2024. È stata membro ASN del SSD BIO/09 ed è Presidente Eletta della Società Italiana di Neuroscienze. Fin dall’inizio della carriera ha allacciato importati relazioni internazionali: è stata borsista dell’Università di Ulm, dell’Università della Western Australia, professoressa aggiunta delle Università di Boston e di Sydney.
È membro corrispondente dal 2014 e nazionale dal 2024 dell’Accademia Nazionale dei Lincei e membro dell’Academia Europæa dal 2023. Ha svolto attività di valutazione e programmazione di importanti enti di ricerca internazionali, come l’École Normale Supérieure di Parigi e l’Hungarian Research Network. Le sono stati conferiti numerosi premi: del Ministro per i Beni Culturali ed Ambientali nel 2002; la “Perception Lecture” nel 2004; la Medaglia di Koffka dell’Università di Giessen nel 2011; la “Ken Nakayama Medal for Excellence in Visual Science” nel 2019.
Per queste motivazioni il Senato accademico ha conferito l’Ordine del Cherubino alla professoressa Maria Concetta Morrone.
Rolando Tarchi
Nato a Rosignano Solvay nel 1957, il professore Rolando Tarchi si è laureato con lode nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pisa nel 1982 e nel 1988 ha conseguito il dottorato di ricerca. Ha percorso la sua carriera
accademica nelle Università di Firenze, Cagliari e di Pisa.
Professore straordinario dal 1995, nel 1998 è diventato ordinario, prima di Istituzioni di diritto pubblico poi di Diritto pubblico comparato presso la Facoltà (ora Dipartimento) di Giurisprudenza. L’impegno costante a servizio dell’Ateneo lo ha condotto ai ruoli di direttore del Dipartimento di Diritto pubblico, di membro del Comitato di presidenza della Facoltà di Giurisprudenza, del Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa.
È stato presidente del corso di laurea in Diritto dell’impresa, del lavoro e delle pubbliche amministrazioni dal 2006 al 2013 e vicedirettore del Dipartimento di Istituzioni, impresa e mercato dal 2009 al 2012.
Dal 2023 è presidente della Commissione scientifica di Ateneo per l’Area 12. Fa parte del Comitato scientifico e del Consiglio di direzione delle riviste Diritto pubblico comparato ed europeo, DPCE online e Osservatorio sulle fonti. È membro dell’Associazione italiana dei costituzionalisti (AIC), dell’Associazione italiana di Diritto comparato (AIDC), dell’International Academy of Comparative Law (IACL) e dell’Associazione Diritto pubblico comparato ed europeo (DPCE). Di quest’ultima è membro del Consiglio direttivo dal 2015 e presidente dal 2019.
Dal 15 marzo 2024 è segretario generale della Conferenza della società e delle associazioni di area giuridica.
Ha svolto un’intensa attività didattica ricoprendo vari insegnamenti, anche presso l’Accademia navale di Livorno, il Campus di Lucca, il Centro dei servizi logistici di Livorno, oltre che nel Dipartimento di Giurisprudenza e di Scienze politiche di questo Ateneo. Ha svolto un’intensa attività di ricerca, testimoniata dalle numerose relazioni a convegni, nazionali e internazionali e dalle oltre 150 pubblicazioni, tra le quali quattro monografie. Gli studi di maggior rilievo sono dedicati alla comparazione giuridica, alle fonti del diritto (il volume del 1990 sulle leggi di sanatoria nel diritto intertemporale è ancora l’opera di riferimento per gli studi di settore), ai sistemi federali e regionali, alla giustizia costituzionale, alle forme di Stato e al rule of law.
Di particolare rilievo il contributo scientifico sulle forme di governo, tema indagato fin dalla prima monografia del 1990, con riflessioni di carattere metodologico e riferite alle distinzioni tra i diversi sistemi istituzionali nella prospettiva globale e al valore delle relative tassonomie.
Per queste motivazioni il Senato accademico ha conferito l’Ordine del Cherubino al professore Rolando Tarchi.
An international research team has reconstructed the size and shape of the Megalodon’s body
A new study, published in the journal “Palaeontologia Electronica”, has revealed new evidence about the size, body shape, biology, and lifestyle of the Megalodon, the legendary giant shark that ruled the oceans between 15 and 3.6 million years ago. The research, coordinated by Professor Kenshu Shimada of DePaul University in Chicago, involved experts from nine countries and four continents, including the University of Pisa - the only Italian institution to participate in this study.
Scientists have analysed an extraordinary fossil: a partial vertebral column consisting of 141 vertebrae, approximately 11 metres long, found in Belgium more than a century ago. Research on body proportions in living and extinct sharks has revealed that the Belgian specimen was over 16 metres long, while the largest individuals of the species could have reached over 24 metres, with a maximum body mass of about 94 tonnes.
Schematic and hypothetical reconstruction of the body shape of a 24.3-meter-long Megalodon. Although the silhouette of a swimmer is shown next to the shark's schematic drawing to provide an idea of its size, it should be emphasized that the Megalodon is an extinct species that did not coexist with humans.
However, the most surprising discovery concerns the shape of the Megalodon’s body: contrary to previous reconstructions, which portrayed it as an oversized great white shark, the team has suggested a closer resemblance to the lemon shark (Negaprion brevirostris), which has a more slender body. Only an elongated shape would have made the Megalodon a fairly efficient swimmer despite its enormous size. Researchers have also observed that the largest modern sharks, such as the whale shark (Rhincodon typus) and the basking shark (Cetorhinus maximus), have relatively slender bodies, which makes them efficient swimmers despite their large size.
Alberto Collareta (on the left).
“Known under the scientific name Otodus megalodon (or Carcharocles megalodon), this famous protagonist of the oceans of the past is known above all for its large, triangular and serrated teeth, while the skeletal remains are extremely rare and fragmentary,” explains Professor Alberto Collareta, palaeontologist at the Department of Earth Sciences of the University of Pisa. The absence of complete Megalodon skeletons has often led researchers to reconstruct the appearance of this ancient sea giant as similar to that of the present-day great white shark (Carcharodon carcharias). This new research represents a fundamental step in understanding the biology of one of the largest predators in the history of our planet, challenging traditional reconstructions and presenting an even more fascinating image of the Megalodon”.
Another interesting aspect of the research concerns its reproduction. Researchers have estimated that the offspring of this species were already over three and a half metres long at birth. This suggests an ovoviviparous reproductive strategy, in which the more developed embryos feed on their unborn siblings, a phenomenon known as intrauterine cannibalism.
The study also hypothesises that the progressive disappearance of the Megalodon was at least partly linked to competition with the modern white shark, which appeared about 5 million years ago. Despite their different body shapes, these two formidable predators may have had similar food preferences: along with other environmental factors, competition with the great white shark for the same resources could have led to the extinction of the Megalodon.
The article “Reassessment of the possible size, form, weight, cruising speed, and growth parameters of the extinct megatooth shark, Otodus megalodon (Lamniformes: Otodontidae), and new evolutionary insights into its gigantism, life history strategies, ecology, and extinction” is freely accessible online at the following link: https://doi.org/10.26879/1502.
The authors are: Kenshu Shimada, Ryosuke Motani, Jake J. Wood, Phillip C. Sternes, Taketeru Tomita, Mohamad Bazzi, Alberto Collareta, Joel H. Gayford, Julia Türtscher, Patrick L. Jambura, Jürgen Kriwet, Romain Vullo, Douglas J. Long, Adam P. Summers, John G. Maisey, Charlie Underwood, David J. Ward, Harry M. Maisch IV, Victor J. Perez, Iris Feichtinger, Gavin J.P. Naylor, Joshua K. Moyer, Timothy E. Higham, João Paulo C.B. da Silva, Hugo Bornatowski, Gerardo Gonzalez-Barba, Michael L. Griffiths, Martin A. Becker and Mikael Siversson.
Un team di ricerca internazionale ha ricostruito le dimensioni e la forma del corpo del Megalodon
Grazie a un nuovo studio pubblicato sulla rivista “Palaeontologia Electronica” emergono nuovi indizi sulle dimensioni, la forma del corpo, la biologia e lo stile di vita del Megalodon, il leggendario squalo gigante che dominava gli oceani tra 15 e 3,6 milioni di anni fa. La ricerca, coordinata dal professor Kenshu Shimada della DePaul University di Chicago, ha coinvolto esperti di nove paesi e quattro continenti, tra cui l’Università di Pisa – unica istituzione italiana a partecipare a tale studio.
Gli scienziati hanno analizzato un fossile straordinario: una colonna vertebrale parziale costituita da 141 vertebre, lunga circa 11 metri, rinvenuta in Belgio oltre un secolo fa. Lo studio delle proporzioni corporee in squali viventi ed estinti ha permesso di stimare che l’esemplare belga fosse lungo oltre 16 metri, mentre gli individui più grandi della specie avrebbero potuto superare i 24 metri, con una massa corporea massima di circa 94 tonnellate.
Ma la scoperta più sorprendente riguarda la forma del corpo del Megalodon: contrariamente alle precedenti ricostruzioni che lo immaginavano come una sorta di squalo bianco “ingigantito”, il team ha ipotizzato una somiglianza maggiore con lo squalo limone (Negaprion brevirostris), caratterizzato da un corpo più slanciato. Proprio una forma allungata avrebbe reso il Megalodon un nuotatore tutto sommato efficiente nonostante l'enorme taglia. I ricercatori hanno anche osservato come i più grandi squali moderni, come lo squalo balena (Rhincodon typus) e lo squalo elefante (Cetorhinus maximus), presentino un corpo relativamente snello, il che li rende nuotatori efficienti a dispetto delle ingenti dimensioni.
“Noto con il nome scientifico di Otodus megalodon (o Carcharocles megalodon), questo celeberrimo protagonista degli oceani del passato è noto soprattutto per i suoi grandi denti, triangolari e seghettati, mentre i resti scheletrici sono estremamente rari e frammentari – spiega il professor Alberto Collareta, paleontologo presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Pisa – Proprio la mancanza di scheletri completi riferiti al Megalodon ha spesso indotto gli studiosi a ricostruire l’aspetto di questo antico gigante dei mari come simile a quello dell’attuale squalo bianco (Carcharodon carcharias). Questa nuova ricerca rappresenta un passo fondamentale nella comprensione della biologia di uno dei più grandi predatori della storia del nostro pianeta, sfidando le tradizionali ricostruzioni ed offrendo un'immagine ancora più affascinante del Megalodon”.
Un altro aspetto interessante emerso dalla ricerca riguarda la riproduzione del Megalodon. Gli studiosi hanno stimato che già alla nascita i piccoli di questa specie fossero lunghi più di 3 metri e mezzo. Questo suggerisce una strategia riproduttiva ovovivipara, in cui gli embrioni più sviluppati si nutrivano dei fratelli non ancora nati, un fenomeno noto come cannibalismo intrauterino.
Lo studio ipotizza inoltre che la progressiva scomparsa del Megalodon sia stata almeno in parte legata alla competizione con il moderno squalo bianco, comparso circa 5 milioni di anni fa. I due formidabili predatori, pur caratterizzati da differenti forme corporee, potrebbero aver avuto preferenze alimentari simili: insieme ad altri fattori ambientali, la competizione con lo squalo bianco per le medesime risorse avrebbe decretato l'estinzione del Megalodon.
L’articolo “Reassessment of the possible size, form, weight, cruising speed, and growth parameters of the extinct megatooth shark, Otodus megalodon (Lamniformes: Otodontidae), and new evolutionary insights into its gigantism, life history strategies, ecology, and extinction” è liberamente accessibile online al seguente indirizzo internet: https://doi.org/10.26879/1502.
I suoi autori sono: Kenshu Shimada, Ryosuke Motani, Jake J. Wood, Phillip C. Sternes, Taketeru Tomita, Mohamad Bazzi, Alberto Collareta, Joel H. Gayford, Julia Türtscher, Patrick L. Jambura, Jürgen Kriwet, Romain Vullo, Douglas J. Long, Adam P. Summers, John G. Maisey, Charlie Underwood, David J. Ward, Harry M. Maisch IV, Victor J. Perez, Iris Feichtinger, Gavin J.P. Naylor, Joshua K. Moyer, Timothy E. Higham, João Paulo C.B. da Silva, Hugo Bornatowski, Gerardo González-Barba, Michael L. Griffiths, Martin A. Becker e Mikael Siversson.
Le ricerche dell'Università di Pisa nell'ambito della Paleontologia dei Vertebrati sono supportate da un finanziamento ministeriale (PRIN 2022 “BioVertICeS”).