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È scomparso nella serata di mercoledì 29 agosto il professor Bruno Pellegrini, Professore Emerito dell'Università di Pisa, che per diversi decenni è stato riferimento fondamentale per l'ingegneria elettronica pisana.
Ex allievo della Scuola Pacinotti (oggi Scuola Sant'Anna), il professor Pellegrini si era laureato in Ingegneria elettronica all'Università di Pisa nel 1961, diventando ricercatore al Centro di studi per metodi e dispositivi per radiotrasmissione (CSMDR) del CNR dal 1963 al 1976. In seguito e fino al 2008, è stato professore ordinario di Elettronica al dipartimento di Ingegneria dell’informazione, quindi è stato nominato Professore Emerito dell’Ateneo. Il professor Pellegrini è stato presidente dal 1990 al 2000 del corso di laurea in Ingegneria elettronica e dal 1992 al 1996 del Gruppo Nazionale Elettronica.
La sua attività scientifica ha spaziato dalla fisica dei dispositivi elettronici, allo studio del rumore a bassa frequenza e dei fenomeni di trasporto e conduzione, fino alla teoria delle reti lineari e alla strumentazione ad alta sensibilità. Tra i contributi scientifici più significativi del professor Pellegrini si ricorda la formulazione rigorosa della teoria della reazione nota come Teorema di Scomposizione e un nuovo Teorema di Elettrocinematica.
Il rettore Paolo Mancarella ha ricordato che "il professor Bruno Pellegrini, Professore Emerito dell’Università di Pisa, nel dicembre del 1961 è stato il primo laureato dell’Ateneo in Ingegneria elettronica, disciplina di cui successivamente è diventato prima docente e poi presidente del corso di laurea. Con la morte del professor Pellegrini - ha concluso il rettore - scompare il padre dell'elettronica pisana e si chiude un'era luminosa che lui stesso aveva aperto con la laurea del 1961”.

Pellegrini Bruno

È scomparso nella serata di mercoledì 29 agosto il professor Bruno Pellegrini, Professore Emerito dell'Università di Pisa, che per diversi decenni è stato riferimento fondamentale per l'ingegneria elettronica pisana.

Ex allievo della Scuola Pacinotti (oggi Scuola Sant'Anna), il professor Pellegrini si era laureato in Ingegneria elettronica all'Università di Pisa nel 1961, diventando ricercatore al Centro di studi per metodi e dispositivi per radiotrasmissione (CSMDR) del CNR dal 1963 al 1976. In seguito e fino al 2008, è stato professore ordinario di Elettronica al dipartimento di Ingegneria dell’informazione, quindi è stato nominato Professore Emerito dell’Ateneo. Il professor Pellegrini è stato presidente dal 1990 al 2000 del corso di laurea in Ingegneria elettronica e dal 1992 al 1996 del Gruppo Nazionale Elettronica.
La sua attività scientifica ha spaziato dalla fisica dei dispositivi elettronici, allo studio del rumore a bassa frequenza e dei fenomeni di trasporto e conduzione, fino alla teoria delle reti lineari e alla strumentazione ad alta sensibilità. Tra i contributi scientifici più significativi del professor Pellegrini si ricorda la formulazione rigorosa della teoria della reazione nota come Teorema di Scomposizione e un nuovo Teorema di Elettrocinematica.

Il rettore Paolo Mancarella ha ricordato che "il professor Bruno Pellegrini, Professore Emerito dell’Università di Pisa, nel dicembre del 1961 è stato il primo laureato dell’Ateneo in Ingegneria elettronica, disciplina di cui successivamente è diventato prima docente e poi presidente del corso di laurea. Con la morte del professor Pellegrini - ha concluso il rettore - scompare il padre dell'elettronica pisana e si chiude un'era luminosa che lui stesso aveva aperto con la laurea del 1961".

Il professor Pietro Croce, associato di Tecnica delle Costruzioni e Teoria di progetto dei ponti dell'Università di Pisa, è stato nominato dal presidente della Regione Liguria e Commissario delegato per l'emergenza legata al crollo del ponte Morandi, Giovanni Toti, quale membro della “Commissione esperta di supporto alle decisioni”. Il professor Croce è stato chiamato su proposta del presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, Massimo Sessa. La Commissione, composta da cinque esperti, ha compiti tecnico-consultivi relativi alla riperimetrazione della zona rossa, al fine di garantire la tutela dell'incolumità pubblica e privata, e soprattutto alla valutazione delle proposte presentate in merito alle attività di verifica, consolidamento, messa in sicurezza o demolizione dei tronconi del ponte non collassati e instabili.

“Ringrazio il presidente Toti per la scelta fatta – ha detto il rettore Paolo Mancarella – che conferma il prestigio della scuola pisana di ingegneria delle costruzioni, un settore riconosciuto e apprezzato sia a livello accademico che nel mondo istituzionale italiano. Mi congratulo con il professor Croce per il prestigioso incarico ricevuto, certo che saprà svolgere il suo compito con la massima professionalità, mettendo la sua competenza ed esperienza al servizio del paese su un'emergenza così drammatica. Il mio pensiero, la mia vicinanza e la mia solidarietà – ha concluso il rettore – vanno ai familiari delle vittime e ai cittadini di Genova così duramente colpiti da questa immane tragedia”.

 Croce Pietro

Il professor Pietro Croce, nato a Foggia nel 1957, è membro di numerose commissioni e gruppi di esperti nazionali e internazionali ed è presidente (Convenor) dell’HGB (Horizontal Group Bridges) del CEN/TC250 che coordina tutti gli Eurocodici strutturali relativi ai ponti. È stato ed è responsabile di programmi di ricerca finanziati dalla Comunità Europea, da importanti industrie e associazioni. Attualmente dirige la convenzione di ricerca tra il dipartimento di Ingegneria civile e industriale dell'Ateneo pisano e il Comune di Firenze relativa alla “Verifica di vulnerabilità sismica e delle condizioni di sicurezza strutturale del patrimonio immobiliare scolastico e di complessi sportivi”, che interessa circa 80 edifici scolastici, oltre al Pala Mandela e alla Piscina Costoli.

L'attività scientifica del professor Pietro Croce riguarda, tra gli altri, i temi dell'affidabilità strutturale e sicurezza delle strutture; delle analisi di vulnerabilità sismica, adeguamento sismico e consolidamento di strutture esistenti; delle tecniche costruttive innovative; delle tecniche di isolamento delle vibrazioni, della resistenza al fuoco e degli effetti del cambiamento climatico sulle costruzioni. In particolare, le sue ricerche si concentrano sull'analisi della fatica e carichi da traffico nei ponti e nei ponti strallati e sospesi; sulla valutazione della fatica e fatica oligociclica nelle strutture metalliche e nelle strutture in cemento armato e relative tecniche di riparazione; nel monitoraggio delle strutture, con particolare riferimento agli edifici e ai ponti monumentali; nell'analisi non lineare e rigidezza equivalente dei cavi e degli stralli, con speciale riferimento ai ponti strallati e sospesi.

Partirà all'inizio di settembre il progetto di digitalizzazione dell'erbario dell'Orto e Museo Botanico dell'Università di Pisa, finanziato con un contributo di 60 mila euro dalla Fondazione Pisa nell'ambito del bando dedicato ai Beni culturali. Il progetto avrà una durata triennale con un costo totale di 150 mila euro.
La tecnica dell’erbario è stata inventata nell’Ateneo pisano nella metà del Cinquecento, con finalità legate all’insegnamento della botanica, e si è successivamente diffusa in tutto il mondo allargando le sue funzioni ad altri campi, oltre a quello iniziale puramente didattico. Attualmente l’erbario dell’Università di Pisa ("Herbarium Horti Botanici Pisani") è costituito da circa 300 mila campioni raccolti dalla fine del Settecento ed è uno dei più importanti in Italia per consistenza e qualità delle collezioni. È suddiviso in due principali settori: un erbario generale e una sezione di erbari storici e collezioni separate. Un notevole sviluppo alla loro funzionalità e valorizzazione è dato dalla possibilità di catalogazione informatizzata delle collezioni, che permette di documentare in maniera precisa tutte le notizie riguardanti ogni esemplare.
Su questo fronte nell’ultimo anno sono stati fatti notevoli progressi e il contributo concesso dalla Fondazione Pisa per la realizzazione del nuovo progetto permetterà di migliorare e ampliare significativamente le modalità di fruizione dell’erbario pisano verso il grande pubblico.
“In particolare - ha commentato il professor Lorenzo Peruzzi, direttore dell'Orto e Museo Botanico - il progetto prevede la digitalizzazione di una delle collezioni più preziose conservate nella nostra struttura: l’erbario di Michele Guadagno, acquisito nel 1939 sotto la direzione di Alberto Chiarugi. Si tratta di circa 35 mila campioni, raccolti prevalentemente in Italia centro-meridionale. La loro completa digitalizzazione permetterà di avere a disposizione una grossa mole di informazioni circa la biodiversità della nostra penisola e renderà fruibile circa il 10% delle nostre collezioni totali anche al grande pubblico, che potrà visitare virtualmente il nostro erbario”.
Già in passato l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa hanno ricevuto finanziamenti dalla Fondazione Pisa per sviluppare progetti di consolidamento e conservazione della sua struttura e delle sue collezioni. Il finanziamento concesso quest’anno premia dunque gli sforzi degli ultimi due anni di attività del centro universitario, durante i quali sono state potenziate l’accessibilità e la visibilità della struttura attraverso iniziative rivolte al pubblico. Tra queste anche le “Domeniche al verde”, realizzate su stimolo del Comune, che hanno portato all’apertura gratuita per tutta la cittadinanza ogni prima domenica del mese, incrementando il numero di visitatori di oltre il 70%. Recentemente è stata inoltre ristrutturata la nuova parte espositiva del Museo Botanico, a cui possono accedere i visitatori con un unico biglietto di ingresso.

Partirà all'inizio di settembre il progetto di digitalizzazione dell'erbario dell'Orto e Museo Botanico dell'Università di Pisa, finanziato con un contributo di 60 mila euro dalla Fondazione Pisa nell'ambito del bando dedicato ai Beni culturali. Il progetto avrà una durata triennale con un costo totale di 150 mila euro.

 erbario2

La tecnica dell’erbario è stata inventata nell’Ateneo pisano nella metà del Cinquecento, con finalità legate all’insegnamento della botanica, e si è successivamente diffusa in tutto il mondo allargando le sue funzioni ad altri campi, oltre a quello iniziale puramente didattico. Attualmente l’erbario dell’Università di Pisa ("Herbarium Horti Botanici Pisani") è costituito da circa 300 mila campioni raccolti dalla fine del Settecento ed è uno dei più importanti in Italia per consistenza e qualità delle collezioni. È suddiviso in due principali settori: un erbario generale e una sezione di erbari storici e collezioni separate. Un notevole sviluppo alla loro funzionalità e valorizzazione è dato dalla possibilità di catalogazione informatizzata delle collezioni, che permette di documentare in maniera precisa tutte le notizie riguardanti ogni esemplare.
Su questo fronte nell’ultimo anno sono stati fatti notevoli progressi e il contributo concesso dalla Fondazione Pisa per la realizzazione del nuovo progetto permetterà di migliorare e ampliare significativamente le modalità di fruizione dell’erbario pisano verso il grande pubblico.

“In particolare - ha commentato il professor Lorenzo Peruzzi, direttore dell'Orto e Museo Botanico - il progetto prevede la digitalizzazione di una delle collezioni più preziose conservate nella nostra struttura: l’erbario di Michele Guadagno, acquisito nel 1939 sotto la direzione di Alberto Chiarugi. Si tratta di circa 35 mila campioni, raccolti prevalentemente in Italia centro-meridionale. La loro completa digitalizzazione permetterà di avere a disposizione una grossa mole di informazioni circa la biodiversità della nostra penisola e renderà fruibile circa il 10% delle nostre collezioni totali anche al grande pubblico, che potrà visitare virtualmente il nostro erbario”.

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Già in passato l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa hanno ricevuto finanziamenti dalla Fondazione Pisa per sviluppare progetti di consolidamento e conservazione della sua struttura e delle sue collezioni. Il finanziamento concesso quest’anno premia dunque gli sforzi degli ultimi due anni di attività del centro universitario, durante i quali sono state potenziate l’accessibilità e la visibilità della struttura attraverso iniziative rivolte al pubblico. Tra queste anche le “Domeniche al verde”, realizzate su stimolo del Comune, che hanno portato all’apertura gratuita per tutta la cittadinanza ogni prima domenica del mese, incrementando il numero di visitatori di oltre il 70%. Recentemente è stata inoltre ristrutturata la nuova parte espositiva del Museo Botanico, a cui possono accedere i visitatori con un unico biglietto di ingresso.

Ha una vita propria e indipendente rispetto alle piante che nutre. La sorprendete scoperta di un team tutto pisano e tutto al femminile riguarda la “wood wide web”, la rete fungina così soprannominata dalla rivista “Nature” che vive nel suolo in simbiosi con le radici trasferendo acqua e nutrienti alle piante.

Autrici dello studio appena pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” del gruppo editoriale "Nature", sono tre microbiologhe, la professoressa Manuela Giovannetti come coordinatrice e Alessandra Pepe, entrambe dell’Università di Pisa, e Cristiana Sbrana del CNR.


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Il Wood Wide Web


“Queste nuove conoscenze, oltre a fornire dati preziosi sulla capacità di sopravvivenza a lungo termine della rete assorbente fungina, ci indicano la strada da seguire per il mantenimento della fertilità biologica del suolo - spiega la professoressa Giovannetti - una strada che deve tener conto dei rapporti di cooperazione tra piante e microrganismi benefici, nell’ottica della loro utilizzazione nella produzione sostenibile di cibo di alta qualità”.

La ricerca è durata due anni e si è svolta nei laboratori di Microbiologia del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Ateneo pisano, dove è stato messo a punto un sistema sperimentale in vivo per visualizzare e monitorare la crescita e la vitalità della rete fungina.


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Il Wood Wide Web


“Le piante si nutrono principalmente utilizzando le capacità del fungo benefico simbionte di esplorare il terreno, assorbire i nutrienti e trasferirli alle radici attraverso una rete di cellule allungate tubulari interconnesse - racconta la dottoressa Cristiana Sbrana, ricercatrice del CNR - Il nostro studio ha affrontato una domanda cruciale: la vita di tale rete è dipendente dalla vita della pianta ospite? Oppure, alla morte della pianta (come avviene dopo la raccolta per molte colture), la rete mantiene la sua vitalità e funzionalità?”.

“Gli esperimenti effettuati durante le nostre ricerche hanno dimostrato che la vita della “wood wide web” è disaccoppiata dalla vita della pianta - ha concluso Alessandra Pepe, che ha svolto parte del suo dottorato proprio su questo argomento - Anche 5 mesi dopo la rimozione della parte aerea della pianta, la rete è capace di mantenere la sua vitalità e funzionalità, e di stabilire nuove simbiosi con altre piante”.

Ha una vita propria e indipendente rispetto alle piante che nutre. La sorprendete scoperta di un team tutto pisano e tutto al femminile riguarda la “wood wide web”, la rete fungina così soprannominata dalla rivista “Nature” che vive nel suolo in simbiosi con le radici trasferendo acqua e nutrienti alle piante.
Autrici dello studio appena pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” del gruppo editoriale "Nature", sono tre microbiologhe, la professoressa Manuela Giovannetti come coordinatrice e Alessandra Pepe, entrambe dell’Università di Pisa, e Cristiana Sbrana del CNR.
“Queste nuove conoscenze, oltre a fornire dati preziosi sulla capacità di sopravvivenza a lungo termine della rete assorbente fungina, ci indicano la strada da seguire per il mantenimento della fertilità biologica del suolo - spiega la professoressa Giovannetti - una strada che deve tener conto dei rapporti di cooperazione tra piante e microrganismi benefici, nell’ottica della loro utilizzazione nella produzione sostenibile di cibo di alta qualità”.
La ricerca è durata due anni e si è svolta nei laboratori di Microbiologia del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Ateneo pisano, dove è stato messo a punto un sistema sperimentale in vivo per visualizzare e monitorare la crescita e la vitalità della rete fungina.
“Le piante si nutrono principalmente utilizzando le capacità del fungo benefico simbionte di esplorare il terreno, assorbire i nutrienti e trasferirli alle radici attraverso una rete di cellule allungate tubulari interconnesse - racconta la dottoressa Cristiana Sbrana, ricercatrice del CNR - Il nostro studio ha affrontato una domanda cruciale: la vita di tale rete è dipendente dalla vita della pianta ospite? Oppure, alla morte della pianta (come avviene dopo la raccolta per molte colture), la rete mantiene la sua vitalità e funzionalità?”.
“Gli esperimenti effettuati durante le nostre ricerche hanno dimostrato che la vita della “wood wide web” è disaccoppiata dalla vita della pianta - ha concluso Alessandra Pepe, che ha svolto parte del suo dottorato proprio su questo argomento - Anche 5 mesi dopo la rimozione della parte aerea della pianta, la rete è capace di mantenere la sua vitalità e funzionalità, e di stabilire nuove simbiosi con altre piante”.
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Riferimenti della pubblicazione:
Alessandra Pepe, Manuela Giovannetti, Cristiana Sbrana (2018). Lifespan and functionality of mycorrhizal fungal mycelium are uncoupled from host plant lifespan. SCIENTIFIC REPORTS, 8: 10235. DOI:10.1038/s41598-018-28354-5
Link: https://rdcu.be/2zuG

 

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