Ancora un premio da Google al gruppo di ricerca del dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa guidato dal professor Paolo Ferragina, che ormai da molti anni ha in attivo una collaborazione scientifica con l’azienda americana. Il progetto premiato si chiama “From Brotli to personalized data compression” ed è incentrato su Brotli, un innovativo formato di compressione sviluppato da Google per ottimizzare la navigazione web, aumentando la compressione dei dati e riducendo i tempi di trasmissione e decompressione all'interno del browser.
“Siamo molto soddisfatti di questo nuovo riconoscimento che Google ha attribuito alle nostre ricerche, questa volta nel contesto dell'Information Theory e della Data Compression – ha commentato Paolo Ferragina. Si tratta di studi portati avanti da più di 15 anni e che, dopo un'inevitabile fase speculativa che ha generato diverse pubblicazioni su importanti conferenze e riviste internazionali dell'Informatica teorica, stanno trovando interessanti applicazioni, quali appunto quelle su cui lavoreremo insieme ai ricercatori di Google. Mi aspetto anche, come spesso accade in collaborazioni industriali prestigiose, che questa ricerca possa individuare nuovi e più avvincenti problemi teorici da investigare nel futuro”.
La collaborazione del gruppo di ricerca del professor Ferragina con Google va avanti dal 2010 grazie a due Faculty Award che avevano premiato (negli anni 2010 e 2013) i risultati ottenuti in un altro campo di indagine, ossia quello dell'annotazione semantica di testi e sue applicazioni ai motori di ricerca. Questa collaborazione ha portato già ad altri risultati scientifici quali la realizzazione dell'annotatore per testi TagMe, che ha servito circa 400 milioni di query in questi sei anni di attività, e dell'annotatore semantico per interrogazioni ai motori di ricerca SMAPH, che ha vinto il primo premio dell'ERD Challenge Query Track (istituito dalla conferenza ACM SIGIR 2014), sviluppato in collaborazione con ricercatori Google e del gruppo del professor Hinrich Schutze dell’eUniversità di Monaco.
“La soddisfazione per questo riconoscimento è doppia perché esso va a consolidare ed espandere il rapporto di ricerca con Google interessando ora un altro ambito di indagine diverso dal precedente e sottolineando così l’eccellenza della ricerca algoritmica pisana sulla memorizzazione compressa, l'indicizzazione, e la ricerca su un ampio spettro di big data (testi, grafi, raw data) – aggiunge Ferragina – Tale collaborazione ha favorito in questi anni anche scambi di dottorandi, alcuni dei quali hanno ricevuto offerte di lavoro da Google, dimostrando così la qualità non soltanto delle nostre ricerche ma anche della nostra formazione dottorale in Informatica. Spero che questo nuovo ambito di indagine incrementerà le opportunità per i nostri giovani ricercatori”.
Ne hanno parlato:
InToscana.it
StampToscana.it
QuiNewsPisa.it
PisaInformaFlash.it
Da più di trent’anni il tema delle riforme della Costituzione è all’attenzione del dibattito pubblico. Commissioni bicamerali, comitati governativi, gruppi di lavoro hanno cercato di definire soluzioni diverse per il funzionamento delle nostre istituzioni repubblicane. Fino ad oggi, l’unico risultato prodotto è la riforma del Titolo V della Costituzione, approvata nel 2001. Ora, il Parlamento è giunto ad un passo da una riforma che, con ogni probabilità, sarà sottoposta a referendum popolare: con essa si intende superare il bicameralismo paritario, si ridefiniscono i rapporti tra Stato e Regioni, si aboliscono il CNEL e le Province, si interviene su altri aspetti non del tutto marginali del testo costituzionale. Una riforma piuttosto ampia (ben 45 articoli della Costituzione su 139 verrebbero modificati, un terzo), che ha suscitato reazioni contrastanti, sia nell’opinione pubblica che nel mondo scientifico di riferimento.
Il volume “Una Costituzione migliore? Contenuti e limiti della riforma costituzionale” (Pisa University Press, 2016) di Emanuele Rossi, docente di Diritto costituzionale alla Scuola Superiore Sant’Anna, cerca di spiegare, con un linguaggio semplice ma rigoroso, i contenuti della riforma, analizzandone i punti di forza e di debolezza, le scelte opportune e gli errori commessi. Il suo obiettivo è di aiutare a decidere, in un senso o nell’altro, quando si andrà a votare per il referendum nell’autunno 2016.
Pubblichiamo qui di seguito la considerazione conclusiva del libro, che il 7 giugno è stato presentato a Palazzo Montecitorio, con interventi del ministro Maria Elena Boschi, Luciano Violante, Massimo Luciani, Paolo Fontanelli. Moderava l’incontro il giornalista Bruno Manfellotto.
Guarda il video della presentazione alla Camera.
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Come nel caso delle precedenti riforme, anche la presente è stata ed è oggetto di valutazioni contrastanti, sia in ambito politico (ma questo è del tutto scontato, considerati i criteri che muovono tale valutazioni) come anche, però, in ambito costituzionalistico (in merito alle posizioni espresse in ambito giuridico e costituzionale v. Plutino, 2014: 135 ss.). Tralascio le prime, mentre dico due parole sulle seconde.
Le tesi più estreme indicano i rischi della riforma in atto da un lato sul versante dell’assetto complessivo della Costituzione, ritenendo che con la riforma si produrrebbe una “devastazione costituzionale” (Ferrara, 2015). D’altro canto, si sottolineano i rischi sull’assetto dei poteri: secondo l’appello redatto da Gustavo Zagrebelsky e sottoscritto da altri autorevoli costituzionalisti, e veicolato da Libertà e giustizia, “le riforme in campo sono tutte orientate all’umiliazione del Parlamento, nella sua prima funzione, la funzione rappresentativa”, in quanto “la cancellazione della elezione diretta dei senatori, la drastica riduzione dei componenti — lasciando immutato il numero dei deputati — la composizione fondata su persone selezionate per la titolarità di un diverso mandato (e tratta da un ceto politico di cui l’esperienza dimostra la prevalente bassa qualità) colpiscono irrimediabilmente il principio della rappresentanza politica e gli equilibri del sistema istituzionale. Il vero obiettivo della riforma è lo spostamento dell’asse istituzionale a favore dell’esecutivo”. Va precisato che tali posizioni sono sostenute con riguardo al “combinato disposto” riforma costituzionale - legge elettorale Italicum, che produrrebbe, secondo tali autori, gli effetti indicati.
Altri (mi riferisco in particolare al Presidente emerito della Corte costituzionale Ugo de Siervo, in una lettera-appello inviata a tutti i costituzionalisti) esprime una valutazione complessiva assai negativa sul testo di riforma, ma “fondata sul merito di alcune delle maggiori scelte che vengono operate nel testo di revisione costituzionale e non, invece, su valutazioni essenzialmente politiche”. Indicando nel dettaglio le ragioni di tale critica, egli conclude ritenendo che la riforma costituzionale “non risolverebbe molti problemi che dice di voler affrontare e addirittura produrrebbe nuovi gravi danni alle nostre istituzioni democratiche. Alcuni dei contenuti del disegno di legge costituzionale che potrebbero anche essere condivisi non possono minimamente giustificare l’introduzione nella nostra Costituzione di norme e istituzioni inadeguate, inefficaci o indegne di una piena e moderna democrazia”.
Sul versante opposto si possono registrare le posizioni di altri costituzionalisti, che hanno a più riprese sottolineato gli effetti positivi della riforma complessivamente considerata, rilevando che essa, costituendo l’approdo di molti anni di dibattiti riformatori, offre risposte soddisfacenti ai problemi di carattere istituzionale emersi nel corso dell’esperienza repubblicana (l’instabilità politica, i limiti del bicameralismo paritario, il mancato riconoscimento della presenza delle autonomie regionali in Parlamento, e così via); si pone in continuità con le riforme realizzate o tentate nella grandi democrazie a forma di Stato decentrata (Ceccanti, 2015), ed “avvicina l’Italia alle grandi democrazie europee e ci permette di affrontare con strumenti più efficaci l’Europa” (Caravita, 2016). Qualcuno ha addirittura parlato di un “miracolo” (“davvero siamo vicini al miracolo di una riforma del Parlamento”: Fusaro, 2016).
Nel corso dei lavori di discussione ed approvazione parlamentare, notevole è stato il contributo dei costituzionalisti al dibattito sulla riforma; contributo rivolto, come anche in queste pagine si è cercato di dar conto, a segnalare i limiti delle singole soluzioni individuate: e ciò sia nel corso delle molte audizioni parlamentari come anche con numerosi interventi nella varie riviste giuridiche e su organi di informazione. E tuttavia questa massa di interventi non ha contribuito ad una buona qualità dell’articolato finale: ferme restando infatti le “grandi scelte politiche” – sulle quali possono esprimersi posizioni diverse, in relazione all’ottica da cui le si guardi –, sembra infatti evidente che il testo uscito dal Parlamento è, perlomeno da un punto di vista tecnico e quindi di funzionalità del sistema, assai deficitario. Come ben ha sintetizzato un autorevole costituzionalista, se le finalità generali del progetto sono ben giustificate, bisogna anche riconoscere che nel disegno di legge vi sono “scelte viziate da veri e propri errori di sintassi costituzionale” (Cheli, 2014).
Tale considerazione porta molti a domandarsi (e a domandare ai costituzionalisti) come sia possibile che ciò avvenga, e se non vi siano meccanismi in grado di supportare (ed eventualmente controllare) l’attività di chi è chiamato a scrivere ed approvare le disposizioni costituzionali. Come ho cercato di indicare nel corso dell’esposizione, infatti, vi sono alcuni evidenti errori oggettivi nel testo: come è possibile che (almeno) questi non siano stati evitati?
La risposta a queste domande non è facile, né può essere questa la sede per darvi risposta. Certamente vi è un problema di qualità della classe politica, come anche vi è un problema di funzionalità degli uffici di supporto all’attività legislativa (funzionalità che prescinde dalla qualità, talvolta eccellente, dei singoli funzionari parlamentari). Considerando poi che l’attuale disegno di legge riformatorio è stato predisposto e seguìto da vicino dal Governo, anche durante la discussione parlamentare, si deve parlare altresì di “qualche improvvisazione concettuale ed una notevole inadeguatezza tecnica” da parte dell’esecutivo (De Siervo, 2015b). Ma forse si dovrebbe ragionare di un problema assai più complesso, e cioè della capacità di operare riforme costituzionali così ampie in un contesto politico come quello dato. E, più in generale, ci si dovrebbe interrogare se revisioni costituzionali organiche possano essere realizzate in assenza di un momento costituente vero e proprio, vale a dire in condizioni storiche e sociali a ciò adeguate: detto in altri termini, se riforme come queste possano essere prodotte dal potere costituito e non richiedano invece l’esercizio di potere costituente.
Limitando qui il discorso a piani più modesti, quello che ci si deve augurare, in vista del referendum che con ogni probabilità si andrà a celebrare, è che in relazione ad esso il dibattito si concentri sui contenuti della riforma, e non su questioni politiche legate ad un leader o ad un altro, alla necessità di far vincere uno schieramento politico o all’opportunità di farlo perdere. L’art. 138 della Costituzione richiede che gli elettori si esprimano con un sì o con un no su una legge di riforma della Costituzione: questo, e solo questo, dovrebbe essere l’oggetto della decisione. Che poi questo voto abbia riflessi anche su altro è possibile e forse anche inevitabile, e comunque è sempre avvenuto: ma una cosa è votare sì o no alla riforma se su di essa si è d’accordo o meno; altro è votare sì o no perché si vuol far cadere un governo o si vuole premiare questo o quel leader. La differenza mi pare abbastanza evidente.
La speranza è che queste pagine possano aiutare ciascuno a decidere consapevolmente se la legge di riforma faccia della nostra una Costituzione migliore oppure no. E su tale giudizio esprimere il proprio voto.
Emanuele Rossi
Prende ufficialmente il via il progetto ArchAIDE (Archaeological Automatic Interpretation and Documentation of cEramics) finanziato dalla Comunità Europa nel programma Horizon 2020. Il progetto, di cui il Dipartimento di Civiltà e forme del sapere dell’Università di Pisa è coordinatore, verrà presentato pubblicamente alla stampa e alla comunità scientifica al kick off meeting di martedì 14 giugno 2016, alle ore 10 presso la Gipsoteca di Arte Antica in Piazza San Paolo all’Orto 20. Sono partner del progetto istituti di ricerca e aziende private di 5 paesi: Consiglio Nazionale delle Ricerche – ISTI (Italy), Tel Aviv University (Israel), University of York (United Kingdom), Universitat de Barcelona (Spain); Universitaet zu Koeln (Germany); Baraka Arqueologos s.l. (Spain); Elements centro de gestio i difusio de patrimoni cultural (Spain); Inera srl (Italy).
Il progetto, di durata triennale, svilupperà una App altamente innovativa che mira a rivoluzionare la pratica archeologica attraverso il riconoscimento automatico dei frammenti ceramici, elementi chiavi per la datazione e la comprensione dei contesti storici. L’obiettivo è quello di aiutare gli archeologi a ridurre tempi e costi di una parte fondamentale del loro lavoro attraverso uno strumento molto pratico, utilizzabili con facilità direttamente sul campo e in qualunque parte del mondo, realizzato delle più avanzate tecnologie ICT. ArchAIDE mira inoltre a migliorare l’accesso e la valorizzazione del patrimonio archeologico europeo attraverso la creazione e l’implementazione di un database open data che permetterà il riutilizzo di tutte le informazioni che verranno prodotte sia dal team di progetto sia dagli users della App.
“ArchAIDE è un progetto ambizioso che si rivolge a tutti gli operatori del mondo archeologico, dai liberi professionisti alle ditte archeologiche, dai ricercatori ai curatori museali, ai funzionari pubblici, in un’ottica di collaborazione globale le cui parole chiave sono innovazione, sostenibilità e condivisione”, spiega la professoressa Letizia Gualandi dell’Ateneo pisano, coordinatrice del progetto.
Insieme a lei alla presentazione saranno presenti i professori dell’Università di Pisa Paolo Barale e Alessandro Polsi e per le istituzioni e le aziende partner Julian D. Richards (University of York), Lior Wolf (Tel Aviv University), Jaume Buxeda i Garrigós (Universitat de Barcelona), Matteo Delle Piane (Consiglio Nazionale delle Ricerche – ISTI), Michael Heinzelmann (Universitaet zu Koeln), Miguel Ángel Hervás (Baraka Arqueologos s.l.), Llorenç Vila Socias (Elements centro de gestio i difusio de patrimoni cultural), Massimo Zallocco (Inera srl).
Prima in Italia, l’Università di Pisa formerà i futuri climatologi. Dal prossimo anno accademico 2016-17 sarà attivato uno specifico “Curriculum Climatologico” nell’ambito del corso di laurea magistrale in Scienze Ambientali a cui gli studenti possono già iscriversi.
“Con questa iniziativa intendiamo colmare una lacuna formativa in ambito accademico dato che attualmente in Italia, al contrario che in altri paesi, non esiste un corso di laurea in Climatologia la nostra offerta didattica rappresenta dunque un unicum nel panorama nazionale”, ha sottolineato la professoressa Marta Pappalardo del dipartimento di Scienze della Terra dell’Ateneo pisano.
Negli ultimi decenni, l’impatto sociale di discipline quali la Climatologia e la Meteorologia è enormemente cresciuto, tanto che argomenti come il riscaldamento globale e le previsioni del tempo sono sempre più spesso oggetto di discussione pubblica. All’interno di questo quadro i futuri climatologi saranno esperti capaci di prefigurare l’andamento del clima stagionale a medio e lungo termine basandosi anche sull’analisi di scenari passati grazie allo studio di discipline quali la paleoclimatologia. A livello professionale, fra i molti sbocchi possibili, da sottolineare quelli del settore agroalimentare o dell’energia, per programmare ad esempio le produzioni o lo stoccaggio legate alla stagionalità.
Il nuovo “Curriculum Climatologico” sarà presentato il 15 giugno alle 11 al dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa in via S. Maria 53. Intervengono i professori Michele Marroni, direttore del dipartimento, Marta Pappalardo, Sergio Pinna, il giornalista Renzo Castelli e Bernardo Gozzini del Consorzio LAMMA.
Si è svolto a Genova il 91° il congresso annuale di Sidemast, la Società Italiana di Dermatologia, all’interno del quale è stato assegnato un premio di euro 10.000, che interessava i giovani ricercatori su una tematica inerente il prurito.
La commissione ha valutato gli elaborati presentati e ha votato all’unanimità il progetto intitolato “Valutazione dell’espressione dei principali mediatori pruritogenici in patologie infiammatorie croniche cutanee: rilevanti implicazioni riguardanti la patogenesi del prurito in settings immunologici diversi, e potenziale identificazione di nuove strategie terapeutiche”, presentato da Andrea Chiricozzi, ricercatore in Dermatologia presso il dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa, che ha ricevuto il premio dal Presidente Sidemast, professor Giampiero Girolomoni.
L’obiettivo di questo progetto è quello di descrivere i diversi mediatori coinvolti (immunologici e neurologici) nel meccanismo patogenetico del prurito associato a varie dermatosi croniche cutanee come il lichen, la dermatite atopica, e la psoriasi. La migliore comprensione di questi meccanismi patogenetici potrebbe avere rilevanti implicazioni, portando all'identificazione di nuovi target terapeutici.
Un’installazione di piante e fiori dedicata ai giochi olimpici, simbolo dell’unione pacifica tra i popoli. È questo lo speciale allestimento che gli studenti del corso di laurea magistrale in Progettazione e Gestione del Verde Urbano e del Paesaggio dell’Università di Pisa hanno realizzato per la 44esima edizione di Cervia Città Giardino, l’appuntamento dove si incontrano le più prestigiose giardinerie italiane ed europee che si svolge dal 28 maggio al 30 settembre.
“Sono molti anni che il dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali partecipa alla manifestazione - ha spiegato il professore Paolo Vernieri dell’Ateneo pisano – e ogni edizione i nostri studenti, guidati da alcuni docenti, si cimentano nell'allestimento di uno spazio a verde”.
Insieme ai cinque cerchi realizzati con piante fiorite, l’installazione comprende anche un quadro vegetale, dove su un tappeto erboso di dichondra, spicca una fiaccola olimpica. In questo caso, le piante sono inserite su un substrato inerte in lana di roccia per favorire favorisce la radicazione e la struttura ha un impianto automatico di irrigazione a goccia.
Nata nel 1972, la manifestazione Cervia Città Giardino è cresciuta negli anni fino a conquistare importanti premi e riconoscimenti, tra i quali la medaglia d’oro al concorso europeo “Entente Florale Europe”, che premia le migliori città e villaggi fioriti d’Europa, mentre lo scorso anno la città ha vinto il prestigioso “International Challenge Communities in Bloom” il concorso mondiale dei comuni fioriti. Nell’ambito della pluriennale collaborazione con l’Ateneo pisano sono state realizzate numerose giornate di studio e alla manifestazione è stata dedicata una tesi di laurea da cui è derivato il volume edito da Aracne Editrice "Cervia: la Città dall'anima verde".
Sono Carlotta Antoniotti (a sinistra nella foto), 29 anni, originaria di Podenzana (Massa Carrara), e Marta Schirripa (a destra), di 31 anni, viterbese, entrambe specializzande in Oncologia medica all’Università di Pisa e in forze al Polo oncologico dell’Aoup-Azienda ospedaliero-universitaria pisana, due delle quattro ricercatrici italiane (le altre sono Emanuela Palmerini, del Rizzoli di Bologna e Caterina Fontanella, dell’Università di Udine) premiate con il prestigioso ‘Merit Award’ dall’ASCO - American Society of Clinical Oncology, in occasione del congresso annuale della società, il più importante appuntamento mondiale nell’ambito dell’oncologia clinica in corso a Chicago dal 3 giugno, e che si è concluso ieri.
Il premio - esattamente il “Conquer Cancer Foundation Merit Award 2016”, uno dei più ambiti fra i giovani ricercatori - è stato loro conferito per i progetti di ricerca nell’ambito delle neoplasie del colon-retto, che entrambe stanno portando avanti insieme ad un gruppo di giovani colleghi diretti dal professor Alfredo Falcone, direttore del Polo oncologico dell’Aoup (foto a destra).
Carlotta Antoniotti è stata premiata per i risultati dello studio di fase II Macbeth, un’esperienza clinica tutta italiana, che ha visto la sinergia di 21 Oncologie su tutto il territorio nazionale, coordinate dal gruppo pisano diretto dal professor Falcone. Si tratta dell’ultima tappa di una positiva storia di ricerca accademica nel tumore del colon-retto metastatico, coordinata dal gruppo cooperativo Gono (Gruppo oncologico del nord-ovest) che ha portato, grazie a un lavoro di squadra, a sviluppare una nuova strategia terapeutica per il tumore del colon-retto metastatico con intensificazione del trattamento chemioterapico in combinazione ad un farmaco biologico.
In pratica, a Chicago, sono stati presentati i risultati della valutazione di attività e tollerabilità della combinazione della tripletta chemioterapica Folfoxiri con il farmaco biologico Cetuximab su pazienti selezionati in base alle caratteristiche molecolari del tumore, studiate nel Laboratorio di cui è responsabile la professoressa Gabriella Fontanini, all’interno dell’Unità operativa di Anatomia patologica 3 dell’Aoup. I risultati hanno mostrato che, in oltre il 70% dei pazienti, si ottiene una riduzione significativa del numero e delle dimensioni delle metastasi. Il che equivale, in circa il 50% di quelli con metastasi al fegato, alla possibilità di essere anche sottoposti a resezione delle metastasi epatiche residue con potenzialità curativa.
La dottoressa Marta Schirripa, invece, che ha trascorso un soggiorno di studio all’estero alla University of Southern California e che ora sta completando la sua specializzazione a Pisa, è stata premiata per uno studio su un gene implicato nel sistema immunitario, che può avere un ruolo predittivo sempre nella prevenzione del tumore al colon. La ricercatrice ha trascorso gli ultimi nove mesi nel laboratorio diretto dal Prof. Heinz-Josef Lenz a Los Angeles, dove ha perfezionato i risultati dello studio presentato al congresso. A luglio tornerà in Italia per specializzarsi e poi – come ha dichiarato lei in questi giorni alla stampa – si trasferirà a Padova.
“Il premio ricevuto qui a Chicago non rappresenta per noi solo un motivo di orgoglio personale – spiegano le due ricercatrici - ma il riconoscimento in ambito internazionale di progetti di ricerca in cui è fondamentale la sinergia e il lavoro di squadra. Solo una collaborazione attiva a livello locale, nazionale e internazionale può dare frutto alle buone idee e all’impegno personale, soprattutto in un ambito così complesso come la patologia tumorale” (Fonte Ufficio stampa AOUP).
È stato consegnato martedì 7 giugno 2016 al liceo "Carducci" di Pisa, il portiere elettronico realizzato dal dipartimento di Ingegneria dell'Informazione dell'Ateneo pisano grazie a una donazione del Distretto Regionale LEO 108LA. La cerimonia di consegna si è svolta nella palestra del complesso scolastico, con la partecipazione della preside Sandra Capparelli, del professor Luca Fanucci e dell'ingegner Alessandro Benini, del presidente distrettuale LEO, Alberto Mascitelli, e dell'ex-presidente, Giacomo Martini, della referente per le Disabilità dell'Ufficio scolastico provinciale, Donatella Ciuffolini, e infine dell'assessora alle politiche socio-educative e scolastiche del Comune, Maria Luisa Chiofalo.
Il portiere elettronico, ribattezzato El.Go. (Electronic Goalkeeper), è un emulatore di portiere da calcetto controllabile da remoto mediante un'interfaccia adatta a persone con disabilità motoria e, a differenza di altri dispositivi analoghi, permette alla persona con disabilità motoria di partecipare attivamente al gioco.
Frutto di un progetto di ricerca promosso già da alcuni anni nel dipartimento pisano di Ingegneria dell'Informazione, El.Go. è costituito da una sagoma di forma umana e da un robusto sistema elettro-meccanico che le permette di scorrere lungo la linea di porta con una rapidità paragonabile all'azione del portiere umano. L'intero sistema è alimentato a batteria ed è gestito da un circuito elettronico che la persona con disabilità può comandare utilizzando una grande varietà di interfacce utente, come ad esempio pulsanti o joystick. Le dimensioni complessive di El.Go. corrispondono a quelle di una porta da calcetto, con circa tre metri di larghezza, due di altezza e uno di profondità. Il sistema è progettato per il funzionamento sia all'interno che all'esterno, su cemento, erba o terra battuta.
El.Go. prevede diverse modalità di gioco, adatte a persone con differente grado di disabilità motoria, e ha un circuito di interfaccia con l'utente completamente senza fili e alimentato a batteria, per consentire al giocatore la completa libertà di posizionamento all'interno del campo. L'intero sistema è dotato di una serie di sensori che gestiscono il gioco in sicurezza, al fine di impedire eventuali collisioni di giocatori in attacco con gli elementi meccanici in movimento.
"Raccogliendo l'esperienza delle numerose sperimentazioni svolte negli ultimi due anni - ha detto il professor Fanucci, che da anni si occupa di ausili tecnologici per persone disabili e che da alcuni mesi è delegato del rettore per la Disabilità - abbiamo sviluppato una nuova versione del portiere elettronico, più avanzata per le caratteristiche di trasportabilità, montaggio e smontaggio e robustezza, garantendo anche una maggiore semplicità di manutenzione e di aggiornamento. Siamo felici di poter consegnato un prototipo di questa versione al liceo Carducci".
“Per un'associazione di ragazzi giovani come LEO - ha concluso il presidente del Distretto 108LA, Alberto Mascitelli - finanziare El.Go. attraverso le iniziative e gli sforzi di oltre 300 soci toscani significa cogliere l'opportunità di rendere migliore la società. Noi Leo siamo orgogliosi di averlo fatto”. Il presidente ha poi ricordato la collaborazione attiva con l'Università di Pisa nel settore degli ausili tecnologici per persone disabili, che già negli scorsi anni aveva portato i LEO a donare una postazione di studio per studenti ipo-vedenti e non-vedenti alla Biblioteca di Matematica, Fisica e Informatica, che sta per essere arricchita con un'ulteriore donazione di uno scanner avanzato in grado di leggere vocalmente qualsiasi testo o formula matematica.
Evitare che la glicemia salga troppo dopo un pasto equivale a una prova da sforzo per il metabolismo del paziente affetto da diabete mellito e l’idea che per affrontarlo fosse opportuno fare prima una specie “riscaldamento” è alla base dello studio che ha messo in crisi il paradigma, molto italiano, del “primo” e del “secondo”. La ricerca, presentata all’ultimo congresso della società italiana di diabetologia (SID), è stata svolta presso il Laboratorio di Metabolismo, Nutrizione ed Aterosclerosi, diretto dal professor Andrea Natali, da due giovanissimi: Domenico Tricò, al secondo anno di specializzazione in Medicina interna, ed Emanuele Filice da poco laureato.
L’esperimento condotto per 4 settimane su 17 pazienti ha dimostrato come l’inversione delle portate ai due pasti principali fosse in grado di determinare una riduzione significativa della glicemia post-prandiale e un miglioramento nei valori dell’emoglobina glicata, il parametro più importante per giudicare il controllo metabolico.
«Questo studio è nato dall’idea che fosse possibile di sfruttare alcuni meccanismi fisiologici legati all’alimentazione per migliorare il controllo glicemico nei pazienti con diabete – spiega il prof. Natali – Recentemente avevamo dimostrato come nei pazienti con diabete un antipasto costituito da proteine e grassi fosse in grado di ridurre marcatamente l’entità dell’innalzamento glicemico prodotto dalla successiva ingestione di carboidrati e come questo avvenisse per un marcato rallentamento dello svuotamento gastrico (indotto dai grassi) e potenziamento della secrezione insulinica (indotta dalle proteine). Successivamente, per sfruttare a fini terapeutici questa specie di “pre-condizionamento” indotto dall’antipasto, senza però aumentare le calorie della giornata, abbiamo pensato che il modo più semplice fosse invertire la successione delle portate ai due pasti principali».
I risultati confermano che assieme ai più classici interventi farmacologici e sullo stile di vita – che restano comunque insostituibili – anche invertire l’ordine degli alimenti può rappresentare una strategia semplice ed efficace per curare il diabete, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia.
Nella foto in basso, da sinistra Andrea Natali, Emanuele Filice e Domenico Tricò.
Frutto della collaborazione fra Ateneo e Scuola Normale Superiore, con il contributo dell'Istituto di Neuroscienze del CNR, nasce a Pisa un nuovo corso di laurea magistrale in Neuroscience. Primo in Toscana e quasi un unicum in Italia, questo corso, tenuto interamente in inglese, sarà attivo dal prossimo anno accademico 2016-17 (per chi volesse iscriversi c’è tempo sino al 13 giugno, mentre il test di ingresso si svolgerà il 13 luglio).
“L’iniziativa si inserisce nel solco della tradizione di eccellenza pisana iniziata con Giuseppe Moruzzi negli anni ’50 e ’60 e proseguita poi con Lamberto Maffei – afferma il professore Antonino Cattaneo della Scuola Normale Superiore - e grazie a questa eredità scientifica la città offre un contesto attivo e competitivo che può contribuire in maniera significativa alla crescita e allo sviluppo delle neuroscienze in Italia e nel panorama internazionale”.
L'obiettivo del corso di laurea magistrale in Neuroscience sarà di formare i futuri scienziati che studieranno il cervello e le basi molecolari, cellulari e circuitali delle funzioni cognitive superiori. I candidati ideali non sono solo coloro in possesso di una formazione strettamente biologica, ma anche studenti con percorsi formativi tra i più vari, come matematica, fisica o filosofia. Il fatto che il corso sia tenuto in lingua inglese vuole inoltre favorire l'internazionalizzazione sia in entrata che in uscita.
“La nostra esperienza di docenti ci conferma che le neuroscienze affascinano ed attirano molti giovani studenti – spiega Maria Concetta Morrone docente di Fisiologia dell’Ateneo pisano - tuttavia, non sempre l’offerta formativa dell’università italiana sembra adeguata a soddisfare queste esigenze in termini di percorsi di studio, dal momento che in Italia, al contrario che all’estero, sono estremamente pochi i corsi di laurea magistrale che abbiano come principale obiettivo lo studio del cervello in modo multidisciplinare ed integrato”.
Lo scopo del nuovo corso a Pisa è quindi di fornire una formazione interdisciplinare attraverso un'ampia varietà di approcci sperimentali e computazionali alle neuroscienze contemporanee, dal livello molecolare e cellulare all'analisi delle più alte funzioni cognitive del cervello umano. Gli sbocchi lavorativi dei futuri laureati in Neuroscience sono nella ricerca sia di base che applicata, propedeutica ad applicazioni biotecnologiche, alla produzione di farmaci, alle tecnologie di interfaccia cervello-computer, o alla divulgazione e comunicazione scientifica. Dato poi il recente sviluppo della Neuroeconomia, è possibile che in un prossimo futuro i neuroscienziati possano trovare un ruolo anche in agenzie di consulting, sia private che pubbliche.