A Ingegneria il convegno sul Building Information Modeling, metodologia innovativa per la filiera delle costruzioni
Si terrà venerdì 24 febbraio, con inizio alle ore 9.30 nell'Aula Magna di Ingegneria, il convegno dedicato al Building Information Modeling, la metodologia innovativa per la filiera delle costruzioni che consente un notevole risparmio di costi e tempi di realizzazione rispetto a qualunque altro metodo tradizionale, e che è divenuta da alcuni anni una priorità strategica per il nostro Paese.
Ai saluti del rettore Paolo Mancarella, e del presidente della Scuola di Ingegneria, Alberto Landi, seguiranno gli interventi dell'onorevole Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati, del direttore generale dell’Agenzia del Demanio, Roberto Reggi, del vicepresidente nazionale della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA), Andrea di Benedetto, del direttore del dipartimento di Ingegneria dell’energia dei sistemi del territorio e delle costruzioni (DESTEC), Umberto Desideri, e del professor Paolo Fiamma, uno dei primi studiosi italiani del metodo del Building Information Modelling (BIM) e oggi coordinatore dell'omonimo master di secondo livello dell’Università di Pisa. All'incontro saranno anche presenti l’assessore comunale ai Lavori pubblici, Andrea Serfogli, e il direttore di Azienda pisana edilizia sociale (APES), Giorgio Federici.
Nel corso del convegno, che è ad accesso libero, si svolgerà una tavola rotonda di approfondimento e sarà presentata l’attività di collaborazione scientifica fra Università di Pisa e Agenzia del Demanio.
Arriva il fog computing, l’evoluzione del cloud per il mondo dell’Internet of Things
Si chiama fog computing ed è un nuovo paradigma tecnologico che promette di essere un’evoluzione del cloud, utile soprattutto per il mondo dell’Internet of Things. Come funziona? Se oggi la “nuvola” è l’ambiente più usato per gestire le applicazioni a distanza, la “nebbia” offre il vantaggio di supportare meglio le nuove applicazioni informatiche nel nostro mondo connesso, come autoveicoli a guida autonoma, sistemi di monitoraggio remoto dei pazienti, droni per le consegne a domicilio, illuminazione adattiva di strade e abitazioni. Tutto ciò sfruttando un’infrastruttura di calcolo pervasiva che si comporrà di elaboratori ad hoc, router e dispositivi personali come gli smartphone.
Al dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa, con il progetto “Through the Fog” coordinato dal professor Antonio Brogi, i ricercatori hanno studiato e approfondito questo paradigma emergente arrivando a sviluppare due prototipi software che contribuiscono direttamente all’avanzamento dello stato dell’arte per quanto riguarda il fog. Il primo si chiama “FogTorchPi”, ed è uno strumento in grado di stimare con tecniche probabilistiche l’affidabilità e il consumo di risorse di un’applicazione installata su un sistema fog; l’altro è “IoX”, un sistema di scambio messaggi multi-piattaforma che consente ai dispositivi fog di interagire con sensori e attuatori connessi a Internet.
«“Through the Fog” è un progetto di ricerca di base, iniziato a novembre 2015 e interamente finanziato dall’Ateneo pisano al fine di promuovere la collaborazione tra gruppi di ricerca all’interno del dipartimento di Informatica per studiare e approfondire il paradigma emergente del fog computing – spiega il prof. Brogi – Con oltre 50 pubblicazioni scientifiche all’attivo, i due prototipi open-source e la partecipazione al consorzio di standardizzazione OpenFog, il nostro progetto ha raggiunto con successo il suo scopo».
“Through the Fog” si conclude con il workshop di venerdì 24 febbraio, a cui partecipano personalità di spicco provenienti dal mondo accademico, come Maria Gorlatova dall’Università di Princeton, Paul Grefen da TU Eindhoven, Massimo Villari dall’Università di Messina e Valeria Cardellini dall’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, e da quello dell’industria, tra cui Angelo Corsaro di Prismtech e Simone Mangiante di Vodafone. «Con progetti come questo, il dipartimento di Informatica continua a essere una realtà all’avanguardia nel nostro Ateneo, pronta a collaborare e fare ricerca su temi applicativi emergenti che miglioreranno la qualità della nostra vita già dal prossimo futuro», commenta il professor Gian-Luigi Ferrari, direttore del dipartimento.
In foto alcuni membri del gruppo di ricerca. Da sinistra: Stefano Forti (dottorando), Ahmad Ibrahim (post-doc), il prof. Antonio Brogi (coordinatore), Davide Neri (dottorando).
Ne hanno parlato:
AskaNews
TGcom24
silicon.it
gonews.it
Nazione Pisa
InToscana.it
L'Università al top in Scienze matematiche e informatiche e in Ingegneria industriale e dell'informazione
È stata presentata martedì 21 febbraio la seconda Valutazione della Ricerca (VQR) realizzata dall'ANVUR, che ha analizzato la produzione scientifica delle università italiane nel periodo 2011-2014.
Nella valutazione, che ha tenuto conto sia dell’area scientifica di riferimento dei prodotti esaminati che della classe dimensionale degli istituti, l’Università di Pisa si è collocata al primo posto nell'area scientifica 1 “Scienze matematiche e informatiche”, davanti a Padova e Roma La Sapienza, e al secondo posto nell'area scientifica 9 “Ingegneria industriale e dell'informazione”.
L'Ateneo pisano si è piazzato inoltre al quarto posto nell'area scientifica 10 “Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche”, nell’area scientifica 11b “Scienze psicologiche” e nell'area scientifica 14 “Scienze politiche e sociali”. Complessivamente, ben 11 aree scientifiche delle 16 valutate dall’ANVUR risultano nella top ten delle relative classi dimensionali.
Altro dato importante riguarda le politiche di reclutamento, dove i prodotti scientifici presentati dagli addetti assunti o promossi nel quadriennio hanno portato l'Università di Pisa in prima posizione nell'area scientifica 5 “Scienze biologiche” e a buone prestazioni in diverse altre aree.
"I risultati di questa seconda VQR - ha commentato il rettore Paolo Mancarella - hanno mostrato un trend di leggero miglioramento rispetto alla precedente. L'analisi di tali dati sarà molto utile per avere un quadro complessivo e dettagliato del sistema della ricerca dell'Ateneo, in rapporto al contesto nazionale. Nello stesso tempo, i risultati potranno aiutare nella programmazione di politiche volte all’ulteriore valorizzazione delle aree che si sono mostrate più solide, ma anche alla crescita di quelle aree che appaiono ad oggi meno competitive".
Si riporta di seguito il comunicato generale prodotto dall'ANVUR, dal titolo "Nel confronto internazionale cresce la produzione scientifica dell'università italiana, ha un maggiore impatto ed è più produttiva".
A Informatica un convegno internazionale sul fog computing
Si parlerà di fog computing venerdì 24 febbraio al dipartimento di Informatica dell’Università di Pisa, durante un’intera giornata di interventi e discussioni con ospiti internazionali. I lavori si apriranno alle ore 9.00 con i saluti del rettore Paolo Mancarella e del direttore del dipartimento di Informatica Gian-Luigi Ferrari.
L’evento vedrà la partecipazione di personalità di spicco provenienti dal mondo accademico, come Maria Gorlatova dall’Università di Princeton, Paul Grefen da TU Eindhoven, Massimo Villari dall’Università di Messina e Valeria Cardellini dall’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, e dal mondo dell’industria, tra cui Angelo Corsaro di Prismtech e Simone Mangiante di Vodafone. Il workshop di venerdì conclude il progetto di ricerca d’Ateneo “Through the Fog” coordinato dal professor Antonio Brogi.
Il fog computing si propone di supportare nuove applicazioni informatiche che entreranno ben presto a far parte del nostro mondo connesso: autoveicoli a guida autonoma, sistemi di monitoraggio remoto dei pazienti, droni per le consegne a domicilio, illuminazione adattiva di strade e abitazioni. Fog sarà l’infrastruttura di calcolo pervasiva che può rendere tutto questo possibile.
Camminare nel tempo: la sicurezza dei pedoni in un’indagine fra storia e ingegneria
Camminare è un'attività umana fondamentale, un atto antico e naturale e tuttavia non privo di difficoltà e pericoli dovuti ai motivi più diversi. A far luce con una ricerca del tutto originale sul tema della sicurezza pedonale sono stati due ingegneri, Elvezia Maria Cepolina e Alessandro Marradi, e una storica, Denise Ulivieri, dell’Università di Pisa. I risultati dello studio, finanziato nell’ambito dei Progetti di Ateneo 2015, sono stati appena pubblicati sull’«International Journal of Sustainable Development and Planning».
“Il semplice camminare all’aperto negli spazi pubblici, almeno fino alla prima metà del 18° secolo, era spesso molto disagevole - spiega Denise Ulivieri - utilizzare questi luoghi con facilità e libertà dipendeva, ad esempio, dal sesso o dalla classe sociale, basta pensare alle differenze stilistiche e tipologiche tra scarpe da uomo e da donna, senza dimenticare la condizione delle strade, spesso sporche o fangose, o il tipo di pavimentazione, fattori così importanti da essere minuziosamente regolamentati nei centri urbani sin dal Medioevo”.
Dopo una prima rassegna storica sulle leggi in materia di costruzione e manutenzione delle strade e sulla mobilità pedonale, fogge di scarpe incluse, lo studio ingegneristico ha quindi analizzato gli aspetti di sicurezza in termini di scivolosità e attrito sia in condizioni di asciutto e bagnato. Come banco di prova i ricercatori hanno utilizzato la “panchina”, cioè la tipica pavimentazione del centro storico di Volterra, sulla quale sono stati testati i materiali storicamente utilizzati per le scarpe o per il trasporto, come legno di abete e di noce, pelle, ferro e gomma.
Gli esperimenti, condotti nei laboratorio dell'Università di Pisa, hanno mostrato che il legno, con cui ad esempio erano fatti un tempo gli zoccoli, è il materiale che garantisce meno aderenza e che, in tutti i casi, le pietre “subbiate”, cioè in linea con le norme storiche di manutenzione stradale, garantiscono una migliore resistenza allo scivolamento.
“Anche i dati empirici suggeriscono che per garantire una mobilità sicura nei centri storici è molto importante controllare i cambiamenti della macrorugosità superficiale della pavimentazione - concludono Elvezia Maria Cepolina e Alessandro Marradi – monitoraggi che oggi è possibile eseguire con strumenti avanzati come laser e telecamere a scansione lineare”.
La sicurezza dei pedoni in un’indagine fra storia e ingegneria
Camminare è un'attività umana fondamentale, un atto antico e naturale e tuttavia non privo di difficoltà e pericoli dovuti ai motivi più diversi. A far luce con una ricerca del tutto originale sul tema della sicurezza pedonale sono stati due ingegneri, Elvezia Maria Cepolina e Alessandro Marradi, e una storica, Denise Ulivieri, dell’Università di Pisa. I risultati dello studio, finanziato nell’ambito dei Progetti di Ateneo 2015, sono stati appena pubblicati sull’«International Journal of Sustainable Development and Planning».
“Il semplice camminare all’aperto negli spazi pubblici, almeno fino alla prima metà del 18° secolo, era spesso molto disagevole - spiega Denise Ulivieri - utilizzare questi luoghi con facilità e libertà dipendeva, ad esempio, dal sesso o dalla classe sociale, basta pensare alle differenze stilistiche e tipologiche tra scarpe da uomo e da donna, senza dimenticare la condizione delle strade, spesso sporche o fangose, o il tipo di pavimentazione, fattori così importanti da essere minuziosamente regolamentati nei centri urbani sin dal Medioevo”.
Dopo una prima rassegna storica sulle leggi in materia di costruzione e manutenzione delle strade e sulla mobilità pedonale, fogge di scarpe incluse, lo studio ingegneristico ha quindi analizzato gli aspetti di sicurezza in termini di scivolosità e attrito sia in condizioni di asciutto e bagnato. Come banco di prova i ricercatori hanno utilizzato la “panchina”, cioè la tipica pavimentazione del centro storico di Volterra, sulla quale sono stati testati i materiali storicamente utilizzati per le scarpe o per il trasporto, come legno di abete e di noce, pelle, ferro e gomma.
Gli esperimenti, condotti nei laboratorio dell'Università di Pisa, hanno mostrato che il legno, con cui ad esempio erano fatti un tempo gli zoccoli, è il materiale che garantisce meno aderenza e che, in tutti i casi, le pietre “subbiate”, cioè in linea con le norme storiche di manutenzione stradale, garantiscono una migliore resistenza allo scivolamento.
“Anche i dati empirici suggeriscono che per garantire una mobilità sicura nei centri storici è molto importante controllare i cambiamenti della macrorugosità superficiale della pavimentazione - concludono Elvezia Maria Cepolina e Alessandro Marradi – monitoraggi che oggi è possibile eseguire con strumenti avanzati come laser e telecamere a scansione lineare”.
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Immagine: Foto storiche del centro storico di Volterra, Biblioteca Guarnacci di Volterra.
Sei nuovi progetti di ricerca finanziati dal MIT-Unipi Project
Si è conclusa la valutazione dei progetti presentati in risposta alla quinta call del MIT-UNIPI Project, l'iniziativa che dal 2012 promuove collaborazioni tra gruppi di ricerca dell'Università di Pisa e del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Tra le 9 proposte arrivate, sono stati selezionati e finanziati 6 progetti che provengono dalle aree di Ingegneria, Chimica ed Economia, per un finanziamento totale di 90.000 euro. Dall’avvio della collaborazione con Boston sono stati finanziati 38 progetti per un totale di circa 263.000 euro, di cui 90.000 stanziati dalla Cassa di Risparmio di San Miniato che ogni anno offre un suo contributo, grazie a una convenzione firmata nel 2014.
«La collaborazione con il MIT è ormai un’eccellenza per l’Università di Pisa e il numero di progetti finanziati fino ad oggi conferma il suo successo – ha commentato Lisandro Benedetti-Cecchi, prorettore per la ricerca in ambito europeo e internazionale – Boston offre ai nostri ricercatori l’occasione per lavorare in un ambiente internazionale di primissimo livello e ai ricercatori del MIT l’opportunità di conoscere le ricerche di avanguardia del nostro Ateneo. Il MIT-UNIPI Project è una prova concreta del valore dei nostri ricercatori; abbiamo ricevuto apprezzamenti da parte del MIT e inoltre alcune delle collaborazione avviate, grazie al contributo iniziale del progetto, sono poi proseguite indipendentemente e sono occasione di mobilità fondamentale per i nostri giovani ricercatori. Forti di questa esperienza, è nostra intenzione provare a costruire rapporti di collaborazione di questo tipo anche con altri centri di ricerca di eccellenza a livello mondiale».
I ricercatori che hanno ottenuto il finanziamento sono Stefania Zanforlin del dipartimento di Ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni, con il progetto “Hybrid Multi-Scale Turbine-to-Ocean Modelling for Efficient and Sustainable Farms of Vertical-Axis Tidal Turbines”; Angelo Pasini del dipartimento di Ingegneria civile e industriale, con “Dynamic Characterization of POGO Instabilities in Cavitating Turbopumps”; Tarita Biver del dipartimento di Chimica e Chimica industriale, con “Electrochemical and Optical Sensors based on Functional Carbon Nanotubes”; Elisa Giuliani del dipartimento di Economia e Management, con “Global Value Chains and the Socio-Environmental Challenges of Local Development Processes”; Serena Danti del dipartimento di Ingegneria civile e industriale, con “Development of Nanocomposite Piezoelectric Materials for Cochlear Sensory-Neural Stimulation (NANO-SPARKS)”; Federico Baronti del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione, con “Physics-based Reduced Order Model of Lithium-Ion Batteries for Enhanced Battery Management”. I progetti di Stefania Zanforlin e di Elisa Giuliani sono stati finanziati con il contributo della Cassa di Risparmio di San Miniato.
Le attività dei progetti, coordinate da un Principal Investigator (PI) della nostra Università e da uno del MIT, si svolgeranno da gennaio 2017 ad agosto 2018. Il contributo dell'Ateneo finanzia le spese di viaggio, vitto e alloggio del gruppo di ricerca pisano che si recherà a Boston. Analogamente il MIT finanzia le spese di viaggio, vitto e alloggio del suo gruppo di ricerca che si recherà a Pisa.
Taglio del nastro per Advanced Virgo
È stato inaugurato oggi allo European Gravitational Observatory l’interferometro gravitazionale di seconda generazione Advanced Virgo, di cui l’Italia con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) è tra i fondatori. Al progetto Virgo partecipano anche ricercatori del Dipartimento di Fisica dell’Università di Pisa. Advanced Virgo ha ultimato la fase di costruzione ed è entrato nella fase di tuning-up, in cui sta calibrando e mettendo a punto tutti i suoi strumenti. Nei prossimi mesi sarà pronto a unirsi ai due interferometri statunitensi LIGO: comincerà il primo ciclo di presa dati per fare fisica nel nuovo campo dell’astronomia gravitazionale, aperto un anno fa dalla scoperta delle onde gravitazionali.
Advanced Virgo è il progetto di potenziamento dell’interferometro Virgo con l’obiettivo di migliorarne la sensibilità di un fattore 10 e, di conseguenza, consentire l’esplorazione di un volume di cosmo 1000 volte maggiore che in precedenza. Dopo 5 anni di lavoro (dal 2012 al 2016) e un investimento di 23,8 milioni di euro, come da previsione di budget, di cui 21,8 finanziati al 50% dall’INFN e dall’altro istituto fondatore, il francese Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), e 2 milioni dall’olandese Nikhef, Advanced Virgo ha previsto modifiche dell’apparato di ottica con specchi qualità ancora più elevata, un’elettronica nuova e più potente, un sofisticato sistema di compensazioni delle aberrazioni, un ulteriore sistema di isolamento sismico potenziato, sistemi di smorzamento della luce diffusa e un miglioramento del sistema di vuoto. Ora, nella sua configurazione Advanced, Virgo sarà in grado di guardare gli ultimi istanti di vita di una coppia di stelle compatte, come le stelle di neutroni, o di buchi neri che ruotano l’uno attorno all’altro sempre più vicini fino a fondersi in un unico oggetto più massivo, come è accaduto nel caso della prima rivelazione delle onde gravitazionali da parte dei due interferometri statunitensi LIGO, il 14 settembre 2015.
La storia di Virgo inizia concettualmente alla metà degli anni '80, per iniziare a concretizzarsi poi alla metà degli anni '90, grazie alla fermezza visionaria dei due padri fondatori, Adalberto Giazotto e Alain Brillet, in un progetto finanziato da Italia e Francia. Nel 2000, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il Centre Nationale de la Recherche Scientifique (CNRS) fondano, infatti, il consorzio italo-francese EGO, European Gravitational Observatory, che ha permesso la costruzione dell'infrastruttura e la realizzazione dell'interferometro Virgo. Nel corso degli anni, i successi scientifici e tecnologici raggiunti dal progetto Virgo sono stati così significativi da attrarre nella collaborazione Virgo gli scienziati di altri 4 Paesi europei: così oggi alla collaborazione Virgo, oltre a INFN e CNRS, partecipano Nikhef (Olanda), Polgraw-Polish Academy of Science (Polonia), Wigner Institute (Ungheria) e Universitat de València (Spagna). “In queste imprese scientifiche una proficua collaborazione tra tutti gli attori è essenziale tanto quanto la qualità degli strumenti che uno va a costruire”, dice Francesco Fidecaro, ordinario di Fisica, che ha rivestito il ruolo di spokesperson della collaborazione Virgo e direttore scientifico di EGO. “Occorre individuare un ruolo utile per ciascuno, appagante e che venga debitamente riconosciuto. Per vincere la sfida scientifica che ci siamo posti sono necessarie le idee e il lavoro di tutti.”
Nel 2007, le collaborazioni scientifiche LIGO (cui fanno capo i due interferometri americani) e Virgo hanno sottoscritto un accordo che prevede la condivisione e lo scambio di soluzioni tecnologiche, il coordinamento nelle campagne di presa dati e la condivisione e l'analisi congiunta dei dati. LIGO e Virgo lavorano quindi come se fossero un'unica collaborazione scientifica globale.
Questa collaborazione è fondamentale, anche perché avere più interferometri attivi in contemporanea permette di risalire alla direzione di provenienza dell'onda gravitazione, e quindi di identificarne la sorgente. Per questo motivo gli interferometri gravitazionali lavorano in rete e operano come se fossero un unico grande esperimento, distribuito in varie parti del pianeta. Oltre ai due LIGO negli Stati Uniti e Virgo in Italia, è in fase di realizzazione l'interferometro KAGRA, in Giappone, che entrerà in funzione nel 2019.
“La scoperta delle onde gravitazionali ha permesso di aprire una nuova finestra sull’Universo”, commenta Massimiliano Razzano, ricercatore a tempo determinato al dipartimento di Fisica, “lo studio del cosmo è stato sempre condotto con telescopi capaci di osservare vari tipi di luce, dalle onde radio alla luce visibile fino ai raggi gamma. Ora possiamo rivelare le onde gravitazionali, un nuovo importante “messaggero cosmico” che insieme alla luce ci permetterà di studiare l’Universo in una prospettiva più completa”
La sfida scientifica e tecnologica rappresentata dalla scoperta e lo studio delle onde gravitazionali vede la scuola di fisica pisana in prima linea. Molti infatti sono i fisici partecipanti alla ricerca che si sono laureati presso il nostro Ateneo e che ora ricoprono incarichi di responsabilità importanti nell’esperimento Virgo, e qualcuno invece nella collaborazione LIGO. Il Dipartimento di Fisica e la Sezione di Pisa dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare hanno dato un forte contribuito alla realizzazione di Advanced Virgo e i loro ricercatori si apprestano a raccogliere i dati delle prossime osservazioni.
Contatti
Francesco Fidecaro
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Tel: 050-2214909
Massimiliano Razzano
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Tel: 050-2214400
La storia della scultura all’Accademia di Belle Arti di Firenze
Il libro "Accademia delle Belle Arti di Firenze. Scultura 1784-1915", appena pubblicato dalla Pisa University Press, nasce dall’esigenza di ricostruire la storia dell’Accademia di Belle Arti di Firenze e di mettere finalmente in luce il suo prestigioso patrimonio artistico, oggi ospitato, in gran parte, in vari musei cittadini. Il volume è frutto di anni di ricerche condotte prevalentemente su fonti archivistiche e letterarie da studiosi di primo piano. Lo presentiamo qui con una prefazione di Luciano Modica, presidente dell'Accademia e già rettore dell'Ateneo.
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Nel 2013 un grande convegno tenuto nell’Accademia di Napoli ha fatto il punto sui patrimoni culturali delle Accademie di Belle Arti in Italia, sul loro valore culturale, artistico, didattico e sulla loro conservazione. In quell’occasione fu lanciato un richiamo affinché ogni Istituto affrontasse consapevolmente la propria identità attraverso un’attività di conoscenza approfondita del proprio patrimonio implementando, al contempo, le azioni per la sua salvaguardia.
E’ anche tenendo conto dei risultati di quel convegno che oggi ho l’onore di presentare questo lavoro attento e fecondo che coordina lo sforzo di indagine storico-artistica che in questi anni è stato condotto nella nostra Accademia. Un lavoro puntuale che si è sviluppato con la piena adesione e consapevolezza degli organi accademici a partire dall’attenta convinzione con il quale il Consiglio di Amministrazione ha appoggiato l’iniziativa, la viva adesione del Collegio dei professori e perfino degli studenti che potranno trovare, in queste pagine, alcune risposte alle domande che sorgono a chiunque viva la nostra Accademia, le nostre aule i nostri corridoi così affollati di opere.
E sono proprio le opere scultoree quelle da cui si è deciso di iniziare questa approfondita ricognizione storico artistica perché la loro rilevanza artistica, numerica e la loro presenza materiale è quella che si impone anche al visitatore che, per caso, entrasse nel nostro istituto ed è il fondamento della collezione di cui il Granduca Pietro Leopoldo volle dotare nel 1784 la riformata Accademia di Belle Arti dalla più antica Accademia del Disegno. Questa storia plurisecolare che è storia di Firenze e che vive, ancor oggi, grazie al quotidiano impegno dei docenti è la stessa che ci deve indurre a proseguire questo cammino di ricerca e conservazione per il quale al curatore di questo volume, assieme agli autori che si sono fatti portavoce di una importante eredità del passato, va il mio sincero plauso.
Luciano Modica
Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze
Sei nuovi progetti di ricerca finanziati dal MIT-Unipi Project
Si è conclusa la valutazione dei progetti presentati in risposta alla quinta call del MIT-UNIPI Project, l'iniziativa che dal 2012 promuove collaborazioni tra gruppi di ricerca dell'Università di Pisa e del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Tra le 9 proposte arrivate, sono stati selezionati e finanziati 6 progetti che provengono dalle aree di Ingegneria, Chimica ed Economia, per un finanziamento totale di 90.000 euro. Dall’avvio della collaborazione con Boston sono stati finanziati 38 progetti per un totale di circa 263.000 euro, di cui 90.000 stanziati dalla Cassa di Risparmio di San Miniato che ogni anno offre un suo contributo, grazie a una convenzione firmata nel 2014.
«La collaborazione con il MIT è ormai un’eccellenza per l’Università di Pisa e il numero di progetti finanziati fino ad oggi conferma il suo successo – ha commentato Lisandro Benedetti-Cecchi, prorettore per la ricerca in ambito europeo e internazionale – Boston offre ai nostri ricercatori l’occasione per lavorare in un ambiente internazionale di primissimo livello e ai ricercatori del MIT l’opportunità di conoscere le ricerche di avanguardia del nostro Ateneo. Il MIT-UNIPI Project è una prova concreta del valore dei nostri ricercatori; abbiamo ricevuto apprezzamenti da parte del MIT e inoltre alcune delle collaborazione avviate, grazie al contributo iniziale del progetto, sono poi proseguite indipendentemente e sono occasione di mobilità fondamentale per i nostri giovani ricercatori. Forti di questa esperienza, è nostra intenzione provare a costruire rapporti di collaborazione di questo tipo anche con altri centri di ricerca di eccellenza a livello mondiale».
I ricercatori che hanno ottenuto il finanziamento sono Stefania Zanforlin del dipartimento di Ingegneria dell’energia, dei sistemi, del territorio e delle costruzioni, con il progetto “Hybrid Multi-Scale Turbine-to-Ocean Modelling for Efficient and Sustainable Farms of Vertical-Axis Tidal Turbines”; Angelo Pasini del dipartimento di Ingegneria civile e industriale, con “Dynamic Characterization of POGO Instabilities in Cavitating Turbopumps”; Tarita Biver del dipartimento di Chimica e Chimica industriale, con “Electrochemical and Optical Sensors based on Functional Carbon Nanotubes”; Elisa Giuliani del dipartimento di Economia e Management, con “Global Value Chains and the Socio-Environmental Challenges of Local Development Processes”; Serena Danti del dipartimento di Ingegneria civile e industriale, con “Development of Nanocomposite Piezoelectric Materials for Cochlear Sensory-Neural Stimulation (NANO-SPARKS)”; Federico Baronti del dipartimento di Ingegneria dell'Informazione, con “Physics-based Reduced Order Model of Lithium-Ion Batteries for Enhanced Battery Management”. I progetti di Stefania Zanforlin e di Elisa Giuliani sono stati finanziati con il contributo della Cassa di Risparmio di San Miniato.
Le attività dei progetti, coordinate da un Principal Investigator (PI) della nostra Università e da uno del MIT, si svolgeranno da gennaio 2017 ad agosto 2018. Il contributo dell'Ateneo finanzia le spese di viaggio, vitto e alloggio del gruppo di ricerca pisano che si recherà a Boston. Analogamente il MIT finanzia le spese di viaggio, vitto e alloggio del suo gruppo di ricerca che si recherà a Pisa.
Ne hanno parlato:
InToscana.it
PisaToday.it