È stata la lettura di uno dei libri più famosi di Isaac Asimov a fornirle la prima idea. “Avete presente la trama di "Viaggio allucinante"? – racconta Veronica Iacovacci, post-doc dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna – quella in cui il sommergibile Proteus entra nel corpo dello scienziato Benes per salvarlo da un aneurisma cerebrale? Dopo aver letto il libro, mi sono chiesta: cosa ancora ci separa da terapie così mirate e accurate? Esiste un modo per trasformare la fantascienza in scienza al servizio dell’uomo?
Da queste domande è nato il paper “An Intravascular Magnetic Catheter Enables the Retrieval of Nanoagents from the Bloodstream”, pubblicato sulla rivista Advanced Science da un gruppo di ricercatori proveniente da tre centri di ricerca d’eccellenza italiani: l’Istituto di BioRobotica (oltre a Veronica Iacovacci, hanno contribuito al paper Arianna Menciassi e Leonardo Ricotti), l’Istituto Italiano di Tecnologia con Edoardo Sinibaldi e Giovanni Signore e il Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Università di Pisa con Fabio Vistoli.
Lo studio punta a risolvere un problema ormai annoso nei trattamenti di terapia localizzata: il controllo di nanoparticelle con proprietà magnetiche che, proprio come il Proteus, si muovono all’interno del corpo umano e possono essere iniettate nel flusso sanguigno di pazienti affetti da tumori per rilasciare farmaci o per fare ipertermia, ovvero per bruciare localmente i tessuti tumorali. Purtroppo, nella stragrande maggioranza dei casi, le nanoparticelle si perdono nel corpo, danneggiando i tessuti e gli organi sani. Per contrastare questo problema è stato progettato per la prima volta un microcatetere intravenoso in grado di recuperare e isolare le particelle pericolose per l’organismo umano e “accompagnarle” fuori dal circolo sanguigno grazie all’utilizzo di magneti. Il sistema è in grado di intervenire nelle patologie che si sviluppano principalmente nel fegato, ma anche in altri organi come i reni e il pancreas.
“Innanzitutto – spiega Veronica Iacovacci – siamo partiti da un dato di fatto: nonostante i progressi dell’ultimo decennio, controllare “sommergibili” di dimensioni pari ad alcune decine di nanometri e guidarli con precisione verso la zona interessata alla patologia è una sfida ancora aperta. Secondo uno studio pubblicato recentemente su Nature, con gli approcci proposti finora, meno dell’1% delle nanoparticelle terapeutiche iniettate raggiunge l’organo da curare. Questo apre un dilemma senza fine: avremmo infatti bisogno di iniettare dosi massicce di particelle per accumulare una dose efficace di farmaco nel tessuto; di contro ma questo significa avere una dose proporzionalmente altissima, quasi il 99% di particelle non accumulate, libere di navigare nel corpo umano ed esercitare effetti tossici sui tessuti sani”.
E, seppur in questo momento, siamo ancora in una fase preliminare dello studio, questo lavoro può aprire nuove frontiere di ricerca nei campi della microrobotica e della nanomedicina visto che il microcatetere consentirebbe di superare i limiti delle terapie tradizionali aumentando l’efficacia del trattamento e riducendo gli effetti collaterali.
“Il dispositivo – continua Iacovacci – è formato da 27 magneti di soli 3,6 mm di diametro ed è in grado di scandagliare il corpo del paziente e recuperare nanoparticelle magnetiche con efficienze fino al 94%. L’impiego di tale catetere permetterebbe di svolgere l’azione terapeutica nella zona interessata alla patologia, senza interferire sui tessuti sani del corpo”.
“Abbiamo progettato il microcatetere – sottolinea Edoardo Sinibaldi di IIT – partendo da un modello matematico che descrive il flusso pulsante del sangue e la forza di attrazione esercitata dai magneti sulle nanoparticelle, usando algoritmi in grado di elaborare grandi quantità di dati (big data) e dimostrando come sia necessario affrontare aspetti teorici e applicativi in modo combinato per risolvere problemi all’intersezione tra ingegneria, nanotecnologie e medicina.”
"Anche in medicina la sfida dell'innovazione tecnologica deve sempre partire da una visione di una soluzione ideale di un problema concreto - aggiunge il professor Fabio Vistoli (nella foto a destra), docente di chirurgia generale all’Università di Pisa, che ha collaborato nella selezione di alcuni target di malattia e organi bersaglio che si potevano meglio prestare, per la loro anatomia, a ottenere il risultato di colpire il tumore e consentire un recupero efficace delle particelle magnetiche residue - visione che poi, per diventare soluzione praticabile, richiede uno sforzo di analisi, creatività e trovare conferme di applicabilità. La solidità dei risultati ottenuti, come nel caso di questo dispositivo, nasce dall'applicazione di un metodo rigoroso derivante dalla collaborazione tra ricercatori di formazione ed estrazione varia, come quelli che sono rappresentati nel nostro gruppo di ricerca: matematici, ingegneri e clinici. Sono convinto che altri risultati arriveranno continuando su questa strada di collaborazione multidisciplinare tanto proficua”.
Il prossimo step è proseguire nella linea tracciata dal lavoro. In tal senso il gruppo Menciassi sta cercando finanziamenti pubblici e privati che permettano di intraprendere un percorso verso l’effettiva realizzazione di un sistema che segnerebbe un deciso progresso nell’impiego di nanotecnologie nella pratica clinica, nonché nell’utilizzo di farmaci finora poco impiegati nelle cure tumorali per il rischio di effetti collaterali.
Si è laureata all’Università di Pisa lo scorso 11 luglio la prima studentessa cubana del progetto "Inclinados Hacia América Latina". Amalia De la Guardia Rey, che ha appena conseguito il titolo in Scienze e Tecniche delle attività motorie preventive e adattate all’Università di Pisa, viene dall’Avana e ha scelto l’Ateneo pisano spinta dalla volontà di mettere alla prova le sue capacità e crescere come professionista.
All’Universidad de Ciencias de la Cultura Física y el Deporte Manuel Fajardo a Cuba, Amalia si laurea in Scienze e Tecniche Motorie, e lo sport diventa il suo pane quotidiano: inizia a lavorare come professoressa di anatomia degli sportivi, insegna fronttennis e successivamente diventa coordinatrice sportiva. Poi, la svolta.
Grazie al progetto “Inclinados Hacia América Latina”, che ogni anno offre agli studenti dell'America Latina l’opportunità di continuare il proprio percorso formativo all’Unipi, Amalia decide di cambiare rotta: lascia la sua terra e punta dritto verso Pisa, iscrivendosi al corso di laurea magistrale in Scienze e Tecniche delle attività motorie preventive e adattate. Con tenacia ed impegno riesce a destreggiarsi tra le difficoltà che inevitabilmente il trasferimento comporta: “All’inizio è sempre difficile, ti ritrovi immersa in un clima e culture diverse. L’Università di Pisa utilizza altri metodi di valutazione, ed un altro idioma, ma con dedizione si supera qualsiasi ostacolo. Con il tempo non puoi fare a meno di amare questo paese”. Queste le parole della studentessa cubana di cui colpiscono l’entusiasmo e la profonda riconoscenza verso l’Ateneo pisano dove si è sentita fin da subito accolta, e seguita.
La ragazza si è fatta così testimone della salda cooperazione tra Cuba e l’Ateneo, legame ancor più forte dopo la visita ufficiale all’Università di Pisa dell’ambasciatore Jose Carlos Rodriguez Ruiz alla quale è stata invitata anche la studentessa dell’Avana. L’allora laureanda ha portato i suoi saluti all’ambasciatore e raccontato brevemente la sua esperienza a Pisa, sottolineando con quanto orgoglio ha intrapreso il suo percorso qui in Italia.
L’11 luglio Amalia ha concluso il suo percorso all’Università di Pisa discutendo una tesi che guarda al miglioramento società: la formazione emotiva dei ragazzi della scuola elementare attraverso la lezione di educazione fisica. Riconoscere l’importanza della pratica sportiva per il benessere generale del paese è il grande sogno che Amalia coltiva da sempre: “Vorrei poter insegnare ai ragazzi che si possono divertire di più con un pallone che con un cellulare, aiutare le persone a vivere una vita con meno stress”, confessa la laureata cubana, il cui traguardo si fa portavoce dell’ormai collaudato progetto di internazionalizzazione a favore degli studenti sudamericani.
Emanuele Scalabrelli, 26 anni originario di Roma, è il primo laureato in Scienze dei prodotti erboristici e della salute (SPES) dell’Università di Pisa. Ha ottenuto il titolo con il punteggio di 110/110 e lode discutendo, nel curriculum di Scienze erboristiche, una tesi intitolata “Crocus sativus L. e suoi utilizzi afferenti al sistema nervoso“, che indaga le interazioni fra i recettori del sistema nervoso centrale, gli estratti di zafferano e i suoi principali costituenti chimici. Relatori sono stati la professoressa Maria Cristina Breschi e il professor Gino Giannaccini.
Il corso di studio in Scienze dei prodotti erboristici e della salute è stato progettato all’interno dei dipartimenti di Farmacia e di Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali con la volontà di trasformare i precedenti corsi di laurea in Scienze erboristiche e Informazione scientifica sul farmaco in un unico corso di studio, a cui affiancare anche la figura dell’esperto in controllo qualità dei prodotti per la salute. A partire dall'anno accademico 2015/2016 è stato così attivato il corso triennale, che ha un percorso comune e tre distinti curricula: Scienze erboristiche, Controllo qualità e Informazione per la salute.
"Nel primo triennio - ha commentato la professoressa Alessandra Braca, presidente del Consiglio del corso di laurea in SPES - il corso ha dimostrato un’elevata attrattività e interesse, con un totale di 621 iscritti di cui circa 300 studenti immatricolati al primo anno. Uno dei principali elementi che lo hanno caratterizzato e qualificato è il tirocinio formativo, che viene svolto all'interno dell'Università o in aziende, laboratori, enti di ricerca, istituzioni pubbliche nazionali e estere, anche nel quadro di accordi internazionali, e che permette agli studenti di acquisire direttamente competenze molto ricercate in ambito lavorativo".
La professoressa Anna Solini, del dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell'area critica dell’Università di Pisa, è risultata tra i 5 vincitori del finanziamento messo in palio dalla Fondazione Diabete Ricerca in partnership con Esselunga per una ricerca in tema di diabete. La ricercatrice si è aggiudicata la somma di 25.000 euro grazie al progetto “Recognition of environmental pollutants as markers/determinants of renal damage during the course of type 2 diabetes”.
La finalità di questo studio è quella di valutare il ruolo di alcuni contaminanti ambientali e dietetici presenti in molti prodotti industriali (dai cosmetici agli agenti usati nella pulizia degli ambienti, agli involucri alimentari in plastica) nello sviluppo e nella progressione del danno renale in corso di diabete, esplorando anche la efficacia di diete relativamente prive di contaminanti nel ridurre questo rischio.
Sarà pubblicato entro il 2 di luglio prossimo e chiuderà il 3 agosto il bando per poter accedere al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria (http://formazioneprimaria.cfs.unipi.it), novità assoluta e di grande rilievo all’interno dell’offerta formativa dell’Università di Pisa. I dati occupazionali (forniti dal consorzio AlmaLaurea) relativi a questo percorso formativo sono particolarmente significativi: la percentuale di occupati raggiunge l'88% dopo un anno dal conseguimento del titolo, arrivando al 96% a cinque anni dalla laurea.
Il corso, a numero programmato, è l'unico che abilita all'insegnamento nella scuola pre-primaria e primaria, permettendo di partecipare ai successivi concorsi per l'immissione in ruolo e finora, in Toscana, era attivo solo presso l’Università di Firenze.
"La cancellazione del vincolo che prevedeva per ogni regione un solo corso in Scienze della formazione primaria - ha commentato il rettore Paolo Mancarella - ha permesso al nostro Ateneo di venire incontro alle esigenze e alle richieste del territorio, sviluppando un progetto formativo variegato, particolarmente innovativo e affascinante, che prevede lezioni interattive e multidisciplinari, laboratori e, dal secondo anno, tirocini negli istituti scolastici. Tutto ciò è reso possibile dalla presenza nella nostra Università di molteplici e specifiche competenze nei campi della formazione e della ricerca".
Proprio lo sviluppo di un progetto formativo e culturale di alto livello che possa valorizzare le specifiche competenze dell’Ateneo ha impegnato da circa un anno il gruppo di lavoro, coordinato da Pietro Di Martino, delegato del rettore per la Formazione degli insegnanti, e dalla professoressa Cecilia Iannella (nella foto subito in basso). A testimonianza del coinvolgimento complessivo dell'Ateneo, il progetto nasce come interdipartimentale (al dipartimento di Civiltà e forme del sapere, referente, si affiancano i dipartimenti di Matematica e di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica) e include docenti di molti altri dipartimenti.
Accanto all'acquisizione di solide conoscenze nei diversi ambiti disciplinari oggetti di insegnamento, il corso mirerà a sviluppare competenze pedagogiche, psicologiche, antropologiche e didattiche, con particolare attenzione alle didattiche disciplinari. Rispetto a quest’ultimo aspetto, l’Università di Pisa può vantare, in particolare, una radicata tradizione di ricerca nel campo della didattica della matematica e una lunga esperienza nella formazione scientifica degli insegnanti a livello di scuola dell’infanzia e primaria.
Il progetto formativo intende puntare anche sulla conoscenza e valorizzazione del nostro territorio, da un punto di vista storico, geografico e naturalistico, anche come strumento per generare curiosità nei bambini e realizzare occasioni empiriche per l’osservazione e la scoperta del mondo circostante. Un'attenzione specifica riguarderà, inoltre, lo sviluppo di competenze e strumenti per l’integrazione scolastica di bambini con disabilità, bisogni speciali o disturbi specifici di apprendimento, così come la capacità di gestione di contesti multiculturali.
"Con questo progetto culturale - ha detto il delegato per la Formazione degli insegnanti, Pietro Di Martino (nella foto in basso) - l'Ateneo pisano conferma l’interesse per la formazione degli insegnanti e l’attenzione prestata al rapporto con il tessuto educativo di base nel suo complesso, coprendo in modo organico un arco che parte dalla scuola dell’infanzia e arriva alla scuola secondaria di secondo grado. L’attivazione del nuovo corso rinnova e fa crescere le possibilità di contaminazione positiva tra università e scuola, rispondendo a un’esigenza formativa molto forte espressa da scuole e istituzioni di diverso tipo e offrendo un’opportunità molto importante ai tanti studenti della Toscana occidentale interessati al mestiere di insegnante della scuola dell’infanzia o primaria”.
Il più grande finanziamento per la ricerca scientifica nell’ambito dei disturbi del neurosviluppo è stato assegnato dall'Innovative Medicines Initiative a un consorzio internazionale guidato dall'Istituto di Psichiatria, Psicologia e Neuroscienze (IoPPN) del King's College di Londra. Partner italiano del consorzio è l’equipe guidata dal professor Filippo Muratori (nella foto in basso), direttore dell’unità operativa di Psichiatria dello Sviluppo del IRCCS Fondazione Stella Maris di Calambrone e docente dell’Università di Pisa, che si occupa da anni di bambini autistici e delle loro famiglie.
Il finanziamento di 115 milioni di euro per lo studio “Autism Innovative Medicine Studies-2-Trials (AIMS-2-Trials)” accrescerà la conoscenza dell'autismo e contribuirà a sviluppare nuove terapie per migliorare lo stato di salute e la qualità della vita delle persone autistiche.
Più di 1 persona su 100 è autistica. Oltre alle caratteristiche principali dell'autismo, molte persone autistiche lottano con gravi comorbidità, come l'epilessia, l'ansia e la depressione, e l'aspettativa di vita delle persone autistiche si può ridurre fino a 30 anni. Tuttavia, le cause dell'autismo e delle difficoltà ad esso associate rimangono in gran parte sconosciuti ed esistono pochissime terapie efficaci e appropriate per l’autismo.
AIMS-2-Trials riunirà le persone autistiche e le loro famiglie, le istituzioni accademiche, le associazioni benefiche e le aziende farmaceutiche per studiare l'autismo e fornire un'infrastruttura per lo sviluppo e la sperimentazione di nuove terapie. In linea con le priorità della comunità delle persone con autismo, il consorzio si concentrerà anche sul perché alcune persone autistiche sviluppino problemi di salute aggiuntivi che hanno un impatto grave sulla qualità e sulla durata della loro vita.
Il professor Declan Murphy, responsabile del progetto e direttore del Sackler Institute for Translational Neurodevelopment presso l'IoPPN del King's College di Londra afferma: "Molte persone autistiche vanno incontro ad una bassa qualità di vita, tuttavia la ricerca sull'autismo riceve molto meno investimenti rispetto ad altre condizioni che limitano l'aspettativa e la qualità della vita, come il cancro o la demenza. Questo finanziamento ci consentirà di colmare il divario tra le conoscenze biologiche e la clinica offrendo approcci personalizzati nei confronti dei problemi che incidono in modo severo sulla vita delle persone autistiche ".
Tutte le persone autistiche sono diverse e questo rende difficile identificare e testare nuove terapie. AIMS-2-Trials adotterà come approccio quello della medicina di precisione volto a personalizzare le terapie sulla base del profilo biologico individuale. Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario sviluppare test in grado non solo di individuare precocemente l’autismo ma anche di prevedere la sua progressione nel tempo e la probabilità di insorgenza di ulteriori problemi di salute mentale. AIMS-2-Trials darà vita alla prima rete europea di studi clinici sull'autismo, oltre a consentire collaborazioni internazionali con enti no profit, agenzie governative e industrie per determinare rapidamente se le terapie sono efficaci. La collaborazione con le persone autistiche, le loro famiglie e i loro accompagnatori sarà parte cruciale per lo sviluppo di terapie che migliorino l’outcome e che riguardino molte persone con autismo.
Il professor Filippo Muratori afferma che “La partecipazione della Fondazione Stella Maris e dell’Università di Pisa a questo importante progetto europeo potrà permettere di migliorare le politiche nei confronti delle persone con autismo anche in Italia”.
Attraverso l'Innnovative Medicines Initiative (IMI), i finanziamenti dell'Unione europea sono sostenuti anche da contributi devoluti dagli enti di beneficenza che operano a favore delle persone con autismo e dall'industria farmaceutica, con quasi 60 milioni di euro da parte dalle associazioni di beneficenza e 2,5 milioni di euro dalla Federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche (EFPIA). Il progetto ha ricevuto finanziamenti dall’IMI-2 (numero 777394) e ha beneficiate del supporto da parte del programma di ricerca e innovazione dell’Unione Europea Horizon 2020, dell’EFPIA, della Fondazione Simons, di Autism Speaks e di Autistica, un ente di beneficienza inglese per la ricerca sull’autismo.
Sono in crescita i dati occupazionali dei laureati dell'Università di Pisa che emergono dal XX Rapporto AlmaLaurea sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati, che è stato presentato lunedì 11 giugno a Torino. Il tasso di occupazione dei laureati triennali pisani a un anno dal titolo sale infatti al 71%, un punto in più dello scorso anno e tre in più rispetto a quello precedente; mentre il tasso di occupazione dei laureati magistrali biennali aumenta dal 74 al 78% a un anno dalla laurea e dall'86 all'88,3% a cinque anni dalla laurea.
Più in generale, l'indagine AlmaLaurea, che ha coinvolto 6.927 laureati del 2018 (3.829 di primo livello, 2.223 magistrali biennali e 834 a ciclo unico), conferma e migliora molti dei tradizionali punti di forza. L’Ateneo pisano si dimostra più attrattivo di circa 5 punti percentuali rispetto alla media degli altri atenei della Toscana, potendo contare su un terzo dei laureati (33,2%) che proviene da fuori della Toscana, quota che sale quasi al 44% per quanto riguarda i magistrali biennali. I laureati pisani sono inoltre più bravi dei colleghi, con un miglior voto medio di laurea, anche se più lenti, con una minore percentuale di studenti che riescono ad acquisire il titolo di laurea entro gli anni di corso.
Sostanzialmente in linea con i dati toscani, i laureati dell'Ateneo pisano si dichiarano soddisfatti dell’esperienza universitaria e del rapporto costruito con i docenti, con una percentuale che tocca rispettivamente l’85% e l'83%.
L’indagine sulla condizione occupazionale ha riguardato complessivamente 12.572 laureati dell'Università di Pisa. I dati si sono concentrati sull’analisi delle performance dei laureati triennali e magistrali biennali usciti nel 2016 e contattati a un anno dal titolo e su quelle dei laureati magistrali biennali usciti nel 2012 e coinvolti dopo cinque anni. La retribuzione media dei laureati pisani, di 1.080 euro mensili netti, è superiore a quanto guadagnano in media i colleghi della Toscana (1.051 euro), così come superiore è la percentuale di chi ha un lavoro da dipendente a tempo indeterminato (il 22,7 contro il 18,9%)
Il tasso di occupazione sale al 78% per i laureati magistrali biennali, un dato migliore rispetto a quello toscano (76,4%) e italiano (73,9%). Più alta è anche la retribuzione media, che per i pisani è di 1.258 euro mensili netti, contro i 1.161 euro della Toscana e i 1.153 euro su base nazionale.
A cinque anni dal conseguimento del titolo, l’88,3% dei laureati magistrali biennali è occupato, il 58% dei quali è assunto con contratto a tempo indeterminato. Sul piano delle retribuzioni, l'Università di Pisa si conferma come un ottimo investimento, registrando una media di guadagno netto mensile di 1.498 euro, contro i 1.415 euro della Toscana e i 1.428 euro dell'Italia.
La scheda completa con il Rapporto 2018 sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati dell'Università di Pisa è disponibile sul sito del Job Placement, all'indirizzo: goo.gl/d72fzg
“Sapere che i nostri studenti si laureano meglio, trovano più facilmente lavoro e guadagnano di più della media nazionale e di quella toscana, con dati anche migliori rispetto al passato, non è poca cosa - commenta il rettore Paolo Mancarella - Un riconoscimento oggettivo del nostro lavoro che punta sulla qualità e perciò offre più possibilità ai nostri giovani. Alcuni aspetti sono ancora da migliorare e ci stiamo dando da fare per questo. Ringrazio tutti coloro che con il loro quotidiano impegno rendono possibili questi risultati – e conclude - ci sono giorni come questo che mi rendono orgoglioso di essere alla guida di un Ateneo che conferma, coi fatti, il suo antico prestigio”.
Il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Pisa ha approvato all’unanimità il Regolamento per la Contribuzione degli studenti, relativo al prossimo anno accademico, che evidenzia una significativa riduzione di quanto gli studenti andranno a pagare.
Particolare attenzione è stata prestata agli studenti appartenenti a fasce di Isee basse e medie con due decisioni fondamentali: la prima che fa salire a ben 22.000 euro (a fronte dei 13.000 previsti dalla legge di stabilità ed i 18.000 del regolamento dell’anno scorso) la no-tax area, cioè quell’area in cui gli studenti, in regola con il percorso accademico, hanno una contribuzione pari a 0; la seconda prevede anche per le fasce successive di Isee, una riduzione generalizzata della contribuzione, con percentuali più alte nelle fasce di reddito medio-basse.
Per capire la reale portata delle decisioni prese, occorre tenere anche presente che, a differenza di quanto fatto da altri atenei, Pisa mantiene al minimo previsto dalla legge le maggiorazioni per studenti “fuori-corso”, oltre ad abbassare il livello di contribuzione annua per gli studenti part-time (in larga parte studenti lavoratori).
Complessivamente le decisioni prese comporteranno per l’Ateneo una riduzione del gettito relativo alla contribuzione studentesca stimato attorno al milione e settecentomila euro. In una fase d’incertezza relativa al finanziamento ministeriale alle Università, questa è una scelta coraggiosa, che è stata resa possibile dalla situazione positiva dei conti dell’Ateneo che anche l’ultimo bilancio consuntivo approvato ha evidenziato con chiarezza.
Fra i migliori giovani ricercatori al mondo nel campo dell’oncologia premiati al congresso dell'American Society of Clinical Oncology (Asco) che si sta svolgendo a Chicago dal 1 al 5 giugno c’è anche Daniele Rossini, specializzando dell’Università di Pisa presso l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana. Per Daniele Rossini, appena trentenne, si tratta di un bis, è infatti la seconda volta consecutiva che conquista il “Conquer Cancer Foundation ASCO Merit Award", l’anno scorso come ricercatore più giovane, il tutto a conferma dell’eccellenza della scuola pisana.
L’ambito di ricerca del dottor Rossini è il tumore del colon-retto metastatico e al convegno della Asco negli USA, di fronte ad oltre trentamila professionisti e medici provenienti da tutto il mondo, presenterà i risultati del progetto CRICKET, uno studio promosso dal Gono-Gruppo oncologico del nord ovest e coordinato dal professor Alfredo Falcone dell’Università di Pisa, direttore dell’Unità operativa di Oncologia medica 2, e dalla dottoressa Chiara Cremolini, ricercatrice dell’Ateneo pisano.
Il dottor Daniele Rossini
L’obiettivo di CRICKET è di mettere a punto uno schema terapeutico per i malati di cancro al colon-retto metastatico che dopo un primo ciclo di trattamento subiscono una recidiva della malattia. Altro ambizioso scopo del progetto è anche quello di comprendere come sfruttare al meglio la “biopsia liquida” per arrivare ad una personalizzazione delle cure fronte su cui è risultata cruciale la collaborazione con l’Unità operativa di Farmacologia clinica e Farmacogenetica diretta dal professor Romano Danesi.
È stato inaugurato venerdì 25 maggio il Centro "Sport and Anatomy" dell’Università di Pisa, la nuova struttura di medicina riabilitativa specializzata nella riabilitazione e nella disabilità in ambito sportivo agonistico e professionistico. Il Centro è una realtà unica nel panorama nazionale, essendo in grado di integrare la formazione universitaria, la ricerca e l’alta specializzazione dei suoi allievi per fornire al paziente metodiche riabilitative e di performance di ultima generazione. Ulteriore caratteristica che conferisce importanza a questa nuova realtà è il protocollo d’intesa sottoscritto con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana volto a sostenere la ricerca, lo sviluppo e la formazione in questo ambito riabilitativo.
Insieme al professor Marco Gesi, direttore del Centro "Sport and Anatomy", al taglio del nastro, in via di Gargalone, sono intervenuti il rettore Paolo Mancarella, il direttore generale, Riccardo Grasso, il direttore delle Risorse umane e vice direttore amministrativo dell’AOUP, Grazia Valori, il presidente della Scuola Interdipartimentale di Medicina, Mario Petrini, il direttore del dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia, Gaetano Privitera, e il presidente del Coni Toscana, Salvatore Sanzo.
La struttura, un ambiente elegante, molto curato e a misura di paziente, si estende su di una superficie di circa 600 metri quadrati ed è suddivisa in 10 studi medici e una palestra. È dotata delle più avanzate tecnologie riabilitative. Tra queste il robot "Hunova", in grado di assistere lo staff medico e fisioterapico con oltre 150 esercizi, 30 valutazioni e 20 protocolli clinici; il "Walker View", che permette la valutazione degli appoggi durante la deambulazione e la corsa, monitorando il paziente con una telecamera 3D; il sistema "Alter G" (Anti-Gravity Treadmill), sviluppato alla NASA, che consente di correre in assenza di gravità, alleggerendo fino all'80% il peso corporeo. Per finire, la struttura è dotata di un sistema innovativo di training isoinerziale per il recupero della performance.
Il Centro ha uno staff medico e fisioterapico in grado di intervenire su tutte le patologie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico a seguito di interventi chirurgici e non solo. In particolare è possibile compiere interventi di carattere preventivo e riabilitativo, così come specifici allenamenti, andando a integrare tutti gli aspetti legati alla gestione di un atleta, sia esso professionista o amatore. In fase iniziale, vi operano una decina di professionisti, fra medici, fisioterapisti e personale dedicato alla performance.
"Il Centro che inauguriamo oggi - ha detto il professor Marco Gesi - costituisce una tappa fondamentale nel progetto decennale di 'Sport and Anatomy', un brand che vuole sintetizzare il legame tra il gesto sportivo e il distretto anatomico che lo permette e nel cui ambito si sono già sviluppati tre master e un corso di perfezionamento con oltre mille allievi diplomati. Sono anche convinto che realtà come quelle del Centro, insieme a molte altre iniziative che l'Ateneo sta realizzando, valorizzino il ruolo che l’Università di Pisa ha nella città e nella regione; un ruolo che, diversamente dal passato, sta diventando sempre più strategico per lo sviluppo del nostro territorio".