Si è concluso in questi giorni il Master di Radiologia Interventistica Endovascolare dell’Università di Pisa, di cui è direttore il professore Emanuele Neri, associato di Radiologia del dipartimento di Ricerca Traslazionale.
Il Master giunge al terzo anno di vita accademica (con oltre 30 iscritti in due anni), ed è unico nel suo genere in quanto prevede una formazione a distanza mediante webinars e una parte pratica on-site su due sale angiografiche attrezzate per la trasmissione in diretta delle procedure interventistiche. La parte pratica del Master si svolge nella UO di Radiologia Interventistica della AOUP, di cui è Direttore il dottore Roberto Cioni.
Il professor Neri con i docenti del Master e i partecipanti, nella giornata conclusiva in cui sono state discusse le tesi per il conseguimento del titolo
"L’interesse per la Radiologia Interventistica è in continua crescita, soprattutto tra gli specializzandi e tra i giovani medici radiologi di recente formazione che vogliono completare il proprio percorso formativo in una disciplina ormai ampiamente diffusa sul territorio, dove peraltro c’è ampia richiesta di specialisti con queste specifiche competenze", speiga il professore Neri
In questi anni il master si è inoltre consolidato come offerta formativa nazionale, sostenuto dalla Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica, divenendo un punto di riferimento per molti specialisti radiologi provenienti da tutta Italia, e nell'anno accademico appena concluso anche dall’Albania.
Il professor Ugo Boggi, ordinario di Chirurgia generale all’Università di Pisa e direttore dell’Unità operativa di Chirurgia generale e dei trapianti dell’Aoup, è stato eletto presidente della Società italiana dei trapianti d’organo (SITO) nel corso del 42° congresso tenutosi a Bologna dal 22 al 24 novembre.
La carica di presidente, operativa per il triennio 2020-2022, giunge a coronamento di una carriera di successi e di riconoscimenti nazionali e internazionali. Il professor Boggi, infatti, carrarese di nascita e pisano per curriculum di studi e impegno lavorativo, è appunto docente ordinario all’Ateneo pisano e, dal 1999, è responsabile dei programmi di trapianto di rene e di pancreas dell’Aoup, dove ha realizzato il principale programma di trapianto di pancreas attivo in Italia, ha concepito e adottato nuove tecniche chirurgiche e ha promosso e realizzato più di chiunque altro in Italia la donazione renale da vivente.
“È nostro orgoglio - ha dichiarato il professor Boggi - che negli ultimi 20 anni in Italia non ci sia stata nessuna novità significativa nel settore dei trapianti d’organi addominali che non sia stata concepita o realizzata per la prima volta a Pisa”. Effettivamente proprio il professor Boggi, fra le altre cose, ha realizzato il primo trapianto renale cross-over in Italia (15 novembre 2005), la prima donazione renale laparoscopica con accesso singolo (SILS) (13 marzo 2010) la prima donazione renale robotica in Italia (22 novembre 2008), la prima donazione laparoscopica di settore laterale sinistro per trapianto di fegato adulto-bambino in Italia (10 maggio 2010), il primo trapianto simultaneo di rene da donatore vivente e di pancreas da donatore cadavere in Europa (13 giugno 2001), il primo trapianto renale robotico in Europa (3 luglio 2010), il primo trapianto robotico di pancreas al mondo (27 settembre 2010) e la prima donazione robotica di fegato destro per trapianto adulto-adulto nel mondo (17 aprile 2012).
Anche per questi risultati la prestigiosissima Università di Pittsburgh, primo ateneo americano in ambito chirurgico e celebre per aver sviluppato e reso possibile il trapianto epatico nel mondo, ha voluto il professor Boggi nel proprio corpo docente. Il chirurgo – che negli anni ha trapiantato oltre 1500 organi - è infatti anche professore di Chirurgia generale all’Università di Pittsburgh.
Nel suo curriculum anche il ruolo di Fellow onorario dell’European board of surgery per i trapianti di rene e di pancreas. L’European board of surgery è parte dell’Union européenne des médecins spécialistes (Uems), agenzia che opera alle strette dipendenze della Comunità Europea ed accredita le attività mediche e chirurgiche in Europa.
Nel periodo di presidenza del professor Boggi la Sito dovrà anche organizzare il congresso della Esot-Società europea dei trapianti in programma a Milano per l’anno 2021. A questo congresso sono attesi oltre 4000 partecipanti fra chirurghi, medici, scienziati di base, ed infermieri.
Nella foto il professor Ugo Boggi con il presidente uscente della SITO, professor Umberto Cillo (Padova)
Il congresso dell’Esot, che si realizza ogni due anni, attrae infatti gli specialisti del trapianto non solo dall’Europa ma da tutto il mondo. Sarà quindi una grande occasione di visibilità per tutta la trapiantologia italiana. Grazie all’elezione a presidente della Sito, il professor Boggi entrerà anche a far parte del consiglio direttivo della Esot in qualità di rappresentante dell’Italia.
La Sito ha oltre 1000 soci, è una delle principali società scientifiche italiane ed è l’unica accreditata dal Ministero della salute per la realizzazione delle linee guida per i trapianti d’organo. Al congresso di Bologna erano presenti 806 partecipanti in rappresentanza di tutti i Centri trapianti d’Italia e di tutte le regioni italiane. Sono state presentate oltre 300 relazioni scientifiche. L’evento è stato anche caratterizzato dal riconoscimento del prestigioso ruolo di socio onorario ai due chirurghi che la società ha ritenuto abbiano contribuito maggiormente allo sviluppo del trapianto degli organi addominali in Italia negli anni 80-90 e nel primo decennio degli anni 2000: il professor Vincenzo D’Amico di Padova ed il professor Mauro Salizzoni di Torino. L’ambito riconoscimento è stato consegnato anche al professor Stefano Faenza di Bologna, per il contributo dato nell’ambito dell’anestesia e della rianimazione applicata ai trapianti d’organo.
Poco prima dell’inizio effettivo del mandato di presidenza il professor Boggi, in collaborazione con i professori Piero Marchetti e Fabio Vistoli, organizzerà a Pisa (17-19 ottobre 2019) su incarico della Società mondiale dei trapianti (The transplantation society - Tts) e dell’International pancreas & islet transplant association (Ipita) la prima consensus conference mondiale sul trapianto di pancreas, grazie al supporto della Fondazione Pisa e dell’Università di Pisa.
Ulteriore motivo di orgoglio per la scuola trapiantologica di Pisa è stata la nomina del professor Giandomenico Biancofiore a membro del consiglio direttivo della Sito in rappresentanza dell’area anestesia e rianimazione. Il professor Biancofiore si va ad aggiungere al professor Vistoli, chirurgo e docente all’Università di Pisa, già membro del consiglio direttivo per l’area trapianti di rene e di pancreas. Complessivamente, quindi, ben tre medici pisani faranno parte del prossimo consiglio direttivo della società.
“Questo importante incarico – prosegue Boggi - viene certamente a riconoscere un lungo impegno personale nel settore dei trapianti nel quale spesso ho percorso strade innovative, aprendo nuovi settori che poi si sono rilevati successi nazionali ed internazionali. Di questo sono molto contento ed orgoglioso. L’incredibile successo ottenuto dimostra come il lavoro fatto negli anni sia stato riconosciuto dai colleghi che hanno saputo apprezzare il valore dei fatti. A livello personale è quindi senza dubbio una soddisfazione enorme. Sono però convinto che questo riconoscimento vada anche a tutto il sistema trapianti di Pisa, e della Regione Toscana. Tutti insieme, per tanti anni, abbiamo lavorato ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Io spero anche che questa carica possa aiutare a riportare definitivamente quella serenità nel sistema trapianti pisano che recentemente era venuta un po’ meno a seguito di alcune notizie, probabilmente prive di reale fondamento, che avrebbero ipotizzato un ridimensionamento del gioiello trapiantologico pisano. Anche in quest’ottica credo che questo riconoscimento arrivi nel momento giusto. Sono anche contento – conclude - che quando il prossimo anno organizzeremo la prima consensus conference mondiale sul trapianto di pancreas potrò partecipare anche come presidente della Sito, e non solo come “incaricato” della Società mondiale dei trapianti d’organo e ideatore di questa iniziativa. Sono infine fiero, ed anche un po’ emozionato, del fatto che per tre anni rappresenterò le istanze di tutta la trapiantologia italiana in ambito europeo. Lo sono per me, per il sistema trapianti che rappresento, per la mia istituzione, per la mia città e per tutta la Regione Toscana”.
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Il primo impianto in Toscana di una vertebra stampata in 3D è stato eseguito con successo nelle scorse settimane a Pisa, nell’Unità operativa di Ortopedia e traumatologia 2 dell’Aoup diretta dal professor Rodolfo Capanna del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell'Università di Pisa.
Il paziente è un uomo di 56 anni, affetto da una neoplasia primitiva ossea che interessava la terza vertebra lombare, in trattamento nel reparto di Oncologia dell’ospedale di Prato. Dopo un esame bioptico, che aveva confermato la malignità della lesione, è stato pianificato un intervento chirurgico di resezione in blocco della vertebra L3 affetta dal tumore e di ricostruzione della stessa mediante una nuova vertebra, stampata in titanio in 3D, ottenuta dalla rielaborazione e ricostruzione dell’esame Tac del paziente.
La protesi impiantata
L’impianto utilizzato é stato sviluppato specificamente per questo paziente partendo dalle immagini tac della sua colonna vertebrale, che sono state ricostruite tridimensionalmente per poter ottimizzare il disegno dell’impianto. La collaborazione dei chirurghi con gli ingegneri dell’ITC (Instituto Tecnológico de Canarias) ha portato al disegno di un impianto perfettamente congruente alla resezione in blocco pianificata in fase preoperatoria. Il design è stato ottimizzato in modo da ottenere le condizioni biomeccaniche (elasticità e resistenza) più adatte a favorire la sua colonizzazione da parte del tessuto osseo del paziente; a tal fine a struttura dell’impianto ha una porosità di circa il 90 % per lasciare spazio libero, che sarà occupato dall’osso di nuova generazione. L’impianto è stato realizzato con una stampante tridimensionale partendo da polvere di titanio grado 23.
L’intervento chirurgico, durato 13 ore, è stato eseguito mediante un doppio approccio chirurgico posteriore ed anterolaterale, e vi ha preso parte un’equipe multidisciplinare composta da: professor Paolo Parchi, associato all’Università di Pisa, dottor Simone Colangeli, dottoressa Sara Stagnari (chirurghi ortopedici); dottor Alessandro Gasbarrini (chirurgo ortopedico, direttore dell’Unità operativa di Chirurgia vertebrale oncologica e degenerativa all’Istituto ortopedico Rizzoli, ideatore della metodica come consulente esterno); dottor Daniele Adami e dottor Michele Leo (chirurghi vascolari); dottoressa Silvia Nardi, dottoressa Elisa Dimitri, dottor Leonardo Santini, dottoressa Elisa Bulleri (anestesisti e rianimatori); Andrea Meini, Francesca Pellicci, Lisa Lodovichi, Barbara Carmignani, Valerio Lupi (strumentisti ed infermieri di sala operatoria); Marzia Frangioni, Sabrina Micheletti (infermieri addetti all’anestesia); Alfredo Orsi, Francesco Maenza, Agusto Micheli (tecnici di radiologia sanitaria); Marco Cini (infermiere di sala gessi). Durante la degenza il paziente ha ripreso la deambulazione assistita ed è stato dimesso in buone condizioni il 14° giorno post-operazione.
Questo intervento è frutto di una crescente collaborazione clinica e scientifica tra il reparto di Chirurgia vertebrale oncologica e degenerativa del Rizzoli diretto dal dottor Gasbarrini e la Ortopedia e Traumatologia II universitaria dell’Aoup diretta dal professor Capanna i cui obiettivi sono lo sviluppo di attività di ricerca su metodiche innovative e una gestione combinata di casi ad elevata complessità (edm).
Nuovo appuntamento con l’eccellenza per l’Università di Pisa che ha celebrato sabato 24 novembre la nuova edizione del PhDay2018, la Giornata dedicata ai dottorati di ricerca dell’Ateneo. Tra i molti eventi in programma, il conferimento di sei premi per insignire le tesi di dottorato più meritevoli che sono state discusse nell’ultimo anno, una per ciascuna area del sapere. Gli elaborati sono stati selezionati in base a parametri quali l’originalità e l’innovazione dei risultati conseguiti, la rilevanza nel settore di riferimento e l’impatto di internazionalizzazione delle ricerche condotte.
Sei nuove speranze della ricerca, quattro donne e due uomini, quattro toscani e due siciliani, questi i loro nomi e il frutto delle loro fatiche. Edoardo Battaglia, dottore in Ingegneria dell’informazione, è stato premiato per la tesi "Touch on the Go: Wearable Haptics for Sensing and Augmented Perception"; Rossella Bruno, dottoratasi in Fisiopatologia clinica, ha visto premiata la sua tesi "Analysis and validation of new biomarkers for the diagnosis of malignant pleural mesothelioma"; Regina Fichera, dottoressa di ricerca in Scienze dell’antichità e archeologia, è risultata la migliore nel settore umanistico con una tesi dal titolo "Il miracolo nelle biografie dei filosofi neoplatonici della tarda antichità (IV-VI sec. d.C.)". Gli altri tre vincitori sono Anna Grassi, la più giovane (è nata nel 1989), per la tesi in Fisica "Collisionless shocks in the context of laboratory astrophy", smentendo ancora una volta – se ce ne fosse stato bisogno – pregiudizi sempre difficili da superare sul rapporto tra donne e discipline scientifiche; Patrizia Pacini Volpe, dottoratasi in Scienze politiche, con l’elaborato " Anatomia della prigione. Aspetti politico-sociali della condizione carceraria in Italia e in Francia"; e Alberto Vangelisti, dottore in Scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali, per la tesi "Transcriptome analysis of plants-fungus interaction: RNA-seq approach on sunflower (Helianthus annus L.) mycorrhizal roots".
La premiazione, effettuata dal rettore Paolo Mancarella con la delegata ai Dottorati di ricerca, Marcella Aglietti, e i ventitré coordinatori dei dottorati con sede presso l’Ateneo (ma ve ne sono altri 10 attivi in convenzione con altri Atenei) è avvenuta nell’ambito della Cerimonia di consegna dei diplomi ai circa 220 nuovi dottori di ricerca di quest’anno.
In foto da sinistra, Grassi (la mamma della premiata), Pacini Volpe, Fichera, Vangelisti, Mancarella, Battaglia, Aglietti, Bruno.
giornata si è avviata con l'inaugurazione dell'anno dottorale dell'Università di Pisa, alla presenza di molti degli oltre 700 immatricolati, dei quali 260 solo per il primo anno. La Giornata s’intitolava “La ricerca cambia la vita”, e il valore dell’esperienza costruita durante il proprio percorso dottorale è stato testimoniata da quattro ex-allievi che, conseguito il titolo di laurea o di dottore di ricerca presso l’Ateneo pisano, hanno poi proseguito il proprio cammino accademico e professionale all’insegna del successo e della massima gratificazione personale, in Italia e nel mondo.
Così Alessandro Launaro, classe 1979 ed ex dottorando in Storia Antica, ha raccontato com’è diventato uno dei massimi specialisti al mondo di storia dell’Italia Romana: oggi professore all'Università di Cambridge, Direttore in Studi Classici al Gonville and Caius College e a capo, insieme a Martin Millet, di un progetto di ricerca archeologica nella città romana di Interamna Lirenas. Non da meno il dottor Piergiorgio Morosini, che dopo aver conseguito il dottorato in Diritto privato a Pisa è diventato il magistrato che ha presenziato l’udienza preliminare del processo sulla c.d. “Trattativa Stato-Mafia” e, dal 2014 al 2018, membro del Consiglio Superiore della Magistratura. Il dottorato di ricerca conseguito nel 1997 in Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa è stato invece il viatico che ha permesso a Riccardo Marian di assurgere, dopo le sue ricerche al CERN e aver fondato l’azienda Yogitech, al titolo di Intel Fellow e al ruolo di Chief Functional Safety Technologist per tutto il gruppo Internet of Things di Intel Corporation. Di esempio anche il caso della dottoressa Francesca Iezzi, laureatasi in Matematica presso l’Ateneo pisano e dal 2017 presso l'Università di Edimburgo, dove coordina l’ambito della divulgazione scientifica. Quattro modelli d’ispirazione e di motivazione per i giovani ascoltatori.
In foto da sinistra, Marian, Mancarella, Iezzi, Aglietti; Morosini e Launaro.
Il programma ha inoltre previsto numerosi seminari e workshop dedicati alle opportunità di formazione specificamente pensate per i dottorandi, oltre a laboratori di ricerca, panel session e spazi informativi a cura dell’Ufficio dottorati e dall’Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani.
"L’Università di Pisa - ha ricordato il rettore Mancarella - sta puntando molto sui dottorati di ricerca, con un investimento superiore rispetto ad altri atenei di analoghe dimensioni e pari alla ragguardevole somma di oltre 5 milioni di euro per il solo 2019. La valorizzazione del dottorato ha visto altri riconoscimenti importanti, come la riforma dello Statuto, con l’attribuzione di un posto per i rappresentanti dei dottorandi nel massimo organo di governo accademico, la creazione della borsa in memoria di Giulio Regeni e la realizzazione nel prossimo semestre di oltre 20 moduli di didattica trasversale in conformità ai più alti parametri della formazione di terzo livello nell’ambito della ricerca italiana ed internazionale".
La dottoressa Marzia Del Re dell’unità operativa Farmacologia clinica e Farmacogenetica dell'Aoup, diretta dal professor Romano Danesi dell'Università di Pisa è stata premiata per le sue ricerche sul tumore del polmone nel corso del congresso dell’Associazione italiana di oncologia medica, che si è tenuto a Roma dal 16 al 18 novembre. Il premio le è stato assegnato per lo sviluppo e l’applicazione clinica di tecniche di analisi molecolare su sangue di pazienti trattati con farmaci inibitori del recettore del fattore di crescita EGF, un tipo di terapia somministrata a pazienti la cui patologia è contraddistinta da caratteristiche mutazioni che coinvolgono appunto il bersaglio farmacologico.
La dottoressa Marzia Del Re, a sinistra, con la professoressa Silvia Novello.
“Con queste informazioni - spiega Del Re - potremo seguire l’evoluzione adattativa del tumore nei confronti del trattamento farmacologico, individuando precocemente non solo la risposta alla terapia ma anche lo sviluppo di resistenze. Sono disponibili farmaci con caratteristiche differenziate per quanto concerne attività terapeutica e tollerabilità, quindi disporre di strumenti accurati di monitoraggio farmacologico permette di adattare il trattamento al paziente, come dimostrato nel caso di osimertinib, un farmaco avanzato di terza generazione che si aggiunge ai già noti gefitinib, erlotinib e afatinib, di prima e seconda generazione, utilizzati per il trattamento del tumore del polmone. Ciò rientra nella più ampia applicazione della medicina di precisione, dove la conoscenza accurata delle caratteristiche dei farmaci e la disponibilità di strumenti avanzati di indagine molecolare mini-invasiva – come, ad esempio, il sangue o altri fluidi corporei – ha rivoluzionato il modo con cui viene gestito il paziente, grazie alle informazioni che il clinico riceve dal laboratorio”.
“Il premio che ho ricevuto - sottolinea Del Re - è il risultato della collaborazione multidisciplinare di un team di giovani oncologi e farmacologi, tra cui gli oncologi Iacopo Petrini e Enrico Vasile – del gruppo del dottor Antonio Chella e del professor Alfredo Falcone – Paola Bordi e Marcello Tiseo dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Parma. Voglio inoltre condividere il riconoscimento con le mie più strette collaboratrici e amiche: le dottoresse Eleonora Rofi, Stefania Crucitta e Giuliana Restante”.
L’effetto antitumorale in vivo della doxiciclina, un antibiotico appartenente alla classe delle tetracicline e comunemente impiegato nel trattamento dell’acne volgare, è stato recentemente pubblicato sulla rivista internazionale "Frontiers in Oncology", aprendo la strada al possibile utilizzo degli antibiotici nel trattamento del tumore della mammella. Gli antibiotici infatti, oltre a uccidere i batteri, hanno un effetto distruttivo anche sui mitocondri, le “centrali elettriche” delle cellule, di cui sono molto ricche le cellule staminali neoplastiche, responsabili dell’origine del tumore e delle recidive locali, della resistenza alle terapie e delle temute metastasi a distanza.
Lo studio è stato condotto dal gruppo di ricerca del professor Antonio Giuseppe Naccarato (nella foto in alto), del dipartimento di Ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia dell’Università di Pisa, direttore della Sezione dipartimentale di Anatomia patologica 1 dell’Aoup, con il dottor Cristian Scatena (nella foto in basso), anatomopatologo e allievo della Scuola di dottorato in Scienze cliniche e traslazionali dell’Ateneo pisano, unitamente a ricercatori dell’University of Salford di Manchester, in Gran Bretagna, e in collaborazione con il Centro Senologico dell’Aoup e la Fondazione pisana per la scienza onlus.
La ricerca clinica è stata condotta su 15 donne affette da carcinoma della mammella in stadio precoce e ha evidenziato, dopo solo 14 giorni di trattamento antibiotico, una riduzione significativa (in media di circa il 40%) del numero delle cellule staminali neoplastiche. I ricercatori dell’University of Salford, coordinati dal professor Michael P. Lisanti, studiavano da tempo questo effetto in modelli tumorali ‘in vitro’ riconoscendo come l’antibiotico doxiciclina fosse capace di eradicare le cellule staminali neoplastiche in otto diversi tipi di tumore, compreso il carcinoma della mammella.
Tali studi in vitro hanno posto le basi per la realizzazione del primo trial clinico sull’utilizzo della doxiciclina in pazienti affette da carcinoma della mammella in stadio precoce e candidate perciò a trattamento chirurgico. Il trial è stato condotto nel Centro Senologico dell’Aoup diretto dalla professoressa Manuela Roncella. Nel dettaglio, la doxiciclina è stata somministrata in 9 pazienti (braccio sperimentale), mentre ulteriori 6 pazienti sono state inserite come braccio di controllo; le prime hanno assunto l’antibiotico per i 14 giorni antecedenti l’intervento chirurgico, a una dose giornaliera standard di 200 mg; le altre, invece, sono state sottoposte direttamente a terapia chirurgica.
Numerosi marcatori biologici (di staminalità, di massa mitocondriale, di proliferazione cellulare etc…) sono stati indagati in entrambi i bracci del trial clinico, confrontando i loro valori prima e dopo la terapia antibiotica, rispettivamente tra il tessuto tumorale della ago-biopsia preoperatoria e quello del pezzo chirurgico asportato. Ebbene, i tumori delle pazienti del braccio sperimentale, dopo trattamento con doxiciclina, dimostravano una diminuzione significativa nel marcatore di staminalità, compresa tra il 17.65 e il 66,67%. Dati simili sono stati osservati anche con un secondo biomarcatore di staminalità.
I risultati ottenuti da questo studio pilota suggeriscono che le cellule tumorali neoplastiche esprimono selettivamente grandi quantità di proteine correlate al metabolismo mitocondriale. Ciò significa che, se è possibile inibire il metabolismo mitocondriale, è dunque possibile eradicare le cellule staminali neoplastiche. L’arruolamento di nuovi pazienti potrà permettere di confermare nei prossimi mesi questi primi risultati molto promettenti.
Di seguito il link all'articolo: https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fonc.2018.00452/full
Ha festeggiato venti anni di attività il Centro Interdisciplinare di Scienze per la Pace (Cisp) dell'Università di Pisa, che studia e promuove le condizioni per trasformare pacificamente i conflitti, ridurre le violenze e costruire una pace sostenibile. Lo ha fatto con un incontro tenuto, venerdì 16 novembre, nell'Auditorium del Centro "Le Benedettine". Dopo i saluti del rettore Paolo Mancarella, sono intervenuti la direttrice del Cisp, Enza Pellecchia, e i professori Giorgio Gallo, Fabio Tarini e Pierluigi Consorti, che hanno diretto il Centro negli scorsi anni. Nel corso della mattinata sono anche intervenuti gli ex rettori Luciano Modica e Marco Pasquali e la prorettrice vicaria Nicoletta De Francesco per portare la loro testimonianza dei rapporti con il Centro, la presidente dei corsi di laurea in Scienze per la pace, Eleonora Sirsi, e i professori Simone D’Alessandro e Alessandro Breccia. L'incontro si è chiuso con le testimonianze di tante e tanti che nel corso di questi anni hanno collaborato a vario titolo con il Centro, contribuendo a renderlo un apprezzato protagonista degli studi per la pace.
Pubblichiamo di seguito una riflessione della professoressa Enza Pellecchia, direttrice del Cisp, sulla storia e sulla mission del Centro.
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Il Centro Interdisciplinare di Scienze per la Pace (CISP)
A metà degli anni '90, alcuni docenti dell'Università di Pisa provenienti da discipline diverse e da diverse esperienze iniziavano a progettare l'istituzione di un centro di ricerca focalizzato sui temi della pace.
Le idee riguardo ai modi in cui poter sviluppare l'iniziativa nel mondo accademico erano ancora confuse, ma un elemento era già ben chiaro: la consapevolezza che il mondo accademico non poteva continuare a serbare indifferenza verso i problemi della pace e della guerra.
La motivazione nasceva anche da una lettura di ciò che stava accadendo a livello internazionale.
Con la fine della guerra fredda, si era diffusa l'aspettativa dei cosiddetti "dividendi della pace", ovvero l'idea che molte delle enormi risorse fino ad allora usate per apparati militari avrebbero potuto finalmente essere utilizzate per affrontare i grandi problemi che l'umanità aveva davanti, il problema della fame e della salute nei paesi cosiddetti in via di sviluppo, le crescenti disuguaglianze economiche, i sempre più urgenti problemi ambientali. Dopo soli pochi anni appariva invece chiaro che le spese militari non erano state significativamente ridotte, che la povertà era ancora la norma per la maggioranza della popolazione mondiale, che le disuguaglianze erano in crescita anche nei paesi ricchi, che nuove guerre producevano in misura crescente sofferenze fra la popolazione civile, morti ed esodi forzati, ed inoltre che l'interventismo militare degli stati occidentali stava crescendo.
In questo scenario diventava sempre più evidente il ruolo di primo piano giocato dalla tecnologia e dalle scienze (tutte, da quelle della natura a quelle umane).
Tuttavia l'idea vecchia, ma persistente, della neutralità della scienza costituiva un ottimo alibi per non porsi domande né sul senso e la finalità delle ricerche né sull'origine dei finanziamenti alla ricerca.
Da qui l'idea che fosse necessario inserire il discorso sulla pace non tanto genericamente all'interno dell'università con qualche iniziativa circoscritta, ma su un più preciso duplice piano: in generale, nel contesto della vocazione primaria dell’Accademia; specificatamente, all'interno di tutte le discipline in essa coltivate.
Da qui anche la scelta del nome del nuovo Centro, nato nel 1998 con la missione di studiare e promuovere le condizioni per trasformare pacificamente i conflitti, ridurre le violenze e costruire una pace sostenibile.
Si sarebbe potuto fare riferimento agli "Studi sulla Pace" oppure alle "Scienze della Pace"; è stato invece scelto il meno immediato "Scienze per la Pace", per esprimere la consapevolezza del fatto che la Pace non potesse essere l'oggetto di una nuova disciplina che si collocasse a fianco delle altre. Rinchiudere il discorso sulla pace all'interno degli stretti confini di una disciplina accademica rischia infatti di sterilizzarlo, di ridurne la capacità di incidere e di cambiare la realtà.
Una cultura di pace
E’ tuttavia essenziale chiarire il senso della parola "pace", anche attraverso il suo opposto, individuato nella violenza, piuttosto che nella guerra. Uno studio critico della violenza è fondamentale all'interno di un discorso scientifico sulla pace.
Questo discorso è molto ampio, perché involge la violenza diretta (violenza fisica, palese, ma anche forme più sottili di violenza, come l'isolamento, l'emarginazione, il non riconoscimento dell'altro a causa della sua diversità etnica, religiosa, sessuale, ...) e la violenza strutturale (condizioni di oppressione e discriminazione che – anche in tempo di pace apparente - sono insite nelle strutture sociali, economiche, politiche e culturali).
Siamo convinti che per costruire la pace sia necessario studiare i conflitti. La visione del CISP è quella di operare sui conflitti in chiave nonviolenta, trasformandoli in opportunità per costruire legami sociali pacifici, cooperativi e duraturi, evitando sempre il ricorso alla violenza, che può facilmente degenerare in guerra.
In sintonia con questa idea di pace che si oppone alla violenza, potremmo definire cultura di pace una cultura della convivialità e della condivisione, fondata sui principi di libertà, giustizia e democrazia, di tolleranza e solidarietà. Una cultura che rifiuta la violenza, cerca di prevenire i conflitti all'origine e di risolvere i problemi attraverso il dialogo ed il negoziato. Infine, una cultura che assicura a tutti il pieno godimento di tutti i diritti e dei mezzi per partecipare pienamente allo sviluppo endogeno della società.
In questa accezione, la latitudine dell'idea di pace è evidentemente molto ampia e coinvolge la società nel suo complesso, a livello locale ed a livello internazionale. Disuguaglianze, sviluppo e sottosviluppo, povertà, sostenibilità, convivenza fra culture e religioni diverse, sono tutti aspetti essenziali di un discorso sulla pace.
Le Scienze per la Pace
Nel progetto del Cisp, l'inserimento del discorso sulla pace all'interno del mondo universitario si muove lungo due direzioni distinte ma complementari.
La prima direzione va dalle discipline verso la pace. In che modo le nostre conoscenze, le nostre competenze scientifiche possono contribuire ad una diffusione della cultura della pace, ed a realizzare le condizioni perché la pace possa essere la condizione normale della società umana?
La seconda direzione segue invece il percorso contrario, dalla pace verso le diverse discipline: la pace come una lente, una nuova prospettiva attraverso cui guardare il modo con cui facciamo ricerca, i paradigmi che usiamo, per poterli mettere in discussione.
Quanto detto ha una immediata conseguenza, la interdisciplinarità, o, come qualcuno preferisce chiamarla, la transdisciplinarità. Le diverse discipline non possono né contribuire alla pace né farsi da essa mettere in discussione da sole. Sono necessari il dialogo e un continuo scambio. La pace diventa allora il punto di snodo in cui le discipline si incontrano, si confrontano, riconoscono il ruolo e l'importanza delle reciproche prospettive e collaborano, in certi casi arrivando a vere e proprie contaminazioni interdisciplinari, in una sorta di affascinante “meticciato” scientifico.
Enza Pellecchia
Direttrice del CISP
Nella foto in alto: da sinistra, Enza Pellecchia, Pierluigi Consorti, Giorgio Gallo e Fabio Tarini.
Nella foto al centro: Paolo Mancarella e Enza Pellecchia.
Nella foto in basso: da sinistra, Nicoletta De Francesco, Luciano Modica e Marco Pasquali.
È attiva da alcune settimane la Consigliera di fiducia dell'Università di Pisa, che ha il compito di prevenire e contrastare discriminazioni e molestie nei luoghi di lavoro e di studio. Questa nuova figura di garanzia è stata istituita all'inizio dell'anno, dopo il passaggio negli Organi dell'Ateneo, ed è stata individuata al termine della procedura di selezione e nomina nell'avvocata Chiara Federici, che ha iniziato a svolgere la sua attività dai primi giorni di ottobre e che durerà in carica per tre anni.
Le funzioni, i compiti e gli obiettivi della Consigliera di fiducia sono stati illustrati lunedì 12 novembre, in rettorato, dalla stessa avvocata Federici, insieme alla prorettrice vicaria, Nicoletta De Francesco, che ha anche la delega sulle questioni di genere, e alla presidente del Comitato Unico di Garanzia (CUG), Elettra Stradella.
Il ruolo della Consigliera di fiducia è stato disciplinato da uno specifico Regolamento emanato dal rettore Paolo Mancarella nel dicembre scorso, su proposta del CUG, dando risposta all'esigenza ampiamente condivisa di dotare l’Ateneo di un importante strumento di gestione dei conflitti e di garanzia del benessere lavorativo. Tutte le persone appartenenti alla comunità universitaria possono così rivolgersi alla Consigliera per ottenere supporto contro discriminazioni e molestie, oltre che a difesa del rispetto della loro dignità, intimità e onore.
La Consigliera, in piena autonomia e nel rispetto della riservatezza di tutte le persone coinvolte, presta la sua assistenza, consulenza e attività di ascolto a tutela di chi si ritenga vittima di discriminazioni o molestie e si adopera per la soluzione del caso. Può inoltre acquisire testimonianze e accedere a eventuali atti amministrativi inerenti il caso in esame, proporre incontri a fini conciliativi e di mediazione, e, comunque, può suggerire azioni utili ad assicurare un ambiente di lavoro rispettoso della libertà, eguaglianza e dignità delle persone coinvolte.
La Consiglierà riceve su appuntamento, in condizioni tali da garantire il pieno rispetto della riservatezza, attraverso un contatto mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
“L’istituzione della Consigliera di fiducia - ha sottolineato la professoressa Stradella - è stata fortemente voluta dal CUG per colmare un vuoto nel nostro Ateneo. Una risoluzione del Parlamento Europeo del 1994 già delinea il ruolo di questa figura, ma l’Unione Europea è intervenuta, anche successivamente, a orientare le istituzioni verso l’adozione di questo concreto strumento di difesa del rispetto della dignità delle persone nei luoghi di lavoro. Voglio segnalare che alla Consigliera possono rivolgersi tutte e tutti coloro che studiano e lavorano all’Università di Pisa, qualsiasi sia la loro tipologia di rapporto, anche quando operino temporaneamente nelle strutture dell’Ateneo. Questo è importante perché le persone che più spesso subiscono comportamenti discriminatori e abusi di potere sono le più giovani, che si trovano in condizioni di subordinazione gerarchica o che sono nelle prime fasi della carriera, con posizioni precarie”.
“Abbiamo voluto assegnare alla Consigliera un ruolo importante - ha concluso la professoressa De Francesco - mettendola in relazione sia, ovviamente, con il CUG, sia con la Commissione etica, alle cui sedute può essere chiamata a partecipare. Il suo operato si pone in attuazione del nostro Codice etico che sanziona molte delle condotte che potrebbero diventare oggetto di attenzione della Consigliera, dalle prassi discriminatorie, agli abusi di posizione, fino ai favoritismi, e sancisce i principi ai quali l’azione della Consigliera si ispirerà, basti pensare all’eguaglianza, alla parità di trattamento e alla valorizzazione del merito. Siamo certe che questa figura sarà efficace, perché ha la concreta possibilità di intervenire chiamando e ascoltando i protagonisti delle vicende che le vengono presentate, nonché di accedere ai documenti relativi ai casi, e, con i suoi compiti di conciliazione e mediazione, contribuirà a favorire un clima di lavoro sereno e collaborativo all’interno della nostra comunità accademica".
Nella foto in basso: da sinistra, Chiara Federici, Nicoletta De Francesco e Elettra Stradella.
La tecnologia porta direttamente a casa dei bambini colpiti da emiplegia una qualità della riabilitazione simile a quella clinica. È quanto hanno sperimentato a domicilio 30 famiglie toscane e tante famiglie in ben otto regioni d’Italia, ottenendo risultati sovrapponibili al training svolto presso il centro di riabilitazione.
È l’obiettivo raggiunto dal progetto quadriennale denominato “Tele-UPCAT”, che è stato finanziato dal Ministero della Salute nell’ambito del progetto Giovani Ricercatori, coordinato da Giuseppina Sgandurra, ricercatrice dell’IRCCS Fondazione Stella Maris e dell’Università di Pisa come Principal Investigator per un finanziamento di 278 mila euro. Lo studio si è svolto in collaborazione con i ricercatori dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, guidati dall’ing. Francesca Cecchi e del Laboratorio di Risonanza Magnetica dell’IRCCS Fondazione Stella Maris, guidati dalla dr.ssa Laura Biagi. Sono loro le giovani ricercatrici del team tutto femminile che hanno avviato, integrando le loro diverse e complementari competenze, il progetto Tele-UPCAT.
Del progetto che volge alla conclusione è stato fatto un bilancio il 2 novembre presso l’Auditorium della Stella Maris in occasione dell’evento che ha riunito le famiglie, i ricercatori e gli esperti che hanno partecipato a questo importante studio. Il pomeriggio è stato alternato dagli interventi degli specialisti, con momenti conviviali dedicati a genitori e bambini. Presenti le Associazioni ASD Eppursimuove e il Coordinamento etico dei Caregiver.
Tele-UPCAT è una piattaforma dedicata a programmi di riabilitazione intensiva domiciliare per l’arto superiore in bambini ed adolescenti tra 5 e 20 anni affetti da emiplegia, cioè da un grave disturbo del movimento che interessa una metà del corpo, causata da lesioni cerebrali congenite. Il trattamento “Osservare per Imitare” si basa scientificamente sullo stimolazione dell’uso da parte del nostro cervello del sistema dei Neuroni Specchio (“Mirror neurons in inglese), e consiste in far osservare ai bambini azioni significative, che poi devono subito ripetere (Action Observation Therapy). Ad ogni soggetto viene proposto un training intensivo con attività quotidiane manuali a difficoltà crescente, pianificate sulla base del proprio livello di abilità manuale e presentate con un’interfaccia adatta alla propria età (cartone animato o voce-guida). L’attività manuale dei partecipanti viene registrata grazie all’utilizzo di braccialetti sensorizzati.
“Il progetto è stato vinto, superando la concorrenza di centinaia di altri progetti per lo stesso bando, grazie ai dati preliminari ottenuti in un precedente studio del nostro gruppo che avevano dimostrato che l’Action Observation Therapy permetteva di promuovere l’integrazione dell’utilizzo dell’arto superiore in compiti bimanuali”, dice la dr.ssa Sgandurra. “In quel caso però la stimolazione avveniva per molti giorni presso i nostri ambulatori, con comprensibili disagi dei bambini e delle famiglie che venivano anche da città lontane del nostro paese. A questo punto abbiamo pensato che utilizzando moderne tecnologie potevamo portare questo tipo di trattamento direttamente a casa del bambino, coinvolgendo attivamente le famiglie”.
Uno dei successi del progetto è stato proprio il coinvolgimento di 30 famiglie residenti principalmente in Toscana, ma anche in altre 8 altre regioni Italiane, dal Nord al Sud, i cui bambini erano in cura per l’emiplegia presso l’IRCCS Fondazione Stella Maris o l’Arcispedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia, presso il servizio diretto dal prof. Adriano Ferrari. Da un punto di vista scientifico, i dati preliminari dimostrano che con il training a domicilio si possono ottenere risultati sovrapponibili a quelli ottenuti in clinica, ed addirittura superiori per alcuni domini. Conclude la dr.ssa Sgandurra: “Oggi tutti insieme, ricercatori, clinici, ingegneri, genitori e bambini potremo esclamare a gran voce che “Osservare per imitare, aiuta ad imparare e curare”… e che tale nuovo approccio terapeutico è fattibile direttamente a domicilio, proponendo un ambiente di gioco ed interattivo con l’equipe di riabilitazione”.
Aggiunge il prof. Giovanni Cioni, Direttore Scientifico dell’IRCCS Fondazione Stella Maris. “La scoperta tutta italiana dei neuroni mirror, fatta dal gruppo di fisiologi dell’Università di Parma diretto dal prof. Rizzolatti, con i quali da anni collaboriamo, ha aperto nuove frontiere nell’ambito della riabilitazione e noi siamo stati i primi a proporre il paradigma dell’action observation nella riabilitazione dell’arto superiore dei soggetti in età evolutiva con emiplegia”. “In Italia ogni anno più di 400 nuovi bambini sviluppano una emiplegia, con una importante compromissione della funzionalità dell'arto superiore che determina difficoltà nell'ambito delle abilità di vita quotidiana- prosegue il prof Cioni -. Per la riabilitazione in questo ambito, le famiglie e il Sistema Sanitario Nazionale dedicano notevoli sforzi con un elevato impegno economico. Un contesto questo, dove le tecnologie a domicilio possono rappresentare un'opzione per ridurre il disagio delle famiglia, ridurre il costo dei servizi ed ottenere miglioramenti funzionali”. “Infine - conclude il professore - la possibilità di proporre un simile approccio riabilitativo e tecnologico ad altre forme di disturbi del movimento, con compromissione dell’utilizzo dell’arto superiore è la nostra futura sfida. Per vincerla, il contributo dei bioingegneri è stato e sarà molto importante, permettendoci di utilizzare tecnologie di ITT (Information Communication Technology) non solo per fare svolgere la stimolazione riabilitativa a casa, ma anche per monitorarne l’esecuzione via rete dai centri ospedalieri di ricerca anche distanti centinaia di chilometri”.
“L’utilizzo di tecnologie avanzate e sensori miniaturizzati - continua l’Ing. Francesca Cecchi - ci ha permesso di realizzare una piattaforma ad alto contenuto tecnologico ‘nascosto’ rendendo il sistema finale divertente per il bambino, flessibile e adattabile a un ambiente domestico. Abbiamo sviluppato un’interfaccia dedicata progettata sulla base di un’analisi dei gusti e dei bisogni dell’utente e sviluppata come se fosse un gioco interattivo dove il bambino accompagna un personaggio fantastico nella scoperta e salvataggio di vari mondi in difficoltà. Ogni giorno, infatti, ili bambino si interfaccia con l’esploratore galattico Ubi e lo aiuta a compiere delle missioni effettuando contemporaneamente la terapia”.
“Sono molto contento che il nostro Istituto abbia contribuito a un progetto di teleriabilitazione in età scolare – conclude il Prof. Christian Cipriani, Direttore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna - i ricercatori sono stati coinvolti attivamente in tutte le fasi del progetto e i primi risultati sono incoraggianti e sembrano dimostrare che le tecnologie sviluppate possono diventare un supporto concreto allo staff clinico sia nella fase di valutazione che in quella riabilitativa permettendo di monitorare da remoto la terapia mediante la registrazione di importanti parametri”.
Fondamentale per questo progetto la collaborazione delle famiglie e dei bambini di tutta Italia dal sud al nord. Per questo fondamentali sono le testimonianze dell’ASD Eppursimuove e del Coordinamento Etico dei Caregivers. “Questo progetto è importante - dichiara la dr.ssa Stefania Bargagna, Presidente di Eppursimuove, un’associazione che riunisce famiglie e operatori del settore a Pisa, Livorno e dintorni, diventando un centro di vita associativa per promuovere l'integrazione fra bambini e adolescenti disabili, con ragazzi normodotati attraverso attività motorie, sportive e ludiche - È infatti cruciale e rilevante occuparsi della qualità della vita delle famiglie con un bambino con disabilità. Uno studio che pone la sua attenzione di questo aspetto deve non solo essere promosso, ma va considerato come parte integrante della presa in carico del bambino con paralisi cerebrale infantile”.
Secondo la dott.ssa Antonietta Scognamiglio presidente del Coordinamento etico dei Caregiver "il risultato del progetto è molto confortante per le Associazioni e per le famiglie. Porta a guardare alla riabilitazione da un'ottica completamente nuova ne migliora la fruibilità e di conseguenza i risultati. Permette inoltre di rimuovere il vincolo dello spostamento fisico presso le Strutture che nelle varie situazioni, già difficili, produce stress e fatica oltre che costi aggiuntivi per le famiglie. Ancora una volta la ricerca e l'innovazione danno un contributo importante alla gestione del quotidiano per queste famiglie". (Fonte Ufficio stampa IRCCS Fondazione Stella Maris).
Il Centro di Medicina Riabilitativa "Sport and Anatomy" dell'Università di Pisa sarà la struttura riabilitativa di riferimento per i tesserati del Pisa Sporting Club. La collaborazione è stata sancita con la firma della relativa convenzione, avvenuta in rettorato lunedì 5 novembre, alla presenza del prorettore per i Rapporti con gli enti del territorio, con delega alle attività sportive, Marco Gesi, che è anche direttore del Centro "Sport and Anatomy", e del presidente del Pisa SC, Giuseppe Corrado. Alla presentazione sono intervenuti il responsabile medico del Pisa SC, Giuseppe Lioci, i portieri Daniele Cardelli, Andrea D'Egidio e Stefano Gori, e alcuni membri dello staff del Centro dell'Ateneo.
Il Centro "Sport and Anatomy", che per le sue attività si avvale di un gruppo di professionisti altamente specializzati, di metodiche riabilitative all’avanguardia, di programmi innovativi per garantire il miglior recupero funzionale nel minor tempo possibile attraverso percorsi personalizzati e di collaborazione con molti centri del territorio, fornirà a tutti i tesserati della prima squadra del Pisa SC assistenza fisioterapica per gli infortuni che necessitano di periodo medio lungo di riabilitazione. Inoltre, attraverso accordi specifici contenuti nella convenzione, il Centro sarà a disposizione anche di tutti i tesserati non appartenenti alla prima squadra e dei dipendenti della stessa società.
Oltre a partecipare all'organizzazione di seminari e iniziative di natura sportiva e dare visibilità al Centro, il Pisa Sporting Club si impegna ad accogliere, con apposita convenzione, i tirocinanti dei master dell’Università di Pisa in Fisioterapia sportiva e in Teoria e tecniche nella preparazione atletica nel calcio. Il club applicherà inoltre ai dipendenti dell’Ateneo uno sconto del 25% sugli acquisti del proprio abbigliamento in vendita presso gli store ufficiali e delle promozioni ad hoc sul prezzo dei biglietti delle gare casalinghe.
La convenzione, che avrà durata triennale, prevede infine la possibilità di collaborazioni scientifiche, con la promozione di studi e ricerche in ambito sportivo e riabilitativo.