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Venerdì, 08 Aprile 2022 11:43

Informazioni per accademici ucraini

L'UNIPI ha adottato azioni a sostegno degli Accademici in fuga dall'Ucraina affinché possano continuare la loro ricerca grazie al:

  • Programma Visiting Fellow
    Il ricercatore può presentare domanda o essere invitato da un Dipartimento secondo la procedura sopra indicata per un periodo fino a 12 mesi
  • Contributo forfettario pari a € 4000 per un massimo di 10 ricercatori

Requisiti:

  • contratto di ricerca e/o insegnamento presso un'università ucraina
  • Inserimento come Visiting Fellow presso un Dipartimento di Ateneo
  • Cofinanziamento da parte del Dipartimento ospitante

La domanda deve essere presentata dal Dipartimento di Ateneo presso il quale lo studioso sarà ospitato in qualità di Visiting Fellow.

Gli accademici possono usufruire anche del corso di lingua italiana.

Per maggiori informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Azioni finanziarie e accademiche specifiche a sostegno degli studenti ucraini che sono stati costretti a fuggire dal proprio Paese e che vogliono proseguire gli studi presso l'Università di Pisa:

  • Corsi di lingua italiana gratuiti presso il CLI – Centro Linguistico dell’Università di Pisa

  • Iscrizione gratuita ai corsi singoli dell'UNIPI per il semestre in corso
    Gli studenti iscritti ad un ateneo ucraino che sono dovuti fuggire dall'Ucraina e non vogliono interrompere gli studi hanno la possibilità di studiare all'Università di Pisa iscrivendosi a corsi singoli nel semestre in corso.
    L’ammissione ai corsi singoli è gratuita ed ha carattere temporaneo
    I risultati conseguiti al termine dei corsi singoli potranno essere riconosciuti successivamente in caso di accoglimento della domanda di ammissione ad un corso di laurea. Si tratta di una procedura eccezionale che, nel caso di un corso di laurea ad accesso limitato, attualmente non garantisce l'accesso diretto o l'immatricolazione al corso di laurea.
    Facciamo inoltre presente che la maggior parte dei nostri corsi sono tenuti in italiano.

Per ricevere supporto accademico inviare una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  fornendo i seguenti documenti/informazioni (in inglese):

  • Attestazione di iscrizione all'università ucraina che indica il corso di laurea e l'anno di immatricolazione
  • Elenco degli esami sostenuti fino ad ora
  • Il programma degli esami sostenuti (se disponibile)
  • Status riconosciuto dalle Autorità Italiane
  • Cittadinanza: passaporto/carta d'identità
  • Attuale domicilio
  • Livello di conoscenza della lingua italiana

  • 37 Borse di studio forfettarie pari ad € 1500
    Requisiti: 
    - iscrizione a un'università ucraina
    - immatricolazione presso l'Università di Pisa a corsi singoli o corsi di laurea
    - residenza non italiana
    Se vuoi candidarti scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. specificando il possesso dei requisiti e allegando copia del tuo documento di identità.

  • Studenti che hanno iniziato i loro studi in Ucraina e vogliono completare il loro programma e laurearsi presso l'Università di Pisa

Se interessati a proseguire gli studi presso l'Università di Pisa nell'anno accademico 2022/23, è necessario presentare domanda di ammissione al corso di laurea scelto in tempo utile.

Informazioni dettagliate su domanda e ammissione ai corsi di laurea triennale e magistrale sono disponibili a questo link.

Le informazioni sulla domanda e l'ammissione ai corsi di dottorato saranno disponibili alla pagina Dottorato di Ricerca. Per maggiori informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Offerta formativa presso l'Università di Pisa

 

Requisito 12 anni di scolarità

Si ricorda che per iscriversi a qualsiasi università italiana sono obbligatori almeno 12 anni di scolarità in totale (compresa scuola primaria, eventuale scuola media e scuola superiore). Maggiori info a questo link  .

Nel caso in cui non possiedi il requisito sopra indicato puoi iscriverti al Foundation Course dell'Università di Pisa https://foundationcourse.unipi.it/ , un corso pre-universitario di un anno per studenti senza i requisiti minimi scolastici per fare domanda per una laurea in un'università italiana. Per info scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Droni per studiare da vicino le pitture murali in modo non invasivo, innovativi sistemi di pulitura con materiali green, trattamenti protettivi ottimizzati per difendere le opere da atti di vandalismo e fattori ambientali aggressivi. Sono questi alcuni degli interventi previsti da SuPerStAr (Sustainable Preservation Strategies for Street Art), un progetto partito il 22 marzo che verrà presentato con un evento pubblico in streaming il prossimo 12 aprile alle 15.

SuPerStAr punta a sviluppare una serie di buone pratiche e linee guida per preservare le opere di street art nel contesto urbano in cui si trovano. Finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, il progetto PRIN2020 SuPerStAr durerà tre anni e vede in prima fila un team del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale specializzato nella conservazione e restauro delle opere d’arte contemporanee che ha già al suo attivo un intervento sul murales Tuttomondo di Keith Haring a Pisa.

“La street art negli ultimi anni viene sempre più riconosciuta come un patrimonio culturale che va tutelato – spiega la professoressa Francesca Modugno dell’Ateneo pisano, coordinatrice del progetto – ma questo tipo di arte è situata all’aperto, in diretto contatto con gli agenti atmosferici e con l’ambiente urbano, liberamente accessibile, e quindi particolarmente vulnerabile. Le strategie di conservazione e di valorizzazione della street art sono ancora oggi lacunose e lontane dall’essere chiaramente definite”.

Il progetto ha quindi l’obbiettivo di sviluppare delle metodologie innovative per conoscere e conservare le opere di street art, a partire dalla composizione dei materiali e dei processi di degrado analizzati utilizzando metodi di invecchiamento artificiale e simulazioni in “camera della pioggia”. In particolare le fasi previste partono da una individuazione di casi studio in collaborazione con il Comune di Milano, il Comune di Torino e il Comune di Pisa. Seguiranno quindi un’analisi delle opere attraverso metodologie non invasive o microinvasive, lo sviluppo di sistemi di pulitura con materiali green e mediante laser e la messa a punto di trattamenti di protezione con sperimentazione in laboratorio e “in-situ” su piccole aree dei murales prescelti.

Insieme all’Università di Pisa partecipano a SuPerStAr le Università di Torino, Bologna, Bari e Venezia, il Politecnico di Milano, e tre istituti del CNR (Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche “Giulio Natta” di Perugia, Istituto di Chimica dei Composti Organometallici di Pisa, Istituto Scienze per il Patrimonio di Roma). Per seguire tutti gli aggiornamenti del progetto consultare il sito https://prin2020superstar.dcci.unipi.it/

 

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Droni per studiare da vicino le pitture murali in modo non invasivo, innovativi sistemi di pulitura con materiali green, trattamenti protettivi ottimizzati per difendere le opere da atti di vandalismo e fattori ambientali aggressivi. Sono questi alcuni degli interventi previsti da SuPerStAr (Sustainable Preservation Strategies for Street Art), un progetto partito il 22 marzo che verrà presentato con un evento pubblico in streaming il prossimo 12 aprile alle 15.

SuPerStAr punta a sviluppare una serie di buone pratiche e linee guida per preservare le opere di street art nel contesto urbano in cui si trovano. Finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, il progetto PRIN2020 SuPerStAr durerà tre anni e vede in prima fila un team del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale specializzato nella conservazione e restauro delle opere d’arte contemporanee che ha già al suo attivo un intervento sul murales Tuttomondo di Keith Haring a Pisa.

“La street art negli ultimi anni viene sempre più riconosciuta come un patrimonio culturale che va tutelato – spiega la professoressa Francesca Modugno dell’Ateneo pisano, coordinatrice del progetto – ma questo tipo di arte è situata all’aperto, in diretto contatto con gli agenti atmosferici e con l’ambiente urbano, liberamente accessibile, e quindi particolarmente vulnerabile. Le strategie di conservazione e di valorizzazione della street art sono ancora oggi lacunose e lontane dall’essere chiaramente definite”.

 

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Il team UniPI del progetto Superstar Ilaria Degano, Francesca Modugno, Jacopo La Nasa, Celia Duce, Silvia Pizzimenti, Ilaria Bonaduce, con Beatrice Campanella dell’unità di ricerca CNR - Istituto di Chimica dei Composti Organometallici di Pisa, davanti al murale di Francesco Barbieri situato di fronte al Dipartimento di Chimica e Chimica industriale

Il progetto ha quindi l’obbiettivo di sviluppare delle metodologie innovative per conoscere e conservare le opere di street art, a partire dalla composizione dei materiali e dei processi di degrado analizzati utilizzando metodi di invecchiamento artificiale e simulazioni in “camera della pioggia”. In particolare le fasi previste partono da una individuazione di casi studio in collaborazione con il Comune di Milano, il Comune di Torino e il Comune di Pisa. Seguiranno quindi un’analisi delle opere attraverso metodologie non invasive o microinvasive, lo sviluppo di sistemi di pulitura con materiali green e mediante laser e la messa a punto di trattamenti di protezione con sperimentazione in laboratorio e “in-situ” su piccole aree dei murales prescelti.

Insieme all’Università di Pisa partecipano a SuPerStAr le Università di Torino, Bologna, Bari e Venezia, il Politecnico di Milano, e tre istituti del CNR (Istituto di Scienze e Tecnologie Chimiche “Giulio Natta” di Perugia, Istituto di Chimica dei Composti Organometallici di Pisa, Istituto Scienze per il Patrimonio di Roma). Per seguire tutti gli aggiornamenti del progetto consultare il sito https://prin2020superstar.dcci.unipi.it/

 

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Durante le attività di monitoraggio fotografico della fauna condotte dai Guardiaparco e dai tecnici incaricati dall’Ente Parco (Marco Lucchesi e Paola Fazzi), a novembre 2020, nel comune di Vagli (nelle Apuane settentrionali), sono state raccolte diverse osservazioni sulla presenza di un gatto che sembrava avere caratteristiche morfologiche compatibili con quelle di un gatto selvatico. Le immagini scattate, tuttavia, seppur interessanti, non erano sufficientemente diagnostiche da confermare che si trattasse veramente di un gatto selvatico o di un gatto domestico vagante (soriano tigrato). A settembre 2021 tali riscontri sono stati confermati con un video che sembra far pensare a un gatto selvatico europeo.

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Avvistamento di ottobre 2021 nel comune di Pescaglia con caratteri diagnostici visibili.

Inaspettatamente, in contemporanea agli avvistamenti di Vagli, tra settembre e ottobre 2021, nelle Apuane meridionali, nel Comune di Pescaglia, durante il monitoraggio fotografico nell’ambito delle attività del Progetto di ricerca “L’Ecosistema Lupo delle Alpi Apuane” (una collaborazione tra Università di Pisa, Ente Parco e Università di Firenze), è stato fotografato più volte un esemplare di gatto in cui i caratteri diagnostici sono piuttosto visibili, a conferma dell’interesse dei rilevamenti del 2020. Questa seconda serie di osservazioni contemporanee in siti a oltre 15 km di distanza in linea d’aria suggerisce inoltre una possibile espansione fino ai limiti meridionali del Parco.

“Questo è un ritrovamento molto importante sia per il Parco delle Alpi Apuane, sia per la conservazione di questa specie in Italia” – sostiene il professor Alessandro Massolo, docente di Zoologia al Dipartimento di Biologia dell'Unversità di Pisa e coordinatore del progetto “Ecosistema Lupo delle Alpi Apuane” – “Sarà fondamentale continuare a monitorare l’evoluzione di questa situazione, cercando di raccogliere campioni biologici per confermare con metodiche molecolari tale avvistamento. Abbiamo già attivato collaborazioni in tal senso. Questo ritrovamento rafforza comunque il nostro convincimento che un monitoraggio fotografico constante del popolamento di mammiferi nel Parco, iniziato ormai in maniera sistematica dal 2019, sia uno strumento conoscitivo importante per la loro conservazione e gestione.”


Uno dei tanti avvistamenti da settembre 2021 nella stessa zona nel comune di Pescaglia.

Anche Andrea Sforzi, direttore del Museo di Storia Naturale della Maremma e coordinatore del progetto nazionale Gatto Selvatico Italia (a cui, in seguito a tale ritrovamento, ha afferito anche l’Ente Parco), ha accolto molto positivamente la notizia: “Da alcuni anni il gatto selvatico europeo sta espandendo il proprio areale in alcune aree del nostro paese, tra cui l’Appennino Tosco-Emiliano. Tuttavia i dati in nostro possesso sono ancora pochi e frammentari. Il ritrovamento effettuato nel Parco delle Alpi Apuane ne è una conferma e una prova tangibile del ruolo essenziale svolto dalla rete di aree protette nazionali e regionali”.

Nei prossimi mesi sapremo se questi avvistamenti indicano la presenza di un nucleo stabile della specie o se si tratti al momento solo di qualche animale in dispersione. Sarà in ogni caso molto importante proseguire con la raccolta dati e effettuare tutte le verifiche possibili.

In caso di avvistamenti si prega di contattare gli uffici del Parco al U.O. Vigilanza e Gestione della Fauna (0584 758299) o direttamente i ricercatori coinvolti presso l’Università di Pisa (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.). Anche un esemplare investito da traffico stradale potrebbe fornire indizi importanti e materiale per la genetica. Si fa inoltre presente che fotografie e video possono essere caricate da chiunque anche direttamente sul portale del progetto Gatto Selvatico Italia, sviluppato da ISPRA in seno al Network Nazionale per la Biodiversità, per conto del Ministero della Transizione Ecologica. (Fonte Ufficio Stampa Ente Parco Apuane).

 

 È la misura della massa del bosone W più accurata che sia mai stata realizzata. È frutto di un lavoro di analisi durato dieci anni realizzato dall’esperimento CDF (Collider Detector at Fermilab), che è stato in attività per oltre 25 anni all’acceleratore Tevatron del Fermi National Accelerator Laboratory, negli Stati Uniti. Il valore ottenuto dalla collaborazione scientifica attraverso questa scrupolosa analisi diverge da quello previsto dalla teoria del Modello Standard che descrivere il mondo delle particelle elementari e delle forze fondamentali. Il bosone W, la cui scoperta è valsa il premio Nobel per la fisica a Carlo Rubbia e Simon van der Meer nel 1984, è una delle due particelle mediatrici della forza debole ed è responsabile, tra l’altro, dei processi di decadimento nucleare che alimentano il nostro Sole. Il risultato di CDF, di cui l’Italia è uno dei soci fondatori, assieme a Stati Uniti e Giappone, e la cui partecipazione al progetto è coordinata dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, viene pubblicato su Science, conquistando la copertina della prestigiosa rivista scientifica dell’8 aprile 2022.

“Negli ultimi quarant’anni, molti esperimenti agli acceleratori hanno misurato la massa del bosone W: sono misure complicate ma nel tempo sono stati raggiunti livelli di precisione sempre crescenti”, commenta Giorgio Chiarelli, ricercatore della Sezione di Pisa dell’INFN e co-responsabile della collaborazione scientifica CDF. “Abbiamo impiegato molti anni per valutare tutti i vari aspetti da tenere in considerazione nella misura e per realizzare tutti i controlli e le verifiche necessari. Ad oggi, questa è la nostra misura più solida, e la discrepanza tra il valore atteso e quello misurato permane”, conclude Chiarelli.

 

CDF_W_2022.jpg

 

"Questa misura premia uno sforzo decennale di un esperimento al quale gli italiani, con il supporto costante dell’INFN, hanno contribuito in maniera decisiva, sin dagli esordi, oltre 40 anni fa", commenta Giorgio Bellettini, ricercatore all’INFN e professore emerito all’Università di Pisa tra i fondatori di CDF e primo responsabile non statunitense dell’esperimento.

"Un risultato straordinario di cui l'Università di Pisa non può che essere orgogliosa, visto anche il ruolo fondamentale svolto dal professor Giorgio Bellettini, che di questo esperimento è uno dei padri fondatori e al quale faccio i miei più sinceri complimenti. Come ci tengo a congratularmi per il loro contributo al successo dell'esperimento CDF anche con i colleghi Simone Donati, Anna Driutti e Giovanni Punzi, docenti presso il nostro Dipartimento di Fisica - ha commentato il Rettore dell'Università di Pisa, Paolo Mancarella, appena saputa la notizia - Quanto hanno fatto concorre, una volta di più, a tenere alto il nome del nostro Ateneo e onora la lunga tradizione di studi e ricerche cui contribuiamo in modo determinante, in tutti i settori della fisica".

“La partecipazione all’esperimento CDF e la fervente attività di ricerca che dura ancora oggi, undici anni dopo la fine della presa dati, rende il ruolo della Università di Pisa uno dei più importanti fra quelli delle grandi università non Americane partecipanti all’esperimento.”, commentano i docenti del Dipartimento di Fisica di UniPi coinvolti nello studio, Anna Driutti, Simone Donati e Giovanni Punzi.

MISURA SPERIMENTALE E TEORIA. La misura della massa dei mediatori W e Z è particolarmente importante, perché a differenza di quella delle altre particelle del Modello Standard, il loro valore è predetto dalla teoria. Grazie a questa nuova misura di CDF i ricercatori hanno determinato la massa della particella W con una precisione dello 0,01%, ossia due volte maggiore rispetto alla migliore delle precedenti misure, e questo consente loro di testare l’attuale quadro teorico che descrive la natura al livello dei suoi costituenti fondamentali.

La massa del bosone W è circa 80 volte la massa di un protone, cioè approssimativamente 80.000 MeV/c2. Il valore centrale e l’incertezza della nuova misura [nDt: di questa misura] è 80.433±9.4 MeV/c2. Questo risultato è basato sull’osservazione e l’analisi di 4,2 milioni di particelle candidate W, il quadruplo rispetto a quelle dell’analisi pubblicata dalla stessa collaborazione nel 2012. Il nuovo valore della particella W è coerente con molte misure precedenti, ma ve ne sono anche altre in disaccordo. Saranno quindi necessarie future misure per fare maggiore chiarezza su questo aspetto.

La collaborazione CDF ha inoltre comparato il risultato così ottenuto con il valore atteso per la massa del bosone W in base al Modello Standard: 80.357 ± 6 MeV/c2. Questo valore si ricava con complessi calcoli che legano la massa del bosone W alle misure delle masse di altre due particelle: il quark top, scoperto sempre da CDF e da D0 al Tevatron nel 1995, e il bosone di Higgs, scoperto dagli esperimenti ATLAS e CMS all’acceleratore LHC del CERN nel 2012. Se sarà confermata, questa nuova misura sembra suggerire che potrebbe essere necessario affinare i calcoli teorici del Modello Standard, oppure introdurre delle estensioni alla teoria, arricchendola con nuove idee fisiche.

“Il risultato è un contributo importante per testare l’accuratezza del Modello Standard, - spiega David Toback, professore della Texas A&M University e co-responsabile di CDF - ora saranno gli altri esperimenti e la comunità dei fisici teorici ad approfondire e fare maggiore chiarezza su questa discrepanza”. “Se la differenza tra il valore sperimentale e quello atteso è dovuta a qualche nuova particella o interazione subatomica, che è una delle possibilità, c’è una buona probabilità che essa possa essere scoperta nei prossimi esperimenti”, conclude Toback.

IL RUOLO DELL’INFN E DELL’ITALIA IN CDF. Ricorda Giorgio Bellettini: “Nell’inverno del 1979, quando al Fermilab si studiava come trasformare il protosincrotrone Tevatron in un collisore fra fasci di protoni e di antiprotoni, fisici dei Laboratori Nazionali di Frascati e della Sezione di Pisa dell’INFN stabilirono una collaborazione con gruppi americani e giapponesi per studiare con il nuovo collisore le interazioni subnucleari alle massime energie allora raggiungibili. Insieme progettammo e costruimmo un rivelatore magnetico, il Collider Detector at Fermilab (CDF), che operò dal 1985 al 2011 introducendo straordinarie novità nelle tecniche di misura e di analisi degli eventi nucleari. Da una ricca messe di dati sperimentali fu scoperto l’ultimo dei sei quark esistenti in natura e furono ottenute misure di precisione di parametri fondamentali del Modello Standard dei fenomeni subnucleari. La misura di precisione della massa del portatore carico delle interazioni deboli, il bosone W, che viene resa pubblica ora, è uno dei più straordinari risultati di CDF. Con una raffinata, puntigliosa analisi dei dati raccolti dall’esperimento la massa del W è stata misurata entro incertezze statistiche e sistematiche inferiori a quelle di tutte le precedenti misure combinate insieme. Poiché il valore trovato è in tensione con quello atteso a partire dagli altri parametri del Modello Standard, è iniziato un acceso dibattito sul possibile motivo di questa discrepanza. La risoluzione di questa incertezza potrebbe portare a una estensione di fondamentale importanza dell’esistente modello teorico. I gruppi italiani in CDF sono molto cresciuti nel tempo. Nel 2003 la Collaborazione comprendeva 650 fisici di vari Paesi impegnati nella fisica delle particelle, con 111 italiani delle Sezioni INFN e delle Università di Padova, Bologna, Trieste-Udine e Roma, oltre a Pisa e ai Laboratori Nazionali di Frascati. In ogni momento il contributo degli italiani e il loro ruolo nella Collaborazione sono stati determinanti. Nella storia di CDF, i cinque responsabili dell’esperimento non americani sono stati tutti italiani”.

 

Ha festeggiato vent’anni il corso di laurea in Ingegneria gestionale, che è nato nel 2002 e che anche oggi presenta dati molto soddisfacenti, con più di 3.200 laureati complessivi tra triennale e magistrale, con il 90% di studenti ai quali negli ultimi due anni è stata proposta l’assunzione già durante il periodo di tesi e con il 95% delle tesi magistrali svolte con tirocinio presso imprese ed enti esterni.

Per celebrare la ricorrenza è stato organizzato un convegno, dal titolo “Ingegneria Gestionale 20+20 - Progettare metodi per un futuro sostenibile”, che si è tenuto martedì 5 aprile nell’Aula Magna “Ulisse Dini” di Ingegneria. Dopo i saluti del presidente della Scuola di Ingegneria, Alberto Landi, ha tenuto la sua relazione il presidente del corso di studio, Gionata Carmignani. Sono intervenuti diversi rappresentati dal mondo industriale e della ricerca per condividere le loro esperienze e le prospettive del corso, proiettato verso il futuro. Sono quindi stati premiati gli studenti che hanno proposto il miglior logo per Ingegneria Gestionale. Le conclusioni sono state affidate al prorettore alla Didattica, Marco Abate, che ha sviluppato una riflessione su “La didattica universitaria dei prossimi anni”.

I laureati in Ingegneria gestionale, di cui circa 4 su 10 sono donne, sono in media un centinaio per la triennale e una settantina per la magistrale ogni anno. È in crescita il trend di laureati triennali che si fermano nello studio perché ricevono proposte di lavoro (25%), così come quello degli studenti che affrontano la magistrale già con un impegno di lavoro (20%). “Tra gennaio e marzo del 2022 – ha aggiunto il professor Carmignani - sono arrivate solo a me 40 richieste di laureandi e laureati magistrali e 10 per quelli triennali da aziende toscane, a ulteriore dimostrazione non solo dell’attrattività dei nostri corsi ai fini lavorativi, ma anche della loro capacità di formare professionisti qualificati e aggiornati, in grado - come dice il titolo della giornata - di progettare metodi per un futuro sostenibile”.

 

 

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