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premiazione Il dottore Dario Puppi, assegnista presso il dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa, ha vinto il RIS3 Toscana Contest per la sezione attività di ricerca nell’ambito della manifestazione Toscana Tech che si è svolta a fine febbraio a Firenze.

Condotte all'interno del gruppo diretto dalla professoressa Federica Chiellini, le ricerche del dottor Puppi sono finalizzate allo sviluppo di materiali polimerici innovativi che possano essere impiegati come supporti impiantabili (scaffold) per la rigenerazione di tessuti umani.

In particolare, il progetto premiato, condotto in collaborazione con Fabrica Machinale Srl, ha portato alla messa a punto di nuove tecnologie di “manifattura additiva” che permettono la progettazione e la fabbricazione di scaffold con forma e porosità personalizzate attraverso la rielaborazione di immagini ottenute mediante tomografia assiale computerizzata (TAC) della parte anatomica da rigenerare.

 

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Nella foto, un momento della premiazione, a sinistra il dottore Dario Puppi.

Lunedì, 06 Marzo 2017 09:48

Musica Moderna: da Gershwin a Barber

"Musica Moderna: da Gershwin a Barber" è il titolo del nuovo concerto dell’Orchestra dell’Università di Pisa diretta dal maestro Manfred Giampietro che si svolgerà mercoledì 8 marzo a partire dalle ore 21.15 al Palazzo dei Congressi a Pisa (Via Giacomo Matteotti 1). Il programma della serata prevede l’esecuzione di brani di Barber, Gershwin, Holst e Ravel. L’ingresso è gratuito e l'apertura delle porte al pubblico avverrà a partire dalle 20.30. Per chi volesse condividere foto e video dell’evento sui social c’è l’hashtag #orchestraunipi6.
“La musica è un po’ come un viaggio nello spazio e nel tempo e per questo dedichiamo questo secondo concerto annuale a quella del XX secolo – spiega la professoressa Maria Antonella Galanti, coordinatrice del Centro di Ateneo per la diffusione della cultura e della pratica musicale - la partenza ideale è data da Gershwin, il quale sosteneva di saper trovare musica ovunque, persino nel cuore del rumore, mentre la chiusura è affidata al Bolero di Ravel, una composizione legata alla costanza melodica e alla ripetizione ritmica affidato al tamburo”.

La presenza femminile nelle commissioni giudicatrici non aiuta a promuovere le donne, anzi rischia di penalizzarle. Questo è il sorprendente risultato che emerge da uno studio condotto da Mauro Sylos Labini del dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa insieme a Manuel Bagues e Natalia Zinovyeva dell’Università Aalto di Helsinki e che sarà pubblicato ad aprile su “The American Economic Review” (https://www.aeaweb.org/articles?id=10.1257/aer.20151211&&from=f).
Per giungere a questa conclusione i ricercatori hanno utilizzato i dati relativi a tre concorsi per l’abilitazione scientifica nazionale che si sono svolti in Italia nel 2012 e in Spagna nel 2002 e nel 2006: in totale 100mila domande presentate e 8mila commissari coinvolti per scegliere chi poteva diventare professore associato e ordinario e quindi progredire nella carriera accademica e della ricerca.
“Dall’analisi è emerso che in Italia le donne hanno una probabilità leggermente inferiore di essere promosse rispetto agli uomini di circa 1.5 punti percentuali con una differenza più marcata negli esami per professore associato e nelle discipline sociali e umanistiche – spiega Mauro Sylos Labini –, se però la commissione è composta anche da donne, la probabilità di promozione delle candidate si riduce. Un commissario donna in più diminuisce di circa 1.8 punti percentuali la probabilità delle candidate di ottenere l’abilitazione rispetto a quella dei candidati”.
Uno effetto che però - avvertono i ricercatori – non dipende dal fatto che le donne siano meno propense a votare per la promozione delle candidate, ma piuttosto da un diverso metro di giudizio adottato complessivamente da tutta la commissione quando include commissari di entrambi i generi.
“Non è facile capire perché la presenza di un commissario donna influenzi il comportamento dei commissari uomini – conclude Sylos Labini –, una spiegazione plausibile è che in assenza di donne i commissari sentano l’obbligo morale di esprimere giudizi più favorevoli (o forse meno discriminatori) nei confronti delle candidate, mentre la presenza di colleghe in commissione fa venir meno questo effetto. Quello che invece è chiaro è che, almeno in questo ambito, le quote rosa nelle commissioni non sembrano una buona idea. Oltre ad impegnare le ricercatrici senior in compiti burocratici diversi dalla ricerca, infatti, corrono il rischio di diminuire le probabilità di promozione delle ricercatrici giovani. Secondo le nostre stime, quote di genere del 40 per cento impedirebbero a circa 500 ricercatrici di ottenere l’abilitazione”.
Un esito che quindi non farebbe altro che accentuare il divario esistente. Sempre secondo i dati riportati nello studio, in Italia le donne sono infatti la maggioranza di laureati e dottori di ricerca (rispettivamente 58,9 e 53,3 per cento), ma rimangono in minoranza tra ricercatori, professori associati e ordinari (rispettivamente 45,6, 35 e 21,1 per cento). Una situazione non molto diversa da altri paesi europei, ma se il processo di convergenza continuasse al ritmo degli ultimi venticinque anni, bisognerebbe aspettare il 2046 per avere la metà di docenti donne e addirittura il 2073 per ottenere lo stesso risultato tra i professori ordinari.

mauro syloslabiniLa presenza femminile nelle commissioni giudicatrici non aiuta a promuovere le donne, anzi rischia di penalizzarle. Questo è il sorprendente risultato che emerge da uno studio condotto da Mauro Sylos Labini (foto) del dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa insieme a Manuel Bagues e Natalia Zinovyeva dell’Università Aalto di Helsinki e che sarà pubblicato ad aprile su “The American Economic Review”.

Per giungere a questa conclusione i ricercatori hanno utilizzato i dati relativi a tre concorsi per l’abilitazione scientifica nazionale che si sono svolti in Italia nel 2012 e in Spagna nel 2002 e nel 2006: in totale 100mila domande presentate e 8mila commissari coinvolti per scegliere chi poteva diventare professore associato e ordinario e quindi progredire nella carriera accademica e della ricerca.


“Dall’analisi è emerso che in Italia le donne hanno una probabilità leggermente inferiore di essere promosse rispetto agli uomini di circa 1.5 punti percentuali con una differenza più marcata negli esami per professore associato e nelle discipline sociali e umanistiche – spiega Mauro Sylos Labini –, se però la commissione è composta anche da donne, la probabilità di promozione delle candidate si riduce. Un commissario donna in più diminuisce di circa 1.8 punti percentuali la probabilità delle candidate di ottenere l’abilitazione rispetto a quella dei candidati”.

Uno effetto che però - avvertono i ricercatori – non dipende dal fatto che le donne siano meno propense a votare per la promozione delle candidate, ma piuttosto da un diverso metro di giudizio adottato complessivamente da tutta la commissione quando include commissari di entrambi i generi.

Non è facile capire perché la presenza di un commissario donna influenzi il comportamento dei commissari uomini – conclude Sylos Labini –, una spiegazione plausibile è che in assenza di donne i commissari sentano l’obbligo morale di esprimere giudizi più favorevoli (o forse meno discriminatori) nei confronti delle candidate, mentre la presenza di colleghe in commissione fa venir meno questo effetto. Quello che invece è chiaro è che, almeno in questo ambito, le quote rosa nelle commissioni non sembrano una buona idea. Oltre ad impegnare le ricercatrici senior in compiti burocratici diversi dalla ricerca, infatti, corrono il rischio di diminuire le probabilità di promozione delle ricercatrici giovani. Secondo le nostre stime, quote di genere del 40 per cento impedirebbero a circa 500 ricercatrici di ottenere l’abilitazione”.

Un esito che quindi non farebbe altro che accentuare il divario esistente. Sempre secondo i dati riportati nello studio, in Italia le donne sono infatti la maggioranza di laureati e dottori di ricerca (rispettivamente 58,9 e 53,3 per cento), ma rimangono in minoranza tra ricercatori, professori associati e ordinari (rispettivamente 45,6, 35 e 21,1 per cento). Una situazione non molto diversa da altri paesi europei, ma se il processo di convergenza continuasse al ritmo degli ultimi venticinque anni, bisognerebbe aspettare il 2046 per avere la metà di docenti donne e addirittura il 2073 per ottenere lo stesso risultato tra i professori ordinari.

 

Il più antico insegnamento universitario di Egittologia (Pisa) e il più antico Museo Egizio (Torino) proseguono e rinsaldano i rapporti di collaborazione didattico-scientifica avviati già nel 2014 con una convenzione quadro tra le due istituzioni. L’accordo ha già dato vita a una borsa di dottorato e un assegno di ricerca, che la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino ha finanziato al dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere su temi di ricerca egittologica di interesse comune, sotto la supervisione della professoressa Marilina Betrò.

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Protagonisti sono ora gli studenti e la loro formazione professionale: negli ultimi mesi, 12 studenti della laurea magistrale di “Orientalistica: Egitto, Vicino e Medio Oriente”, laureandi in Egittologia, hanno potuto svolgere presso il Museo Egizio a Torino tirocini della durata di un mese a testa, per 6 crediti, e altri sono in procinto di partire per questa straordinaria occasione formativa, usufruendo a loro volta di alloggio e pranzo gratuiti che la Fondazione Museo Egizio mette a loro disposizione.

Nel programma di tirocinio gli studenti sono coinvolti direttamente, sotto la guida dei curatori, in diverse attività del Museo, dalla catalogazione della documentazione fotografica e d’archivio alle procedure di manutenzione ordinaria dei reperti in vetrina, dagli interventi di restauro alle indagini archeometriche, fino alle problematiche dell’allestimento e alla partecipazione agli incontri didattici e culturali previsti dalla programmazione del Museo.

Due tirocinanti hanno inoltre potuto approfondire tale esperienza dopo la laurea, attraverso specifici stage retribuiti post-laurea.


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Nelle foto: in alto, momenti del restauro dei papiri fotografati da alcuni tirocinanti; qui sotto Anna Giulia De Marco, dottoranda con borsa della Fondazione Museo Egizio, e studenti dell’Università di Pisa in museo durante il tirocinio.

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Giovedì 2 marzo, a Palazzo Civico della Spezia, è stato presentato un importante accordo di valorizzazione territoriale che prevede la collaborazione tra Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona, il Comune della Spezia, il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell'Università di Pisa e la Società Storica Spezzina. Tale accordo, che si inquadra sotto il nome di “Convenzione di Ricerca e Valorizzazione” e si prefigge, nell’ambito della più ampia collaborazione fra le parti e sotto la supervisione della Soprintendenza, di dare reale concretezza a progetti aventi lo scopo di studiare, recuperare, tutelare e valorizzare, nelle forme più adeguate, tutti i beni storici, archeologici, artistici, monumentali e paesaggistici presenti e caratterizzanti il territorio spezzino.

Hanno sottoscritto l’accordo il vice sindaco della Spezia, Cristiano Ruggia, Vincenzo Tinè, soprintendente generale della Liguria, Laura Niggi, dirigente del Comune della Spezia, il professor Pier Luigi Barrotta, direttore del dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell'Ateneo Pisano, la professoressa Enrica Salvatori, presidente della Società Storica Spezzina.

convenzione_spezia.png

La Convenzione, oltre a essere strumento indispensabile per il corretto studio e tutela dei richiamati beni, può positivamente incidere, sia sulla promozione di una vera economia turistica del territorio, sia sulla crescita culturale della sua popolazione. In particolare la Convenzione impegna i soggetti sottoscrittori alla collaborazione reciproca al fme di perseguire i seguenti obiettivi:

- promozione di un centro di raccolta e di studio dei dati storici, archeologici, culturali e paesaggistici del Comune della Spezia;
- redazione di schede descrittive dei beni conformi al modello fornito dal Ministero dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo;
- redazione di schede attestanti la vulnerabilità sismica degli edifici storici e/o contenenti opere di interesse storico o archeologico;
- elaborazione di una carta storico-artistico-monumentale-archeologica in grado di documentare i beni culturali presenti sul territorio del Comune della Spezia;
- elaborazione, grazie alla raccolta sistematica e ragionata dei dati suddetti, di un possibile piano unitario di ricerca, tutela e promozione dei beni culturali spezzini;
- proposizione di progetti mirati e particolari in cui si possa approfondire lo studio, storico, storico­ artistico, monumentale, archeologico e paesaggistico di singoli beni.

Il risultato sarà una più ampia conoscenza della città sia da parte degli Enti sia da parte dei suoi abitanti; questo permetterà una più efficace tutela dei Beni Culturali del territorio spezzino e l'individuazione di nuovi possibili spunti di valorizzazione. (Comunicato Comune della Spezia e Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e le province di Imperia, La Spezia e Savona).

Nella foto qui sotto: da sinistra Enrica Salvatori, Cristiano Ruggia, Vincenzo Tinè e Claudio Falchi.

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Giovedì, 02 Marzo 2017 15:57

Il nullafacente di Santeramo al Teatro Era

foto di Guido MencariDal 3 al 12 marzo, al Teatro Era, va in scena la prima nazionale de  Il nullafacente, di Michele Santeramo, per la regia Roberto Bacci.

Per studenti e personale dell'Università di Pisa sono disponibili biglietti ridotti a 8 euro.
Date e orari dello spettacolo: 3, 7, 8, 9, 10 marzo ore 21.00 e sabato 4 marzo ore 17.00, domenica 5 marzo ore 22.00, domenica 12 marzo ore 18.30.

Il nullafacente

di Michele Santeramo
regia, spazio scenico Roberto Bacci
con Michele Cipriani, Silvia Pasello, Francesco Puleo, Michele Santeramo, Tazio Torrini
musiche Ares Tavolazzi
luci Valeria Foti, Stefano Franzoni
assistente alla regia Silvia Tufano
allestimento Sergio Zagaglia, Stefano Franzoni
assistente ai costumi Benedetta Orsoli
immagine Cristina Gardumi
foto Guido Mencari
produzione Fondazione Teatro della Toscana

In un tempo che richiede presenza, prestanza, efficienza, ritmo, lavoro, programmazione, qui c’è uno che non fa niente.
Niente, assolutamente niente. E non è facile.
Ci vuole metodo, applicazione, pazienza, determinazione, tutte doti che spesso ci difettano.
Ha una Moglie malata, per fortuna di un male incurabile. Per fortuna, già, perché essendo incurabile, non bisogna nemmeno far nulla per provare a guarirlo. Sarebbero felici, nonostante tutto, se solo li lasciassero in pace.
Purtroppo, intorno a loro due, c’è il mondo che si muove, con la sua morale, la sua etica, le sue regole. Intorno a loro il Fratello, il Medico, il Proprietario, sono a diverso titolo rappresentanti di quel mondo dal quale il Nullafacente vorrebbe star fuori, dal quale in realtà sta fuori. E piano, lentamente, con i mezzi di cui dispongono, poveri, i tre riescono a far cambiare le cose. In meglio o in peggio non si sa: questo dipende da come si guarda il mondo.
Questo testo è il tentativo di mettere in scena un pezzo della vita di questi personaggi, ciascuno con la sua ossessione, il suo punto di vista, il suo comportamento.
Scriverlo è stato ed è ancora, per me, il continuo e quotidiano riflettere su cosa sia giusto fare per stare bene.
Ma il Nullafacente, un giorno, ha voluto correggermi e mi ha detto: caro mio – siamo ormai in confidenza -, tu sbagli domanda; quella giusta sarebbe: cosa, ogni giorno, NON devo fare, per stare bene?
Michele Santeramo

 Immagine: foto di Guido Mencari

Info

Fondazione Teatro della Toscana - Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale
Parco Jerzy Grotowski – via Indipendenza Pontedera - 0587.55720 / 57034
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.  - www.centroperlaricercateatrale.it  - www.teatrodellatoscana.it

Una serata dedicata alla cultura giapponese con mostra delle piccole sculture tradizionali e lettura di poesie
Venerdì 3 marzo, alle ore 18, il Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi ospita "Di Haiku e di Netsuke", un incontro con Edda Bresciani, illustre egittologa dell’Università di Pisa e “Haijin”, poetessa di Haiku, le brevi poesie tradizionali giapponesi. Alla serata intervengono anche Franco Bonsignori e Irene Bonuccelli.
Nel corso dell’incontro sarà esposta la collezione “Bresciani" di Netsuke, le piccole sculture giapponesi che un tempo venivano usate per fissare oggetti alla cintura del kimono. Ci saranno musiche a cura di Franco Bonsignori e Carla Giometti e la voce recitante di Marco Rossi. I costumi sono della Fondazione Cerratelli.

C’è tempo fino al 13 marzo per iscriversi alla settima edizione del PhD+, il programma dell’Università di Pisa che insegna a valorizzare la ricerca, fare innovazione e sviluppare lo spirito imprenditoriale tra studenti di laurea magistrale, dottorandi, dottori di ricerca e docenti ricercatori. L’edizione 2017, che si svolgerà dal 19 aprile al 25 maggio, si articola in una serie di seminari tenuti da relatori nazionali e internazionali provenienti dal mondo accademico, imprenditoriale, da enti locali e governativi, da finanziatori istituzionali e non. A questi si aggiungono attività di coaching e mentoring sui progetti imprenditoriali che verranno sviluppati durante il percorso, guidate da esperti internazionali nel campo dell’innovazione e del trasferimento tecnologico.
« Per i giovani è una grande opportunità di crescita personale e formativa. Partecipando al PhD+ gli studenti hanno l’occasione di acquisire competenze utili per il trasferimento tecnologico, conoscere il valore dell’innovazione all’interno di una azienda, avviare una start up, e, in via più generale, incrementare le opportunità di carriera in un’ottica di contaminazione tra discipline diverse – spiega Marco Raugi, prorettore per la Ricerca applicata e il trasferimento tecnologico – Coloro che completano il percorso con un progetto di impresa hanno inoltre la possibilità di effettuare un pitch finale davanti a potenziali investitori, in cui la sfida consiste nel riuscire a presentare in maniera chiara, completa e convincente il proprio progetto in pochi minuti. Quest’anno coloro che presenteranno i migliori progetti avranno anche l’opportunità di frequentare il corso TVLP nella Silicon Valley”.
Lanciato nel 2011, il PhD+ ha contato circa 100 iscritti per anno tra studenti di lauree magistrali, dottorandi e dottori di ricerca provenienti da tutti i dipartimenti dell'Università di Pisa. L'approfondimento delle tematiche legate all'imprenditorialità, unito alle competenze e alla creatività dei partecipanti, ha generato 34 progetti imprenditoriali. Di questi, 25 progetti si sono poi effettivamente trasformati in imprese, che hanno preso parte a diverse competizioni rivolte alle nuove idee di business conquistando complessivamente 41 premi tra i quali la “Start Cup Toscana” e il "Premio Marzotto". Queste start-up hanno anche sviluppato un legame con le attività di brevettazione dell'Ateneo realizzando 14 brevetti.
Anche per l’edizione 2017 vi sarà il coinvolgimento di alcune tra le università dello Stato brasiliano del Paranà che offriranno agli studenti la possibilità di seguire i seminari in streaming e attraverso la piattaforma Mediateca Unipi. Sarà inoltre un’edizione più attuale e attenta ai nuovi trend tecnologici di Industria 4.0.
Le iscrizioni sono aperte fino al 13 marzo esclusivamente attraverso la piattaforma on line disponibile alla pagina del sito Unipi-Ricerca, dedicata a PhD+ 2017: www.unipi.it/phdplus.

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