Quattro studentesse Unipi a Louvain-la-Neuve per un workshop Circle U. sul tema della povertà
Dal 1° al 3 aprile 2025 si è tenuto a Louvain-la-Neuve il workshop “Confronting Poverty: uniting disciplines for global impact” promosso da Circle U. nell’ambito dell’omonimo progetto finanziato con un Seed Funding.
Ospitato dall’Università UCLouvain, il workshop ha offerto a studenti magistrali provenienti dalle università di Pisa, UCLouvain, Oslo e dal King’s College di Londra, l’opportunità di imparare a condurre una ricerca interdisciplinare sul contrasto alla povertà insieme a un gruppo internazionale di studenti, professori e specialisti di Louvain Coopération, l’ONG di cooperazione allo sviluppo dell’UCLouvain.
Il workshop ha affrontato diverse questioni relative alla povertà e ai processi correlati (disuguaglianze, crescita economica, relazioni Nord-Sud, ecc.) dal punto di vista dell’economia, degli studi europei, della storia e delle scienze politiche. Uno degli obiettivi principali della ricerca congiunta è stato quello di esplorare criticamente le narrazioni di politici, istituzioni ufficiali, mondo accademico, ONG e società in generale sulla povertà, e di analizzare in che modo il discorso sulla povertà influenzi la progettazione delle politiche a diversi livelli.
A conclusione del workshop il gruppo di studenti, a Bruxelles, ha avuto anche la possibilità di visitare l’emiciclo del Parlamento Europeo e il Parlamentarium: un’esperienza interattiva che ha permesso l’approfondimento della storia e dell'integrazione europea, unitamente ai processi alla base dell'attività legislativa per tutta l'Europa; un viaggio virtuale sulla diversità del nostro continente e l'impatto dell'Unione europea sulla vita quotidiana delle persone.
Per l’Università di Pisa hanno partecipato quattro studentesse, Chiara Sebastiano ed Elisa Sorbello (iscritte alla laurea magistrale in Relazioni internazionali), e Francesca Lari ed Emily Davini (iscritte alla laurea magistrale in Programmazione, gestione e innovazione dei servizi sociali), che ci hanno lasciato una loro testimonianza sull’esperienza vissuta a UCLouvain.
Chiara Sebastiano
Sono una studentessa di Relazioni internazionali e insieme alle mie colleghe ho avuto la possibilità di partecipare al workshop a cui hanno preso parte l’Università di Pisa, la UCLouvain, il King’s College di Londra e l’Università di Oslo. In totale eravamo 12 studenti, ciascuno con un background di studi differenti pronti a confrontarci sul tema della povertà andando ad analizzare gli aspetti critici della sua narrazione all’interno della nostra società. Attraverso la partecipazione a questo workshop ci è stata data la possibilità di fare un esercizio di pensiero, di prenderci del tempo per fare ricerca ed analizzare un fenomeno che troppo spesso viene trascurato in contesto accademico. L’arricchimento che è derivato dallo scambio di conoscenze con i colleghi indubbiamente deriva dal fatto che ognuno ha applicato all’analisi del fenomeno e alla narrazione dello stesso la prospettiva su cui più solidamente era formato. Il risultato che ne è derivato è stata un’analisi del fenomeno della povertà da un punto di vista economico sociologico e legale. La possibilità di confrontarci su un tema così attuale e il fatto di poterlo fare con colleghi che vivono delle realtà diverse è stato sicuramente molto stimolante. Ritengo che questo tipo di iniziative promosse da Circle U. possano essere degli ottimi modi per stimolare noi studenti al dibattito su tematiche attuali e al confronto soprattutto con diverse modalità di pensiero.
Elisa Sorbello
Sono una studentessa di Relazioni internazionali e ho partecipato al workshop sulla povertà, tema molto attuale e che ho potuto approfondire con questo progetto. L’esperienza è stata molto interessante e mi ha aiutato a capire meglio come povertà e migrazione siano collegate e influenzate da fattori economici, sociali e culturali. Altro argomento su cui abbiamo riflettuto è stato come i media raccontino la povertà: spesso delle regioni del mondo vengono considerate sempre povere e descritte in quel modo, mentre altri paesi sono “i buoni” che li vanno ad aiutare. Ho trovato particolarmente stimolante confrontarmi con altri punti di vista e approfondire un tema così attuale da diverse prospettive.
Francesca Lari
Sono una studentessa della laurea magistrale in Programmazione, gestione e innovazione dei servizi sociali e partecipare a questo workshop è stata per me un'esperienza estremamente formativa, sia dal punto di vista umano che professionale. Ciò che mi ha colpito maggiormente è stato lo sguardo con cui è stata affrontata la povertà: un approccio multidimensionale, capace di cogliere la complessità del fenomeno andando oltre gli stereotipi e le semplificazioni. Attraverso prospettive diverse – economiche, sociali, culturali e psicologiche – siamo stati guidati a comprendere come la povertà sia una condizione che va letta nel suo contesto, nelle sue cause profonde e nei suoi effetti concreti sulla vita delle persone. Questo workshop, però, non si è limitato alla teoria. È stato un vero e proprio spazio di confronto e partecipazione attiva. Ha saputo stimolare noi studenti non solo sul piano dei contenuti, ma anche nella nostra capacità di riflettere criticamente, lavorare in gruppo, esprimerci in un contesto internazionale e, soprattutto, metterci in discussione. Un altro aspetto che considero molto prezioso è stato l’utilizzo della lingua inglese: non in modo passivo, ma come strumento vivo di comunicazione, scambio e apprendimento. Ho potuto migliorare le mie competenze linguistiche in un contesto pratico e stimolante, cosa che difficilmente avviene in un'aula tradizionale. Da questa esperienza porto via con me nuove conoscenze, nuove prospettive, approcci che sicuramente mi saranno utili nel corso della mia futura carriera nei servizi sociali. Ma anche, e forse soprattutto, nuove relazioni e connessioni con persone provenienti da percorsi diversi, con cui ho condiviso idee, riflessioni e momenti di crescita. Consiglierei questo workshop a chiunque sia curioso, aperto al confronto e desideroso di esplorare temi sociali complessi in modo profondo e innovativo. È un’occasione unica per ampliare i propri orizzonti, formarsi in modo concreto e sentirsi parte di una comunità internazionale di apprendimento.
Emily Davini
Sono una studentessa della laurea magistrale in Programmazione, gestione e innovazione dei servizi sociali e quando ho deciso di partecipare al workshop a Louvain-La-Neuve, non avevo idea di quanto sarebbe stato stimolante, sia dal punto di vista personale che formativo. Quello che mi ha colpito sin da subito è stata l’atmosfera di apertura e confronto: non solo tra studenti con background accademici diversi, ma anche tra approcci culturali differenti, che ci hanno permesso di guardare alla povertà da angolazioni nuove. Mi ha fatto riflettere molto il modo in cui la povertà è stata trattata: non come un dato freddo o un’etichetta, ma come una condizione complessa, intrecciata con aspetti linguistici, culturali, politici e identitari. Alcuni interventi hanno messo in luce quanto spesso le persone che vivono situazioni di povertà vengano escluse anche dalla narrazione che si fa di loro, e quanto sia importante restituire voce e agency a chi questa condizione la vive davvero. Altri ci hanno portato a riflettere sulle disuguaglianze di genere, sulle migrazioni, sulle retoriche usate dai media, fino a toccare questioni legate al linguaggio e all’accesso all’informazione. Uno degli aspetti che ho apprezzato di più è stato proprio lo scambio con gli studenti delle altre università: ognuno ha portato il proprio bagaglio di conoscenze e sensibilità, rendendo ogni discussione un’occasione di crescita. Anche lavorare in gruppo su un progetto comune ci ha dato la possibilità di costruire insieme una lettura critica e approfondita del fenomeno, mettendo alla prova le nostre capacità di collaborazione e comunicazione in un contesto internazionale. È stato anche un momento importante per capire cosa significa davvero “fare ricerca” su un tema come la povertà: non solo raccogliere dati, ma anche interrogarsi sulle lenti con cui li leggiamo, sulle strutture di potere che condizionano certe narrative e sulle possibilità di intervento concreto nei contesti in cui lavoreremo in futuro. Tornata da Lovanio, sento di aver arricchito il mio sguardo e di aver rafforzato ancora di più la motivazione verso il lavoro sociale. Esperienze come questa ti ricordano perché hai scelto questo percorso.
Seed Banks: New Methodology Identifies Which Species to Preserve to Prevent Plant Extinction (and Cut Costs)
Nearly two out of every five plant species worldwide may be at risk of extinction. In this context, identifying the most vulnerable species and developing efficient conservation strategies is more crucial than ever.
Rising to this challenge is a team of researchers led by Professor Angelino Carta from the Department of Biology at the University of Pisa. Their research, published in the journal New Phytologist, introduces a novel methodology based on the evolutionary distinctiveness of species, aimed at optimizing the collections held in seed banks. The approach not only enhances conservation outcomes but also offers significant potential for cost reduction. The study was carried out in collaboration with researchers from the Doñana Biological Station (Spain), and the botanic gardens of Geneva (Switzerland), Meise (Belgium), and Kew (UK).
The team analyzed a massive dataset compiled from 109 seed banks, representing more than 22,000 species across the European flora. While the collections were found to be diverse, they still fall short of encompassing the full spectrum of evolutionary diversity. In essence, some branches of the phylogenetic tree of European plants are currently missing from ex-situ conservation efforts. The species most in need of collection and storage are often those that represent unique evolutionary lineages—plants with unusual reproductive strategies or highly restricted geographic ranges.
“This is a scalable and customizable approach that can be adapted to different conservation goals, depending on available resources,” explains Carta. “Our work provides a solid foundation for future conservation actions and could help guide policy discussions on biodiversity protection, food system resilience, and habitat restoration under climate change scenarios.”
The methodology aligns with emerging conservation priorities by emphasizing evolutionary uniqueness—a concept often used in biodiversity assessments to identify irreplaceable species. By prioritizing these species, seed banks can maximize their contribution to long-term plant survival and ecosystem stability.
(Translation supported by ChatGPT)
A Novel Biosensor for Rapid Virus Detection
A joint research team led by the Institute of Nanoscience of the National Research Council (CNR-Nano) and the University of Pisa (Department of Pharmacy), in collaboration with the University of Modena and Reggio Emilia and the Scuola Normale Superiore, has developed a next-generation biosensor capable of detecting viral proteins—including the Spike protein of SARS-CoV-2—in biological fluids with high precision.
The findings, recently published in the journal Nanoscale, mark a breakthrough in biosensor design. The new sensor is based on a modular, Lego-like structure that can be easily adapted to detect a variety of molecular targets.
At the core of the sensor is a genetically engineered protein that combines three distinct functions in a single sequence. One segment acts as the detection target, built using fragments of the Spike protein. The central portion, inspired by the human ACE2 receptor, is designed to bind to the viral protein if it is present. The third segment contains green fluorescent protein (GFP), which functions like a light bulb—emitting a fluorescent signal upon contact with the virus, allowing for fast and accurate detection.
“The biosensor was created using both traditional recombinant protein engineering and innovative technologies such as click chemistry,” explains Eleonora Da Pozzo from the University of Pisa. “This interdisciplinary approach enabled us to develop a sensor with extremely high sensitivity, capable of detecting sub-nanomolar concentrations of viral protein.”
“What truly sets this prototype apart is its modularity,” adds Giorgia Brancolini from CNR-Nano. “By combining experimental research with molecular modeling and computer simulations, we were able to fine-tune each component and design a flexible, reprogrammable architecture. By altering specific sequences, the sensor can be adapted to identify other viruses or biomolecules, paving the way for new, customizable diagnostic tools.”
To protect the innovation and support its potential applications, a national patent application has been filed: Development of a FRET sensor for coronavirus detection (Application No. 102022000025416, filed on 13/12/2022).
The project received funding from Spark Global, through the Proof-of-Concept project SPARK PISA 2020–2022 (“FRET sensor for the Assessment of Coronavirus Titre – FACT”), and from the national PRIN2020 project “Early Phase Preclinical Development of PACECOR, a Mutation-Independent Anti-SARS-CoV-2 Therapeutic Strategy.”
Le nuove frontiere del diritto spaziale al centro del progetto EUSPIL dell’Università di Pisa
Chi è responsabile se c’è una collisione fra satelliti, come si regola lo sfruttamento commerciale dei corpi celesti, per esempio l’estrazione di terre rare e minerali dagli asteroidi o il prelievo di acqua ghiacciata dai poli lunari, e come si può evitare che lo spazio diventi una discarica di detriti o reagire alla militarizzazione dell’orbita terrestre? Questi interrogativi, che rappresentano altrettante nuove frontiere del diritto, sono al centro di EUSPIL (EU Space Policy, International Law and Sustainability), il progetto Jean Monnet sulla politica spaziale dell’Unione Europea di cui è titolare Claudia Cinelli, professoressa di Diritto internazionale del dipartimento di Scienze politiche dall’Università di Pisa.
“Con l’aumento esponenziale di satelliti e missioni spaziali, l’importanza di un solido quadro normativo per le attività oltre l’atmosfera terrestre non è mai stata così centrale – spiega Claudia Cinelli - è necessario evitare che lo spazio diventi un “far west” tecnologico altrimenti rischiamo di compromettere la cooperazione internazionale e la sostenibilità per le generazioni future: in questo scenario, l’Unione europea può giocare un ruolo di guida per garantire standard condivisi e tutelare l’uso pacifico dello spazio.”
Attualmente il diritto dello spazio extra-atmosferico si basa sull’Outer Space Treaty del 1967 arricchito da convenzioni come quella sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali (1972). Tuttavia, la rapida evoluzione delle tecnologie e l’ingresso massiccio di attori privati, incluse le cosiddette “mega-costellazioni”, stanno sollevano nuovi problemi che gli strumenti normativi vigenti non affrontano in modo dettagliato.
Euspil si propone quindi di esplorare queste zone grigie con un focus sulla prospettiva europea. Gli obiettivi sono di formare una nuova generazione di professionisti specializzati negli affari spaziali, e di consolidare una rete di giuristi, policy-maker, autorità regolatorie e agenzie spaziali, per garantire che l’ultima frontiera rimanga un luogo di cooperazione pacifica, senza trasformarsi in un nuovo terreno di scontro o di sfruttamento indiscriminato.
Grazie a EUSPIL, l’Università di Pisa sarà tra le prime università italiane ad offrire un insegnamento per gli studenti magistrali interamente dedicato al diritto internazionale e dell’Ue in materia di spazio, insieme a un ciclo di seminari aperti anche agli studenti di dottorato. A partite dal prossimo anno accademico 2025-2026, il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Ateneo pisano attiverà inoltre l’insegnamento in inglese International Law, Outer Space and European Union. La referente sarà la stessa Claudia Cinelli. Dal 2022 al 2023 la professoressa è stata anche capofila del progetto internazionale "Advancing Responsible State Behavior in Outer Space", finanziato dal Massachusetts Institute of Technology - Italy Università di Pisa Seed Fund. La sua passione per il diritto degli spazi internazionali, inclusi lo spazio extra-atmosferico, si riflette inoltre nella monografia “Il diritto degli spazi internazionali, inclusi lo spazio extra-atmosferico” del 2020.
Gli altri docenti dell’Università di Pisa impegnati nel progetto sono Giovanni Federico Gronchi del dipartimento di Matematica, Simone Marinai del dipartimento di Giurisprudenza e Simone Paoli e Sara Poli, entrambi del dipartimento di Scienze politiche.
Le nuove frontiera del diritto spaziale al centro del progetto EUSPIL dell’Università di Pisa
Sicurezza, sostenibilità, sfruttamento commerciale e ruolo dell’Unione europea i temi in discussione per evitare che lo spazio extra-atmosferico diventi un nuovo far west
Chi è responsabile se c’è una collisione fra satelliti, come si regola lo sfruttamento commerciale dei corpi celesti, per esempio l’estrazione di terre rare e minerali dagli asteroidi o il prelievo di acqua ghiacciata dai poli lunari, e come si può evitare che lo spazio diventi una discarica di detriti o reagire alla militarizzazione dell’orbita terrestre? Questi interrogativi, che rappresentano altrettante nuove frontiere del diritto, sono al centro di EUSPIL (EU Space Policy, International Law and Sustainability), il progetto Jean Monnet sulla politica spaziale dell’Unione Europea di cui è titolare Claudia Cinelli, professoressa di Diritto internazionale del dipartimento di Scienze politiche dall’Università di Pisa.
“Con l’aumento esponenziale di satelliti e missioni spaziali, l’importanza di un solido quadro normativo per le attività oltre l’atmosfera terrestre non è mai stata così centrale – spiega Claudia Cinelli - è necessario evitare che lo spazio diventi un “far west” tecnologico altrimenti rischiamo di compromettere la cooperazione internazionale e la sostenibilità per le generazioni future: in questo scenario, l’Unione europea può giocare un ruolo di guida per garantire standard condivisi e tutelare l’uso pacifico dello spazio.”
Attualmente il diritto dello spazio extra-atmosferico si basa sull’Outer Space Treaty del 1967 arricchito da convenzioni come quella sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali (1972). Tuttavia, la rapida evoluzione delle tecnologie e l’ingresso massiccio di attori privati, incluse le cosiddette “mega-costellazioni”, stanno sollevano nuovi problemi che gli strumenti normativi vigenti non affrontano in modo dettagliato.
Euspil si propone quindi di esplorare queste zone grigie con un focus sulla prospettiva europea. Gli obiettivi sono di formare una nuova generazione di professionisti specializzati negli affari spaziali, e di consolidare una rete di giuristi, policy-maker, autorità regolatorie e agenzie spaziali, per garantire che l’ultima frontiera rimanga un luogo di cooperazione pacifica, senza trasformarsi in un nuovo terreno di scontro o di sfruttamento indiscriminato.
Grazie a EUSPIL, l’Università di Pisa sarà tra le prime università italiane ad offrire un insegnamento per gli studenti magistrali interamente dedicato al diritto internazionale e dell’Ue in materia di spazio, insieme a un ciclo di seminari aperti anche agli studenti di dottorato. A partite dal prossimo anno accademico 2025-2026, il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Ateneo pisano attiverà inoltre l’insegnamento in inglese International Law, Outer Space and European Union. La referente sarà la stessa Claudia Cinelli. Dal 2022 al 2023 la professoressa è stata anche capofila del progetto internazionale "Advancing Responsible State Behavior in Outer Space", finanziato dal Massachusetts Institute of Technology - Italy Università di Pisa Seed Fund. La sua passione per il diritto degli spazi internazionali, inclusi lo spazio extra-atmosferico, si riflette inoltre nella monografia “Il diritto degli spazi internazionali, inclusi lo spazio extra-atmosferico” del 2020.
Gli altri docenti dell’Università di Pisa impegnati nel progetto sono Giovanni Federico Gronchi del dipartimento di Matematica, Simone Marinai del dipartimento di Giurisprudenza e Simone Paoli e Sara Poli, entrambi del dipartimento di Scienze politiche.
Entra a far parte delle Communities of Practice di Circle U.
Maggiori informazioni: https://www.circle-u.eu/calls/community-of-practice.html
Banche dei semi: una nuova metodologia indica quali specie conservare per salvare le piante dall’estinzione (e ridurre i costi)
Circa due specie di piante su cinque nel mondo potrebbero sparire. Per questo motivo, è importante capire quali specie sono più a rischio e trovare i modi efficaci per conservarle.
E’ questa la sfida raccolta da un gruppo di ricercatori coordinato dal professore Angelino Carta del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa. Il risultato è stata una nuova metodologia basata sulla rilevanza evolutiva delle specie grazie alla quale sarà possibile integrare le collezioni attualmente conservate nelle banche dei semi. Lo studio pubblicato sulla rivista New Phytologist promette inoltre anche dei risparmi in termini economici. Al progetto hanno partecipato ricercatori della Stazione Biologica Doñana (Spagna), degli Orti Botanici di Ginevra (Svizzera), Meise (Belgio) e Kew (Regno Unito).
L’analisi ha riguardato un imponente set di dati provenienti da 109 banche dei semi comprendente oltre 22.000 specie relative a tutta la flora d’Europa. E’ così emerso che le banche custodiscono una ricca varietà di piante, ma ancora non coprono completamente tutta la diversità evolutiva possibile. In pratica, alcuni “rami” dell’albero genealogico delle piante europee non sono rappresentati nelle collezioni. Le specie attualmente non conservate, ma il cui campionamento e stoccaggio in banca sarebbe fondamentale, sono sopratutto quelle che rappresentano un unicum evolutivo perché mostrano delle strategie riproduttive singolari o sono confinate ad aree geografiche limitate.
“Si tratta di un metodo che può essere personalizzato per adattarlo a diversi obiettivi di conservazione, fino all'esaurimento del budget disponibile – sottolinea Carta – La nostra ricerca rappresenta quindi un passo fondamentale per future azioni di conservazione, i risultati possono servire come base di discussione per promuovere nuove politiche, incluso la salvaguardia delle specie in via di estinzione, la resilienza dei sistemi agroalimentari e l’identificazione delle specie più adatte al restauro degli habitat in uno scenario di cambiamenti climatici”.
Banche dei semi: una nuova metodologia indica quali specie conservare per salvare le piante dall’estinzione (e ridurre i costi)
La ricerca dell’Università di Pisa pubblicata sulla rivista New Phytologist
Circa due specie di piante su cinque nel mondo potrebbero sparire. Per questo motivo, è importante capire quali specie sono più a rischio e trovare i modi efficaci per conservarle.
E’ questa la sfida raccolta da un gruppo di ricercatori coordinato dal professore Angelino Carta del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa. Il risultato è stata una nuova metodologia basata sulla rilevanza evolutiva delle specie grazie alla quale sarà possibile integrare le collezioni attualmente conservate nelle banche dei semi. Lo studio pubblicato sulla rivista New Phytologist promette inoltre anche dei risparmi in termini economici. Al progetto hanno partecipato ricercatori della Stazione Biologica Doñana (Spagna), degli Orti Botanici di Ginevra (Svizzera), Meise (Belgio) e Kew (Regno Unito).
L’analisi ha riguardato un imponente set di dati provenienti da 109 banche dei semi comprendente oltre 22.000 specie relative a tutta la flora d’Europa. E’ così emerso che le banche custodiscono una ricca varietà di piante, ma ancora non coprono completamente tutta la diversità evolutiva possibile. In pratica, alcuni “rami” dell’albero genealogico delle piante europee non sono rappresentati nelle collezioni. Le specie attualmente non conservate, ma il cui campionamento e stoccaggio in banca sarebbe fondamentale, sono sopratutto quelle che rappresentano un unicum evolutivo perché mostrano delle strategie riproduttive singolari o sono confinate ad aree geografiche limitate.
“Si tratta di un metodo che può essere personalizzato per adattarlo a diversi obiettivi di conservazione, fino all'esaurimento del budget disponibile – sottolinea Carta – La nostra ricerca rappresenta quindi un passo fondamentale per future azioni di conservazione, i risultati possono servire come base di discussione per promuovere nuove politiche, incluso la salvaguardia delle specie in via di estinzione, la resilienza dei sistemi agroalimentari e l’identificazione delle specie più adatte al restauro degli habitat in uno scenario di cambiamenti climatici”.
Il Tour di Circle U. fa tappa nei poli didattici dell’Università di Pisa
L’Università di Pisa organizza il Tour di Circle U., l’iniziativa itinerante che porta nei poli didattici dell’Ateneo informazioni, testimonianze e approfondimenti su opportunità di studio, mobilità e collaborazione internazionale offerte dalla rete universitaria europea Circle U.
Circle U. è un’alleanza strategica tra nove università europee di eccellenza, pensata per costruire una vera e propria comunità accademica inernazioanle, basata sulla condivisione di valori, conoscenze e percorsi formativi innovativi.
Durante le tappe del tour sarà possibile conoscere da vicino le opportunità offerte da Circle U., tra cui:
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Percorsi formativi innovativi e interdisciplinari sviluppati in collaborazione con le università partner;
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Progetti di mobilità internazionale pensati per essere flessibili e integrati nel proprio piano di studi;
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Attività e iniziative trasversali che promuovono la crescita personale, l’acquisizione di competenze trasversali e l’apertura verso il contesto europeo;
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La possibilità di entrare a far parte di una rete internazionale di studenti, docenti e ricercatori, contribuendo attivamente alla costruzione di una comunità accademica europea.
A raccontare il progetto saranno le Circle U. Ambassador dell’Università di Pisa – Agata, Anna e Susanna – che condivideranno esperienze, consigli e modalità di partecipazione. Gli appuntamenti saranno animati anche dalla presenza di Radioeco, con interviste, dirette e approfondimenti dedicati.
Date e luoghi del tour:
Polo Piagge – Mercoledì 16 aprile, ore 12:00–14:00
Polo Fibonacci – Giovedì 17 aprile, ore 12:00–14:00
Polo Porta Nuova – Martedì 13 maggio, ore 13:00–15:00
Tutte le studentesse e gli studenti sono invitati a partecipare: sarà un’occasione preziosa per scoprire come arricchire il proprio percorso universitario con un’esperienza europea, partendo proprio da Pisa.
In memoria di Massimo Testardi
Massimo Testardi è nato a Cascina il 27 agosto 1949. Dal 1994 è stato segretario amministrativo dell’allora Dipartimento di Scienze Storiche del Mondo Antico e dal 1997 della Facoltà di Lettere e Filosofia fino al 2012 anno dell’abolizione delle facoltà. È andato in pensione nel 2014.
Pubblichiamo di seguito il ricordo del professore Alfonso Maurizio Iacono.
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Di solito nel mondo accademico sono ricordati i docenti che vengono a mancare oppure qualche studente quando accade qualcosa di tragico. Ma il mondo accademico non è fatto soltanto di docenti e di studenti, è fatto anche di coloro che vengono chiamati i “non docenti”, ovverossia del personale tecnico, amministrativo, bibliotecario, senza di cui tutto il sistema universitario non potrebbe nemmeno esistere.
A volte ci si dimentica che il mondo universitario è una comunità in cui si intrecciano competenze didattiche, di ricerca, amministrative, tecniche, ma anche amicizie personali. Venerdì è venuto a mancare all’improvviso Massimo Testardi, per anni segretario amministrativo di quella che si chiamava la Facoltà di Lettere e Filosofia, oltre che del Dipartimento di Scienze dell’Antichità. Difficile raccontare e spiegare cosa sia stata per me la sua presenza nei nove anni in cui fui preside di quella Facoltà.
Il rapporto professionale iniziò prima che io fossi eletto. Ero in concorrenza con un amico oltre che collega, Piero Floriani, anch’egli purtroppo scomparso, e Massimo venne da me a dirmi che lui era amico anche di Floriani. Fu un atto di lealtà. Dato il ruolo che avrebbe avuto, fu con me chiaro sin dall’inizio. Lo apprezzai molto e capii che se fossi diventato preside, avrei potuto riporre la massima fiducia in lui. E così fu. Piero fu il primo a telefonarmi per congratularsi. Con Massimo iniziammo un rapporto professionale che divenne una forte amicizia. Al di là della vita accademica ordinaria, tra lezioni, occupazioni e Consigli di Facoltà, insieme organizzammo una Conferenza dei Presidi e le lauree honoris causa a Andrea Camilleri, Vincenzo Cerami, i fratelli Taviani, Christine Klapisch-Zuber, inoltre facemmo al Teatro Verdi di Pisa, per l’anniversario di Galilei, L’intervista impossibile con Andrea Camilleri e al Goldoni di Livorno, per l’anniversario dell’Unità d’Italia, l’Intervista impossibile a Bandi, garibaldino fondatore del Telegrafo (oggi Tirreno).
Molto di tutto ciò lo devo a lui e alla sua intelligenza che traspariva soprattutto ogni qual volta c’era da fare qualcosa di nuovo e di diverso. Gli piaceva stare, per così dire, di lato. Non gli interessava stare in primo piano. Era contento quando le cose marciavano nel verso giusto. Si preoccupava soprattutto degli altri. Massimo era sempre rassicurante sul piano organizzativo e su quello economico. L’intero gruppo della Facoltà, anche grazie a lui e alla sua apertura, partecipava alle iniziative. Talvolta per organizzare i Consigli di Facoltà andavamo, io e lui, a Marina di Pisa, al Barrino, per lavorare indisturbati e vicino al mare.
Condividevamo i sogni. Sapevo che per lui erano fondamentali la moglie Liana e la figlia Gianna, a cui va tutto il mio affetto. La sua famiglia veniva prima di ogni cosa. Lo ricordo come buono, generoso, ironico, appassionato. Dopo la pensione, la sua e la mia, abbiamo continuato a sentirci e a vederci. L’amicizia è stata più forte del rapporto di lavoro. Portavo mio figlio Giorgio, ancora piccolo, a vedere le partite a casa sua. Lui veniva spesso alle conferenze che tenevo e talvolta andavamo insieme. Avrei voluto che questa amicizia si prolungasse ancora per un po’, ma il destino ha voluto diversamente. Quello che so e che ho imparato da lui è l’idea che l’altro, gli altri vengono prima di noi stessi e il senso umano della collaborazione e della cooperazione che spesso nel mondo accademico e in questa società dove tende a prevalere arrogantemente l’individualismo, viene dimenticato.
Oggi mi sento e sono molto più solo senza di lui.
Alfonso Maurizio Iacono