Dai mari della Nuova Zelanda una importante scoperta sul rapporto tra materiali argillosi e terremoti
I materiali argillosi delle faglie presenti nelle zone di subduzione, cioè dove una placca tettonica scivola al di sotto di un’altra placca, trattengono al loro interno un “cuscinetto d’acqua” e ciò fa sì che essi favoriscano terremoti potenzialmente capaci a provocare tsunami. Questo è il risultato dello studio “Fluid pressurisation and earthquake propagation in the Hikurangi subduction zone”, condotto grazie alla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, le Università di Pisa e Padova, e la University College London, su alcuni campioni provenienti dalla zona di Hikurangi in Nuova Zelanda. Il lavoro è stato pubblicato di ‘Nature Communications’.
“Nelle zone di subduzione” spiega Stefano Aretusini, ricercatore dell’INGV e primo autore dello studio, “lo scivolamento sismico che avviene a profondità crostali ridotte può portare alla generazione di tsunami e terremoti. A causa delle difficoltà sperimentali nel deformare i materiali presenti in queste aree, i processi fisici che riducono la resistenza della spinta cui è sottoposta la faglia sono poco conosciuti. Analizzando in laboratorio il comportamento dei campioni prelevati nella zona di subduzione di Hikurangi”, prosegue il ricercatore, “abbiamo scoperto che le argille presenti tendono ad avere una bassa resistenza alle spinte sismiche a causa dell’acqua in pressione che trattengono al loro interno”.
Per studiare il comportamento di queste argille provenienti dalla faglia i ricercatori hanno condotto degli esperimenti sui numerosi campioni raccolti durante la campagna internazionale di perforazione “Integrated Ocean Drilling Program 375” effettuata nel 2018 a largo dell’Isola Nord della Nuova Zelanda, a cui ha partecipato la professoressa Francesca Meneghini dell’Università di Pisa, seconda autrice del lavoro pubblicato.
La professoressa Francesca Meneghini insieme al collega A. Fagereng (UK) durante la spedizione oceanografica dell'International Ocean Discovery Program a largo dell'isola nord della Nuova Zelanda.
In dettaglio, sono stati polverizzati i campioni delle rocce presenti all’interno della faglia. Le polveri sono state testate nel Laboratorio Alta Pressione e Alte Temperature (HP-HT) dell’INGV attraverso un sofisticato apparato, SHIVA (Slow to High Velocity Apparatus) finanziato dall’European Research Council su un progetto di Giulio Di Toro, dell’Università di Padova e co-autore di questo studio, e riproduce il “motore” dei terremoti (la faglia) permettendo di osservare quello che accade all’interno della crosta terrestre e le deformazioni subite dalla roccia sotto fortissime pressioni. All’interno di SHIVA, le polveri sono state analizzate attraverso un nuovo metodo che ha consentito di trattenere al loro interno l’acqua mentre erano deformate alle velocità tipiche dei terremoti.
Attraverso i test di controllo condotti su un materiale le cui caratteristiche sono note, una polvere di marmo di Carrara, i ricercatori sono arrivati alla conclusione che queste argille favoriscono lo scorrimento sismico della faglia proprio a causa della loro capacità di trattenere acqua, caratteristica che le rende più ‘deboli’.
Lo staff di tecnici operai meccanici e ricercatori a bordo della nave.
“Quando ho deciso di partecipare alla spedizione oceanografica”, racconta Francesca Meneghini, “ho subito contattato i colleghi dell’INGV e dell’Università di Padova, coi quali collaboro da anni, certa che fosse un’opportunità unica per testare la nuova tecnica sperimentale sviluppata all’Istituto e dare un ulteriore contributo alla nostra conoscenza dei fenomeni sismici”.
“I successivi sviluppi di questa ricerca”, conclude Stefano Aretusini, “saranno quelli di analizzare con lo stesso metodo anche altri tipi di materiali campionati durante la missione per cercare di comprendere quali tra essi possono favorire il processo di scuotimento sismico una volta arrivati alla zona di subduzione”.
Incarico di collaborazione temporanea: "Simulazioni in linguaggio Modelica di sistemi di gestione energetica di sistemi di generazione ibridi con accumulo; collaborazione alla gestione e il test di batterie a flusso"
borsa di ricerca dal titolo: "Screening, Diagnosi e Terapia delle Malattie Parodontali e ipersensibilità dentinale in pazienti sani e con co-morbidità sistemiche".
A.A. 2021-2022: Università di Pisa pronta ad accogliere "in presenza" tutti i suoi studenti
Con l’anno accademico 2021-2022, aumenteranno gli studenti che frequenteranno le aule e gli spazi dell’Università di Pisa. È quanto hanno deciso Senato Accademico e Consiglio d'Amministrazione dell’Università di Pisa riuniti lunedì 28 giugno in seduta congiunta.
Università di Pisa: approvata la ripresa delle attività in presenza
L’Università di Pisa riapre le porte agli studenti e l’Ateneo riprende vita. Grazie alla delibera approvata all’unanimità dal Senato Accademico e dal Consiglio d’Amministrazione, riuniti ieri in seduta congiunta, sarà possibile fin dai prossimi giorni tornare gradualmente a frequentare le strutture universitarie.
Tra le principali novità della nuova delibera, la possibilità di organizzare incontri in presenza con gli studenti anche oltre i termini del normale calendario didattico, in modo da recuperare e integrare i tanti mesi di DAD.
Pur rimanendo attiva anche la modalità in streaming, il documento approvato dagli organi d’Ateneo riporta in presenza anche le attività didattiche, pratiche e di laboratorio del secondo semestre già definite a fine gennaio e temporaneamente sospese durate le settimane in “rosso”.
Prevista anche la possibilità di svolgere in presenza delle prove scritte e pratiche degli esami di profitto e, fino alla disponibilità di aule, anche delle prove orali. Stesso discorso per le sessioni di laurea, ma alla presenza del solo candidato e della commissione. Approvata anche una riapertura graduale e su prenotazione delle sale di consultazione delle biblioteche e la messa a disposizione di nuove sale studio per gli studenti.
«La delibera approvata oggi all’unanimità – ha commentato il Rettore, Paolo Mancarella – vuole essere un segnale importante per i nostri studenti e per la città. La battaglia contro il Covid-19 non è ancora vinta ed occorre prudenza, ma l’Università è pronta a ripartire».
Avviso di fabbisogno interno n. 6224 del 30/04/21 per per una unità di personale Cat. D - Dipartimento di Scienze Veterinarie nell'ambito del progetto speciale per la didattica 2° sem. a.a. 2020/2.
Incarico di lavoro autonomo per il supporto alla ricerca nell’ambito del progetto “Simulatore di piattaforma di lavoro elevabile per il sollevamento di persone” Bando Bric 2019
Dall’Ateneo un innovativo brevetto per la cura di diabete, obesità e malattie neurodegenerative
Un innovativo brevetto dell’Università di Pisa, promettente per la cura di diabete, obesità e malattie neurodegenerative, è stato selezionato con soli altri 14 progetti italiani per partecipare a “Biovaria”, uno degli appuntamenti internazionali più importanti per le nuove tecnologie in ambito sanitario e biomedicale. Lo scopo principale di questo evento – che normalmente si svolge a Monaco di Baviera con cadenza annuale e che a causa dell’emergenza sanitaria si è tenuto in modalità virtuale dal 26 al 28 aprile - è quello di valorizzare le scoperte accademiche e degli istituti di ricerca cercando di coinvolgere investitori e aziende del settore biofarmaceutico potenzialmente interessati a sviluppare le idee in realtà imprenditoriali.
Supportato dall’Ufficio per il trasferimento tecnologico dell’Ateneo e dall'Associazione "Netval" di cui è socia Unipi, il brevetto dal titolo “Nuovi derivati biciclici per la cura di diabete e obesità” ha superato diverse fasi di selezione a livello sia nazionale, da parte del network italiano per la valorizzazione della ricerca “Netval”, sia internazionale, da parte degli organizzatori di BioVaria, fino ad essere scelto per la presentazione nell’ambito della fiera. Suoi inventori sono il professor Mauro Pineschi (nella foto a destra), ordinario di Chimica organica al Dipartimento di Farmacia, e i dottori Francesco Berti e Andrea Menichetti (nella foto in basso, a sinistra Menichetti e a destra Berti), ex-allievi del docente e attualmente ricercatori al Dipartimento PharmaChemistry dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova.
L’invenzione ha per oggetto la preparazione di piccole molecole organiche, con una struttura totalmente innovativa, che riescono a promuovere la produzione dell’ormone incretinico GLP-1 con la possibilità di avere una somministrazione per via orale, cosa molto ricercata per venire incontro alle esigenze del paziente. Tale ormone ha un significativo valore terapeutico per la gestione del diabete e delle relative complicanze come l’obesità e le malattie neurodegenerative. In particolare, gli analoghi peptidici del GLP-1 hanno dimostrato effetti neuro-protettivi indipendenti dalla capacità ipoglicemizzante e numerosi trial clinici sono attualmente in corso con l’obiettivo di valutare gli effetti cognitivi e cerebrali in pazienti con malattia di Alzheimer, Parkinson, demenza indipendentemente dalla presenza del diabete.
Per quanto riguarda l’aspetto della neuro-protezione, il gruppo di ricerca coordinato dal professor Pineschi ha da poco attivato una fruttuosa collaborazione di ricerca con il professor Stefano Del Prato e il dottor Giuseppe Daniele, del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa.