La gestione degli insetti dannosi alle piante rare o di interesse storico in ambito urbano è un’attività importante e delicata, che deve essere condotta con efficienza ma – al contempo – minimizzando l’impiego di prodotti fitosanitari potenzialmente tossici per i fruitori degli spazi interessati.
In questo contesto, l’Orto e Museo Botanico dell’Università di Pisa ha recentemente attivato una collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali, volta alla messa a punto di un protocollo per il controllo biologico dei fitofagi dannosi per le piante custodite all’Orto Botanico.
Studenti in una delle serre dell'orto botanico
“Il lancio di insetti utili, predatori e parassitoidi specifici, rappresenta uno strumento eco-compatibile, versatile ed efficace per limitare i danni causati da diversi insetti dannosi presenti nei vari ambienti dell’Orto Botanico, minimizzando l’impiego del mezzo chimico” ha affermato il professore Angelo Canale, titolare del corso di Controllo Biologico e Integrato presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali.
“Inoltre, le operazioni di lotta biologica condotte mediante il lancio di insetti utili sono un’occasione unica di formazione “sul campo” per gli studenti del corso di Controllo Biologico e Integrato, che hanno la possibilità di partecipare a tali attività e alla messa punto dei protocolli di monitoraggio delle specie dannose”, ha aggiunto il dottor Giovanni Benelli, co-docente del corso.
Le operazioni di lotta biologica portate avanti in questi mesi stanno dando risultati molto promettenti nella gestione di numerose specie di insetti e acari nocivi per piante di elevato valore per la conservazione e divulgazione della biodiversità vegetale. Inoltre, come evidenziato dal professore Lorenzo Peruzzi, Direttore dell'Orto e Museo, “tale approccio permette ai visitatori dell’Orto e Museo Botanico di accedere ad un ambiente caratterizzato da piante non trattate con pesticidi, con benefici per la salute di tutti. L'utilizzo di metodi non tossici, alternativi ai pesticidi, è pienamente in linea con i messaggi di tutela dell'ambiente e della natura che ci impegniamo quotidianamente a diffondere e mettere in pratica, in linea con quella che è la nostra missione istituzionale”.
An ocean of plastic: currently, 5-13 millions of tons of plastic debris are believed to enter the oceans every year. However, very little is known about their destiny, because less than approximately 10% of the plastic entering the ocean can currently be accounted for, and this is likely due to their fragmentation into small particles addressed to as “microplastics” (MPs). MPs are particularly difficult to locate and to quantify, and undergo specific migration and transport mechanisms. It is not known how much plastic debris actually floats at the ocean surface, what mechanisms control plastic transport and fate from land to the deep sea, and what ecological impact these may have. The HOTMIC project “Horizontal and vertical oceanic distribution, transport, and impact of microplastics”, officially starting on June 5th, addresses these knowledge gaps, focusing on the trasport and fate of microplastics between western Europe and the North Atlantic ocean gyre. HOTMIC is a three-year project funded with 2.3 million euros under the European Program "JPI Oceans-Healthy and Productive Seas and Oceans".
Six European countries are involved in the project, and the Department of Cheemistry and Industrial Chemistry of University of Pisa acts as Italian partner. The partners will develop and apply analytical procedures to investigate microplastics in environmental samples collected during scientific cruises aimed to evaluate the extent, type, and distribution of microplastics, even below 10 microns, their transport routes and fate from the estuaries to the open sea and from the surface to the seabed, the degradation mechanisms, and the interaction with biological organisms. The research will build a reliable basis for a more accurate assessment of the risks brought by these contaminants for marine environments and organisms.
Hotmic Italian team of the Department of Cheemistry and Industrial Chemistry of University of Pisa
In particulars, the UniPi chemistry researchers will put in place innovative analytical methods to identify and quantify different microplastic types. Prof. Valter Castelvetro explains us: “We have developed a completely original method that allows us to identify the specific polymers that make up the different types of microplastic. Until today, the most commonly applied techniques suffered limitations due to the challenging separation of microplastics from sediments, that often required laborious and poorly accurate count through microscopy and micro-spectroscopy techniques.”
Optimised separation techniques will be adopted, based on extraction, depolymerisation, and thermal analysis, associated with characterisation by mean of non destructive spectroscopies (Raman and FTIR microscopy), chromatographic separation (HPLC), and mass spectrometric characterisation (multi-shot Py-GC-MS, EGA-MS).
“The target is to identify the main plastic pollutants. The major risks”- concludes Castelvetro – “come from the smallest plastic fragments, such as the degradation products of plastic packaging, the polystyrene microspheres that derive from some cosmetic products, or the microfibres from synthetic fabrics, because these more easily enter the food chain of aquatic organisms".
The research group at the Department of Chemistry and Industrial Chemistry of University of Pisa, coordinated by Valter Castelvetro, is composed by Francesca Modugno, Alessio Ceccarini, Andrea Corti, Mario Cifelli and Antonella Manariti. In addition to the University of Pisa, the partnership includes GEOMAR (Kiel, Germany) as leader of the consortium, the Technical University of Munich, the University of Southern Denmark, the Instituto Português do Mar e da Atmosfera, the MARE center of the Universidade Nova de Lisboa for Portugal, the University of Ghent in Belgium, and the University of Tartu in Estonia.
Un oceano di plastica: si stima che nell’Atlantico ne arrivino ogni anno dai cinque ai tredici milioni di tonnellate, una presenza di cui però si conosce molto poco, appena il 10%, soprattutto a causa delle microplastiche. E proprio per colmare questa lacuna è partito HOTMIC- Horizontal and vertical oceanic distribution, transport, and impact of microplastics, un progetto triennale finanziato con 2,3 milioni di euro nell’ambito del programma europeo “JPI Oceans” a sostegno dei mari denominato “Healthy and Productive Seas and Oceans”.
I paesi europei impegnati nel progetto HOTMIC sono sei e per l'Italia l'unico partner è il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell'Università di Pisa. HOTMIC, che prenderà il via ufficialmente il 5 giugno, ha l’obiettivo di mappare la presenza delle microplastiche dalla costa Atlantica europea sino al vortice nord atlantico. Con questo progetto si metteranno a punto metodologie analitiche e si faranno campagne di campionamento delle microplastiche, anche sotto i 10 micron, per valutarne entità, tipologia, distribuzione, rotte dagli estuari fino al mare aperto e dalla superficie sino ai fondali, modalità di degradazione e di interazione con organismi biologici. L’intento è di porre le basi per una più accurata valutazione dei potenziali rischi per l’ambiente e per gli organismi marini. In particolare, i chimici e ricercatori dell’Ateneo pisano metteranno in campo le tecniche uniche che hanno ideato per identificare e quantificare le diverse varietà di microplastiche.
Gruppo di ricerca Hotmic dell'Università di Pisa
“Abbiamo sviluppato una metodologia del tutto originale che ci consente di identificare i diversi tipi di microplastica, polimero per polimero - spiega Valter Castelvetro dell’Ateneo pisano – sino ad oggi la tecnica più comune e utilizzata si limitava infatti a fare una separazione grossolana delle microplastiche dai sedimenti, seguita da una laboriosa e inaccurata conta tramite tecniche di microscopia e spettroscopia microscopica”.
Per caratterizzare le microplastiche, saranno quindi utilizzate diverse tecniche di separazione tramite estrazione o depolimerizzazione delle microplastiche, associate a tecniche analitiche di spettroscopia non distruttiva (Raman, FT-IR, microscopia) e distruttiva (HPLC, Py-GC/MS, EGA/MS).
“La sfida è identificare i principali inquinanti plastici, le insidie maggiori – conclude Castelvetro - arrivano dai frammenti di plastica più fini, come ad esempio i prodotti di degradazione di imballaggi plastici, le microsfere di polistirene che derivano da alcuni prodotti cosmetici o le microfibre dei tessuti sintetici, che più facilmente entrano nella catena alimentare degli organismi acquatici”.
Il gruppo di ricerca dell’Università di Pisa coordinato da Valter Castelvetro è composto da Francesca Modugno, Alessio Ceccarini, Andrea Corti, Mario Cifelli e Antonella Manariti. Oltre all’Ateneo pisano fanno parte del consorzio di Hotmic GEOMAR come capofila insieme all’Università Tecnica di Monaco per la Germania, l’Università della Danimarca meridionale, l’Instituto Português do Mar e da Atmosfera e il centro MARE della Universidade Nova de Lisboa per il Portogallo, l’Università di Ghent in Belgio e l’Università di Tartu in Estonia.
Uno spray all’aroma di pepe per conservare più a lungo la carne oppure una pellicola alla cannella per proteggere le mele da insetti e funghi, tutto a base di chitosano una sostanza del tutto naturale e biodegradabile ricavata in questo caso dagli insetti. E’ questo lo scenario di un futuro non troppo lontano al quale stanno lavorando gli scienziati di Fedkito, un progetto triennale appena finanziato nell’ambito di PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area) attualmente il più importante programma di ricerca dell’area euro-mediterranea.
La professoressa Barbara Conti dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa è la coordinatrice del progetto che coinvolge Italia, Francia, Grecia, Tunisia e Marocco con la partecipazione di atenei, istituti di ricerca e aziende. Nell’ambito di Fedkito i ricercatori svilupperemo diversi packaging a base di chitosano arricchiti di oli essenziali in base alle caratteristiche di cibi che dovranno essere conservati, quindi film per proteggere frutta fresca e vegetali, spray per la carne, e liquido per i prodotti caseari.
La professoressa Barbara Conti dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa coordinatrice del progetto Fedkito
“Per potenziare gli effetti protettivi del chitosano - spiega Barbara Conti – abbiamo avuto l’idea è di aggiungere degli oli essenziali che sceglieremo sulla base di abbinamenti un’analisi sensoriale che tengano conto del gusto e degli aromi in modo da dare ai consumatori un ulteriore valore aggiunto”
Ma l’impegno del progetto nei confronti della sicurezza alimentare non finisce qui. I ricercatori infatti vogliono sperimentare anche una speciale “etichetta intelligente” dotata di biosensori per misurare l’eventuale presenza di micotossine e, residui di pesticidi e residui che possono compromettere la qualità e la salubrità dei cibi anche durante le fasi di trasporto, e stoccaggio e vendita al dettaglio.
“Lavoriamo secondo una prospettiva di protezione integrata che sia anche sostenibile per l’ambiente – conclude Barbara Conti – il progetto si basa infatti anche sul principio dell’economia circolare e così ricaveremo la chitina per il chitosano dagli stessi insetti utilizzati per degradare ed eliminare i rifiuti e gli scarti della filiera agroalimentare”.
Insieme all’Università di Pisa partecipano al progetto le università di Bologna, Hassan II di Casablanca in Marocco, Tessaglia in Grecia, la Sorbona e il Centre Technique Industriel de la Plasturgie et des Composites per la Francia, il Centro di Biotecnologia di Borj Cedria in Tunisia e come partner aziendali due italiane, Gusto parmigiano e Azienda Agricola Salvadori Furio.
Una data diversa, ma lo stesso messaggio: fiducia e impegno nella ricerca. La Notte dei Ricercatori, iniziativa promossa dalla Commissione Europea ogni anno l'ultimo venerdì di settembre, si sposta quest'anno al 27 novembre a causa dell'emergenza sanitaria.
E in Toscana, grazie alle Università e agli enti di ricerca, sono già cominciati i preparativi per l'evento. L'Unione Europea ha infatti comunicato proprio in questi giorni la sua approvazione (e il relativo finanziamento) al progetto di attività: un primo successo per la squadra di cui fanno parte la Regione Toscana e, con il coordinamento dell’Università di Firenze, le Università di Pisa e Siena, l'Università per Stranieri di Siena, la Scuola Superiore di Studi Universitari Sant’Anna, la Scuola Normale Superiore, la Scuola IMT Alti Studi Lucca. L’iniziativa coinvolgerà anche un’ampia rete di enti di ricerca - fra cui il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), l’European Gravitational Observatory (EGO) - e istituzioni culturali sul territorio.
La manifestazione in Toscana prenderà il nome di BRIGHT-NIGHT, che unisce l’acronimo “Brilliant Researchers Impact on Growth Health and Trust in Research” (I ricercatori di talento hanno un impatto sulla crescita, la salute e la fiducia nella ricerca) con la parola notte. Una “Notte brillante”, appunto, grazie al risultato della ricerca e alla passione dei ricercatori.
I temi che saranno al centro dell’evento – che avrà il suo cuore venerdì 27 novembre, ma si estenderà anche ai giorni vicini – toccheranno praticamente tutti i campi della scienza e della cultura, ma in particolare quello della sostenibilità sociale e ambientale in riferimento all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e al 20° anniversario della Carta Europea dei Diritti.
"Sono convinto che la Notte dei Ricercatori di quest'anno brillerà più che in passato – ha dichiarato il rettore dell’Università di Pisa Paolo Mancarella -Viviamo in un Paese che oggi ha una rinnovata consapevolezza di quanto sia prezioso il lavoro portato avanti dalle donne e dagli uomini impegnati nel sistema nazionale della ricerca pubblica. Il 27 novembre sarà, allora, un momento importante per riaffermare proprio questo ruolo chiave ed avvicinare i giovani ad un mondo che avrà sempre di più un ruolo chiave per traghettare il nostro Paese verso una società migliore, sia in termini ambientali che di giustizia sociale. Ossia verso quel cambio di passo che quanto stiamo vivendo ci impone".
“Proprio il periodo che stiamo vivendo ha messo in primo piano il valore sociale e civile del lavoro della ricerca - sottolinea Luigi Dei, rettore dell’Ateneo fiorentino, che coordina quest’anno l’evento in Toscana - La Notte dei Ricercatori rilancia il ruolo delle donne e degli uomini che si impegnano per il progresso della scienza: secondo il suo spirito originario, vuole avvicinare tutti i cittadini a questo magnifico mondo di scoperte e conoscenza. Università e enti di ricerca toscani, con la collaborazione di molte altre realtà culturali del territorio, saranno tutti insieme a festeggiare una ‘notte’ davvero speciale”.
Valorizzare la variabilità naturale del fico, un frutto antico per un’agricoltura mediterranea sostenibile. Questo in sintesi l’obiettivo del progetto di ricerca "FIGGEN" guidato dal professor Tommaso Giordani, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa che, assieme a una squadra di ricercatori di Italia, Spagna, Tunisia e Turchia, è riuscito a vincere, dopo una selezione durissima tra migliaia di team di ricerca internazionali di 19 nazioni, un milione di euro nella categoria Farming System della Call 2019 di PRIMA, il Programma per l’innovazione del settore idrico e agro-alimentare nell’area mediterranea guidato da tre anni dal professore ed economista Angelo Riccaboni, già rettore dell’Università di Siena
“I cambiamenti climatici stanno incidendo drammaticamente sulla regione del Mediterraneo e sono necessarie soluzioni per adattare le pratiche dei sistemi agricoli all'aumento delle temperature, della siccità e della salinità del suolo – spiega Giordani - L'adozione di sistemi di coltivazione mista come l'agroforestry può contrastare la perdita di agro-biodiversità e la riduzione della fertilità del suolo”.
Il fico (Ficus carica L.) ha un grande potenziale di espansione grazie a preziose qualità nutrizionali, energetiche e nutraceutiche dei frutti, e al crescente interesse per i metaboliti secondari prodotti nei frutti, nelle foglie e nel lattice, combinato con la capacità di adattarsi ad ambienti secchi, calcarei e salini, rendendo questa specie estremamente interessante per una produzione sostenibile nella regione mediterranea, anche in relazione al cambiamento climatico. Nei prossimi 36 mesi la squadra di ricercatori guidati da Giordani, con il coinvolgimento di agricoltori, produttori, distributori con esperienze e competenze multidisciplinari, hanno in progetto l'introduzione nei sistemi agricoli di cultivar di fico più adatte alle tipologie di ambiente che si produrranno in seguito al climate change e che consentiranno la produzione sostenibile del fico in futuro.
“Uno degli obiettivi è quello di realizzare sistemi agricoli basati sulla biodiversità, più resistenti alle incertezze climatiche e più sostenibili. Ciò avrà effetti benefici sul mantenimento delle risorse naturali (soprattutto in riferimento alla biodiversità sopra- e sottosuolo), sulla conservazione del suolo e delle acque, sulla valorizzazione dei suoli delle aree marginali, e quindi assicurerà la fornitura di migliori servizi ecosistemici” – afferma Giordani. “Tutto ciò avrà un impatto sia sul benessere che sul reddito degli agricoltori, sull'agro-ecosistema e sulla produzione di frutti di questa specie, consentendo di invertire la tendenza al ribasso della produzione di fichi registrata negli ultimi anni nell'area mediterranea”.
Nella foto, il gruppo di Genetica e Genomica Vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali: da sinistra Alberto Vangelisti, Gabriele Usai, la professoressa Lucia Natali, Flavia Mascagni, il professor Andrea Cavallini, il professor Tommaso Giordani.
Da qualche anno, il gruppo di Genetica e Genomica Vegetale del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell'Università di Pisa si occupa di studiare le caratteristiche del genoma del fico, che ha recentemente sequenziato, e di come questa specie, diffusa nell'area del Mediterraneo, sia in grado di resistere a condizioni climatiche avverse come siccità e salinità. Del progetto FIGGEN fanno parte anche due partner spagnoli, l'Instituto de Hortofruticultura Subtropical y Mediterranea La Mayora dell'Agencia Estatal Consejo Superior de Investigaciones Cientificas, rappresentato dal Prof. Inaki Hormaza, capo del "Subtropical Fruit Crops Department" e il Centro de Investigaciones Científicas y Tecnológicas de Extremadura, rappresentato dalla Dott.ssa Margarita Lopez-Corrales, coordinatrice della banca di germoplasma di fico in Extremadura e responsabile del centro di analisi e registrazione di varietà commerciali di fico a livello nazionale e comunitario. Il progetto comprende anche due partner della sponda meridionale del Mediterraneo: la Facoltà di Scienze dell'Université de Tunis El Manar, in Tunisia, rappresentata dalla Prof.ssa Amel Hannachi, Direttrice del "Fruit Genetic Resources Team in the Laboratory of Genetics, Immunology and Biotechnology", e il Dipartimento di Orticoltura della Çukorova University, Turchia, rappresentato dalla Prof.ssa Ayzin Küden.
Riguardo gli impatti attesi tra 3 anni alla fine progetto, Giordani aggiunge: “FIGGEN avrà ricadute sulla valorizzazione e conservazione della biodiversità, in quanto saranno analizzati 300 genotipi del germoplasma di fico della regione mediterranea, comprese cultivar trascurate o poco utilizzate. L'individuazione e la caratterizzazione dei genotipi più adatti alle difficili condizioni ambientali dettate dal cambiamento climatico contribuirà al miglioramento genetico di questa specie per una produzione di fichi sempre più sostenibile in futuro.
Una delegazione dell’Università di Pisa ha partecipato al corso mascherato del Carnevale di Viareggio che si è svolto domenica 23 febbraio per sensibilizzare i giovani e l’opinione pubblica sul cambiamento climatico.
Sotto la figura di cartapesta di Greta Thunberg del carro di Lebigre-Roger intitolato “Home sweet home – Nessun posto è come casa” che ha vinto l’edizione 2020 del Carnevale ha sfilato un gruppo in rappresentanza del dipartimento di Scienze della Terra e del Museo di Storia Naturale di Calci. Mascherati con camici e parrucche c'erano dottorandi, studenti, borsisti e sei docenti - Giovanni Zanchetta, Monica Bini, Roberto Giannecchini, Elena Maggi, Claudia Vannini e Duccio Bertoni.
La delegazione UNIPI al Carnevale di Viareggio per sensibilizzare giovani e opinione pubblica sul cambiamento climatico
Prima della partenza del corso mascherato, il presidente del corso di laurea in scienze ambientali Giovanni Zanchetta ha presentato il corso, spiegando perché iscriversi e cosa offre agli studenti, quindi tutta la delegazione dell’Università di Pisa ha sfilato con uno striscione con su scritto “Scienze ambientali, perché la Terra è l’unico pianeta che abbiamo”.
“E’ importante usare anche situazioni di divertimento per parlare con i giovani – spiega la professoressa Monica Bini responsabile dell’orientamento a Scienze della Terra –i ragazzi e le ragazze che seguono Greta con entusiasmo spesso infatti non sanno dove si studiano questi temi”.

Per i 77 allievi dell’edizione 2020 si è concluso il percorso del PhD+, il programma promosso all’interno del Contamination Lab dell’Università di Pisa che ha l’obiettivo di stimolare lo spirito imprenditoriale, favorire i contatti e le opportunità di confronto tra studenti di laurea magistrale, dottorandi, dottori di ricerca e docenti. Al termine dei 13 seminari che componevano il programma di quest’anno, i partecipanti, divisi in team multidisciplinari, hanno presentato il pitch delle proprie idee innovative, alcune delle quali saranno sviluppate nella seconda parte del CLab, il CYB+ che inizierà il 18 febbraio con 31 iscritti. Il Contamination Lab è sviluppato dall’Ateneo pisano in collaborazione con Scuola IMT Alti Studi Lucca, Scuola Normale Superiore e Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa.
Gli allievi del PhD+ che hanno partecipato all'evento finale dei pitch. A sinistra il professor Leonardo Bertini.
Delle 15 idee innovative scaturite quest’anno dal PhD+, sono 9 quelle che i ragazzi hanno illustrato durante l’evento finale che si è tenuto alle Benedettine. Ospite speciale è stata la rappresentante del Polo Tecnologico di Navacchio, Silvia Marchini, che ha assistito ai pitch dei ragazzi. «Le idee d’impresa di quest’anno toccano ambiti molto diversi tra loro, dai più tecnologici, a quelli umanistico-letterari – commenta il professor Leonardo Bertini, delegato del rettore per la promozione delle iniziative di spin off, start up e brevetti – Quello che accomuna questi progetti è la forte vocazione all’innovazione e l’augurio che facciamo a tutti i nostri allievi è che possano riuscire, grazie agli strumenti che diamo loro, a trasformarli in vere imprese».
Tra le idee innovative c’è quella proposta da Anita Paolicchi, Carolina Paolicchi e Francesca Mannocci, che hanno pensato a una casa editrice, Astarte Edizioni, che si occupi di temi legati al mondo mediterraneo; oppure Eurikos, un pannello fonoassorbente in grado di produrre presentato da Luca Bonatti; un team numeroso composto da Rebecca Piccarducci, Rebecca Ferrisi, Lorenzo Germelli, Lorenzo Flori, Giovanni Petrarolo, Stefania Merlino, Davide Musco, Antonio Ritacco e Marco Cardia, ha ideato EXPAPP, un servizio che genera uno scontrino elettronico per la lotta allo spreco alimentare; MoWu around, ideato da Lorenzo Cenceschi, Luca Mastrosimone, Oreste Sabatino e Chiara Vellucci, è un sistema che permette di analizzare e modellizzare quantitativamente il flusso turistico per un turismo più sostenibile; Àngela Puig Sirera, Giovanni Rallo e Andrea Sbrana hanno proposto PhD-, un sistema di monitoraggio del consumo idrico delle città.
C’è poi Smart alcoltest di Rudy Semola e Alessandro Carpenzano, un sistema da integrare nelle automobili che impedisce l’accensione della vettura in caso di stato di ebbrezza; Tessra, ideato da Elgeziry Mahmoud Samir Mahmoud Hassan, offre una piattaforma cloud per analisi e design di materiali e processi innovativi; Miriam Colella e Andrea Giumetti hanno presentato Uroboros Project, un progetto per creare una rete di contatti per valorizzare le realtà artistiche e museali poco valorizzate: infine Giacomo Cillari, Roberto Rugani e Giulia Lamberti, hanno parlato di VESTA, moduli abitativi ad alte prestazioni per situazioni d'emergenza.
Un brindisi con acqua pubblica per dire addio alla plastica. Così il rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella, ha dato il via lunedì 10 febbraio a una nuova stagione per la vita dell’Ateneo, proiettata verso una sempre maggior sostenibilità ambientale. "Oggi – ha commentato il rettore – abbiamo inaugurato sette nuovi erogatori di acqua pubblica che, assieme alla distribuzione delle borracce, ci aiuteranno ad abbattere le bottigliette di plastica consumate nel nostro Ateneo. Circa 2.000 al giorno solo nel Polo Piagge e 350.000 all'anno in tutto l'Ateneo, pari a 7 tonnellate di PET per la cui produzione vengono emesse nell’atmosfera quasi 16 tonnellate di CO2. Senza contare l’impatto del trasporto e del loro smaltimento. È solo un primo passo, ma grazie anche alla neo-costituita Commissione di Ateneo, daremo rapidamente un contributo incisivo allo sviluppo sostenibile e al miglioramento della qualità di vita di tutta Pisa".
Dopo le circa 10.000 borracce distribuite agli immatricolati (presto disponibili per la comunità universitaria a un prezzo simbolico) e l’eliminazione della plastica monouso in occasione di riunioni, eventi e momenti istituzionali, prosegue così la conversione dell’Università di Pisa in “Ateneo sostenibile”. Tante le novità presentate: dai sette nuovi erogatori di acqua pubblica nei poli Piagge (3), Fibonacci (2) e Guidotti (2), alla costituzione della Commissione di Ateneo per lo sviluppo sostenibile.
Presieduta dal prorettore Marco Raugi, nominato anche come referente all’interno della Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile (RUS), la Commissione avrà il compito di guidare l’Università in questo cammino, dettando obiettivi e strategie e misurando i risultati. La Commissione, composta in modo paritetico da docenti, rappresentanti del personale tecnico-amministrativo e studenti, è formata dai seguenti 18 membri: Marco Raugi (presidente), Daniele Antichi, Sabrina Arras, Leonardo Baldacci, Federico Boggia, Carlo Carminati, Cristina Cruciano, Michela Gesualdi, Lisa Ghezzi, Elisa Giuliani, Camilla Guerrero Molano, Luca Lanini, Valentino Liberto, Marina Caterina Magnani, Elena Menchetti, Elena Perini, Giovanna Pizzanelli, Andrea Somma.
Le iniziative presentate al Polo Piagge sono solo le ultime, in ordine di tempo, messe in atto dall’Università di Pisa per supportare l’affermazione di una vera e propria cultura della sostenibilità ambientale. Già da qualche anno, infatti, l’Ateneo ha inserito questo impegno nel suo Statuto e, più recentemente, nel suo Piano Strategico, facendone un elemento centrale della propria attività.
Alla fine dello scorso anno all’Orto e Museo Botanico è stato aperto un erogatore di acqua potabile, che nelle prime settimane di funzionamento è stato utilizzato da un gran numero di studenti, personale universitario e visitatori.
Attualmente sono almeno quattro i centri di ricerca che hanno un richiamo evidente agli obiettivi di sviluppo sostenibile enunciati dall’ONU, a partire dal Centro di ricerche agro-ambientali “Enrico Avanzi”, che con quasi cinquant'anni di attività è una delle più grandi e riconosciute realtà d’Europa per lo studio dei sistemi agricoli sostenibili. Inoltre, sono attivi i Centri interdipartimentali sulla Nutraceutica e alimentazione per la salute, sull’Energia per lo sviluppo sostenibile (CIRESS) e per lo studio degli effetti del cambiamento climatico (CIRSEC). Da quasi quattro anni, infine, è attivo il Green Data Center di Ateneo, che è stato progettato seguendo criteri di sostenibilità e per ottenere una riduzione dei consumi e delle emissioni.
Nella foto in alto: il rettore Mancarella e l'assessore Bedini inaugurano l'erogatore al Polo Piagge.
Nella foto al centro: i membri della Commissione presenti all’inaugurazione con il rettore e il direttore generale, Grasso.
Nella foto in basso: un momento dell’inaugurazione con, da sinistra, Marco Raugi, presidente della Commissione di Ateneo per lo Sviluppo Sostenibile; Filippo Bedini, assessore all'Ambiente del Comune di Pisa; il rettore Paolo Mancarella; Elisa Giuliani, referente della Commissione su "Resource, Water and Waste Management”; il direttore generale, Riccardo Grasso.