Come si è originata la vita e come si trasmette da cellula madre a cellula figlia? Un nuovo tassello per la comprensione di questi meccanismi arriva da uno studio delle Università di Pisa, Bari e Salento che si è guadagnato la copertina della rivista scientifica “Integrative Biology” della American Chemical Society. Il gruppo di ricerca, coordinato dal professore Roberto Marangoni dell’Ateneo pisano e composto da Alessio Fanti, Leandro Gammuto, Fabio Mavelli e Pasquale Stano, ha simulato in laboratorio i processi di riproduzione grazie a delle “protocellule” che si usano per studiare alcune proprietà delle cellule biologiche vere.
“Tra i tanti problemi che concernono la comprensione di come si sia sviluppata la vita sulla terra, c’è anche il rapporto tra membrane cellulari e contenuto della cellula – racconta Roberto Marangoni - infatti, per assicurare un ambiente chimicamente stabile e governabile, le cellule hanno bisogno di una divisione tra il contenuto interno, l’insieme delle molecole necessarie alla vita, e l’ambiente esterno, e tale divisione è data dalla membrana cellulare”.
Uno dei punti fondamentali su cui si è interrogata la scienza è quindi se sia nato prima il contenuto cellulare o la membrana, in altre parole, una sorta di problema “dell’uovo e della gallina” su scala microscopica. Una possibile soluzione a questo apparente paradosso è venuta circa dieci anni fa, quando gli scienziati hanno osservato il cosiddetto “supercrowding effect”. Si tratta infatti di un fenomeno in base al quale nel processo di formazione delle protocellule di piccolissime dimensioni, la stragrande maggioranza risulta completamente vuota al proprio interno, ma allo stesso tempo se ne trovano alcune (assai rare, ma esistono) che, al contrario, risultano completamente piene, avendo incorporato moltissime molecole. L’esistenza di queste rare protocellule “piene” mette le basi per sciogliere il paradosso della formazione della membrana e del contenuto cellulare: nessuno si forma prima dell’altro perché il meccanismo è simultaneo e si formano insieme, seguendo un processo di organizzazione spontanea.
“A partire da questa scoperta, nel nostro studio ci siamo occupati del passo successivo – spiega Marangoni - cioè abbiamo cercato di capire come queste protocellule ricche di contenuti si comportano durante la riproduzione, un processo che comporta la rottura e la ricostituzione delle membrane e che potrebbe quindi causare la perdita di materiale interno pregiudicando la funzionalità delle protocellule ‘figlie’. La nostra ricerca indica che questo non accade e che la perdita di materiale fra protocellula ‘ricche’ è molto basso”.
“Questo meccanismo insieme al “supercrowding effect” – conclude Maragnoni - rafforza l’idea di una organizzazione spontanea dei primi e rudimentali proto-organismi della storia della vita, il cui punto di forza è l’interazione, certamente complessa e ancora non completamente compresa, tra le membrane e le macromolecole”.
Grazie alla generosità del Rotary Club Cascina, alla sovvenzione District Grant e al contributo della società A.T.E.F.I. srl, il percorso espositivo del Museo nazionale della Certosa di Calci si arricchisce di una parte importante dell'appartamento priorale: la sala/quadreria, la cappellina privata dalle elegantissime decorazioni parietali, l’affaccio sul giardino del Priore con lo splendido grottesco che arreda e decora il muro di cinta che separa il giardino dagli orti.
In questa sala, grazie all’intesa della direzione del Museo nazionale con la direzione del Museo di Storia naturale dell’Università di Pisa, è stato esposto l’affresco realizzato nell'ottobre del 1770 sulla parete esterna che si affaccia nel Chiostro delle Foresterie, o chiostro priorale, e strappato per motivi legati alla sua conservazione sul finire degli anni '70 del Novecento. L’affresco, raffigurante San Bruno, fondatore dell'Ordine certosino, era stato commissionato dai Padri certosini al pittore fiorentino Pietro Giarrè per ricordare il cospicuo contributo di 500 scudi che la Certosa, insieme agli altri monasteri dell’ordine, aveva offerto per la realizzazione della statua del santo che ancor oggi si trova in San Pietro a Roma, scolpita in marmo dallo scultore fiammingo, naturalizzato francese, Renè Michel Slodz nel 1744 e a questa opera il pittore si era ispirato.
La sala scelta per l’esposizione dell’affresco, un arioso ambiente nella cui volta è dipinta la Gloria di San Bruno, copia del dipinto eseguito da Pietro Giarrè nel corridoio grande che conduce al chiostro dei Padri, ospitava in antico e fino all’abbandono del convento da parte dell’Ordine, la Quadreria del Priore nella quale spiccavano le incisioni con Storie della vita di Cristo e alcuni quadri di valore quali ad esempio i ritratti dei Priori che sono state qui ricollocati.
Rivediamo oggi tali opere nel loro contesto d’origine, ricreando così l’atmosfera di elegante riservatezza che aveva nei secoli caratterizzato gli ambienti di vita del Priore. (Fonte MIUR - Polo Museale della Toscana).
Sono quattro i laureati in Ingegneria nucleare dell’Università di Pisa che riceveranno nel 2018 la certificazione EMSE dell’European Nuclear Education Network (ENEN). Si tratta di Gerardo Chiavacci, Claudio Grima, Mohita Gupta e Lisa Lampunio che hanno svolto la loro tesi presso istituzioni europee che fanno parte dell’associazione ENEN, in Belgio, Francia e Olanda.
I quattro nuovi “EMSNE Laureates” pisani riceveranno la certificazione insieme altri nove ingegneri nucleari italiani ed europei il prossimo autunno.
Da sinistra, Gerardo Chiavacci, Lisa Lampunio Mohita Gupta e Claudio Grima
“La certificazione degli ingegneri nucleari pisani, che avviene ormai sistematicamente da molti anni, conferma il nostro contributo come ateneo al mantenimento degli studi e della ricerca nel settore nucleare - sottolinea il professore Walter Ambrosini dell’Università di Pisa, nonché presidente del Teaching and Academic Affair Committee di ENEN - anche con il saldo inserimento nelle reti Europee dell’istruzione universitaria per la fissione e la fusione (ENEN e FuseNet) e la partecipazione a progetti di ricerca e di sviluppo della didattica in ambito Europeo ed Internazionale come ANNETTE ed ENEN+”.
“I nostri nuovi ‘EMSNE laureates’ - conclude Ambrosini - sono quindi pronti a partecipare allo sviluppo energetico sostenibile del pianeta, che dovrà essere caratterizzato da una produzione estesa ed un uso oculato di energia pulita, per soddisfare i bisogni di un’umanità in crescita. A loro vanno le nostre più fervide congratulazioni e i nostri più sentiti auguri per la loro carriera e la loro vita”.
Esiste una connessione stretta tra la parodontite e il diabete e a rivelarlo è uno studio internazionale a cui hanno partecipato anche i professori Filippo Graziani e Anna Solini del dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica dell’Università di Pisa: curando l’una si migliora l'altra e, viceversa, se si trascura una delle due, l’altra si aggrava. Inoltre, chi si ammala di parodontite ha un rischio diabete di almeno il 20% più alto rispetto a chi ha le gengive sane, a parità di altri fattori di rischio per il diabete. Infine, un soggetto diabetico che ha anche la parodontite presenta delle complicazioni diabetologiche più gravi rispetto a chi ha solo il diabete.
Il prof. Filippo Graziani.
Questo studio ha costituito la base per un documento congiunto pubblicato sia sul “Diabetes Research and Clinical Practice”, sia sul “Journal of Clinical Periodontology” promosso dai parodontologi della Federazione Europea di Parodontologia e i diabetologi della Federazione Internazionale Diabete.
«Parodontite e diabete hanno probabilmente un meccanismo comune alle spalle – spiega Filippo Graziani – Il nostro studio rivela i possibili meccanismi comuni alle due problematiche: diverse evidenze scientifiche analizzate e raccolte in questo documento consentono di dimostrare che, curando la parodontite, si riesce anche a controllare meglio il diabete, a mostrare cioè un miglior controllo glicemico nel tempo (con migliori valori dell'esame dell’“emoglobina glicata”, usato proprio per valutare nel diabetico quanto la sua malattia è sotto controllo). Inoltre si è visto che il meccanismo biologico in gioco per entrambe le malattie è probabilmente un’infiammazione generale dell'organismo come suggerito dalla presenza sia nei pazienti diabetici sia in quelli con parodontite di eccesso di molecole pro-infiammatorie come le interleuchine, fattore di necrosi tumorale ed eccesso di radicali liberi».
Inoltre nel documento le due federazioni stilano delle linee guida congiunte rivolte a medici, dentisti e pazienti per migliorare la diagnosi precoce, la prevenzione e la cogestione di diabete e parodontite.
Ha preso ufficialmente il via CrossLab, un progetto di sviluppo integrato che punta a unire in 6 laboratori interdisciplinari ricerca e imprese e aprire la strada alle innovazioni necessarie a concretizzare in Italia il piano Industria 4.0. Gestito dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (DII) dell’Università di Pisa, il progetto è stato finanziato dal MIUR con oltre nove milioni di euro tramite il bando “Dipartimento di Eccellenza”. Alla giornata inaugurale di Crosslab sono intervenuti, accolti dal direttore del DII Giuseppe Anastasi, il rettore Paolo Mancarella, l’assessore alle Attività produttive della Regione Toscana Stefano Ciuoffo e l’assessore comunale alle Politiche integrate con le università e gli istituti di ricerca Giuseppe Forte.
Un momento dell'inaugurazione.
"L’idea chiave dei CrossLab – spiega il professor Anastasi – è quella di mettere in comune competenze e strumentazioni diverse per rendere davvero operative le tecnologie abilitanti individuate nel piano di Industria 4.0. Secondo il nuovo paradigma industriale, infatti, tutti gli “oggetti” della fabbrica sono dotati di capacità di elaborazione e di comunicazione, e la fabbrica diventa un sistema composto da oggetti fisici e da componenti virtuali e digitali. L'operatore umano è parte integrante di questa architettura e interagisce con essa attraverso azioni fisiche o tramite interfacce uomo-computer. I CrossLab saranno di conseguenza incentrati attorno ai pilastri fondamentali della architettura cyber-fisica, e le attività di ricerca saranno riorganizzate per stimolare l'interdisciplinarietà e la collaborazione tra laboratori”.
Il direttore del DII, Giuseppe Ansatasi.
In particolare, quattro CrossLab sono concepiti focalizzandosi su altrettante aree applicative di Industria 4.0, e cioè realtà aumentata, studio di materiali "intelligenti", la nuova robotica per Industria 4.0 e l'Internet of Things. Il quinto riguarda tecnologie abilitanti per il Cloud Computing, gestione dei Big Data e Cybersecurity, sicurezza informatica. Fondamentale nella strutturazione di alcuni laboratori sarà il lavoro in sinergia con il Centro di Ricerca “E.Piaggio” dell’Università di Pisa, eccellenza internazionale nei campi della robotica e della bioingegneria.
Un secondo punto chiave e altamente innovativo del progetto è il trasferimento tecnologico: i CrossLab saranno aperti alle industrie per fare ricerca congiunta con le università o condurre ricerche autonomamente utilizzando le tecnologie avanzate messe a disposizione dal progetto. Anche per questo motivo, un appoggio significativo al progetto è arrivato da diverse aziende chiave come Thales, ST Microelectronics, Magna Closures, HP, INTEL, ABB, Saint Gobain, Engineering, IDS, INTECS, Polo Tecnologico di Navacchio, R.i.CO., Calearo Antenne, oltre all'Istituto Italiano di Tecnologia e alla Regione Toscana.
Jobot, il robot per la logistica 4.0, è un veicolo a guida autonoma (AGV) sviluppato dall'azienda Eutronica in collaborazione con il Centro di Ricerca dell'Università di Pisa "E.Piaggio". Il robot pensato e progettato per trasportare autonomamente oggetti in diversi punti di ambienti, come gli uffici, o le fabbriche, che sono complessi per la presenza in uno spazio relativamente ristretto, di tante cose e persone.
Infine, un sesto CrossLab, che coinvolgerà studiosi di area umanistica, si occuperà di studiare l'impatto delle tecnologie dell'informazione sui vari aspetti di una moderna società: l'economia, i diritti, la cultura, la comunicazione, il lavoro, l’istruzione, in modo da fornire strumenti di lettura dei processi in corso e approfondimenti a organizzazioni e istituzioni non appartenenti al settore dell’Information Technology, o a istituzioni che vi appartengono e che sono interessate a valutare l'impatto sociale delle tecnologie e del loro uso.
AlterEgo, il Robot-Avatar per lavorare in ambienti pericolosi e ostili. Si tratta di un robot semi-antropomorfo progettato nel Centro di Ricerca dell’Università di Pisa “E. Piaggio”. Il robot è in grado d’intervenire e ispezionare aree danneggiate da disastri naturali o provocati dall'uomo, o in ambienti pericolosi per la salute.
"Attraverso questo progetto di sviluppo e la rete di realtà imprenditoriali e istituzionali che lo sostengono – conclude Anastasi – il DII si caratterizza come un centro di competenza nel settore delle applicazioni industriali dell'ICT e delle sue declinazioni interdisciplinari, in accordo al piano Industria 4.0, oltre che come un centro di ricerca avanzato nelle tecnologie abilitanti per l'innovazione industriale. L'impatto e le ricadute di queste attività nel contesto industriale nazionale saranno estremamente rilevanti”.
La stampante 3D Form2.
Sono 60 e vengono da tutta l’Italia i primi “BIM manager” che si sono appena diplomati all’Università di Pisa dopo aver frequentato il master di secondo livello in “Building Information Modeling e BIM Manager”. La chiusura del corso con la presentazione degli elaborati finali si è svolta venerdì 23 marzo al Polo Fibonacci.
BIM, Building Information Manager, è un acronimo ancora non ben conosciuto al grande pubblico, ma che sta acquistando una rilevanza crescente fra gli addetti ai lavori del comparto costruzioni perché è destinato a cambiare radicalmente il mondo degli appalti. Molto più che una realtà virtuale il BIM è uno standard di progettazione e di modellazione per qualsiasi tipologia di costruzione sia edilizia che meccanica. Il BIM è Multidimensionale cioè va oltre le classiche tre dimensioni della realtà per incorporare informazioni su qualsiasi aspetto della costruzione: prestazioni energetiche, caratteristiche del materiale, impiantistica e dotazioni tecnologiche, sequenza e tempi di costruzione, manutenzioni periodiche e interventi di riparazione. Tutto in unico strumento che serve per progettare meglio, per realizzare per svolgere la manutenzione.
L’Università di Pisa è stata la prima in Italia a sviluppare una ricerca specifica nel BIM ed oggi è uno dei pochi atenei in grado di proporre un master su questa tematica divenuta così attuale e qualificante per tutti i professionisti della filiera del mondo delle costruzioni e di quello industriale. Il Duomo di Pisa, la stazione Radio di Marconi, ma anche edifici di edilizia popolare, o edifici pubblici. Beni culturali e nuove costruzioni: tutto può essere rappresentato con il BIM. E sono questi solo alcuni degli esempi che sono statti trattati dai primi studenti del master.
"Il Building Information Modeling – spiega il professore Paolo Fiamma, direttore del master - è una metodologia innovativa divenuta da pochi anni una priorità strategica per il nostro Paese in conseguenza alle direttive emanate nel 2014 dal Parlamento Europeo per la sua adozione in tutti i Paesi membri, recepite e attuate dal Decreto Ministeriale n. 560 del 01/12/2017 del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. In particolare, il BIM è considerato il metodo trainante per la digitalizzazione dei lavori pubblici ed è considerato decisivo per il controllo della spesa pubblica e alla lotta contro la corruzione”.
Gl enti che avranno i primi Bim manager dell'Ateneo pisano saranno l’Azienda Ospedaliera di Pisa (protagonista di una delle maggiori realizzazioni previste in Toscana), ed ancora l’Agenzia del Demanio, l’Opera Primaziale del Duomo di Pisa, la Soprintendenza per i Beni Architettonici di Pisa e Livorno, i Comuni di Pisa e Livorno e il Ministero delle Infrastrutture.
Una pioggia di libri sono in arrivo entro fine mese nelle biblioteche scolastiche di tutte Italia. La Pisa University Press è uno dei 31 editori che hanno aderito a #ioleggoperché, un’iniziativa dell’Associazione Italiana Editori (AIE), e donato alcune migliaia di propri volumi alle scuole.
In particolare la casa editrice dell’Università di Pisa ha regalato 2000 copie di “Cani e bambini. Istruzioni per l’uso”, un prontuario di etologia domestica scritto di Angelo Gazzano, e 400 copie di “Ragazzi, che Costituzione!” di Saulle Panizza, un volume ad uso dei più giovani per spiegare loro la nostra Carta costituzionale. A questa donazione si aggiungono poi anche 500 copie di “Istituzioni à la Carte”, un altro libro di Saulle Panizza che spiega in modo agile e divertente gli ingranaggi della Repubblica, fornito ad un prezzo assolutamente simbolico di 0,40 euro contro un prezzo di copertina di 3,50.
In totale grazie alla campagna #ioleggoperché 2017, sono stati raccolti circa 222mila libri, fra quelli donati dagli editori e dai cittadini. Le scuole che riceveranno i volumi sono 5.636 in tutta Italia, di cui 333 in Toscana e 39 nella provincia di Pisa.
La campagna #ioleggoperché 2017 è stata realizzata ideata e organizzata dall’AIE in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), con l’Associazione Librai Italiani (ALI), l’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) e Libriamoci! Giornate di lettura nelle scuole, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo (MiBACT) e di RAI, sotto gli auspici del Centro per il libro e la lettura.
Gli editori che hanno aderito insieme alla Pisa University Press sono De Agostini, Eli, Erickson, Feltrinelli – Gribaudo, Gallucci, Gruppo editoriale Mauri Spagnol (Chiarelettere, Longanesi, La Coccinella, Garzanti, Guanda, Editrice Nord, Salani, TEA), HarperCollins Italia, Il Castoro, Il Mulino, Margherita Edizioni, Gruppo Mondadori (Mondadori, Giulio Einaudi editori, Piemme, Sperling&Kupfer, BUR, Fabbri Editori, Rizzoli), Moretti&Vitali, Newton Compton, Notes Edizioni, Pisa University Press, Vita e Pensiero, Zanichelli.
Il Premio di studio di filosofia intitolato a Vittorio Sainati è un’iniziativa intellettuale e scientifica che nasce dalla collaborazione di diverse realtà istituzionali e culturali appartenenti al territorio pisano e che, nel corso della sua storia, è giunto ad acquisire un’eco e un’importanza di livello nazionale.
Vittorio Sainati, scomparso nel novembre 2003, è stato un illustre docente di Filosofia Morale e di Filosofia Teoretica dell’Università di Pisa. Alla sua memoria è dedicato il progetto che nasce nel 2006 su impulso delle Edizioni ETS, della famiglia Sainati e di un gruppo di amici e allievi dello stesso Sainati, tra cui i professori Adriano Fabris e Gianfranco Fioravanti che si sono dedicati al Premio sin dalle sue origini. La casa editrice pisana è stata lieta di farsi promotrice di questa iniziativa in nome del rapporto professionale e personale instauratosi negli anni con Vittorio Sainati, che è stato suo fondamentale e prezioso collaboratore. Con le Edizioni ETS infatti Sainati ha pubblicato importanti volumi, quali Filosofia e linguaggio, Idealismo e neohegelismo, Dall’idealismo all’ermeneutica, Logica e filosofia.
L’attività è stata concepita dagli organizzatori in modo che venisse portato avanti il forte impegno mostrato da Sainati nel sostenere i giovani studiosi. Per un intero decennio, così, il Premio ha accolto tesi di dottorato elaborate da ricercatori di giovane età per sottoporle alla valutazione di una Commissione di livello nazionale, in vista della pubblicazione della migliore proposta all’interno di una delle collane filosofiche del catalogo ETS.
Nel corso di questi dieci anni il Premio ha ottenuto il Patrocinio del Presidente della Repubblica, del Presidente del Senato, del Presidente della Camera dei Deputati, del Sindaco di Pisa, del Presidente della Provincia di Pisa, del Direttore della Scuola Normale Superiore, del Rettore dell’Università di Pisa e del Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia del medesimo Ateneo.
Il Premio inoltre ha dato la possibilità ai vincitori delle diverse edizioni, oltre di veder pubblicato il proprio lavoro di ricerca, di ricevere una targa donata dal Presidente della Repubblica e di presentare il proprio lavoro durante la cerimonia di premiazione.
A titolo di tesi vincitrici sono stati pubblicati volumi come Heidegger interprete di Kant, La memoria come capacitas Dei secondo Agostino, Universali linguistici e categorie grammaticali, per citare soltanto i testi premiati nelle prime edizioni.
A partire dall’anno 2016 il Premio ha assunto un nuovo volto, tentando di farsi portavoce anche di un’altra modalità di espressione della ricerca scientifica, sposata anch’essa in prima persona da Sainati. Il Premio ha trovato infatti un nuovo spazio all’interno della prestigiosa rivista di filosofia “Teoria”, edita dalle Edizioni ETS e fondata dallo stesso Vittorio Sainati nel 1981, e attualmente curata da Adriano Fabris.
Da due anni l’iniziativa accoglie proposte di articoli elaborati da giovani ricercatori, dando a questi ultimi la possibilità di vederne pubblicazione all’interno di una specifica sezione della Rivista, appositamente dedicata al Premio. Proprio in virtù del proposito di promuovere l’attività di ricerca scientifica, italiana come pure internazionale, e restituire così un adeguato riconoscimento al lavoro degli studiosi che la portano avanti, il Premio ha previsto la possibilità di pubblicare, oltre al miglior saggio proposto e in quanto tale vincitore del Premio, anche altri contributi ritenuti qualitativamente validi.
L’ultima edizione del Premio ha visto vincitore il dottor Luca Gili con un saggio dal titolo L’Aristotele di Vittorio Sainati e l’Aristotele dei contemporanei. È stato un immenso piacere, per la casa editrice e per la Commissione giudicatrice, poter conferire il premio a un lavoro che fosse la testimonianza vivente dell’operato di colui per il quale esso è stato istituito: la qualità della ricerca scientifica in sé e l’eredità filosofica lasciata da Sainati ai ricercatori delle nuove generazioni.
Attualmente è in corso la XII edizione del Premio, giunta già alla seconda fase prevista dal relativo bando. Nei prossimi mesi, la Giuria valuterà le proposte dei concorrenti al fine di selezionare, in vista della pubblicazione, il lavoro migliore e, eventualmente, gli altri articoli meritevoli. Entro la fine della primavera verrà quindi proclamato il nome del vincitore. A seguito dell’esito dell’edizione in corso, inoltre, verrà organizzata una cerimonia di premiazione ospitata dall’Università di Pisa, nella quale sarà presentata la nuova versione assunta dal Premio e saranno menzionati i lavori vincitori delle ultime due edizioni.
Fabbricare dispositivi elettronici sempre più piccoli, come i transistor, definendo materiali e strutture atomo per atomo, è possibile grazie a metodi di ingegneria quantistica. Lo dimostra una ricerca pubblicata su Nature Nanotechnology e condotta dal dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, l’Università di Texas a Dallas e dall’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, coinvolti nel progetto europeo Graphene Flagship. La ricerca apre prospettive sul futuro delle tecnologie digitali che potranno essere disegnate atomo per atomo tramite supercomputer in una fabbrica digitale.
Da più di mezzo secolo, l’aumento della potenza dei computer è legato alla miniaturizzazione dei transistor, i dispositivi elementari presenti in ogni circuito elettronico. La miniaturizzazione ha consentito di inserire un numero maggiore di transistor, più veloci ed efficienti, in un singolo circuito e quindi di costruire calcolatori sempre più potenti. Oggi i transistor sono arrivati a dimensioni di poche decine di nanometri. Il nuovo studio dimostra che esiste una tecnica per procedere oltre, usando materiali bidimensionali per ottenere un controllo a livello di singolo atomo e arrivando a dimensioni di pochi nanometri.
Il team italo-statunitense ha delineato le possibili strategie per progettare e realizzare transistor intervenendo direttamente sulla struttura degli atomi attraverso la sovrapposizione di “fogli” di materiali bidimensionali. I materiali bidimensionali sono materiali il cui spessore è dato da pochi atomi, ma hanno una superficie molto ampia, che ha permesso ai ricercatori di creare strutture composite, costituite da fogli di materiali diversi e assemblati lateralmente e verticalmente. Le strutture così ottenute si chiamano eterostrutture, e possono essere verticali, se i materiali sono impilati uno sull’altro, oppure laterali, se gli strati di materiali bidimensionali vengono disposti l’uno accanto all’altro.
“Queste strutture ci permettono di fare una ingegneria quantistica – spiega Giuseppe Iannaccone, professore di elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa – ovvero di produrre artificialmente materiali e dispositivi completi, le cui proprietà elettroniche e le cui funzioni siano progettate e ottimizzate atomo per atomo”.
Il team ha dimostrato che con i materiali costruiti come eterostrutture laterali è possibile realizzare transistor e processori digitali, con prestazioni che potranno essere sempre più elevate. Tale tecnica potrà sostituire gli attuali metodi di miniaturizzazione dei dispositivi elettronici.
“Le tecnologie di fabbricazione dei materiali bidimensionali hanno fatto progressi notevoli negli ultimi anni, ma siamo ancora all’inizio dell’individuazione dei processi che ci permettono di fare crescere in laboratorio eterostrutture laterali – sottolinea Francesco Bonaccorso, ricercatore dell’IIT-Istituto Italiano di Tecnologia – per questo motivo è estremamente utile esplorare le innumerevoli possibilità con simulazioni su larga scala, in modo da concentrare gli investimenti dove la probabilità di successo è massima”.
Le prestazioni dei nuovi materiali sono stati studiati tramite una sistema di “design” per l’ingegneria quantistica, cioè un sistema di simulazione a computer basato su super calcolatori e sofisticati software, i quali permettono di costruire dispositivi comprendenti migliaia di atomi. Grazie a queste simulazioni i ricercatori possono esplorare le caratteristiche e le potenzialità tecnologiche dei materiali e delle strutture ottenute dalla loro combinazione, realizzando una vera fabbrica virtuale. Una volta individuati i transistor più promettenti, sarà necessario verificare se la loro produzione su larga scala sia un obiettivo raggiungibile su scala industriale.
Dal 18 al 21 marzo, un gruppo di studenti dei dipartimenti Scienze Politiche e di Giurisprudenza dell’Università di Pisa hanno partecipato alle Giornate di studio italo-spagnole all’Università di Cadìz (Spagna), coordinate dai professori Rita Biancheri, Alfredo Fioritto e Josè Maria Perez Monguiò e organizzate nell’ambito dei progetti di internazionalizzazione dell’Ateneo pisano. Gli incontri, che proseguono da alcuni anni, promuovono uno scambio di esperienze non solo sul piano didattico ma anche sui contenuti delle ricerche e vedono gli studenti direttamente coinvolti nella formazione e nella crescita di una comunità che sia aperta al confronto e anche efficace sul piano dell’apprendimento dei contenuti professionalizzanti.
I temi affrontati nell’ultima edizione sono stati rispettivamente: “La violencia social y mecanismos para su control: especial consideraciòn a la violencia de genero” e “Desafìos actuales del derecho administativo España-Italia”. Le riflessioni scientifiche, condivise dai docenti delle due università durante i seminari tenuti sia a Pisa che a Cadìz, saranno prossimamente pubblicati in un volume edito dalla Pisa University Press, con l’intento di stimolare il dibattito in ottica multidisciplinare e aprire ad un proficua comparazione sui contenuti discussi durante i lavori.
Le giornate si sono concluse con la visita al municipio di El Puerto Santa Maria dove il sindaco, David de la Encina Ortega, ha spiegato il funzionamento amministrativo del Comune e le attività dei diversi settori - in particolare l’organizzazione del servizio sociale - permettendo agli studenti di conoscere l’attuazione delle diverse policies.