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Si terrà giovedì 10 ottobre, alle ore 9,30 al Centro Congressi delle Benedettine, la proiezione del documentario “Le origini dell’informatica e del networking a Pisa: il professor Gianfranco Capriz racconta”, in cui uno dei principali protagonisti ripercorre la storia dell'informatica pisana e italiana, dalla nascita della Calcolatrice Elettronica Pisana nella prima metà degli anni Cinquanta allo sviluppo della linguistica computazionale, della computer music e del controllo dei satelliti in orbita, dal primo collegamento italiano a internet del 1986 fino alle ultime evoluzioni in ambito quantistico.
Inserito all'interno del programma dell'Internet Festival, il documentario è stato prodotto dalla Fondazione Galileo Galilei, con la partecipazione dell’Università di Pisa e del CNR. Scritto da Gianfranco Capriz, è stato diretto da Alessandra Valvani e condotto da Luciano Lenzini.
Prima della proiezione il documentario sarà presentato dai professori Nicoletta De Francesco e Luciano Lenzini, mentre subito dopo gli studenti potranno interagire con un panel di esperti (Antonio Blasco Bonito, Erina Ferro, Fabio Gadducci e lo stesso Luciano Lenzini) e avranno la possibilità di visitare la mostra interattiva “Hello World”, che mostra l’evoluzione degli strumenti per il calcolo, dalle macchine meccaniche fino ad arrivare ai computer Apple, coprendo un arco temporale che va dalla seconda metà dell’ottocento fino a primi anni duemila.

Marco Cilibrasi, laureato all’Università di Pisa, ha vinto il Premio “Stefano Magini” per la migliore tesi di laurea magistrale in astrofisica istituito nel 2016 dall’Osservatorio astrofisico dell’Inaf di Arcetri. Il riconoscimento gli è stato consegnato ad ottobre nella sede dell’Osservatorio e vincitore con lui ex-aequo c’era anche Antonio Pensabene laureato all’Università di Firenze.
Cilibrasi, ora dottorando all’Università di Zurigo in Svizzera, nella sua tesi ha studiato i processi di formazione e di evoluzione orbitale dei satelliti galileiani di Giove attraverso l’utilizzo di un metodo semi-analitico. Ad affiancarlo nel lavoro sono stati il professore Lucio Mayer e la dottoressa Judit Szulagyi dell'Università di Zurigo, con il supporto del professore Paolo Paolicchi dell'Ateneo pisano come relatore interno.
“Posso dire che la mia esperienza in UniPi sia stata molto positiva, soprattutto a livello di Laurea Triennale, passaggio a mio avviso fondamentale, dove noi studenti apprendiamo le basi della nostra materia – ha detto Cilibrasi – all’Università di Pisa ho trovato un ambiente molto stimolante e un livello didattico molto alto che, insieme agli insegnamenti paralleli della Scuola Normale Superiore di cui sono stato studente, mi ha messo positivamente in difficoltà, riuscendo a farmi fare un salto di qualità e spingendomi sempre a dare il massimo”.
“Un altro aspetto fondamentale della mia esperienza in UniPi – ha concluso Cilibrasi - è stato il rapporto con gli altri studenti, essere circondato da persone così brave e appassionate ha avuto un riflesso molto positivo sui miei studi e, soprattutto ora che mi trovo presso un ateneo estero, mi ha fatto capire quanto il livello scientifico italiano sia alto, anche in confronto con molti altri Paesi, nonostante la spesso lamentata carenza di risorse”.

 

Si chiamano ipossia e acidificazione i due pericoli che insieme possono minacciare gravemente la salute degli oceani e l’intero clima del nostro pianeta. L’unione di questi due stress ambientali di origine antropica è infatti in grado di minare l’equilibrio dei fondali marini, un ecosistema fragile ma fondamentale per contribuire alla cattura ed al sequestro di CO2 dall’atmosfera. Questo rischio ambientale è stato per la prima volta messo a fuoco da uno studio coordinato dai ricercatori dell’Università di Pisa e pubblicato sulla rivista “Global Change Biology”. La ricerca, finanziata in parte dal MIUR tramite il progetto TETRIS, è stata condotta da Chiara Ravaglioli e Fabio Bulleri del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano, in collaborazione con il Plymouth Marine Laboratory, la Southampton University e la Florida State University.
Secondo i ricercatori a minacciare l’equilibrio dei fondali marini sarebbe proprio l’azione congiunta di questi due fenomeni in gran parte dipendenti dalle attività umane. L’acidificazione corrisponde infatti ad un aumento della concentrazione di CO2 nei mari provocato da un incremento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera; l’ipossia è invece un fenomeno che deriva da una diminuzione di ossigeno negli oceani causato da accumulo eccessivo di nutrienti, legato per esempio all’uso dei fertilizzanti in agricoltura.
“Eventi di ipossia, come quello simulato nel nostro studio, si osservano frequentemente lungo le zone marine costiere e la previsione è che si intensifichino ulteriormente a causa dei cambiamenti climatici – spiega la dottoressa Chiara Ravaglioli prima autrice dell’articolo - Valutarne gli effetti legati all’azione simultanea dell’acidificazione è quindi fondamentale per capire come gli ecosistemi marini risponderanno a queste condizioni in un possibile scenario futuro”.
Per condurre la sperimentazione, i ricercatori hanno utilizzato dei “mesocosmi” di ultima generazione, cioè dei laboratori in cui vengono simulate le condizioni degli ecosistemi marini. Durante i test, gli scienziati hanno marcato le alghe con carbonio-13 per seguire il flusso di carbonio, dalla sua assunzione da parte degli invertebrati marini sino al successivo accumulo nel sedimento.
“I risultati della nostra ricerca forniscono indicazioni importanti per la gestione dei sistemi marini – sottolinea Fabio Bulleri - ad esempio, la riduzione di uno stress che agisce su scala locale o regionale, come ad esempio un apporto eccessivo di nutrienti, può mitigare gli impatti del cambiamento climatico come l’acidificazione sui sedimenti marini”.
Lo studio degli habitat marini è un filone di ricerca consolidato nell’Ateneo pisano. Protagonista di questa ricerca è Chiara Ravaglioli, 31 anni di Sinalunga (Siena), attualmente assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Biologia, unità di Biologia Marina ed Ecologia. I suoi principali interessi di ricerca riguardano lo studio degli effetti dei cambiamenti climatici globali e delle attività umane sulle comunità marine costiere.
Insieme a lei ha coordinato lo studio Fabio Bulleri, 49 anni di Livorno, professore associato del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa dove tiene i corsi di Ecologia ed Impatto dei Cambiamenti Climatici in Ambienti Marini. La sua attività di ricerca che conta all’attivo circa 90 articoli su riviste scientifiche indicizzate è incentrata sugli ambienti marini costieri, utilizzati come sistemi modello per affrontare tematiche di ecologia di base.

Didascalia:
Da destra Chiara Ravaglioli dell’Università di Pisa e Ana Queiros del Plymouth Marine laboratory, durante lo svolgimento dell’esperimento
Descrizione della figura:
La vasca di mesocosmi (1m3), riempita di acqua di mare, in cui sono stati collocati i cilindri trasparenti contenenti il sedimento con la comunità di invertebrati marini. All’interno di ciascun cilindro sono state manipolate le diverse condizioni sperimentali (alcuni erano mantenuti in condizioni naturali, altri sottoposti ad un aumento di CO2 o una diminuzione di O2 o la combinazione dei due stress). La CO2 è stata iniettata all’interno di ciascun cilindro grazie all’utilizzo dei piccoli tubi di plastica che si vedono in foto. La concentrazione di O2 è stata manipolata sigillando con silicone tutte le aperture del cilindro per circa 48 h.

 

Marco Cilibrasi, laureato all’Università di Pisa, ha vinto il Premio “Stefano Magini” per la migliore tesi di laurea magistrale in astrofisica istituito nel 2016 dall’Osservatorio astrofisico dell’Inaf di Arcetri. Il riconoscimento gli è stato consegnato ad ottobre nella sede dell’Osservatorio e vincitore con lui ex-aequo c’era anche Antonio Pensabene laureato all’Università di Firenze.


Cilibrasi, ora dottorando all’Università di Zurigo in Svizzera, nella sua tesi ha studiato i processi di formazione e di evoluzione orbitale dei satelliti galileiani di Giove attraverso l’utilizzo di un metodo semi-analitico. Ad affiancarlo nel lavoro sono stati il professore Lucio Mayer e la dottoressa Judit Szulagyi dell'Università di Zurigo, con il supporto del professore Paolo Paolicchi dell'Ateneo pisano come relatore interno.

 

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La premiazione dei vincitori. Da sinistra: Maria Grazia Magini, Marco Cilibrasi, Antonio Pensabene e Sofia Randich (direttrice dell’Osservatorio astrofisico di Arcetri). Crediti: Rossella Spiga / Media Inaf

 


“Posso dire che la mia esperienza in UniPi sia stata molto positiva, soprattutto a livello di Laurea Triennale, passaggio a mio avviso fondamentale, dove noi studenti apprendiamo le basi della nostra materia – ha detto Cilibrasi – all’Università di Pisa ho trovato un ambiente molto stimolante e un livello didattico molto alto che, insieme agli insegnamenti paralleli della Scuola Normale Superiore di cui sono stato studente, mi ha messo positivamente in difficoltà, riuscendo a farmi fare un salto di qualità e spingendomi sempre a dare il massimo”.


“Un altro aspetto fondamentale della mia esperienza in UniPi – ha concluso Cilibrasi - è stato il rapporto con gli altri studenti, essere circondato da persone così brave e appassionate ha avuto un riflesso molto positivo sui miei studi e, soprattutto ora che mi trovo presso un ateneo estero, mi ha fatto capire quanto il livello scientifico italiano sia alto, anche in confronto con molti altri Paesi, nonostante la spesso lamentata carenza di risorse”.

Didascalia foto:
La premiazione dei vincitori. Da sinistra: Maria Grazia Magini, Marco Cilibrasi, Antonio Pensabene e Sofia Randich (direttrice dell’Osservatorio astrofisico di Arcetri). Crediti: Rossella Spiga / Media Inaf

Si chiamano ipossia e acidificazione i due pericoli che insieme possono minacciare gravemente la salute degli oceani e l’intero clima del nostro pianeta. L’unione di questi due stress ambientali di origine antropica è infatti in grado di minare l’equilibrio dei fondali marini, un ecosistema fragile ma fondamentale per contribuire alla cattura ed al sequestro di CO2 dall’atmosfera. Questo rischio ambientale è stato per la prima volta messo a fuoco da uno studio coordinato dai ricercatori dell’Università di Pisa e pubblicato sulla rivista “Global Change Biology”. La ricerca, finanziata in parte dal MIUR tramite il progetto TETRIS, è stata condotta da Chiara Ravaglioli e Fabio Bulleri del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo pisano, in collaborazione con il Plymouth Marine Laboratory, la Southampton University e la Florida State University.

 

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Da destra Chiara Ravaglioli dell’Università di Pisa e Ana Queiros del Plymouth Marine laboratory, durante lo svolgimento dell’esperimento

 


Secondo i ricercatori a minacciare l’equilibrio dei fondali marini sarebbe proprio l’azione congiunta di questi due fenomeni in gran parte dipendenti dalle attività umane. L’acidificazione corrisponde infatti ad un aumento della concentrazione di CO2 nei mari provocato da un incremento delle emissioni di CO2 nell’atmosfera; l’ipossia è invece un fenomeno che deriva da una diminuzione di ossigeno negli oceani causato da accumulo eccessivo di nutrienti, legato per esempio all’uso dei fertilizzanti in agricoltura.

“Eventi di ipossia, come quello simulato nel nostro studio, si osservano frequentemente lungo le zone marine costiere e la previsione è che si intensifichino ulteriormente a causa dei cambiamenti climatici – spiega la dottoressa Chiara Ravaglioli prima autrice dell’articolo - Valutarne gli effetti legati all’azione simultanea dell’acidificazione è quindi fondamentale per capire come gli ecosistemi marini risponderanno a queste condizioni in un possibile scenario futuro”.

Per condurre la sperimentazione, i ricercatori hanno utilizzato dei “mesocosmi” di ultima generazione, cioè dei laboratori in cui vengono simulate le condizioni degli ecosistemi marini. Durante i test, gli scienziati hanno marcato le alghe con carbonio-13 per seguire il flusso di carbonio, dalla sua assunzione da parte degli invertebrati marini sino al successivo accumulo nel sedimento.

“I risultati della nostra ricerca forniscono indicazioni importanti per la gestione dei sistemi marini – sottolinea Fabio Bulleri - ad esempio, la riduzione di uno stress che agisce su scala locale o regionale, come ad esempio un apporto eccessivo di nutrienti, può mitigare gli impatti del cambiamento climatico come l’acidificazione sui sedimenti marini”.

 

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La vasca di mesocosmi (1m3), riempita di acqua di mare, in cui sono stati collocati i cilindri trasparenti contenenti il sedimento con la comunità di invertebrati marini. All’interno di ciascun cilindro sono state manipolate le diverse condizioni sperimentali (alcuni erano mantenuti in condizioni naturali, altri sottoposti ad un aumento di CO2 o una diminuzione di O2 o la combinazione dei due stress). La CO2 è stata iniettata all’interno di ciascun cilindro grazie all’utilizzo dei piccoli tubi di plastica che si vedono in foto. La concentrazione di O2 è stata manipolata sigillando con silicone tutte le aperture del cilindro per circa 48 h.



Lo studio degli habitat marini è un filone di ricerca consolidato nell’Ateneo pisano. Protagonista di questa ricerca è Chiara Ravaglioli, 31 anni di Sinalunga (Siena), attualmente assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Biologia, unità di Biologia Marina ed Ecologia. I suoi principali interessi di ricerca riguardano lo studio degli effetti dei cambiamenti climatici globali e delle attività umane sulle comunità marine costiere.

Insieme a lei ha coordinato lo studio Fabio Bulleri, 49 anni di Livorno, professore associato del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa dove tiene i corsi di Ecologia ed Impatto dei Cambiamenti Climatici in Ambienti Marini. La sua attività di ricerca che conta all’attivo circa 90 articoli su riviste scientifiche indicizzate è incentrata sugli ambienti marini costieri, utilizzati come sistemi modello per affrontare tematiche di ecologia di base.

 

L'associazione L’IstaMina ha pubblicato una guida del laureando per gli studenti del corso di laurea in Medicina e Chirurgia.

La publicazione sarà distribuita lunedì 14 ottobre alle 13:30 durante un'assemblea dedicata.

La  guida è stata realizzata con i fondi di ateneo per le attività studentesche autogestite (rif. 2008).

Scarica il pdf della Guida

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Martedì, 08 Ottobre 2019 06:41

Guida del Laureando in Medicina e Chirurgia

L'associazione L’IstaMina ha pubblicato una guida del laureando per gli studenti del corso di laurea in Medicina e Chirurgia.

La publicazione sarà distribuita mercoledì 16 ottobre alle 13:30 durante un'assemblea dedicata.

La  guida è stata realizzata con i fondi di ateneo per le attività studentesche autogestite (rif. 2008).

Scarica il pdf della Guida

Info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

prize nobel3333Il premio Nobel per la Medicina 2019 è stato assegnato a William Kailin, Peter Ratcliffe e Gregg Semenza per i loro studi sui meccanismo di percezione dell’ossigeno. Peter Ratcliffe, proprio su questi temi, è stato coautore con ricercatori del PlantLab dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant’Anna e del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa di uno studio da poco pubblicato su Science.

Questo recentissimo studio è dedicato allo stesso tema con cui Peter Ratcliffe ha vinto il Nobel, ovvero la percezione dell’ossigeno, e vede come autori Pierdomenico Perata, coordinatore del PlantLab dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant’Anna; Francesco Licausi, ex allievo della Scuola Sant’Anna e professore associato al Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa; Beatrice Giuntoli, ricercatrice al Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa; Mikel Lavilla, PhD Student all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant’Anna.

“Con Peter Ratcliffe – commenta Pierdomenico Perata, a nome del gruppo di ricerca - abbiamo dimostrato come il meccanismo di oxygen sensing che noi abbiamo scoperto nelle piante funzioni anche nell’uomo e quindi si affianchi al meccanismo basato su HIF-1 che ha portato lo scienziato al Nobel per la Medicina 2019”.

Il gruppo di ricerca, composto da Pierdomenico Perata, Francesco Licausi, Beatrice Giuntoli e Adrian Weits, ricercatore all’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna, aveva già pubblicato due studi, rispettivamente sul meccanismo della percezione dell’ossigeno nelle piante e sulla scoperta degli enzimi responsabili, rivelatisi poi presenti anche nell’uomo nello studio che ha visto i ricercatori della Scuola Sant’Anna e dell’Università di Pisa insieme al gruppo di ricerca di Peter Ratcliffe a Oxford.

Lunedì, 07 Ottobre 2019 10:24

Spettacolo teatrale "Un uomo che soffre"

Sabato 12 ottobre alle 21:00 al Teatro Nuovo di Pisa (Piazza della Stazione 16), va in scena lo spettacolo di teatro comico "Un uomo che soffre" con Antonio Calandrino e Paolo Giacomelli.

Ingresso gratuito.

L'evento è organizzato dall'Associazione NEWS con il contributo finanziario dell'ateneo per le attività studentesche autogestite (rif.1963).

Info Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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