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Sono 84 gli iscritti alla dodicesima edizione del corso di alta formazione in "Giustizia costituzionale e tutela giurisdizionale dei diritti" che si terrà a Pisa dal 16 gennaio al 3 febbraio. Il corso, organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Pisa con il coordinamento scientifico del professor Roberto Romboli, durerà tre settimane. Dopo due edizioni svolte “a distanza”, il percorso formativo torna ad assumere i tratti tradizionali sia per durata che per modalità di erogazione, tornando ad essere svolto in presenza.

I partecipanti provengono dall’Europa (Italia e Spagna) e, in larghissima misura, da Paesi dell’America Latina; i quasi cento docenti che si alterneranno sono italiani, spagnoli, centro e sudamericani. Oltre ai seminari su tematiche che vanno dai modelli di giustizia costituzionale, alla tutela sovranazionale dei diritti fondamentali, il corso vedrà affrontare casi pratici connessi all’attualità costituzionale, attraverso l’analisi di sentenze che hanno inciso nel campo della protezione dei diritti umani. All’interno del corso sono programmate conferenze tenute da ospiti illustri, tra cui Luigi Ferrajoli, Eduardo Ferrer-Mac Gregor, Lucio Pegoraro e Gustavo Zagrebelsky.

Per approfondire: https://cafdirittifondamentali.jus.unipi.it.

Da rifiuto a risorsa. La lignina, principale prodotto di scarto dell’industria cartiera, potrebbe presto essere alla base di una piccola, ma significativa rivoluzione “green” nell’elettronica. Uno studio internazionale, guidato dal Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa e recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Advanced Sustainable Systems”, ha infatti dimostrato un suo possibile impiego nella produzione dei transistor integrati in dispostivi leggeri, flessibili e trasportabili, come i nostri tablet e cellulari.

Ecologica, economica e sostenibile, questa nuova tipologia di transistor permetterebbe di non sprecare più le circa 80 milioni di tonnellate di lignina prodotte ogni anno e, attualmente, destinate ad essere bruciate in bioraffinerie con scarso rendimento. Un uso veramente poco dignitoso per uno dei biopolimeri più abbondanti sulla Terra, prodotto dalle piante.

Da domani, invece, grazie a quella che è la prima ricerca scientifica in cui la lignina viene applicata come materiale attivo in un transistor, si potrà pensare ad una sua applicazione nell’elettronica del futuro. Senza che questo, peraltro, comporti modifiche agli attuali processi produttivi.

“L’uso della lignina permette non solo di abbattere i costi di produzione, ma anche di ottenere dispositivi più sostenibili e meno impattanti per l’ambiente – spiega la professoressa Alessandra Operamolla dell’Università di Pisa, responsabile del progetto – Al momento, però, non ci sono reali usi di massa per questo polimero anche se il mondo della ricerca sta cercando di valorizzarla come fonte di materie prime. Fino ad oggi, però, i ricercatori si sono concentrati principalmente su un suo possibile utilizzo nella produzione di sostanze chimiche, di resine e di altri materiali potenzialmente utili per sostituire le plastiche derivanti dal petrolio. Il suo impiego nella produzione di transistor potrebbe essere, invece, la prima soluzione concreta ad uno spreco di risorse non più accettabile”.

Dallo studio approfondito che il gruppo di ricercatori - composto da chimici organici e analitici e da fisici dell’Università di Pisa, della Johannes Kepler Universität di Linz e dell’Università degli Studi di Bari - ha condotto sulla struttura del polimero e sulle sue prestazioni all’interno del dispositivo, è emersa, peraltro, una relazione tra il processo di produzione della lignina e le sue performance. Tanto che, adesso, i ricercatori sono al lavoro proprio per definire dei processi di estrazione che permettano di ottenere lignina di più alta qualità, rendendo così maggiormente sostenibili, da un punto di vista ambientale, anche i processi di produzione della polpa di cellulosa da cui viene fabbricata la carta.

Fanno parte del gruppo di ricerca: la dottoressa Rosarita D’Orsi e le professoresse Jeannette J. Lucejko e Alessandra Operamolla del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa; Cristian Vlad Irimia, Bilge Kahraman, i dottori Yasin Kanbur, Cigdem Yumusak e Mateusz Bednorz e il professor Mihai Irimia-Vladu dalla Johannes Kepler Universität (Austria) e il Prof. Francesco Babudri del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari.

corso giustizia homeSono 84 gli iscritti alla dodicesima edizione del corso di alta formazione in "Giustizia costituzionale e tutela giurisdizionale dei diritti" che si terrà a Pisa dal 16 gennaio al 3 febbraio. Il corso, organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza con il coordinamento scientifico del professor Roberto Romboli, durerà tre settimane.

Dopo due edizioni svolte “a distanza”, il CAF torna ad assumere i tratti tradizionali sia per durata che per modalità di erogazione, tornando ad essere svolto in presenza. I partecipanti provengono dall’Europa (Italia e Spagna) e, in larghissima misura, da Paesi dell’America Latina; i quasi 100 docenti che si alterneranno sono italiani, spagnoli, centro e sudamericani.

Oltre ai seminari su tematiche che vanno dai modelli di giustizia costituzionale, alla tutela sovranazionale dei diritti fondamentali, il corso vedrà affrontare casi pratici connessi all’attualità costituzionale, attraverso l’analisi di sentenze che hanno inciso nel campo della protezione dei diritti umani. All’interno del corso sono programmate conferenze tenute da ospiti illustri, tra cui Luigi Ferrajoli, Eduardo Ferrer-Mac Gregor, Lucio Pegoraro e Gustavo Zagrebelsky.

Per approfondire: https://cafdirittifondamentali.jus.unipi.it.

L'associazione Sinistra per... Scienze presenta la brochure "Miniguida alla sessione", una guida tascabile rivolta alla comunità studentesca con l'obiettivo di illustrare i principali diritti in sede d'esame normati dal Regolamento didattico d'Ateneo.

Vi si trovano quindi informazioni utili sulla sessione d'esami e le modalità di svolgimento e fruizione degli appelli, in modo da creare maggiore consapevolezza della comunità studentesca verso i propri diritti.

La distribuzione della pubblicazione comincerà il 16 gennaio. Si tratta di un'attività autogestita svolta con il contributo finanziario dell'Università di Pisa.

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Da rifiuto a risorsa. La lignina, principale prodotto di scarto dell’industria cartiera, potrebbe presto essere alla base di una piccola, ma significativa rivoluzione “green” nell’elettronica. Uno studio internazionale, guidato dal Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa e recentemente pubblicato sulla rivista scientifica “Advanced Sustainable Systems”, ha infatti dimostrato un suo possibile impiego nella produzione dei transistor integrati in dispostivi leggeri, flessibili e trasportabili, come i nostri tablet e cellulari.

Ecologica, economica e sostenibile, questa nuova tipologia di transistor permetterebbe di non sprecare più le circa 80 milioni di tonnellate di lignina prodotte ogni anno e, attualmente, destinate ad essere bruciate in bioraffinerie con scarso rendimento. Un uso veramente poco dignitoso per uno dei biopolimeri più abbondanti sulla Terra, prodotto dalle piante.

 

transistor lignina interno

 

Da domani, invece, grazie a quella che è la prima ricerca scientifica in cui la lignina viene applicata come materiale attivo in un transistor, si potrà pensare ad una sua applicazione nell’elettronica del futuro. Senza che questo, peraltro, comporti modifiche agli attuali processi produttivi.

“L’uso della lignina permette non solo di abbattere i costi di produzione, ma anche di ottenere dispositivi più sostenibili e meno impattanti per l’ambiente – spiega la professoressa Alessandra Operamolla dell’Università di Pisa, responsabile del progetto – Al momento, però, non ci sono reali usi di massa per questo polimero anche se il mondo della ricerca sta cercando di valorizzarla come fonte di materie prime. Fino ad oggi, però, i ricercatori si sono concentrati principalmente su un suo possibile utilizzo nella produzione di sostanze chimiche, di resine e di altri materiali potenzialmente utili per sostituire le plastiche derivanti dal petrolio. Il suo impiego nella produzione di transistor potrebbe essere, invece, la prima soluzione concreta ad uno spreco di risorse non più accettabile”.

 

team di lavoro

Da sinistra verso destra: Prof.ssa Jeannette Lucejko, docente di Chimica Analitica presso il DCCI; Dott.ssa Rosarita D’Orsi, Assegnista di ricerca in Chimica Organica presso il DCCI; Dott. Mihai Irimia-Vladu, Professore di Fisica presso la Johannes Kepler Universität di Linz (Austria); Dott.ssa Laura Spagnuolo, dottoranda presso il DCCI; Prof.ssa Alessandra Operamolla, docente di Chimica Organica presso il DCCI

 

Dallo studio approfondito che il gruppo di ricercatori - composto da chimici organici e analitici e da fisici dell’Università di Pisa, della Johannes Kepler Universität di Linz e dell’Università degli Studi di Bari - ha condotto sulla struttura del polimero e sulle sue prestazioni all’interno del dispositivo, è emersa, peraltro, una relazione tra il processo di produzione della lignina e le sue performance. Tanto che, adesso, i ricercatori sono al lavoro proprio per definire dei processi di estrazione che permettano di ottenere lignina di più alta qualità, rendendo così maggiormente sostenibili, da un punto di vista ambientale, anche i processi di produzione della polpa di cellulosa da cui viene fabbricata la carta.

Fanno parte del gruppo di ricerca: la dottoressa Rosarita D’Orsi e le professoresse Jeannette J. Lucejko e Alessandra Operamolla del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa; Cristian Vlad Irimia, Bilge Kahraman, i dottori Yasin Kanbur, Cigdem Yumusak e Mateusz Bednorz e il professor Mihai Irimia-Vladu dalla Johannes Kepler Universität (Austria) e il Prof. Francesco Babudri del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari.

Martedì, 10 Gennaio 2023 12:47

Alla ricerca delle piante aliene con i droni

I droni sono lo strumento ideale per monitorare la presenza di Yucca gloriosa, una pianta aliena originaria del Nord America che minaccia gli ecosistemi costieri del Mediterraneo. La conclusione arriva da uno studio sperimentale del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa appena pubblicato sulla rivista Regional Studies in Marine Science. La ricerca è stata condotta nel 2020 all'interno del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli (Parco MSRM), un'area protetta di circa 230 km2 situata nel nord della Toscana, che ospita uno dei sistemi dunali costieri meglio conservati del litorale italiano.

“Abbiamo usato il drone per quantificare la presenza di Yucca gloriosa nella Riserva della Bufalina - spiega la professoressa Daniela Ciccarelli del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa – con i tradizionali metodi di campionamento a terra ci vogliono molto più tempo, persone e soldi. Grazie ai droni invece possiamo scattare immagini ad alta risoluzione con un livello di precisione sotto il centimetro che poi analizziamo con dei software molto semplici, un passo avanti notevole anche rispetto alle ricognizioni aeree dove il livello di dettaglio delle immagini va dai 50 cm al metro”.
 
Il drone si è rivelato uno strumento ideale anche per le caratteristiche morfologiche di Yucca gloriosa, soprattutto a livello fogliare, che la rendono particolarmente riconoscibile. La vegetazione delle dune costiere è infatti un mosaico di diverse comunità vegetali difficile da identificare e valutare. La sperimentazione ha previsto una decina di voli effettuati a un’altitudine di 35 m sul livello del mare tra le 11 e le 13 di giorno, per ridurre al minimo le ombre. Da questo punto di vista è emerso che il periodo migliore per il monitoraggio è la primavera, quando i raggi delle radiazioni del sole sono più perpendicolari.

“La lotta contro la Yucca del Parco è una lotta antica e a metà anni Duemila era stato attivato un progetto europeo per combatterla – dice Ciccarelli – Questa pianta, che ruba spazio al ginepro coccolone, la specie spontanea autoctona, ricresce anche da piccoli frammenti di rizoma, cioè di fusti sotterranei”. 

“La nostra ricognizione – conclude Ciccarelli - ha rivelato la presenza di circa 1800-2200 cespi di Yucca gloriosa corrispondenti a meno dell’1 per cento dell’area studiata, non molto apparentemente, anche se in realtà l’aspetto critico da tenere sotto controllo è la dimensione di questi agglomerati compito che i droni svolgono in maniera del tutto efficace”.

La ricerca pubblicata è partita da una tesi di laurea triennale della dottoressa Elena Cini attualmente studentessa magistrale in tesi con la professoressa Ciccarelli. Oltre all’Ateneo pisano i partner coinvolti sono gli istituti di Fisiologia Clinica, di Bioeconomia e di Scienze Marine del Cnr e l’Universidad del Atlántico della Colombia.




 

Martedì, 10 Gennaio 2023 10:26

Alla ricerca delle piante aliene con i droni

I droni sono lo strumento ideale per monitorare la presenza di Yucca gloriosa, una pianta aliena originaria del Nord America che minaccia gli ecosistemi costieri del Mediterraneo. La conclusione arriva da uno studio sperimentale del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa appena pubblicato sulla rivista Regional Studies in Marine Science. La ricerca è stata condotta nel 2020 all'interno del Parco Regionale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli (Parco MSRM), un'area protetta di circa 230 km2 situata nel nord della Toscana, che ospita uno dei sistemi dunali costieri meglio conservati del litorale italiano.

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Esemplari di Yucca gloriosa ripresi dal drone

“Abbiamo usato il drone per quantificare la presenza di Yucca gloriosa nella Riserva della Bufalina - spiega la professoressa Daniela Ciccarelli del dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa – con i tradizionali metodi di campionamento a terra ci vogliono molto più tempo, persone e soldi. Grazie ai droni invece possiamo scattare immagini ad alta risoluzione con un livello di precisione sotto il centimetro che poi analizziamo con dei software molto semplici, un passo avanti notevole anche rispetto alle ricognizioni aeree dove il livello di dettaglio delle immagini va dai 50 cm al metro”.
 
Il drone si è rivelato uno strumento ideale anche per le caratteristiche morfologiche di Yucca gloriosa, soprattutto a livello fogliare, che la rendono particolarmente riconoscibile. La vegetazione delle dune costiere è infatti un mosaico di diverse comunità vegetali difficile da identificare e valutare. La sperimentazione ha previsto una decina di voli effettuati a un’altitudine di 35 m sul livello del mare tra le 11 e le 13 di giorno, per ridurre al minimo le ombre. Da questo punto di vista è emerso che il periodo migliore per il monitoraggio è la primavera, quando i raggi delle radiazioni del sole sono più perpendicolari.

 

YUCCA4.jpg

Ricercatori Unipi al lavoro sul campo

“La lotta contro la Yucca del Parco è una lotta antica e a metà anni Duemila era stato attivato un progetto europeo per combatterla – dice Ciccarelli – Questa pianta, che ruba spazio al ginepro coccolone, la specie spontanea autoctona, ricresce anche da piccoli frammenti di rizoma, cioè di fusti sotterranei”. 

“La nostra ricognizione – conclude Ciccarelli - ha rivelato la presenza di circa 1800-2200 cespi di Yucca gloriosa corrispondenti a meno dell’1 per cento dell’area studiata, non molto apparentemente, anche se in realtà l’aspetto critico da tenere sotto controllo è la dimensione di questi agglomerati compito che i droni svolgono in maniera del tutto efficace”.

La ricerca pubblicata è partita da una tesi di laurea triennale della dottoressa Elena Cini attualmente studentessa magistrale in tesi con la professoressa Ciccarelli. Oltre all’Ateneo pisano i partner coinvolti sono gli istituti di Fisiologia Clinica, di Bioeconomia e di Scienze Marine del Cnr e l’Universidad del Atlántico della Colombia.




 

Il Centro interdisciplinare Scienze per la pace dell’Università di Pisa, all’interno della sua Scuola triennale Formatori e Formatrici, organizza il corso di formazione online “L’arte di fare domande”.

Il corso ha una durata complessiva di 16 ore.

Le iscrizioni sono aperte fino a giovedì 26 gennaio 2023 alle ore 12:00.
Quote ridotte per chi si iscrive entro giovedì 19 gennaio 2023.
Quote agevolate riservate al personale Unipi.

Tutte le informazioni al link: https://cisp.unipi.it/formazione/i-corsi-della-scuola/corso-larte-di-fare-domande/

 

Entro il 2026 potremmo essere in grado di individuare precocemente il morbo di Parkinson sulla base di uno studio personalizzato del sonno. E questo grazie a NAP, l’innovativo progetto di ricerca coordinato dall’Università di Pisa e il cui inizio è fissato il 1° marzo 2023.

Finanziato con tre milioni di euro dal programma per la ricerca e l'innovazione dell'Unione Europea “Horizon Europe” – di cui 800.000 destinati all’Ateneo pisano -, il progetto NAP ha come obiettivo quello di utilizzare, per la prima volta in questo particolare campo di indagine, degli organoidi cerebrali, ossia dei modelli cellulari tridimensionali avanzati del cervello umano.

“Riuscire ad individuare per tempo il morbo di Parkinson, anche prima che inizino i tremori tipici, è fondamentale per controllare la malattia, gestirne l’evoluzione e garantire al paziente una miglior qualità della vita - spiega Chiara Magliaro, ricercatrice presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa e il Centro di Ricerca ‘E. Piaggio’ e responsabile del progetto - Con la tecnologia che intendiamo sviluppare grazie al progetto NAP, sarà possibile farlo in maniera personalizzata”.

Chiara Magliaro 2 interna

Una diagnosi precoce, quella a cui punta l’Ateneo pisano, resa ancor più importante dall’attuale mancanza di una cura efficace contro il Parkinson. Ad oggi, infatti, il paziente si rende conto di avere questo morbo solo all’insorgere dei primi tremori quando, però, circa il 90% dei suoi neuroni è ormai già compromesso.

A differenza delle classiche tecniche di diagnosi – prosegue Magliaro – quella che stiamo approntando non è invasiva e permetterà di individuare il morbo di Parkinson attraverso screening precoci e di capire la predisposizione o meno di un soggetto a questa malattia che, come altre di tipo neurodegenerativo, ha un’incidenza crescente in una società come la nostra, che invecchia sempre di più”.

Alla base di questo nuovo dispositivo, una rivoluzionaria tecnica di indagine sul sonno che garantirà risultati più accurati rispetto a quelli normalmente permessi dagli attuali metodi di indagine. Per la prima volta al mondo, infatti, i ricercatori dell’Università di Pisa utilizzeranno gli organoidi cerebrali per mimare i ritmi sonno veglia e caratterizzare i difetti nella morfologia delle cellule neuronali attribuibili ai disturbi del sonno connessi al Parkinson.

brain organoid interno

Un organoide cerebrale visto al microscopio

 

Il progetto NAP coinvolge un consorzio internazionale multidisciplinare, con competenze che spaziano dall’ingegneria biomedica alle biotecnologie, coordinato dall’Università di Pisa e di cui fanno parte altri due enti di ricerca - l’Università di Friburgo (Germania) e l’Università di Amsterdam (Olanda) - e tre imprese, Organotherapeutics Gmbh (Lussemburgo), Atlas Neuroengineering (Belgio) e SleepActa (spin-off dell’Università di Pisa).

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