Sono Carlotta Antoniotti (a sinistra nella foto), 29 anni, originaria di Podenzana (Massa Carrara), e Marta Schirripa (a destra), di 31 anni, viterbese, entrambe specializzande in Oncologia medica all’Università di Pisa e in forze al Polo oncologico dell’Aoup-Azienda ospedaliero-universitaria pisana, due delle quattro ricercatrici italiane (le altre sono Emanuela Palmerini, del Rizzoli di Bologna e Caterina Fontanella, dell’Università di Udine) premiate con il prestigioso ‘Merit Award’ dall’ASCO - American Society of Clinical Oncology, in occasione del congresso annuale della società, il più importante appuntamento mondiale nell’ambito dell’oncologia clinica in corso a Chicago dal 3 giugno, e che si è concluso ieri.
Il premio - esattamente il “Conquer Cancer Foundation Merit Award 2016”, uno dei più ambiti fra i giovani ricercatori - è stato loro conferito per i progetti di ricerca nell’ambito delle neoplasie del colon-retto, che entrambe stanno portando avanti insieme ad un gruppo di giovani colleghi diretti dal professor Alfredo Falcone, direttore del Polo oncologico dell’Aoup (foto a destra).
Carlotta Antoniotti è stata premiata per i risultati dello studio di fase II Macbeth, un’esperienza clinica tutta italiana, che ha visto la sinergia di 21 Oncologie su tutto il territorio nazionale, coordinate dal gruppo pisano diretto dal professor Falcone. Si tratta dell’ultima tappa di una positiva storia di ricerca accademica nel tumore del colon-retto metastatico, coordinata dal gruppo cooperativo Gono (Gruppo oncologico del nord-ovest) che ha portato, grazie a un lavoro di squadra, a sviluppare una nuova strategia terapeutica per il tumore del colon-retto metastatico con intensificazione del trattamento chemioterapico in combinazione ad un farmaco biologico.
In pratica, a Chicago, sono stati presentati i risultati della valutazione di attività e tollerabilità della combinazione della tripletta chemioterapica Folfoxiri con il farmaco biologico Cetuximab su pazienti selezionati in base alle caratteristiche molecolari del tumore, studiate nel Laboratorio di cui è responsabile la professoressa Gabriella Fontanini, all’interno dell’Unità operativa di Anatomia patologica 3 dell’Aoup. I risultati hanno mostrato che, in oltre il 70% dei pazienti, si ottiene una riduzione significativa del numero e delle dimensioni delle metastasi. Il che equivale, in circa il 50% di quelli con metastasi al fegato, alla possibilità di essere anche sottoposti a resezione delle metastasi epatiche residue con potenzialità curativa.
La dottoressa Marta Schirripa, invece, che ha trascorso un soggiorno di studio all’estero alla University of Southern California e che ora sta completando la sua specializzazione a Pisa, è stata premiata per uno studio su un gene implicato nel sistema immunitario, che può avere un ruolo predittivo sempre nella prevenzione del tumore al colon. La ricercatrice ha trascorso gli ultimi nove mesi nel laboratorio diretto dal Prof. Heinz-Josef Lenz a Los Angeles, dove ha perfezionato i risultati dello studio presentato al congresso. A luglio tornerà in Italia per specializzarsi e poi – come ha dichiarato lei in questi giorni alla stampa – si trasferirà a Padova.
“Il premio ricevuto qui a Chicago non rappresenta per noi solo un motivo di orgoglio personale – spiegano le due ricercatrici - ma il riconoscimento in ambito internazionale di progetti di ricerca in cui è fondamentale la sinergia e il lavoro di squadra. Solo una collaborazione attiva a livello locale, nazionale e internazionale può dare frutto alle buone idee e all’impegno personale, soprattutto in un ambito così complesso come la patologia tumorale” (Fonte Ufficio stampa AOUP).
Evitare che la glicemia salga troppo dopo un pasto equivale a una prova da sforzo per il metabolismo del paziente affetto da diabete mellito e l’idea che per affrontarlo fosse opportuno fare prima una specie “riscaldamento” è alla base dello studio che ha messo in crisi il paradigma, molto italiano, del “primo” e del “secondo”. La ricerca, presentata all’ultimo congresso della società italiana di diabetologia (SID), è stata svolta presso il Laboratorio di Metabolismo, Nutrizione ed Aterosclerosi, diretto dal professor Andrea Natali, da due giovanissimi: Domenico Tricò, al secondo anno di specializzazione in Medicina interna, ed Emanuele Filice da poco laureato.
L’esperimento condotto per 4 settimane su 17 pazienti ha dimostrato come l’inversione delle portate ai due pasti principali fosse in grado di determinare una riduzione significativa della glicemia post-prandiale e un miglioramento nei valori dell’emoglobina glicata, il parametro più importante per giudicare il controllo metabolico.
«Questo studio è nato dall’idea che fosse possibile di sfruttare alcuni meccanismi fisiologici legati all’alimentazione per migliorare il controllo glicemico nei pazienti con diabete – spiega il prof. Natali – Recentemente avevamo dimostrato come nei pazienti con diabete un antipasto costituito da proteine e grassi fosse in grado di ridurre marcatamente l’entità dell’innalzamento glicemico prodotto dalla successiva ingestione di carboidrati e come questo avvenisse per un marcato rallentamento dello svuotamento gastrico (indotto dai grassi) e potenziamento della secrezione insulinica (indotta dalle proteine). Successivamente, per sfruttare a fini terapeutici questa specie di “pre-condizionamento” indotto dall’antipasto, senza però aumentare le calorie della giornata, abbiamo pensato che il modo più semplice fosse invertire la successione delle portate ai due pasti principali».
I risultati confermano che assieme ai più classici interventi farmacologici e sullo stile di vita – che restano comunque insostituibili – anche invertire l’ordine degli alimenti può rappresentare una strategia semplice ed efficace per curare il diabete, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia.
Nella foto in basso, da sinistra Andrea Natali, Emanuele Filice e Domenico Tricò.
Frutto della collaborazione fra Ateneo e Scuola Normale Superiore, con il contributo dell'Istituto di Neuroscienze del CNR, nasce a Pisa un nuovo corso di laurea magistrale in Neuroscience. Primo in Toscana e quasi un unicum in Italia, questo corso, tenuto interamente in inglese, sarà attivo dal prossimo anno accademico 2016-17 (per chi volesse iscriversi c’è tempo sino al 13 giugno, mentre il test di ingresso si svolgerà il 13 luglio).
“L’iniziativa si inserisce nel solco della tradizione di eccellenza pisana iniziata con Giuseppe Moruzzi negli anni ’50 e ’60 e proseguita poi con Lamberto Maffei – afferma il professore Antonino Cattaneo della Scuola Normale Superiore - e grazie a questa eredità scientifica la città offre un contesto attivo e competitivo che può contribuire in maniera significativa alla crescita e allo sviluppo delle neuroscienze in Italia e nel panorama internazionale”.
L'obiettivo del corso di laurea magistrale in Neuroscience sarà di formare i futuri scienziati che studieranno il cervello e le basi molecolari, cellulari e circuitali delle funzioni cognitive superiori. I candidati ideali non sono solo coloro in possesso di una formazione strettamente biologica, ma anche studenti con percorsi formativi tra i più vari, come matematica, fisica o filosofia. Il fatto che il corso sia tenuto in lingua inglese vuole inoltre favorire l'internazionalizzazione sia in entrata che in uscita.
“La nostra esperienza di docenti ci conferma che le neuroscienze affascinano ed attirano molti giovani studenti – spiega Maria Concetta Morrone docente di Fisiologia dell’Ateneo pisano - tuttavia, non sempre l’offerta formativa dell’università italiana sembra adeguata a soddisfare queste esigenze in termini di percorsi di studio, dal momento che in Italia, al contrario che all’estero, sono estremamente pochi i corsi di laurea magistrale che abbiano come principale obiettivo lo studio del cervello in modo multidisciplinare ed integrato”.
Lo scopo del nuovo corso a Pisa è quindi di fornire una formazione interdisciplinare attraverso un'ampia varietà di approcci sperimentali e computazionali alle neuroscienze contemporanee, dal livello molecolare e cellulare all'analisi delle più alte funzioni cognitive del cervello umano. Gli sbocchi lavorativi dei futuri laureati in Neuroscience sono nella ricerca sia di base che applicata, propedeutica ad applicazioni biotecnologiche, alla produzione di farmaci, alle tecnologie di interfaccia cervello-computer, o alla divulgazione e comunicazione scientifica. Dato poi il recente sviluppo della Neuroeconomia, è possibile che in un prossimo futuro i neuroscienziati possano trovare un ruolo anche in agenzie di consulting, sia private che pubbliche.
Arriva una app per aiutare le donne ad affrontare la menopausa. E’ questo l’obiettivo di Vita Nova, un progetto biennale appena finanziato dalla Regione Toscana con oltre un milione di euro su fondi FAR-FAS e reso possibile grazie alla collaborazione fra l’Università di Pisa, l’Istituto di Informatica e Telematica del CNR e tre imprese toscane, Signo Motus, con il ruolo di capofila, Medea e Lucense.
“Vita Nova mira a costruire un’applicazione adattiva capace di proporre strategie personalizzate per migliorare lo stile di vita delle donne che si avvicinano alla menopausa, adattando i suggerimenti alla tipologia di persona, ai suoi sintomi, alla condizione individuale ed anche alle sue risorse di tempo o economiche”, ha spiegato il professore Tommaso Simoncini (foto) del dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale che coordina il progetto per l’Ateneo pisano con la collaborazione della professoressa Rita Biancheri.
L’app avrà dunque la capacità di monitorare continuamente i sintomi e le attività, verificando il successo o l’insuccesso degli interventi suggeriti e modificando in modo dinamico le strategie. In questo modo, Vita Nova motiverà le donne ad assumere stili di vita salutari, con l’obiettivo di porre le basi per un invecchiamento più sano ed una riduzione del rischio cardio-metabolico.
“La menopausa è un momento importante per ogni donna – ha concluso Tommaso Simoncini - e il cambiamento ormonale provoca sintomi che possono durare anche per molti anni, con rilevanti conseguenze per la vita sociale, familiare, lavorativa e relazionale che dunque vanno affrontate nel modo più consapevole e proficuo”.
Sempre più negli ultimi anni si sta facendo strada nella cura dei tumori una nuova modalità di somministrazione dei farmaci chemioterapici denominata “chemioterapia metronomica” che si riferisce alla frequente, talvolta quotidiana, somministrazione di farmaci antineoplastici a basse dosi. Uno studio congiunto dell’Università di Pisa e di Toronto, appena pubblicato sulla rivista “Nature Reviews Clinical Oncology”, fa il punto sull’utilizzo di questa tecnica e per la prima volta ridefinisce questo schema terapeutico alla luce delle sue proprietà farmacologiche.
“La chemioterapia metronomica rappresenta una promettente terapia oncologica palliativa e di mantenimento per varie neoplasie”, spiega il dottor Guido Bocci (foto a destra) dell’Ateneo pisano autore dell’articolo insieme al professore Robert S. Kerbel dell’Università di Toronto.
“Il basso costo, la bassa tossicità e la facilità di somministrazione, solitamente orale – ha aggiunto Bocci - ne fanno una terapia interessante non solo per i paesi europei con un Servizio Sanitario Nazionale pubblico come quello italiano, ma anche una valida alternativa per tutti quei paesi in via di sviluppo dove è praticamente impossibile l’acquisto di nuovi, ma molto costosi, farmaci a bersaglio molecolare”.
La ricerca, finanziata dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dall’Istituto Toscano Tumori (ITT), riconsidera l’esperienza di 10 anni di chemioterapia metronomica e ne focalizza il complesso meccanismo terapeutico che si realizza impedendo ai vasi sanguigni di “nutrire” le cellule tumorali (effetto antiangiogenico), sollecitando una risposta favorevole del sistema immunitario e agendo direttamente sulle cellule neoplastiche.
“L’Università di Pisa - ha concluso il dottor Bocci - ed in particolare la divisione di Farmacologia del dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, e l’Oncologia Medica del dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia hanno avuto un ruolo centrale nello sviluppo preclinico e clinico della chemioterapia metronomica in Italia e a livello internazionale, in particolare delle sue basi farmacocinetiche, farmacodinamiche e farmacogenetiche”.
Il 74% dei laureati magistrali biennali dell’Università di Pisa, compresi coloro che sono in formazione retribuita, ha trovato occupazione a un anno dal conseguimento del titolo, con un guadagno mensile netto che è in media di 1.224 euro. Sono questi i dati principali che emergono dal XVIII Rapporto sul profilo dei laureati e sulla condizione occupazionale, presentato nelle scorse settimane da AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario a cui dallo scorso anno ha aderito anche l'Ateneo pisano.
“Le attività di monitoraggio condotte annualmente da AlmaLaurea – dichiara la professoressa Monica Pratesi, delegata del rettore alle attività di Job Placement - sono il punto di riferimento per la valutazione della situazione occupazionale dei laureati e, grazie al fatto che ormai il consorzio comprende 73 università, cioè la quasi totalità degli atenei italiani, essi consentono di confrontare i dati di Pisa con quelli nazionali. Da questo confronto emerge, ad esempio, che i dati che riguardano i laureati pisani sono migliori sia rispetto alla media toscana che a quella nazionale, dove si registrano rispettivamente il 72 e il 70% di laureati magistrali che hanno trovato lavoro a un anno dal titolo, mentre il guadagno netto mensile si attesta rispettivamente sui 1.144 e 1.132 euro, contro la media di 1.224 euro dei laureati pisani”.
A cinque anni dalla laurea nell'Ateneo pisano, la percentuale di occupati sale all'85%, di cui il 72% ha un posto stabile, con una retribuzione che tocca i 1.473 euro mensili netti. I laureati magistrali pisani sono inseriti per il 77% nel settore privato e per il 20% nel pubblico, mentre il restante 3% lavora nel non-profit. L'ambito dei servizi assorbe il 71% degli occupati, contro il 27% dell'industria.
Per quanto riguarda il profilo dei laureati, l'indagine AlmaLaurea conferma soprattutto la forte attrattività dell'Ateneo pisano, con il 34% di laureati che proviene da fuori regione, una percentuale che sale al 46% per i soli laureati delle magistrali. Per il resto, il 42% dei laureati ha svolto durante il proprio percorso formativo dei tirocini riconosciuti, il 9% vanta esperienze di studio all'estero, in primo luogo l'Erasmus, e il 57% ha avuto almeno un'esperienza lavorativa.
Per quanto riguarda, infine, il gradimento del proprio percorso formativo, l'83% dei laureati dell'Ateneo è soddisfatta del proprio rapporto con i docenti, il 79% valuta positivamente i servizi bibliotecari e il 67% considera adeguate le aule di studio, mentre, nota meno positiva, solo il 28% ritiene adeguate le postazioni informatiche. Complessivamente, l'80% dei laureati si riscriverebbe all'Università di Pisa, anche se l'11% di questi sceglierebbe un altro corso di laurea.
La fotografia dei laureati dell'Università di Pisa è scaturita dalle interviste con 6.770 laureati, dei quali 3.740 di primo livello, 2.154 magistrali biennali e 836 a ciclo unico, mentre per l'indagine sulla condizione occupazionale sono stati coinvolti 11.940 laureati, di primo e secondo livello, degli anni 2014, 2012 e 2010, intervistati rispettivamente a uno, tre e cinque anni dal raggiungimento del titolo.
La scheda completa con il Rapporto 2016 sul profilo e la condizione occupazionale dei laureati dell'Università di Pisa è disponibile sul sito del Job Placement http://goo.gl/UCRuPe
“Metodo e dispositivo per analisi di droghe d'abuso su materiale cheratinico”: è questo il nome ufficiale dell’innovativo test antidroga del capello appena brevettato all’Università di Pisa. L’invenzione è frutto del lavoro di una équipe costituita dal professore Mario Giusiani, professore di Tossicologia Forense dell’Ateneo pisano, dal dottore Fabio Stefanelli, assegnista di ricerca del Dipartimento di Patologia chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica e dal dottore Silvio Chericoni Dirigente presso la Sezione Dipartimentale di Tossicologia Forense dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana. Il kit da loro ideato ha il vantaggio rispetto alle tecniche esistenti di essere più semplice, economico e utilizzabile sul posto anche da personale non professionale proprio per la facilità di esecuzione e di lettura dei risultati.
“Il nostro metodo – ha spiegato Mario Giusiani - è l’unico che ad oggi permette di individuare le droghe d’abuso su matrice cheratinica, cioè su capelli e altro materiale pilifero, senza dover ricorrere ad attrezzature altamente specialistiche pur garantendo allo stesso tempo un’assoluta attendibilità dei risultati”.
Dato l’interesse suscitato, l’Università di Pisa e gli inventori stessi sono al momento in trattativa con un’importante azienda del settore per la commercializzazione del brevetto pur rimanendo aperta la trattativa ad altre aziende interessate.
“Considerato che l’uso delle sostanze stupefacenti è purtroppo un fenomeno in continua espansione ed evoluzione - ha concluso Mario Giusiani - la possibilità di avere a disposizione nuovi test in grado di determinare un considerevole numero di droghe con costi contenuti può essere molto utile per arginare in parte il problema, potendo intensificare i controlli anche da parte di strutture pubbliche su soggetti che, per mere questioni economiche, non verrebbero altrimenti sottoposti a tali indagini. Inoltre, vista la facilità d’uso del dispositivo e la totale atossicità del materiale impiegato, le persone possono autonomamente effettuare il test anche a livello domestico per appurare la propria negatività relativamente all’uso di sostanze stupefacenti in quei casi in cui ci si dovesse poi sottoporre ad accertamenti ufficiali”
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Didascalia foto: da sinistra a destra dott. Silvio Chericoni, prof. Mario Giusiani, dott. Fabio Stefanelli
Un recente studio pubblicato sulla rivista “Cardiovascular Research” dai farmacologi del dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa ha consentito di individuare un nuovo canale ionico a livello dei mitocondri cardiaci che potrebbe rappresentare un interessante bersaglio per nuove strategie farmacologiche cardioprotettive. Lo studio, coordinato dal professor Vincenzo Calderone dell’Ateneo pisano e dal professor Maurizio Taglialatela dell’Università del Molise, ha visto una vasta collaborazione multidisciplinare con ricercatori di altre sedi italiane, come l’Università del Molise e l’Università di Napoli Federico II, e di importanti centri di ricerca internazionali come la St George’s University di Londra, il King’s College di Londra e l’Università dei Paesi Baschi di Leioa.
“Oltre alla sua funzione essenziale per la regolazione del metabolismo energetico, è ormai chiaro che il mitocondrio è il principale responsabile delle ‘decisioni’ finali che orientano il destino della cellula verso la morte o la sopravvivenza in particolari situazioni di stress e sofferenza - spiega la ricercatrice Lara Testai, prima autrice dell’articolo – L’identificazione di nuovi target localizzati in questo organello è pertanto uno degli obiettivi più attuali e interessanti negli studi di ‘farmacologia mitocondriale’ finalizzati a definire nuove strategie terapeutiche destinate a limitare i danni cardiaci indotti da episodi ischemici”.
In particolare, da alcuni anni i ricercatori sanno che l’attivazione di vari tipi di canali del potassio collocati sulla membrana mitocondriale conferisce alle cellule cardiache un’aumentata resistenza nei confronti dell'insulto ischemico. Questi canali sono dunque un target interessante e innovativo per lo sviluppo di farmaci cardioprotettivi.
“In questo lavoro abbiamo dimostrato che nella membrana mitocondriale è presente un canale del potassio noto come Kv7.4, che finora era stato individuato solo sulle membrane cellulari di altri tipi di cellule, come i neuroni, e che era stato considerato come possibile target di farmaci destinati ad altri scopi (ad esempio, epilessia) - aggiunge Testai - Noi abbiamo invece osservato una sua collocazione a livello mitocondriale, ed in particolare nei mitocondri cardiaci. In più, abbiamo constatato che farmaci in grado di attivare questo canale sono in grado di esercitare significativi effetti protettivi in modelli sperimentali di ischemia miocardica, delineando quindi la possibilità di un approccio farmacologico originale e inedito a questo tipo di patologia”.
I ricercatori dell’Università di Pisa autori dello studio sono Alma Martelli, Lara Testai, Vincenzo Calderone e Maria Cristina Breschi (nella foto a destra).
Il 28 aprile si è conclusa la prima fase di un progetto pilota che ha visto come protagonisti l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (AIRC), il Liceo delle scienze applicate “Enrico Fermi” di Lucca e il laboratorio “Cancer Pharmacology Lab, Airc Start-up Unit” dell’Università di Pisa. L’iniziativa è partita a novembre 2015, in occasione del mese della ricerca, quando il Liceo di Lucca ha ospitato i due ricercatori del laboratorio pisano, Niccola Funel ed Elisa Giovannetti, per un seminario divulgativo sulla ricerca sul cancro, nell’ambito delle iniziative “Airc nelle scuole”. L’entusiasmo degli studenti e la collaborazione coi loro professori ha permesso di ideare, per la prima volta in Italia, un progetto di collaborazione con l’Ateneo e l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, sempre sotto l’egida dell’Airc, per stimolare ed avvicinare alla ricerca medico-scientifica gli studenti delle scuole superiori.
Gli studenti più interessati hanno potuto visitare i laboratori dell’Aoup e assistere per un’intera giornata alle attività di ricerca, che hanno documentato con accurate relazioni e video. La discussione su tale esperienza, considerata assolutamente positiva, ha permesso l’ideazione della seconda fase del progetto, che si svolgerà nel periodo estivo, per degli studenti selezionati in base a bravura ed interesse. Questi ultimi potranno partecipare a un più approfondito percorso formativo su ricerca di base e traslazionale, lavorando per alcuni giorni al fianco dei ricercatori, sempre nei laboratori pisani. Dopo tale attività, la terza e ultima fase sarà rivolta a studenti ormai diplomati, prima dell’inizio dell’anno accademico, per favorirne l’introduzione alle facoltà scientifiche dell’Ateneo in cui sono previsti indirizzi di ricerca in campo oncologico.
“I nostri incontri – dichiarano Funel e Giovannetti - non sono stati una lezione ma un dialogo in cui abbiamo condiviso sia le gioie che le problematiche del lavoro dei ricercatori. Abbiamo discusso apertamente con quelli che speriamo essere i futuri ricercatori, sottolineando che oggi la ricerca si basa sull’integrazione di varie competenze, per cui molte materie, come la chimica, l’informatica e la fisica trovano ampie applicazioni nel campo biomedico”.
Gli studenti si sono dimostrati consapevoli di poter avere un ruolo da protagonisti. Come sostiene la professoressa Sandra Gavazzi la scuola è infatti il luogo privilegiato dove costruire la consapevolezza che per battere il cancro serve l’aiuto di tutti, promuovendo lo sviluppo culturale e la ricerca scientifica. A tale proposito sia i ricercatori che gli insegnanti e gli studenti, insieme ai volontari Airc, si sono dati appuntamento per domenica 8 maggio, nelle piazze delle maggiori città italiane, per distribuire le “Azalee della ricerca” che permettono, ogni anno, a circa 5.000 ricercatori di avere fondi essenziali per portare nel più breve tempo possibile risultati utili dal laboratorio al paziente. (Fonte Ufficio Stampa AOUP)
Grazie alla sinergia fra Asl Toscana Nord-Ovest, AOUP e Università di Pisa dall’11 aprile è stato avviato, esperienza unica nella Regione, un intervento di vaccinazione contro il menigococco C che va a integrare l’offerta vaccinale del Dipartimento di Prevenzione, con l’obbiettivo di ridurre le liste di attesa e raggiungere in tempi più brevi adeguati livelli di protezione nei gruppi di popolazione a rischio.
In base all’accordo, con il vaccino messo a disposizione dall’Asl e il supporto di sistemi informativi realizzati ad hoc dall’Università, medici universitari e ospedalieri e infermieri delle Unità Operative di Medicina Preventiva del Lavoro, di Igiene e Epidemiologia Universitaria e della Direzione Medica di Presidio dell’Aoup, con il contributo essenziale degli specializzandi delle Scuole di Igiene e Medicina Preventiva e di Medicina del Lavoro, partecipano su base volontaria alla campagna vaccinale regionale.
L'intervento integrativo riguarda esclusivamente gli studenti iscritti all’Ateneo, non residenti e privi di domicilio sanitario in Toscana, che rientrano nella fascia d’età per la quale la vaccinazione è fortemente raccomandata. Questa popolazione studentesca viene contattata direttamente via mail, per lotti successivi, e invitata a prenotarsi in uno degli ambulatori dedicati: le sedi della Medicina Preventiva del Lavoro degli stabilimenti ospedalieri di Cisanello e di Santa Chiara, la Residenza studentesca “I Praticelli” di via Berchet a Ghezzano e, per la vicinanza al Polo Didattico Piagge, la sede del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco in via Matteotti, 2.
La campagna straordinaria di vaccinazioni è stata motivata dall'aumento dei casi di infezione da meningococco C che si è registrato in Toscana negli ultimi mesi rispetto agli anni precedenti, anche nella fascia di età più adulta della popolazione. Ciò ha richiesto un continuo monitoraggio da parte di esperti toscani e dell’Iss-Istituto superiore di sanità e l’adozione di misure mirate alla prevenzione della diffusione dell’infezione.
In questo scenario è quindi scattata la campagna vaccinale, dal momento che il vaccino è la misura più efficace per ridurre il rischio di diffusione della malattia, assicurando una protezione diretta del vaccinato e anche indiretta in quanto, avendo un effetto anche sul portatore, riduce la circolazione del microrganismo nella popolazione generale.
I soggetti giovani, e quindi anche gli studenti universitari, hanno un rischio maggiore di contrarre l’infezione meningococcica per la maggiore frequenza di contatti interpersonali legata all’età e la prolungata condivisione di spazi comuni durante l’attività formativa o lavorativa e la vita sociale.
Pertanto, per gli studenti residenti in Toscana non ancora vaccinati, la raccomandazione è di rivolgersi al Dipartimento di prevenzione della Zona Pisana o all’Asl di residenza per prenotare un appuntamento secondo le modalità che possono trovare sull’apposito sito predisposto dalla Regione: http://www.regione.toscana.it/-/campagna-contro-il-meningococco-c.
Per gli studenti non residenti in Toscana e che non siano già vaccinati, vale l’accordo di cui sopra fra Azienda Usl Toscana nord-ovest, Aoup e Ateneo.
Per gli studenti dei corsi di laurea di area sanitaria ovunque residenti (Medicina e chirurgia, Odontoiatria, lauree delle professioni sanitarie) rimane attiva l’offerta vaccinale attraverso l’Unità operativa di Medicina preventiva del lavoro dell’Aoup.